giovedì 31 dicembre 2009

The Second Civil War - La seconda guerra civile americana

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In un giorno futuro imprecisato la popolazione mondiale è aumentata tantissimo e guerre e povertà hanno portato flussi migratori biblici verso gli stati uniti. Il governatore dell'Idaho decide di non dare accoglienza a un gruppo di bambini pakistani ed arriva a chiudere le frontiere, ma questo va contro la costituzione. Il presidente usa lancia un ultimatum, dopo il quale l'esercito dovrà procedere ad invadere: è guerra civile. Si crea un effetto a catena che infervora i nazionalisti e rinfocola ataviche questioni etniche e di razza. Altri stati mandano la loro guardia nazionale in aiuto dell'Idaho...

I media che pilotano orari ed eventi, l'influenza delle lobbies, decisioni prese sulla base esclusiva di voti e sondaggi, il governatore dell'Idaho pensa solo a farsi tutte le donne che desidera, parole travisate. Un tourbillion di fatti che si fatica a stargli dietro e certe volte non sai se ridere, perché le situazioni sono talmente allucinanti e ridicole che non puoi farne a meno!, o se inchinarti d'ammirazione per la fanta-molto-scientifica lungimiranza di questa storia.
Certo, cominciare a dar voce ai cannoni per aver scambiato la parola "successione" per "secessione" è
abbastanza sconvolgente.
Secessione dell'Idaho a parte, io di grandi balle non ne ho viste né sentite. Il presidente usa che guarda con trasporto soap-opera non è meno ridicolo di quello che ha definito i taliban un gruppo rock. Tra il governatore dell'Idaho e politici contemporanei il paragone è fin scontato.

Risate intelligenti, satira e fantapolitica con qualche inevitabile momento di sconforto personale per il ridicolo e troppo simile spettacolo che vedo e leggo nei nosti tiggì e giornali, fornito da politici e giornalisti.

Assolutamente da vedere.

Pranzo di Ferragosto

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Ferragosto a casa, scapolo di mezza età, con la madre anziana viziata è già di per sé un incubo, ma questo nightmare trasteverino ci va giù pesante.
Nun c'hai 'na lira e arriva l'amministratore, un obeso sinistro e cinico, affetto da dermatite purulenta. Te dice: "oh, devo anna' a le terme a fa' le cure, tu stai inguaiato de' debbiti, er condominio te vole denuncia', famo che te estinguo io tutto ma te porto mia madre, m'hai da tenella qua per du giorni". E' 'n'affare! però questo se presenta pure co' la zia, 'tacci tua aho! ma che stamo a scherza'? Pijate pure 'sti sordi me dice, nun te preoccupa', so' vecchie tranquille, magneno come uccellini.
Questa 'a sistemamo qua, quella là. Cià che me faccio visità dal medico amico mio, me promette un bel ricovero pe'ffa'l'tagliando, come dice ma poi, vabbe' che vie' gratis, ma 'sto fijo de 'na! me piazza pure su' madre! 'n'artra vecchia, piena de medicine da pija!

The Boss Of It All - Il Grande Capo

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C'è del Genio in Danimarca, e stavolta arriva come un ariete testabassa con un indoor di stampo teatrale a colpire i rapporti di lavoro, il managment, nel suo paese come in ogni altro paese, proprio in un'azienda come quella in cui lavoro io: una società d'informatica.

Quest'azienda è governata da sempre da un fantomatico Grande Capo, nessuno degli "anziani", i manager fondatori, l'ha mai incontrato né sentito, ne ha solo ricevuto ordini e direttive dagli stati uniti tramite uno di loro, qualche volta qualche email personale. Questo Uno di loro in realtà s'è inventato questo personaggio per coprire ogni decisione che non ha mai avuto il coraggio di prendere personalmente. Tutto ha funzionato a meraviglia tranne che ora che l'Uno vuole vendere l'azienda occorre che il Grande Capo si manifesti.
Dà ad un attore procura ad agire, con l'ordine di non mostrarsi in pubblico, solo che la cosa accade e tutti gli "anziani", che sono un tantinello fuori di testa chi più chi meno, cominciano finalmente ad interagire fisicamente con lui e soprattutto l'attore, fedele ai suoi dettami stilistici in tema di recitazione, entrerà molto nella parte, molto più di quando l'Uno avesse voluto...

Commedia di satira sociale e di costume, divertente ed anche un po' macchiettistica. Quanto ho visto situazioni che conosco! Quanto è facile dopotutto fare il presidente di una società d'informatica pur non sapendo niente della materia.

Film, come detto, divertente e, nella produzione di Von Trier, sicuramente interlocutorio.
Buona visione.

Valzer con Bashir

4
Il regista stesso si rappresenta, come ex militare israeliano che indaga su quanto successo nella guerra in Libano, a cavallo dell'uccisione del presidente cristiano-maronita Bashir dopo la quale i falangisti suoi seguaci si scatenarono nel mostruoso massacro di palestinesi che avvenne a Sabra e Chatila. Era il 1982. Il governo israeliano, con al ministero della difesa Sharon, fece fare ai suoi militari da cordone di difesa, complice in quanto spettatore silente di ciò che avvenne per tutelare i suoi propositi in quanto appoggiava Bashir.

Folman ha perso la memoria, qualcosa lo ha rimosso, se ne rende conto parlando con un commilitone. Capire cosa è successo, con l'aiuto di un analista, è determinante e così ci conduce per mano, senza giudicare e con fare documentaristico, in tutto il corso di quegli eventi, visti soprattutto con l'occhio e i binocoli dei militari israeliani.

La forma a cartone animato, che tanta ritrosia mi aveva creato, non solo non sminuisce gli avvenimenti ma persino ne esalta il valore e la tragedia. I disegni sono essenziali a linee tese e contorni definiti, ricordano i fumetti anni 70, pochi colori, animazioni realistiche. Il terribile finale richiederà, con gusto, qualche immagine vera dei campi dopo il cessate il fuoco ed il passaggio avverrà in modo impercettibile.

Da non perdere.

Dancer in the Dark

7
C'è del Genio in Danimarca, che vuole stupire, sconvolgere, disarmare le difese stimolando gioia e dolore allo stesso tempo.

Storia di ordinaria miseria e sfortuna in una fetta d'America anni '60 che potrebbe essere ovunque nel mondo. Selma è cecoslovacca, emigrata negli USA
al solo scopo di poter dare al figlio l'operazione agli occhi necessaria a non diventare cieco, cosa che per lei è ormai impossibile fare. Una vita di risparmio, lavoro in fabbrica vicino a macchine rumorose e taglienti, serena e tranquilla nella roulotte affittata nel giardino di gente ormai amica, lui poliziotto locale, che l'aiuta anche nella quotidianità.
L'amico poliziotto vive al di sopra delle proprie possibilità, con lei ormai completamente cieca le ruba i soldi, lo scopo della sua vita, se ne accorge. Non ci sono altre soluzioni ma non potrà far capire a nessuno il suo gesto... un finale collotorto che scrocchia terribile.

Una storia che ti prende lo stomaco, la cecità tra le disabilità è quella che forse rende più inermi e chi ti circonda più incapace, e più crudele. E' la crudeltà della società non dei singoli che t'ingastrisce. Eppure di queste storie ed anche peggiori il mondo ne è pieno, e se riesci ad abbattere i muri le trovi anche nell'appartamento accanto.
Von Trier, grazie anche ad una strabiliante Björk protagonista, cantante prestata al cinema per una volta e talmente massacrata dal terribile danese da non riuscire più a fare altri film, ce la infarcisce di musical del quale Selma è appassionata visceralmente e vi si abbandona nei sogni in ogni ambiente proponga rumori, suoni, onde che le possano stimolare un ritmo interno. Interpretazione davvero memorabile, con il fisico del ruolo, minuto e di fattezze infantili, quegli occhi islandesi a mandorla che si chiudono nel dolore come nell'ispirazione sono perfetti. I testi delle canzoni non smoccolano alla favoletta, ritraggono il contesto, le danze sono gioiose come in certa musica brasiliana: gioia esteriore mentre racconta un dramma.
Quante cose si potrebbero dire...

Camera a spalla quasi sempre, timida ma perentoria uscita dal Dogma 95 del fondatore e codificatore principale. La musica ti stimola felicità mentre il dramma t'attanaglia. Se non è meravigliosa cattiveria questa, non so proprio come chiamarla.

Film originalissimo e straordinario. L'amico Lars ormai sul trono dei miei miti non potrà più scenderne.

Nemico pubblico

23
La vita di John Dillinger sembra che il Grande Architetto dell'Universo l'abbia scritta apposta per farci poi un film, e le opere a riguardo, se si fa qualche ricerca, non sono mancate. Leggetevela su wiki, ne vale la pena.

Il film copre il periodo che va dall'evasione nel 1933 dal carcere dell'Indiana fino al 22 Luglio 1934, giorno in cui cadde in una trappola tesa dall'FBI. Il finale lo sappiamo tutti anche se Mann aggiunge un unofficial affatto inopportuno.

