giovedì 19 maggio 2011

Il maestro di Vigevano

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Per film come questi io vado in visibilio, lo dico subito. E' il Cinema d'impegno e intrattenimento (drammatico) per eccellenza, pregno di significati, ben girato, attori da sogno, semplice e diretto, ti fa fare anche qualche pur amarissima risata. Grandi ovviamente i meriti del romanzo omonimo di Lucio Mastronardi. Visto oggi poi si aggiunge ai meriti anche l'interesse storico, per la società e lo stile di vita di allora. Olimpo ovviamente, e mi divertirò a farne un foto-racconto, entro i limiti imposti dall'evitare spoiler.

Intanto passo un attimo la parola all'amica Petrolio (al secolo Milena), grande estimatrice come me di Elio Petri, alla quale ho chiesto un contributo a riguardo.

Il ricordo della lettura del libro è troppo vivo quando scelgo di vedere questo film nel 1995 e rimangono fortemente radicate in me l'amarezza e la sottile ma incisiva vena di sconforto quando lo rivedo oggi. Ho sempre scelto di posticipare la visione rispetto alla lettura. Il motivo è da ricercare nella grande e fondamentale passione che mi cuce a doppio filo ai libri. È assai potente la forza della immaginazione che scaturisce dalle pagine e dalle parole e l'immagine che ne prende forma è viva e reale: il tono di voce, l'espressione del viso, le movenze del corpo, i luoghi, gli oggetti, la gente, gli sguardi, i mormorii. È perciò grande, spesso, la delusione che segue il momento in cui assisto alla rappresentazione visiva della vicenda scritta. In questo specifico caso è velatamente legata alla esperienza da lettrice, come un errore facilmente eludibile grazie all'ammirazione nutrita nei confronti di Petri e Sordi: l'origine romana del protagonista nel film, quando quella originale nel libro era lombarda. Nulla toglie alla bravura del regista che io amo follemente, nulla sottrae alla carriera magnifica dell'attore del quale m'affascina la mobilità e l'intelligenza dello sguardo, la metamorfosi a cui sottopone tutto il viso. Intatta e degna di nota l'immagine grottesca e caricaturale, una grande linea rossa segnata con pugno duro sotto quello che era il mondo piccolo borghese dell'Italia del dopo guerra nel quale ancor più risaltano i tratti dei vincitori e attenuati, fino a scomparire, sono la mitezza, la caparbietà e la sofferenza dei vinti. La scuola, l'ambiente in cui si svolge la vicenda, che avrebbe dovuto esercitare il ruolo (suo proprio) di educatrice, preparatrice e far da trampolino perché spiccassero il volo le coraggiose intenzioni e si concretizzassero gli slanci, è invece la fucina della mediocrità, è fonte di umiliazione e oppressione. Mombelli, avvilito, passivo, non è artefice del proprio destino, sprofonda nella gretta realtà in cui è immerso… quanto amaro è questo ritratto? Troppo, così opprimente da schiacciare e sopprimere qualsiasi emozione, persino il lato comico, troppo esasperato a volte; tutto è vacuo, devitalizzato, distaccato, la vicenda, così come l'avventura di cambiamento, di intraprendenza, di successo vissuta da Mombelli, l'insegnante che diventa industriale per poi miseramente fallire, inizia e finisce. La voglia di riscatto, appena spiccato, compie un volo breve e il tonfo non si sente, come quello del martello pesante che scaglia sul ponticello di legno alla vista della moglie in dolce compagnia. Tradito, sbeffeggiato, fedele. Si rimane vuoti, ma illesi. E allora? Forse l'avrei resa più amara, io. Cosa, altrimenti, pretendere da una nera scrittrice di nero?


Contributo strepitoso al solito. Grazie di cuore a Milena.
Il mio parere, come avete letto e leggerete, è decisamente più entusiasta del suo, ma va detto che non ho letto il libro, fattore importantissimo.

Vigevano è una località in provincia di Pavia, meta obbligatoria anche per i milanesi per qualche gita in primavera. La piazza inquadrata qui dall'alto, anche se non grandissima, è considerata tra le più belle d'Italia e, fidatevi, la fama è meritata. E' un contesto classico di "provincia lombarda" dei tempi, credente ma non troppo bigotta, operosa... Vigevano è nota ancora oggi come "città delle scarpe", rinomata per qualità e quantità di produzione del particolare capo d'abbigliamento. Ai tempi era piena di "fabbrichette".