Michael Mann è un esperto dei film d'azione, è noto, eppure qua un attimino si fa da parte, morde il freno forse, in favore di un tributo all'animo noir di Dillinger che lo stesso merita, visto che è rimasto nell'immaginario americano come un gangster che non ha mai dimenticato le sue origini popolari e il suo atteggiamento, anche durante rapine sanguinose, ne ha dato sempre prova.

Fra scene di sparatorie con inseguimenti dosate il giusto e davvero straordinarie s'inserisce importante il ritratto del gangster galantuomo e fascinoso, duro e impenetrabile, sfacciato con giudizio ed eleganza, un personaggio che incarna in ogni attimo il suo dramma. Allora 130' e rotti bastano appena per l'ultimo anno e mezzo della sua vita, se lo si vuole scavare con dettaglio.

Non si poteva scegliere meglio per il protagonista. Johnny Depp se lo confrontate con il vero Dillinger nella foto accanto sembra un clone naturale, somiglianza stupefacente, è bastato pettinarlo uguale. Insieme alla notevole ricostruzione scenografica, di costumi, auto, esterni, contribuisce al grande realismo del film per il quale certo non si è badato a spese. Tutti gli eventi sono riprodotti alla massima corrispondenza storica, non ci sono aggiunte di alcun genere né interpretazioni poetiche: riporta i fatti.

Tra le cose che emergono dal punto di vista storico ve n'è d'interessanti. Negli stessi anni imperversavano anche Bonnie e Clyde però fu a causa di Dillinger che vennero emanate leggi che aumentarono la sfera d'azione dell'FBI, sempre osteggiata da una fiera volontà di ogni stato di badare da sé alla giustizia quanto più possibile, sia in fase giudicante quanto in quella inquirente. A capo dell'FBI c'era un certo John Edgar Hoover, non so se mi spiego.
Altra cosa interessante sempre storicamente, e contestuale all'avvento dell'FBI grande protagonista, è l'inizio di un metodo, chiamiamolo così, fortemente voluto da Hoover, d'indagare senza scrupoli e senza esclusione di mezzi, quando la situazione lo richiede.
Sono 2 fatti di non poca rilevanza, non ne ero a conoscenza e consiglio di farci attenzione. In questo Mann ha suscitato ancora di più la mia ammirazione.

Ottimo film!
Ricalca un genere che ha visto grandissimi ad interpretarlo, come registi ed attori.
Senza strafare e senza cercare inutili originalità che non servono: mantiene quel che promette.

Assolutamente da vedere, col gusto di una serata d'altri tempi.

mercoledì 30 dicembre 2009

Grizzly Man

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Film-documento biografico dedicato a Timothy Treadwell, un personaggio indefinibile che per 13 anni dal 1990 al 2003, prima di finire sbranato insieme alla quasi incolpevole compagna, visse per diversi mesi l'anno a stretto contatto con i giganteschi orsi bruni dell'Alaska, che già il nome è abbastanza terrificante: i Grizzly.

Herzog in persona ci racconta la sua vita, tra qualche intervista, qualche scena girata per descrivere luoghi e situazioni e soprattutto un paziente lavoro di montaggio sulle oltre 100 ore di riprese effettuate dallo stesso Tim. La sola cosa che ci viene risparmiata sono le urla delle 2 vittime mentre vengono attaccate e divorate, registrate da una videocamera che (fortunatamente), pur accesa, aveva il tappo sul video. La descrizione del medico patologo di quei minuti e dei resti dei corpi è sufficientemente straziante.

Personalmente ero ad un tempo affascinato e disgustato all'idea di vederlo, ma quando ho letto il nome del grande Herzog mi si è accesa la lampadina. Provo un profondo disprezzo per quei deficienti che vogliono sovvertire le regole intrinseche della natura, trattare animali selvaggi come amici carissimi, ma è la natura stessa a produrre nella razza umana simili individui e tanto vale cavarne del buono se ce n'è. Tutto sommato danni non ne ha fatti, anzi, questo gli va riconosciuto pur nel suo delirio: ha prodotto grande pubblicità al Santuario dei Grizzly e al loro Labirinto. Spero sia servito a qualcosa. I severissimi guardaparco americani l'hanno tollerato e rispettato nonostante tutto e questo basta come garanzia.

Un viaggio estremo sul confine umano-selvaggio che non lascia indifferenti. Un'analisi introspettiva poi sulla solitudine, sul senso che si può dare a una vita, che ha del sorprendente. Tim filmava di tutto, in tutto, anche i suoi momenti di sconforto o di assoluta euforia, con sincerità assoluta e professionalità da cineasta.
Ci sono poi delle scene che riprendono gli orsi talmente ravvicinate da incutere terrore. In particolare un combattimento tra 2 grossi maschi per una femmina, lunghissimo e durissimo, vale da solo la visione del film. Amo vedere i documentari alla tele quando possibile ma non avevo mai visto una cosa simile. Bestiale!

Il film è davvero interessantissimo e spettacolare.
Stramerita la visione.

Europa

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C'è del Genio in Danimarca che si occupa di storia dell'Europa.

Leopold Hessler dall'America, figlio di fuggitivi, torna in Germania nell'Ottobre 1945. Trova ovviamente un paese devastato, nell'anima quanto nel territorio. E' un idealista, sogna, tramite uno zio che lo introduce, di fare il capotreno alla Zentropa, impresa ferroviaria. Conosce la figlia di Hartmann, il proprietario delle ferrovie, la quale s'innamora di lui. Anche altri nutrono interesse nei suoi confronti, tra i quali un colonnello delle forze d'occupazione americane e soprattutto un comandante dei Werwolf...

Ancora un film estremamente gotico nei tempi e nella fotografia. Un modo particolarissimo di ritrarre il nostro continente, molto interpretabile. Forse le sue origini post-ultima-guerra? Il capodanno del 1946 la voce narrante (una costante nei film di Von Trier finora visti) lo chiama Anno 1, quindi  è possibile. Un'europa che origina da un dolore immenso che in Germania ha il suo apogeo.

Interessantissima dal punto di vista storico la questione dei Werwolf. Abituato ultimamente a storie inventate e senza senso su quel periodo storico, ho pensato che anche in questo caso fossero pura fantasia e invece... non ne ero proprio a conoscenza, mai sentito parlarne, eppure sono interessantissime, e terribili. Consiglio una visitina su WIKI a riguardo.

Curiosità: Zentropa è diventato anche il nome della casa produttrice di Lars Von Trier.

Visione obbligatoria per chi vuole studiare questo regista.

martedì 29 dicembre 2009

Nuovomondo

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Dalla Sicilia all'America, un viaggio che parte dal momento di una scelta tormentata e sofferta. Già dopo aver venduto le bestie ed il terreno sei partito, hai fatto la tua scelta. Prima dell'imbarco le prime selezioni, i primi sciacalli pronti ad approfittarne, sei debole, già non hai più patria. Poi la rissa all'imbarco, l'avvento nella terza classe, girone dantesco, tutti stipati come in un lager, servizi igienici approssimativi, donne da una parte ed uomini da un'altra, viaggio interminabile, ci vuole una settimana solo per tagliare le Colonne d'Ercole, qualche ora d'aria se il tempo lo consente, quando fa brutto lì sotto è come essere in balia delle onde.
Vite senza appigli.
All'arrivo una bruma densa, poi tutti in fila, prima selezione per poter entrare a Ellis Island, la quarantena, esami a non finire, fisici, psico-attitudinali, ripetuti. Donne promesse chiamate da un battitore, "standup!" che c'è un uomo che non hai mai visto ma è il tuo lasciapassare, com'è è, prendere o tornare a casa. Quei vetri che non ti fanno vedere, "ma cumm'è 'st'America?".

L'America non si vedrà, se non gl'interni dell'isola della quarantena. Non si vedranno nemmeno i contorni del bastimento, solo frammenti. Pure la Sicilia compare con qualche sasso, pezzo di terra, una croce.
E' un film d'emozione, di sogni, di miti che nascono in patria e si fatica a togliersi dalla testa, il miraggio della Terra Nuova che peggio del Vecchio Mondo dove si muore di fame non può essere. Il realismo spietato di calli, piedi ed unghie neri, visi duri, è frammentato da immagini oniriche, carote grandi come un canotto, fiumi di latte, piante dove crescono i "picciuli"...

Tutto fatto benissimo, grande qualità in tutto, comprese le musiche scelte anche qua, come in Respiro, con grandissimo gusto ed usate con misura. Graziosa seppur non determinante la scelta d'inserire una donna inglese insieme agli Italians, una anomalia storica, un alleggerimento del contesto intelligente ed anche un bel mezzo di contrasto.
Bravissimo regista Crialese, coetaneo di cui vado fiero.

Da non perdere!
E da far vedere a forza, come fece Kubrick con Alex!, a quel branco d'imbecilli che imperversa nel nord del mio imbarbarito, di questi tempi, paese.

L'elemento del crimine

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C'è del Genio in Danimarca, da 25 anni si manifesta.
Opera prima, giallo-noir in grana grossa e bassa definizione su sfondo giallo.

Fisher al Cairo si fa ipnotizzare per ripercorrere le sue ultime indagini in europa su un serial killer, condotte seguendo i dettami del libro "L'elemento del crimine" scritto da Osborne, che lui conosce. In un'ambientazione da incubo riviviamo con Fisher tutte le sue sensazioni, il cercare di portare sé stesso nello stesso ambiente, etologicamente parlando, che ha prodotto quel mostro che uccide bambine che vendono biglietti del lotto (piccole fiammiferaie senza speranza?) e poi le fa a pezzi, usando bottiglie rotte come bisturi.

L'immedesimazione produrrà ricordi sempre più nitidi, fin troppo nitidi per il malato in cura...

Grande da subito Von Trier.
Film cupo, pesantissimo, con un espediente di narrazione e ripresa che richiama Fassbinder e Linch, pieno di riferimenti d'ogni genere. Astenersi non-amanti del genere.

Le cinque variazioni

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C'è del Genio in Danimarca, e non risiede tutto nella testa di Von Trier. Anche Jørgen Leth non scherza, è stato un importante regista nel suo paese, a noi invece è purtroppo praticamente sconosciuto e Lars lo considera un maestro, uno che ha molto influito sulla sua formazione filmica.

Jørgen accetta una sfida da Lars, dopo anni d'inattività: fare delle variazioni al suo film "The Perfect Human (Det perfekte menneske)" del 1967 (spero proprio di trovarlo!) con delle indicazioni, "impedimenti" li definisce, sempre imposti da Lars col chiaro intento di creare difficoltà e, perché no?, di far fare una "cagata" di film a Jørgen. Ci riuscirà? Sono impedimenti davvero assurdi, sulla tecnica di ripresa, di rappresentazione piuttosto che sulla trama.

Ve lo lascio godere. A me sono sembrati tutti stupendi!
Jørgen Leth, la cui produzione non è quasi uscita dal suo paese, meriterebbe più attenzione.

Film documentaristico coi 2 registi geniali attori in primo piano. Speculazione intellettuale al servizio dell'utente-primate, ho capito tutto per filo e per segno, come se avessi assistito ad una lezione di Cinema.
La quinta variazione è una confessione dello spirito di questo film, un testo scritto da Lars che Jørgen legge su immagini però montate da altri ed è Jørgen che parla a Lars. Fantastico, ed una lezione.

Tutto il tema dell'Essere Umano Perfetto potrebbe portare a lunghe dissertazioni, dico solo che sono divertentissime, una satira riuscitissima.
Dove ho sbroccato è stato quando lo stesso Jørgen ha girato una variazione a Bombay. Su uno sfondo appena occultato da una cerata trasparente compaiono i mendicanti delle strade, mentre lui in primo piano, con smoking e tovaglia apparecchiata, si concede un lussuosissimo pasto! Eh insomma Lars, non è che mi hai rubato l'idea? Anche se l'ho pubblicata solo ora la pratico da anni. Devo meditare se accusarlo di plagio, magari con la scusa ne approfitto per conoscerlo di persona.

Si capisce che sono diventato un fan sfegatato di Lars Von Trier?
Ognuno ha le sue debolezze.

lunedì 28 dicembre 2009

Dogville

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C'è del Genio in Danimarca. Senza nemmeno aver visto mai quel paese, Von Trier comincia con Dogville la sua trilogia, a tema: "USA - terra delle opportunità". Ad oggi non è completata ancora. Certo, se ogni film è come questo, immagino richieda del tempo farla.

Scritto e diretto da Lars, che ha fatto anche l'operatore di macchina, questo, insieme a Mulholland Drive, è nella mia classifica personale dei Capolavori del Terzo Millennio, poi un giorno vedrò di redigere per bene queste liste. Parimenti Lars Von Trier e David Linch, bastino questi 2 film, i più grandi geni creativi viventi del Cinema. Creativi, ci tengo a sottolinearlo!

Quasi 3 ore di film pregnante in ogni istante, divise in capitoli come un libro e raccontate da un narratore quando non recitate. Tutto è chiaro e lampante, non c'è nulla che non viene spiegato, tranne i Perché che sono tanti, le allegorie anche: bisogna metterci del proprio per questo.

Su un set da teatro-in-arena Dogville è solo disegnata, piccolissima cittadina di confine negli USA post-depressione, primi anni '30. Dopo Dogville non c'è più nulla, si può solo fare dietrofront.
Qualche pezzo di parete, mobili, un campanile appeso al cielo, pochi segni, il resto è totale trasparenza visiva ma per i personaggi i muri degli edifici esistono. Una comunità più piccola di un medio condominio moderno, tutti si conoscono, tutti svolgono un ruolo ripetuto.
Arriva una donna, Grace, inseguita da gente che la vuole uccidere, gangsters palesemente. La comunità decide di proteggerla, soprattutto un giovane, Tom, guida spirituale da quando non c'è più il pastore. Ogni decisione, anche questa, viene presa in assemblea con voto palese. Occorre però farle fare qualcosa, ma cosa? Non occorre nulla, Grace fatica ma è essenziale Fare per poter appartenere al villaggio e lentamente qualcosa da fare, anche se non occorre sia chiaro, si trova. Passato il primo esame Grace, che ha un carattere pacatissimo e remissivo ma è molto intelligente, esce un po' dalle ritrosie e fa qualche affermazione che va oltre, comincia a voler abbattere, con molta dolcezza, qualche piccola ipocrisia. Ma questa Grace fondamentalmente chi è? La ricercano i gangters ma anche la polizia, e allora? I dogvillesi, sempre più dipendenti dalle sue opere lavorative, continuano a tenerla con loro, ma iniziano a "mostrare i denti", Grace passa lentamente sotto ricatto, subisce vessazioni, in ogni disputa è sempre nel torto... ci sarà un'escalation immaginabile e immaginata solo da Nathaniel Hawthorn o da De Sade e non li cito a caso, ma anche dalla Bibbia per il "compassionevole" finale e nemmeno questa è una citazione casuale.

Ma qua di roba ispiratrice per il divoratore di libri Von Trier ce n'è tanta.
Nikole Kidman è grandissima ma tutto il cast, con ritmi teatrali alla Strehler, è perfetto. Tutto sembra girato in presa diretta coi soli cambi scena tra un atto e un altro.

Il mio giudizio già l'ho dato abbonantemente.
Ora sono sfinito, per il momento non aggiungo altro.
Non perdetevelo.

Lady Vendetta - Simpathy for Lady Vengeance

7
Temevo un po' la visione dell'ultimo film della Trilogia Della Vendetta, per 2 semplici motivi. Anzitutto l'inevitabile confronto coi primi 2 film, Mr. Vendetta e Old Boy, due meraviglie di regia e originalità. Poi anche per la ravvicinata temporizzazione delle mie visioni: una settimana.

Ed invece ancora, anche questa volta, Park mi ha strabiliato e, cosa che mi ha inizialmente spiazzato, con un film diverso dai primi 2! Ero ai blocchi di partenza, bandana e canotta pronto ad azione e violenza, ma mi trovo davanti un film più barocco se vogliamo, nei tempi e persino, qui sì palesemente, nelle musiche. Primi piani e soggettive prolungate, pochissime le accelerazioni, uso dei flashback più complesso pur in una trama, di per sé, più semplice e meno contorta dei precedenti, ricercatezza che già nei titoli di testa ti prepara.

FILM GRANDIOSO! E che contenuti, qui Park mi ha ucciso, a me.
Non tiro il filo, scucitevelo da voi il film guardandolo, ma c'è un aspetto che anticipo per trattarlo.
Sul film ho finito, quindi se volete interrompete la lettura qua, il resto è disquisizione, che per me è sempre Cinema.

Dunque:
I parenti delle vittime di un serial killer vengono posti davanti ad un quesito che mai avrebbero immaginato. Hanno davanti a loro le prove inconfutabili che l'uomo è colpevole e l'uomo è legato ed inoffensivo, a loro disposizione. A parte la regia incantevole della telecamera che vaga fra quei visi perduti tra sofferenza e vendetta, giustizia e violenza, (minuti e minuti!), senza divagare sul cinematografico, siamo di fronte ad una possibilità di giustizia privata compiuta con l'avallo di quella ordinaria (sottobanco ovviamente). Badate bene, non si tratta di un linciaggio, non c'è il parossismo della massa imbarbarita! Qui c'è ragionamento, religione, presa di coscienza, valutazione di pro e contro disperata ma senza fretta... Godetevi il risultato, e non sarete ancora alla fine del film.

Classifica finale: 3 opere d'arte meravigliose!

p.s.: devo molto a questo film perché ha risolto o quasi una mia teoria personalissima riguardo alla pena di morte, che scrissi qualche tempo fa. Tutt'altra roba, si parla di diritto, non di cinema.
Se qualcuno ha molto, ma molto tempo da perdere, la trova QUA.

domenica 27 dicembre 2009

Inspector Bellamy

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"C'è sempre un'altra storia. C'è di più di quello che l'occhio può cogliere.". Frase opportuna in chiusura, non troppo impegnativa.