Simpaticissimo inizio che inquadra dal basso pedoni in piazza. Questo è il nostro protagonista, Antonio Mombelli, che ci racconta la storia. "...ognuno qui a vigevano porta le scarpe che può, che deve e che merita...", parte del suo incipit, frase che vuol già dire molto, perché se il Può è scontato, quel Deve e quel Merita sono segno di una società che esige che ognuno stia al suo posto, con ruoli e gerarchie definite. Non siamo alle caste però, le gerarchie non sono inviolabili.

La faccia di Alberto Sordi nei panni del maestro è indimenticabile. Una parte che è di grande drammaticità, eppure a vederlo, in molti momenti, seppure amaramente non si può fare a meno di ridere. Ruoli che quando ricoperti da attori così diventano un marchio, nessuno potrà mai Osare confrontarsi con l'albertone su questa parte. "...maestro elementare di gruppo b, quarto scatto, coefficiente 271, 19 anni di servizio... mancavano 6 mesi e 1 giorno alla pensione. in fondo i maestri sono come i bambini, basta un nulla per farli felici."



25 commenti:

  1. Condivisibile sotto molti aspetti la visione più "noir" della nostra grande Milena (in fondo siamo alle prime ombre del nuovo Incubo che avanza...), ma per mia indole e tendenza dico che per me il taglio tragicomico è (come quasi tutte le volte in cui viene usato - bene - nella narrativa e nel cinema) perfetto.

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  2. ciao nicola, grazie che riesci a passare nonostante il periodo... buon lavoro e in bocca al lupo :)

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  3. Un grandissimo film, tra i ritratti più amari interpretati da Sordi.
    Da brividi e attuale ancora oggi.

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  4. Attenzione… non è che abbia dubbi sulla grandezza e sulla capacità di rendere il racconto da parte di Petri. Dico solo che per quanto mi riguarda è stata una sfida (vinta a metà) con un attore forse poco congeniale con le peculiarità del regista che di lì a poco sarebbe diventato uno dei più agguerriti critici e distruttori (a volte) del perbenismo, della superficialità e della falsa patina di 'tutto bene, tutto a posto'… a volte anche troppo politicizzato, ma a me calza'va' alla perfezione. Le scene che hai postato, poi, sono di quella perfezione e di quella consapevolezza che potrebbe non avere uguali e rivali (sempre se escludiamo altri registi da me amati). Per me è stata una sfida, altrettanto dura, tra l'altro, alla quale non avrei rinunciato per nulla al mondo. Quando ho letto nell'e.mail 'il maestro di vigevano', mi son venuti sù brividi di piacere e di nostalgia. Il ricordo di quegli anni è dolce e amaro allo stesso tempo: un tempo in cui Milano m'ha fatto scoprire tanto di cinema, teatro e arte che oggi al pensiero mi vien solo da piangere. Ho visto tanti capolavori in quegli anni in una polverosa sala d'essai grazie a un amico che non c'è più! Che altro dire? Petri per me è sempre il regista (al pari di De Sica, Germi e Paso) che lascia contraddizioni a strascico, quindi me lo fa apprezzare anche più! Considerando poi la storia delle origini del film sorrido e ammetto a me stessa che lui non avrebbe rinunciato a girare questo film: in contrasto con De Laurentis (che lo tacciava in continuazione di comunismo), in gioco per un altro film (avrebbe dovuto girare 'I mostri' con Sordi, che fu girato da Risi con Tognazzi e lo scambiò con 'il maestro…'). Consiglio comunque di leggere il romanzo: oggi, l'amarissimo ritratto di una professione (e quasi tutto il mondo del lavoro) come quella del Mombelli bistrattata, schiacciata tra una legge deforme e una società sempre più indifferente, quando privilegiata, e immune a ogni attacco da parte della tirannia e del potere. Scusate la foga. Sono molto delusa e giù in questi giorni.

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  5. sei stata chiarissima milena. :***

    ci sarebbe stato sicuramente volonté al posto di sordi se questo film petri l'avesse fatto qualche anno dopo. non ci sarebbe però stata la stessa vena tragicomica (molto tragi e pochissimo comica in verità) che diceva nicola e che m'è piaciuta tantissimo.

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  6. Sono stato a Vigevano per lavoro per 15 giorni, ma erano gli anni '90. Una valanga di negozi che vendevano scarpe, a prezzi davvero interessanti.
    Ottimo film, forse il libro è un po' troppo datato, ma di certo il suo autore è una di quelle personalità di cui ci si è dimenticati in fretta. Sordi è davvero grande se alle spalle ha un regista di polso. Lasciato a se stesso, tende a scivolare sulla macchietta; non che sia sempre successo. Ma secondo me ha sempre avuto timore di essere preso troppo sul serio, finendo per virare su esiti "troppo" divertenti.