Giallo alla Agatha Christie che a scanso di dubbi viene persino citata nei dialoghi, in tinte fosche, in cui viene coinvolto l'investigatore di polizia Paul Bellamy, in quel momento in vacanza.
Riuscitissimo nell'originale scelta di defocalizzare un delitto a scopo truffa-assicurativa, tutto sommato interessante proprio per le torbide personalità che vi ruotano intorno. Torbide nemmeno più di tanto, borghesia che cerca d'accaparrare cinicamente denaro che non gli spetta causando la morte di una bocca, solo apparentemente inutile. A parte i particolari, fondamentalmente ho detto tutto.

Niente di nuovo quindi.
Un esercizio di genere senza voler sminuire: il film m'è piaciuto, merita la visione, intriga, incuriosisce, qualche battuta interessante, persino uno sforamento nella commedia ed uno nel noir. Tutti effetti, come detto, ottenuti con efficacia seppur con metodi "vecchi".
M'è piaciuto molto Depardieu! Nei panni di un investigatore amante del vino e della buona cucina ce lo vedo proprio bene. Sempre bella Marie Bunel (ma queste francesi di mezza età che siero hanno trovato?).

Bene Claude Chabrol! Quando non fai il moralista ci sai fare, niente da dire.

Maria Zef

5
Questo film è stato prodotto da rai tre, non ne esiste una vera e propria locandina e dire che la meriterebbe proprio.

Tratto fedelmente dal romanzo omonimo di Paola Drigo che vinse il Viareggio nel 1937, narra le vicende della famiglia Zef, in particolare delle 2 sorelle Mariute, (l'adolescente in foto, Renata Chiappino, bravissima!), e Rosute, vivace bimba di 8-9 anni. Andavano in giro per la Carnia, dormendo in bivacchi di fortuna, con un carretto a vendere utensili da cucina in legno quando la madre, già malata, muore.
Già orfane di padre da quando Mariute è piccolissima, vengono affidate allo zio Barbe Zef che vive in una baita sopra Forni. Mentre Rosute necessita di un ricovero, lo zio, ubriaco, violenta Mariute. Mariute comincia a star male, teme d'essere incinta, scopre anche che la madre da quello zio ha subito le stesse attenzioni e che Rosute gli è sicuramente figlia... . Finale duro, coraggioso e incoraggiante, forse la sola "fantasia" del film.

Bisogna averli visti almeno una volta nella vita quei luoghi. Ancora adesso hanno un fascino unico che trasmette asprezza, durezza insieme alla bellezza: la Carnia. L'inverno di 3 anni fa trascorsi una settimana ospite di amici a Forni di Sotto e ogni volta che inquadravano le montagne che vedeva Mariute vedevo il panorama che ogni mattina, quando il sole illuminava il versante, vedevo anch'io e mi dava i brividi, una distesa di verde in forte pendenza, una valle tagliata come da un'accetta divina, dei boschi che faceva paura vederli con cui confinava la nostra baita e dai quali se fosse uscito un branco di lupi non ce ne saremmo stupiti, poi quella cima che si staglia altissima in fondo di cui non ricordo il nome. Spettacolare!

Le immagini, i panorami, il ritratto della vita in quei luoghi della fine '800 inizi '900 curato da Cottafavi sono splendidi! Gli italiani Grandi, come lui Olmi e Piavoli ma anche altri, come l'emergente Diritti, quando fanno film storico-documentaristici non hanno quasi rivali al mondo, sono di bravura eccelsa e questo film, come quelli degli autori citati, è opera di Empatia e Compassione, due parolone che in bocca a me suonano stonate ma loro sanno come rendergli giustizia.

La trama, che al comparire del film fece anche un certo scalpore, non deve stupire. L'incesto familiare era pratica fin troppo d'uso corrente dal Nord al Sud nell'Italia e nell'Europa povera, contadina e non, e ho letto romanzi (certo! mica i Promessi Sposi eh!) che ne parlano, così come parlano della "ruota degli esposti" che girava in continuazione per questi figli come per quelli di prostitute e concubine, figli e figlie di nobili, prelati, padroni di varia risma e vogliamo parlare della fine che facevano gli "esposti" una volta cresciuti e poi affidati a famiglie? Questa era la realtà. Solo l'ignoranza, come ormai penso, salva i sensi dal conoscerla, ma non è soluzione accettabile, utile solo ai bruti e in questo senso forse il "terribile" zio Barbe (altra eccellente recitazione! Siro Angeli), tipico prodotto dei tempi, lo è meno di altri, la sua coscienza delle cose è cinica quanto cristallina, alcune sue affermazioni sono disarmanti, come quando il giorno di Natale, che da quell'eremo si comprende solo per le campane che suonano giù in paese, dice: "Se il Signore è venuto al mondo, io non me ne sono accorto".

Il film è in lingua carnica originale coi sottotitoli indispensabili anche se qualcosa è comprensibile, e questa è caratteristica fondamentale, guai a farli in italiano film così!, i suoni della lingua sono espressione del temperamento e della cultura.

Io questo film, che mi ha commosso alle lacrime, lo metto nella mia personale lista di Capolavori.
Ne ho visto un vhs al limite del guardabile, spero si possa trovare un dvd prima o poi degno della qualità che merita e me lo riguardo immediatamente.

Capisco che faccio parte di una risicata schiera di amatori del genere. Se facciamo un raduno dei fan di Piavoli a stento riempiamo un cinema probabilmente, ma tant'è.

Un sentito grazie all'amica Grazia che me lo ha segnalato.

sabato 26 dicembre 2009

Gangster Story - Bonnie and Clyde

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Superclassico, ora, del gangsterismo romantico senza reali fini se non un continuo e costante rapinare e fuggire, magari diventare famosi e dare un senso alla propria, altrimenti meschinissima, esistenza, con un destino già segnato.
Incredibilmente moderno per l'epoca e, secondo me, per svolgimento e trama questo film non conosce vecchiaia.

Vera storia della coppia banditesca probabilmente più famosa di tutti i tempi. Imperversarono tra il 1930-34 tra Texas, Oklahoma, Iowa, rapine in banca ma anche negozi alimentari, abbigliamento, a seconda di quello che occorreva. Erano gli anni immediatamente successivi la Grande Depressione del '29, e i frutti di quel momento si vedranno.

Bonnie e Clyde s'incontrano casualmente, Clyde è appena uscito di galera, Bonnie è una ragazza annoiata. Quasi per scherzo fanno una rapina insieme e da quel momento non ci sarà più pace, rapine, inseguimenti, molti morti anche se non voluti che inevitabilmente ci saranno, soprattutto tra i poliziotti che gli daranno una caccia senza tregua ed una fine impietosa.

Warren Beatty aveva la vista lunga oltre che una gran bella faccia e se l'è anche prodotto questo film.
Faye Dunaway è nata per prendere parte ai capolavori.

VISIONE OBBLIGATORIA !!

Se poi volete gustarvi un altro eccellente film molto assimilabile, quasi un sequel, non perdetevi Badlands.

L'uomo In Più

2
Due Antonio Pisapia protagonisti. Uno lo chiamano Tony, cantante melodico alla Bongusto e suo rivale. L'altro per gli amici e colleghi è Anto', calciatore di seria A, difensore e mediano.
Due caratteri completamente diversi, due destini paralleli e simili tranne nel finale. Nel 1980 vivono l'apice del successo. Tony tra un pippotto e un bicchiere si mette nei guai seducendo una minorenne. Anto' dopo una partita suggellata da un suo raro gol, acrobatico, si rompe i legamenti in allenamento in modo irreparabile. Entrambi con le carriere distrutte.
Vivranno per un po' di rendita. Siamo al 1984. Anto' continuerà a sognare di fare l'allenatore, ma le promesse della società dove giocò per tanti anni non verranno mantenute. Tony dopo 4 anni farà un concerto in un paese ma deciderà lì di smettere e cercherà altre fortune. Le loro vite s'incroceranno, complice un programma televisivo che fa delle "vite di ricordi" il suo pezzo forte, delle confessioni.

Film bellissimo, semplicemente bellissimo, interpretato a meraviglia dai due protagonisti.
Toni Servillo che interpreta Tony, cantando in prima persona un pezzo originale composto dal fratello Peppe, è una delle più belle realtà del Cinema italiano. Andrea Renzi è un malinconico e disperante Anto'. Entrambe le loro storie sono ispirate a personaggi reali, e se quella del cantante è facilmente rimandabile, quella del calciatore forse è più per amatori del calcio, come lo sono stato io anni fa quando giocavo negli stessi ruoli di uno dei miei miti, Agostino Di Bartolomei. Calciatore di eleganza e correttezza rare, introverso, timido ed altruista, morì suicida dopo aver tentato più volte di entrare come tecnico nello sport che lo aveva consacrato, ma il suo carattere non lo aiutò. Ricordo lo sgomento di quel giorno. Questo film gli rende un tributo che mi ha commosso.

Sorrentino è un grande ritrattista. Il modo in cui scava nei personaggi è ormai tipico. Ha poi un gran gusto nelle scelte delle musiche, che usa con moderazione.

Assolutamente da vedere.

A Hero never dies

5
Due killer spietati, Jack con la faccia da ragazzo e Martin col cappello da cow-boy, uomini di pregio dei rispettivi clan e boss, che spesso incrociano i loro ferri senza mai colpirsi, si rispettano, quando capita s'incontrano anche in un bar come vecchi amici e ritualizzano sfide a rompere bicchieri. Un giorno però i ferri s'incrociano troppo e pudicamente coperti da una parete di carta si sparano a vicenda. Martin, creduto morto, resterà senza gambe. Anche Jack, ferito gravemente, sarà salvato dalla sua ragazza, e qui sarà la ragazza a pagare un caro prezzo... Nel frattempo i clan si sono riappacificati e fanno affari insieme. Entrambi abbandoneranno e tradiranno sia Jack che Martin, cosa non tollerabile...

Niente di nuovo già 11 anni fa, ma il film non avanza pretese da questo punto di vista, salvo forse una riuscitissima presa in giro di qualche mania orientale (sparare ai piedi del veggente è geniale).
Quello che qua bisogna godersi, dal primo all'ultimo minuto, è la splendida atmosfera creata da Johnnie To.
Lo dico subito: film entusiasmante! Sembra un fumetto.

Le immagini si muovono mentre l'occhio rapito si fissa su un dettaglio. I colori paiono disegnati coi pastelli metallizzati. Lo stupore e l'emozione non sono su cosa accadrà, quasi lo sai se non sei al primo film della tua vita, ma sul come, sulla sua rappresentazione. La vendetta è azione fondamentale per un eroe ed eroe è colui che deve morire come tale. Finale pirotecnico.

Da non perdere.

Spun

4
Gente fatta di metanfetamine, "meth", comunque roba sintetica in cristalli. Una coppia che vive in una casa dove si fa spaccio minuto, un'altra coppia di consumatori, madre grassissima lui metallaro, una lap-dancer fattissima che è compagna del Cuoco, l'alchimista che produce quella robaccia (Mickey Rourke che quando lavora in questi ruoli non sembra nemmeno che lavori). Infine Ross che diventa autista personale di Cook per ogni suo bisogno ed in cambio riceve la droga.

Un'escalation nel brain-burning di questi pochi personaggi uno più conciato dell'altro. Un dialogo o una situazione di vita "normale" non è immaginabile né sarebbe plausibile.
All'inizio si rimane un po' basiti per certi espedienti di ripresa, accelerazioni improvvise, ralenty. Tutto ti vuole portare nel mondo distorto e schizzato di questa gente, sembra un po' banale, ci resti male, ma poi il film cresce. La follia, soprattutto di Ross ma anche della ragazza del cuoco, non è condizione desiderata anche se appare solo una volontà tardiva di rimettersi in carreggiata.

Ritratto di tossici in agrodolce. Il film è anche molto divertente a tratti.
Inevitabile un imparentamento con quella meraviglia di Trainspotting, film di riferimento sul genere da quando è uscito. Qui non siamo allo stesso livello, ma ha altre peculiarità. Se me l'avessero fatto vedere senza i titoli di testa e coda avrei giurato che dietro a tutto c'era una sceneggiatura di Harmony Corine.

Da vedere.

venerdì 25 dicembre 2009

Bastardi senza gloria - Inglorious Basterds

20
Confezione di extra-lusso, radica intarsiata a mano con pergamena d'enologo certificante, firma importante autografa in calce, per vino dozzinale, trionfo di coloranti in tetrapak che si stappa con la lingua e dallo stesso sotteso pertugio è bene, per la salute, espellere appena possibile.

Scene fantastiche (la telecamera che galleggia ruotando sulle 3 dimensioni nell'androne del Cinema è da sturbo), interpretazioni pure, musica scelta con cura per chiari richiami ad altri generi anche nei ritmi di ripresa, costumi e fotografia, tutto perfetto! e questo, come genere, non sai nemmeno dove infilarlo, anche se forse bisognerebbe a questo punto coniare il Genere Tarantino, fritto misto di western mediterraneo accompagnato da ketchup, cumino e salsa di soia.

Pulp Fiction e Le Iene sono di un'altra epoca, Kill Bill è stata una meravigliosa transizione, tempi in cui l'estetica era al servizio del contenuto ed essa stessa diventava contenuto, ma non a prescindere.

La trama è nota e non ci perdo nemmeno 2 minuti a scriverla, poi non conta nulla, non c'è nulla, volutamente, è solo pretesto d'esibizione, come già detto, eccellente. Spettacolo puro, non è disprezzo il mio, sia chiaro, è critica dettata dal mio gusto. Se vi piace allora impazzirete per questo film, spegnete il lato sinistro del cervello prima, è meglio.

Io amo i contenuti, anche pochi ma presenti, e questo film non m'ha ispirato un pensiero che sia uno sulla mia miserabile condizione di essere umano.

giovedì 24 dicembre 2009

Respiro

1
Che film splendido! Non perdetevelo.
Premio della settimana della critica a Cannes 2002 e acclamato dal pubblico: strameritati!

Grazia è una giovane madre già di 3 figli, moglie di un pescatore, a Lampedusa. Ha un carattere espansivo, gioioso ma i suoi comportamenti nella tradizionalissima isola sono considerati bizzarri e spesso certe sue reazioni a cose che non gradisce hanno impatto collettivo non solo familiare. Il "male oscuro" coi suoi attacchi repentini non l'aiuta a metterla in buona luce. Decideranno di mandarla in analisi a Milano, allora scapperà, si nasconderà grazie all'aiuto del figlio Pasquale, sparirà talmente a lungo che per un banale indizio la crederanno morta...

Lampedusa è mare meraviglioso e discariche, costiere mozzafiato e ruderi dell'abusivismo edilizio. Bande di ragazzi che si fronteggiano, il passeggio serale coi corteggiamenti, la pesca notturna, piccoli sogni dei bambini, il carabiniere del nord che s'innamora della ragazza del sud, vita sociale e di cortile, tanti meravigliosi ma anche inquietanti aspetti della vita dell'Italia che pare fermatasi al primo dopoguerra con la modernità che la lambisce e ogni tanto la incide, ma ha un carapace durissimo questo piccolo mondo.
Grazia è una specie di fata e il film ha aspetti fiabeschi mai retorici né demagogici. Niente bacchetta o alette, nessuna concessione a visioni o sogni. E' terrestre, e marino.

Bravissimo Crialese! In tutto. La Lampedusa che E' emerge, con tutti i suoi contrasti.
Un regista di piedi che non ci lavora con. Tante immagini inquadrano le basi del nostro corpo, in particolare quando rappresentano la difficoltà, l'instabilità, una vita che sdrucciola, arranca. Poetiche, va proprio detto, quelle nel mare che è elemento indispensabile per Grazia. Inquadrature bellissime, e quel finale, una specie di resurrezione dall'elemento da cui la vita cominciò su questa terra e può ricominciare, con quella processione, tutte quelle gambe riprese dal basso. Da ammirare.

Due parole per la splendida Valeria Golino, che apprezzai già tantissimo in La guerra di Mario. Brava e bella, doti che le sono spontanee e riconosciute ovunque nel mondo. E' capace di ogni ruolo e se li sceglie anche con cura, non ne ricordo uno banale, persino in Rain Man fa la sua bella figura (fu la prima volta che la vidi). Cliccate sul fotogramma che ho fissato in immagine per ingrandirlo, che merita.

Merita menzione anche il bravo ragazzino che interpreta Pasquale, Francesco Casisa, una bella faccia da Cinema che rivedremo sicuramente e talento puro.

Dimenticavo la musica! Ho scoperto con questo film un modo elegantissimo di suonare il clarinetto basso insieme a sonorità elettroniche di grande effetto. Brani da questo jazzista, John Surman, che non conoscevo ma rimedierò presto.

Fantastica pagina del Cinema Italiano d'Eccellenza.

The Killer

2
Jeffrey ad Hong Kong è un killer professionista. In un'operazione una cantante del locale dove fa una strage rimane ferita gravemente agli occhi e necessita di un'operazione urgente alle cornee. Decide di farsene carico- Prende un ultimo incarico, pagato profumatamente, per questo scopo, ma le cose si complicano immediatamente, non solo non viene pagato ma il committente lo vuole uccidere perché ormai è stato riconosciuto e la polizia lo cerca. L'ispettore Lee sulle sue tracce è sempre vicino ad arrestarlo, ma gli sfugge ogni volta. Quando finalmente non potrà scappare, Lee stesso si troverà coinvolto in uno scontro con la banda del committente che ha l'aria sin dall'inizio di essere uno scontro finale...

Film noir di chiarissima ispirazione melvilliana. Impossibile non paragonarlo a Le Samourai. Il personaggio di Jeffrey per nobiltà d'animo è una rivisitazione di Frank Costello.
E' lo stile complessivo e i tempi che rendono entrambi i film ben distinguibili e, a mio parere, bellissimi e imperdibili. Qua c'è molta più azione, la musica è molto più variegata, uso delle riprese veloci, ralenty, persino fermi immagine. Non sono cose migliori rispetto a Melville, sono cose diverse.

Regia eccezionale quindi, ed anche gli attori principali lo sono: Chow Yun-Fat per Jeffrey e Danny Lee per Lee.

Connotato distintivo della trama è anche il rapporto amicizia/rivalità fra killer e poliziotto (qualcuno in giro dice "omosessuale", ma secondo me si fa delle gran pippe di testa, e poi fondamentalmente chi se ne frega). In Melville non s'incontrano mai, hanno una relazione a distanza. Qua invece a un certo momento diventano di fatto complici, travolti da un inevitabile destino che potrebbe essere diverso solo se rinunciassero ai valori "nobili" che i loro rispettivi mestieri comportano. "Non ho mai ucciso uno che non lo meritasse" dice più o meno Jeffrey. Abbiamo 2 "costello" in questo film, che raddoppia tutto: colore, velocità, morti (questi li centuplica), violenza, sangue, richiami persino religiosi ironicamente proposti in piena sparatoria.

Assolutamente da vedere.

mercoledì 23 dicembre 2009

Une affaire de femmes - Un affare di donne

2
Ispirato, non so quanto, alla vera storia di Marie-Louise Giraud, l'ultima (ma anche qua, forse) donna condannata a morte per ghigliottina in Francia nel 1943. All'epoca si usava ancora quella robespierrana, telaio in legno slanciato verso l'alto, lama tranciante in caduta per gravità, cesto di vimini disponibile lato testa per il trofeo. Marie fu condannata per procurato aborto a 20-23 donne del suo paese, aggravante l'aver affittato camere per amiche prostitute.
Marie viveva nella provincia della Francia occupata e la sua condanna fu considerata un esempio dal Generale Petain.
Svolgeva la sua attività con zelo e opportunismo, ma non faceva altro che porre rimedio a donne inguaiate dagli uomini, e da un tribunale di soli uomini fu condannata.

Il film è bello, molto bello. Isabelle Huppert, quasi inutile dirlo, è grandissima.
Ma Chabrol, ed è la seconda volta, la prima fu con quella meraviglia di Les biches, mi ha fatto girare i gioielli fin dall'inizio e quando poi ho letto la frasettina finale ho perso quasi le staffe! Andiamo con ordine...

O fai un film duro e puro (ottimo!), senza dare messaggi, ed allora tutto bene, amici come prima. Oppure ancora fai un film in cui mi parli di una storia vera, ma vera e documentabile (meglio ancora!), ed anche lì, tutto bene. Ma perdio! Se fai un film e ti "ispiri liberamente" ad una storia vera e quindi tu, regista (c'è mezza famiglia Chabrol che ha lavorato a 'sto film) decidi di farla apparire come meglio ritieni, allora mi spiace, ma il messaggio lo giudico senza sconti: mi-piace oppure non-mi-piace. Io però normalmente uso locuzioni più colorite.

Quanto segue, tranne i parentesati, ci tengo a precisarlo, è lo Cabrol-pensiero così come appare dal film:
"Marie è un concentrato di vizi decantato da ogni virtù. Già al primo aborto chiede in cambio del sapone, poi soldi, sempre più soldi (rischia il carcere, lo fa a sconosciute, magari...). Soldi Soldi! Non le bastano mai, allora fa amicizia con una prostituta, cambia casa (stava in un tugurio) con la furberia di affittargli una stanza, poi ne vuole una ancora più grande. Il marito rientrato dal fronte non se lo caga (non lo ama, normale forse), non vuole farci sesso e addirittura gli propone la domestica! (Marie lo pensa, povero, è un idiota incapace). Ha un amante. Il marito, preso da un senso di giustizia (grandissimo figliodi! magnava e beveva e strafumava coi soldi della moglie) la denuncia e finisce in carcere a causa sua ma la causa vera è lei...".

Il finale è meravigliosamente girato, la scena della mozzatura, con tutta la preparazione, con alcuni richiami esterni al carcere, stupenda. Speri che Chabrol abbia almeno concesso, lui sì a differenza di Petain, a Marie la compassione che meritava, si sente la voce fuori campo del figlio, e invece... non ce la fa! E' più forte di lui!
Ci mostra questa perla di frase: "ayez pitié des enfants de ceux que l'on condamne" che significa circa "abbiate pietà dei figli di coloro che condanniamo". COSA?!?!

Mi fermo se no lancio strali di fuoco. Il film è bello in senso assoluto, ed è un'aggravante.

L'imbalsamatore

0
Film d'esordio dell'ormai giustamente acclamato Matteo Garrone dopo quella meraviglia di Gomorra. Questo ne contiene già tutti i prodromi, lo stile che guarda a Sorrentino e da lui ne è guardato, ma da cugini, con connotati ben diversamente definiti e qualche gene in comune, a cominciare da Napoli.

Peppino Profeta è un nano di chigiana memoria e abitudini, e fa di mestiere l'imbalsamatore. Qualche amicizia oscura, gente che con lo yacht naviga tra palazzoni di periferia, lavora prevalentemente su animali ma ha competenze apprezzate che vanno oltre. Conosce un giovane ragazzo mite e facilmente influenzabile, Valerio, se ne infatua e lo porta a lavorare con sé in cambio di lauti guadagni. Un'amicizia ambigua oltre che una collaborazione professionale. Durante un viaggio a Cremona Valerio s'innamora ricambiato di Debora che riparte con loro, e cominciano i problemi, viene fuori la natura inquietante di Peppino che osteggia in ogni modo la relazione e non si arrende nemmeno nelle nebbie padane dove Valerio e Debora si sono trasferiti anche per sfuggirgli...

Dicevo i prodromi. Garrone dipinge un noir intenso, anche le riprese diurne ad ampio raggio sono scorate da ambientazioni glabre. Le musiche palpitano come le immagini e i personaggi, scelte con cura.
Finalmente poi, anche tra gli italiani, uno che usa la telecamera come strumento d'offesa! Graffiando i personaggi, tagliandoli a pezzi, la focale sul pezzo di pelle che trasmette! Mi sono entusiasmato a tratti, non mi pareva vero, e mi sono goduto quasi tutto il resto. A furia di guardare film questo uso del mezzo fondamentale del cinema mi concentra sempre più l'attenzione, è l'atto fisico del regista, da come lo compie mi si accendono i led sugli allarmi, guardo il film ed immagino il set.

Bravissimo Ernesto Mahieux nel panni del perverso Peppino, grande interpretazione. Nella scena finale ha aspetto e comportamenti spaventosi.

Per quel poco che ne so, Sorrentino e Garrone sono tra le più splendide realtà italiane, penso anche a un'altra meraviglia, Le conseguenze dell'amore. Noir all'italiana? Non etichettiamo.
Grande Cinema, questo si può dire, con fierezza non campanilistica ma sociale, che incoraggia.

martedì 22 dicembre 2009

Zoolander

7
Intighi internazionali, analisi spietata socio-economica del mondo del fashion, denuncia sociale dello sfruttamento minorile nel sud-est asiatico, finale benefico per i bambini che non possono permettersi gli studi.

Ben Stiller, autore e regista di quest'opera monumentale non si risparmia e cala la falce sugli stereotipi che ingiustamente etichettano i super-modelli come statuine di creta dalla fatale bellezza e dall'altrettanto fatale cerebro-assenza. Ogni, singolo, luogo comune ed anche quelli pubblici viene abbattuto con chirurgica precisione.

Come non sottolineare i grandi richiami a Mezzogiorno di Fuoco, Odissea 2001 nello spazio, Harry ti presento Sally, Piccolo Grande Uomo e Ghandi? Un profluvio di parodie magistrali che pongono quest'opera al livello delle migliori tarantinate. Tracce di Kim Ki-duk nelle intensità degli sguardi e nei silenzi urlanti, ralenty degni del miglior Wong Kar-wai. Sicuramente Park Chan-wook ha tratto da Zoolander ispirazione nella velocità delle riprese.

Citazione a parte per lo sguardo Blue Steel, pezzo forte di Derek Zoolander, che ha richiesto studi approfonditi di tipo oculistico e contestualmente criologico: glaciale ed ipnotizzante agisce sull'ambiente circostante come una serpentina d'azoto liquido. E' più caratteristico di un'impronta digitale e ha poteri da far invidia a Kill Bill. Prima della fine sarà possibile godere della evoluzione di Blue Steel, lo sguardo Magnum, vero colpo di grazia che ha riparametrato tutte le teorie della sguardologia.

Dialogo che passerà alla storia. Lei: ero abulimica. Derek: leggevi nel pensiero?
Ti viene la pelle a squame quando lo senti e vai di rewind in continuo ché non credi alle tue orecchie possa essere giunto tanto Problematico arrivare alla fine del film: troppi i rewind che devi fare e i pause necessari per meditare sui messaggi che ti tempestano.

Incredibile a dirsi: l'intero film è storico-biografico ed alcuni fatti ci sono stati risparmiati per non urtare la sensibilità delle persone più emotive.

Film Disimpegnante.

Apoteosi di Olympia

2
Leni Riefenstahl è un personaggio difficile, non intendo esaminarlo umanamente in questa sede, anche se la fama di regista del reich non è qualcosa che si può ignorare. Ad ogni modo leggetevi la storia su WIKI e fatevi l'idea che preferite, io ho la mia ovviamente ma preferisco concentrarmi, in questa sede, sul Cinema.

E sul Cinema parlo dicendo che questa donna, a 36 anni, ha fatto questo capolavoro di cui poi avrò di che dire, e questo, nel 1938, in qualsiasi regione o regime del pianeta, è semplicemente incredibile! Quindi care donne, andatene fiere, considerando anche la grandissima innovazione che Leni ha portato alle tecniche di ripresa, al montaggio, ecc... . Durante le riprese ha coordinato un numero di macchine da presa e di uomini (n.b.: uomini!) impressionante. Per mesi poi si è dedicata, sempre in prima persona, al montaggio, alla scelta delle musiche. Un personaggio di capacità impressionante.

E fin qua sarebbe solo grande profusione d'impegno e mezzi. E con quale risultato?

Della prima parte, famosissima per alcune scene come la cerimonia della torcia olimpica, prima volta assoluta ed invenzione di Leni, e poi delle stratosferiche vittorie di Jessie Owens, afroamericano con 4 ori, notissima l'espressione malmostosa di hitler che comunque non si ritrasse alla cerimonia di premiazione.

Nella seconda parte Leni, a mio parere e non solo mia, tira fuori con grandissimo talento la componente artistica del gesto sportivo, la sua epica, metafora della vita, la ritualizzazione delle sfide della stessa. Ex sportiva oltre che ex ballerina ed attrice, Leni conosce la materia che deve ritrarre e conosce ed evolve meravigliosamente le tecniche di ripresa. Ripeto: non bastano i mezzi, bisogna sapere cosa si vuole fare. E Leni lo sapeva. Qualche esempio.
Barche a vela: ti chiedi dove possa aver posizionato la telecamera, immagini di dinamismo eccelso, sembrano motoscafi.
Scherma: combatte addosso e con gli atleti schermidori, gli respira addosso, li inquadra da ogni angolatura e l'avversario è sempre vicinissimo, una sfida senza tregua, gladiatoria.
Lotta e Pugilato: qua, come in altri punti, impressiona lo sfondo scuro neutro, i 2 atleti si sfidano come su un altare, la lotta nobile li innalza.
Cavalli in aperta campagna: una corsa tra ostacoli di difficoltà improponibile oggi, scarrellate (o cosa?) velocissime con macchina immobile, non vibra nemmanco e t'inquadra la testa in primo piano di un cavallo trafelato che spinge fortissimo. Emozionante.
Canottaggio: guardatevi le riprese delle attuali olimpiadi se vi capita. Sono copiate da Leni.
E tanto ancora... ma mi sono riservato il finale col botto.

I tuffi.
Famosissime queste scene, compaiono spesso in tivvù, ma vedere tutti i 10' di, questa sì, Apoteosi di Bellezza è ubriacante, da Sindrome di Stendhal. Come la musica, cominciano con un ritmo leggero, ma continuo e costante, vedi i volteggi dei bellissimi atleti susseguirsi senza sosta, qualche ripresa subacquea, e poi, il finale, è tutto un volteggiare di angeli, confondi il cielo con l'acqua, la telecamera parallela al piano ruota sull'asse verticale e non c'è nulla da fare: cominci a volare anche te.
Non ci sono aggettivi per definire questa sequenza che chiude la parte sportiva, poi 3 minuti di cerimonia finale, ma sei sfinito, la guardi con sollievo per quanto grandiosa anche questa.

Capolavoro Immortale.

Mr. Vendetta - Sympathy for Mr. Vengeance

8
Piove sul bagnato. Benzina sul fuoco. Usate la metafora preferita per descrivere la sequenza di guai e sfortune che colpiscono Ryu e la sorella. Lui è sordomuto dalla nascita, lei in dialisi. Ryu, capelli verdi e buon carattere, vive per la sorella e sta cercando di fare di tutto per ottenere un trapianto di rene, per il quale occorre attendere un donatore e poi soldi. I soldi ci sono ma la pazienza di attendere il donatore no, allora si rivolge a mercanti d'organi, gli chiedono non solo i soldi ma anche un suo rene e dopo averglielo asportato lo abbandonano nudo in un rudere e soprattutto non gli daranno il rene per la sorella. Dopo poco lo chiamano dall'ospedale, ma non ci sono più i soldi, che fare?, rapire la figlia del proprietario della fabbrica che ti ha appena licenziato può essere un'idea. Con l'appoggio di un'attivista politica riesce nell'intento che la ragazza le fa apparire moralmente non criminoso. Il piano riesce, Dong-Jin porta i soldi del riscatto, poi... la sorella di Ryu si suicida...

Sono già avvenute trame sufficienti a un paio di film, ma qua siamo solo ad un quarto della storia. Si assiste ad un escalation parossistica e sanguinaria, con qualche disgrazia fortuita, tutte le altre efferate, volute, desiderate, bramose di una vendetta che non è bestiale, "lo so che sei bravo... ma ti devo uccidere capisci?" per rendere l'idea e la frase non suona strana. Violenza durissima ed inevitabile, eventi che ne scatenano altri e s'incrociano, m'ha tenuto sveglio nonostante le ore piccole.

Meno tecnologico di Old Boy, questo primo film della trilogia sulla vendetta di Chan-wook è almeno pari per forza emotiva. Forse proprio una certa essenzialità realizzativa lo rende ancora più realistico, e più duro. Le vendette di Ryu e Dong-jin, fondamentalmente 2 brave persone, sono "ire del mansueto", esplosioni.

Chan-wook è un vero mago della ripresa e del montaggio, ha sensibilità e tecnica, arte figurativa. Di 2 ore non si butta un minuto, la trama è tale che poteva coprire almeno il doppio del tempo in mano ad altri. Nei silenzi non rallenta. Quando Dong-jin dopo il funerale "vede" la bambina questa è ripresa da dietro in terzo, non vedi il viso, ma quelle gocce che cadono dalle mani e poi, dopo che la prende in braccio, le vedi cadere dalle gambe del padre... immagini di sostanza, non metafore ad-allungam-brodum. Potrei citarne altre.

Bellissimo e Imperdibile!
Grandissimo regista Park Chan-wook.

Transsiberian

4
Strano che non è uscito in Italia questo film. E' un bel thriller, pieno di colpi di scena, grande cast. Classico nel finale che ti riempie la bocca, senza lasciare nessun retrogusto, troppo saziante, ma rimane un bel thriller, con la giusta dose d'azione, persino un po' noir nonostante il bianco domini la scena in modo abbagliante.

Una giovane coppia americana, Roy e Jessie, un po' in crisi coniugale, fa un viaggio a scopo benefico in Cina, poi decide di tornare in treno con la famosa linea che dà il titolo per fare turismo. In cabina incontrano una coppia, Carlos spagnolo e Abbie americana, decisamente più spigliati, che nascondono qualcosa... si ritroveranno coinvolti in un grosso trasporto di eroina loro malgrado ed una serie di equivoci uniti a un tot di casini che combina Jessie li metteranno nei guai con 2 detective della narcotici russa, dal comportamento non proprio abituale per dei poliziotti, per quanto russi...

In questi giorni in cui i tiggì nazionali parlano di freddo polare quì da noi, vedere un film quasi interamente ambientato a -23° riscalda il cuore e magari sminuisce tante iperboli sprecate qui da noi.
Ammicca all'america ma è una produzione europea di buon gusto e la regia ne dà esempio sui ritratti dei personaggi. M'è piaciuto Ben Kingsley, sempre bravo, da Ghandi a questo, poi dipende chi lo dirige. Splendide alcune panoramiche, c'è una sequenza aerea del treno che sembra un rompighiaccio al polo molto suggestiva. Seducente anche la tortura, in quell'hangar che riporta alla mente trascorsi oscuri del paese, ma comincio a rivelare troppo e per questo tipo di film non è cosa buona e nemmeno giusta.

Merita decisamente la visione.

lunedì 21 dicembre 2009

Il mestiere delle armi

2
Trama storicamente troppo impegnativa per me, la riporto dall'ottima pagina WIKI dedicata a questa opera di stampo storiografico:
"Il mestiere delle armi narra degli ultimi giorni di vita di Giovanni dalle Bande Nere, pseudonimo di Giovanni De' Medici, soldato di ventura italiano al servizio dello Stato Pontificio durante le guerre d'Italia nella prima metà del XVI secolo.
Dopo la formazione della Lega di Cognac tra Papato, Francia e Repubblica di Venezia contro lo strapotere di Carlo V, re di Spagna e imperatore del Sacro Romano Impero, un'armata imperiale di lanzichenecchi luterani al comando del veterano Georg von Frundsberg scende in Italia con l'obiettivo di saccheggiare Roma e punire il voltafaccia del Papa.

Consapevole della scarsità delle proprie truppe, Giovanni adotta una tattica basata sull'impiego di un manipolo di cavalleggeri e archibugeri a cavallo. Attacca con brevi schermaglie i vettovagliamenti degli imperiali in modo da ritardarne la marcia.
Il marchese di Mantova Federico Gonzaga, intenzionato ad evitare la guerra sui suoi territori, sceglie di lasciare via libera ai lanzichenecchi. Li lascia transitare attraverso la porta fortificata di Curtatone negando il passo, poche ore dopo, alle truppe pontificie guidate da Giovanni.
Contemporaneamente il Duca di Ferrara Alfonso I d'Este, in cambio del matrimonio di suo figlio con una principessa imperiale, dona a Frundsberg quattro pezzi di artiglieria (falconetti) in grado di perforare qualsiasi tipo d'armatura.
"

Come vedete, oltre a guardare il film occorre una competenza storica importante. Olmi se l'è fatta e ha scelto non a caso di parlare di Giovanni dalle Bande Nere. Nobile nell'animo prima che nel gesto poi coerente, uomo di cui andar fieri, ha avuto una compassione assoluta fino alla morte persino per chi lo ha tradito.
Lo scopo qua non è parlare della guerra e forse nemmeno di Giovanni de Medici che pure ne ricava giusto tributo. La sofferenza della guerra, quella diretta dei soldati, quella indiretta dei familiari (struggenti le semplici lettere che riceve dalla moglie), la più volte citata sofferenza delle popolazioni civili inermi, i soli senza alcuna difesa e per i quali sono nemici anche i soldati amici coi loro saccheggi di beni e persone.

Olmi al solito riesce benissimo nel suo intento. Oltre alla grandiosità di alcune scene (i movimenti in marcia dei soldati sembrano processioni!), la musica sacra in costante sottofondo vuole rendere il dio cristiano partecipe e responsabile. Nessuno ne esce condannato, proprio con lo stesso atteggiamento di Giovanni, Olmi ti fa apparire anche la distruzione di un crocifisso di legno non come una profanazione ma come il significativo risultato di una situazione che si drammatizza nell'esigenza primaria: serve legna da ardere in un inverno nevoso.
E' un film Epico e di Compassione, estremamente contro alla guerra come pochi se n'è visti.

Grandissimo Olmi!
Sono un suo fan, non è una novità, ma questo film non è per "olmisti", vorrei sottolinearlo.

Old Boy

11
Dae-su rimane rinchiuso per 15 anni in una cella di una prigione "privata", clandestina. 15 anni in cui, come Montecristo, medita ogni cosa, soprattutto cerca un perché della sua prigionia chiaramente ordita ed ordinata da qualcuno che non riesce ad individuare, e poi, ultimati i propositi di suicidio più volte tentato, pensa a quale terribile vendetta dovrà perseguire. Oltre all'isolamento, per 15 anni ha subito inalazioni di gas soporiferi e non, trattamenti psicologici di ogni genere soprattutto ipnosi e lo sa, ne è cosciente ma non capisce di cosa è cosciente.

Improvvisamente si trova fuori dal "carcere" e comincia immediatamente a muoversi per perseguire i suoi propositi. Minime tracce accumulate nel tempo si rivelano importanti, incontra una ragazza, lotta con bande, torna nella prigione per chiarimenti... incontra, questo è importantissimo, uno strano personaggio, tale Woo Jin che lo chiama da quando è uscito dalla prigione e sembra pilotare un gioco molto sporco e terribile.

Una frase di Woo Jin rivolta a Dae-su è emblematica: "Ora sei soltanto in una prigione più grande". Che significa? La vendetta è un'esclusiva di Dae-su o invece è lui stesso a subirla. Quello che seguirà sarà sorprendente, ribaltamento dei ruoli con plausibilità al di là degli eventi straordinari e straordinariamente rappresentati.

Con una trama che si dipana con continuità, dal primo all'ultimo minuto delle quasi 2 ore è una costante tensione, lotta emotiva e fisica, emozione di avvenimenti che si rincorrono tra passato e presente con un ritmo travolgente! Regia incredibile, immagini sempre perfette, alcune scene davvero da cult, come quella in cui Dae-su adulto insegue in un sogno cosciente Dae-su ragazzo, strepitosa! E non solo quella...

Gran Premio speciale della giuria a Cannes nel 2004, giuria presieduta da Quentin Tarantino che ha detto: "il film che avrei voluto fare" e non me stupisco affatto. Quentin s'è poi rifatto alla grande con Kill Bill.

Questo film, Eccezionale!, è godimento puro.
IMPERDIBILE.

domenica 20 dicembre 2009

La Lingua del Santo

2
Antonio e Willy, adulti giovani a Padova, hanno vite senza indirizzo e diventano ladri in coppia per caso, quasi per sfizio. Willy (Bentivoglio) è anche meditativo, pensa sempre all'amor perduto, ancora più demotivato ma soprattutto scorato per la propria condizione di perdente, Antonio (Albanese) più istintivo e diretto.

Durante una rapina in una macelleria, proprio mentre si svolgono le celebrazioni per S.Antonio, vengono intercettati, fuggono e finiscono proprio nella Basilica dov'è conservata la preziosa reliquia del titolo: la lingua di Sant'Antonio da Padova. Antonio la ruba, d'istinto.
Notizia sensazionale, da tiggì nazionali. Antonio vuole fondere l'oro e vendere le pietre, ma Willy, colto da ispirazione, decide di pensare in grande e cederla sotto riscatto. Iniziano le avventure...

Il riscatto da una vita piccola ad una da protagonisti, il bisogno di un'avventura in cui realizzarsi, cercare le proprie capacità, questo per Willy è la vera ragione di una situazione che partita accidentalmente diventa un fatto personale importante, qualcosa con cui mostrare a sé stesso, alla ex-moglie e agli amici del bar quello che vale.

Bello e divertente, non rinuncia a uno spicchio di satira sociale.
Merita una visione.

Gone baby gone

8
Una bambina viene rapita, in un quartiere americano che fa tanto paese. 2 giovani ragazzi che vivono insieme vengono chiamati dalla nonna ad indagare, sono specializzati nel rintracciare persone scomparse, in particolare nel quartiere che conoscono bene, ma solitamente cercano per motivi più futili mentre i bambini quando spariscono quasi sempre vengono ritrovati morti, è altra questione. Ad ogni modo accettano, cominciano a collaborare con la polizia, hanno buone tracce ma all'incontro per il rilascio da parte di presunti rapitori la bambina cade in un laghetto e muore. Dopo poco tempo un altro bambino viene rapito e stavolta individuano subito il pedofilo colpevole, ma non sembra colpevole anche per la bambina.
Il giovane detective è intelligente, intuisce qualcosa che non quadra da alcune confidenze fatte proprio da poliziotti scoprendo una realtà: le verità scoperte da loro non sono sempre vere, spesso vengono artefatte; in buona fede costruiscono realtà per il "pubblico" che non corrispondo alla verità appunto, ma servono a realizzare quella che secondo loro è la cosa giusta.
Cosa c'entra con la scomparsa della bambina? Ve lo lascio scoprire.

Bel film, belle le atmosfere, la presentazione iniziale del quartiere è un grande incipit. La storia affascinante, sviluppata con una serie ben dosata di colpi di scena.
Un po' il pensiero mi va a Mystic River, anche per il tipo di regia (in particolare la modalità delle riprese aeree) ma soprattutto per la trama. Come nel meraviglioso film di Eastwood, anche in questo ci si interroga sulla struttura della famiglia, sui valori, sull'affetto che la società degli adulti riserva ai bambini suoi figli: nelle indagini emerge di tutto.

Davvero un gran bel film, da vedere.

Le temps qui reste - Il tempo che resta

0
Romain è un giovane fotografo. Un giorno sul set perde i sensi. Alla visita gli dicono che non hanno buone notizie. Teme l'AIDS, è omosessuale, invece è un cancro. Aspettativa: 3 mesi di vita.
Inizia un periodo di nervosismo, di voglia di mandare tutto all'aria, disfarsi di cose e persone compreso il compagno, rinuncia anche all'offerta di una donna (magnifica come sempre Valeria Bruni Tedeschi) di fare un figlio con lei perché il marito è sterile. Non dice nulla a nessuno tranne che alla amatissima nonna (bella partecipazione di Jeanne Moreau).
In prossimità della Fine avrà diversi pentimenti, una voglia di lasciare qualcosa prima della dipartita stimolata dalle molteplici visioni che ha di sé di quando era bambino, in episodi significativi. Il finale sarà uno svanire...

M'è piaciuto, non come altri di Ozon ma è un bel film.
Da vedere.

Il tema, non originalissimo, è sviluppato in modo interessante più che altro per il contesto e per la modalità non retorica, molto schietta. Non ha un gran ritmo, ma la ritengo una cosa voluta.

Si può non parlare di scene di sesso con Ozon? No, e quella tra Romain e Sasha, con tanto d'erezione e penetrazione mirata, mi è sembrata un tantinello eccessiva, e non c'entra che fosse scena omo o etero solo che ammicca al porno, ma de gustibus... Bellissima, molto più intrigante, trasgressiva e particolare quella a 3 fra Romain, la signora che vuole un figlio ed il marito della stessa che partecipa bisessualmente all'atto, e senza che si veda nemmeno l'ombra di penetrazione.

sabato 19 dicembre 2009

Pokój Saren - The Roe's room

2
Se la morte è la certezza dell'uomo materiale la solitudine di fronte all'immenso è quella dell'uomo spirituale che si mette da parte, introspettivo spettatore, ed osserva ciò che avviene, guarda l'esterno per guardarsi all'interno, sanguina nei punti fermi imposti,