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  7. questo credo mi manchi! mi hai incuriosito. poi a vigevano ci sono capitato l'anno scorso per lavoro e sono rimasto piacevolmente colpito, sia per la città che per la gente.

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  8. bravo marco! "timore di essere preso troppo sul serio..." mi piace, penso che a sordi sarebbe piaciuta :)

    eh caro frank, se non l'hai visto ti "manca" davvero, siamo nei fondamentali secondo me

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  9. Bellissimo pezzo.Molto bravi tutti e due.Robydick, ormai oltre il gajardo.Una delle regie piu' eleganti e meno "ossessive" di Petri, se mi é permesso il termine.Grande,un saluto!

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  10. grazie belushi, sempre gentile.
    ciao!

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  11. Devo vederlo perchè questo mi manca di Albertone.
    Domanda... ma allora ce lo meritiamo o no Alberto Sordi?!?

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  12. ernest, ahahah! mannagg'...
    quella battuta di Moretti non l'ho digerita troppo e parlo da suo fan, però ne capisco il senso e va trovato più che altro in certi suoi "film", soprattutto da regista.
    Sordi ce lo meritiamo eccome, e ce ne vantiamo anche! a mio modesto parere... ;-)

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  13. Purtroppo il film non l'ho mai visto, ma non è detta l'ultima parola. Invece mi ricordo bene il libro di Mastronardi, come anche il Calzolaio. Scrittore un po' dimenticato.

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  14. ciao alberto! confermo. non sono un grandissimo lettore ma insomma, un po' ne ho letti, e di mastronardi prima del film non sapevo nulla.

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  15. Poco tempo, solo un saluto. Sapevo ti sarebbe piaciuto! Leggerò rece e commenti domani. Ciao Roby!

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  16. ciao grazia! va bene, a domani allora :)

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  17. ...Perchè come mi ha ricordato in un 'intervista lo straordinario Kaurismaki stamattina, a propsito anche del suo ultimo film "Le Havre", che tutti dicono bellissimo e non ne dubito, in concorso al Festival di Cannes , sempre sui suoi protagonisti così irresistibilmente bohemièn...:-"Semplicemente non mi interessano i problemi delle coppie della classe media. Con tutto il dovuto rispetto per i valori della borghesia, non li trovo interessanti nè dal punto di vista cinematografico nè da quello drammaturgico."
    Petri con questo suo film (il più "stralunato" della sua intera filmografia)e la sua solidarietà tra esclusi , idealismo, bellissimo melànge tra tra la fredda malinconicità e il romanticismo più disperato,la commedia e la tragedia, non poteva dimostrarsi in una maniera migliore, d'accordo.
    Solo gli amori ostinati, sono quelli che valgono.

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  18. Anche qui l'impasto di rigore e comicità come nel cinema del grande Aki Kaurismaki funziona, una delle "messe in gioco" più rischiose e coraggiose poi messe in atto da Sordi nella sua intera luminosissima, abbagliante carriera, sempre gli va reso atto in merito, lui,scegliere di interpretare credibilmente un "lumbàrd", fuori quindi assolutamente dai comodi e rassicuranti vezzi della romanità.

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  19. Buonanotte, anzi buongiorno, tra poco. Questo mi manca, come mi mancano un paio di scarpe di Vigevano, visto il mio cronico mal di piedi..mannaggia.

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  20. napoleone, d'accordissimo con te e con aki. ma sei a cannes anche te ?

    ciao harmo. eh, vigevano non è proprio a 2 passi da casa tua ... :)

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  21. grazie compagno! ahahah!, mitico ernest....

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  22. visto ieri, dopo mesi che mi riproponevo di farlo. Ma forse è stato un bene perchè nel frattempo ho approfondito un po' Pasolini e qui siamo assolutamente in tema. Il boom preso da quest'angolazione (da sotto terra verrebbe da dire) mette a nudo l'appiattimento della società italiana sugli pseudovalori consumistici come immediata conseguenza del miglioramento delle condizioni economiche del paese. Albertone, come anche nel "Boom", è costretto ad assecondare le smanie della moglie. Nella provincia lombarda come nella capitale, sfoggiare un benessere reale o fittizio diventa una necessità quasi totalizzante, a cui si deve sacrificare la filosofia di una vita o un occhio della testa. Le figure femminili non ne escono benissimo in questi due film, ed è forse l'unico aspetto che me li fa apparire datati. O meglio da storicizzare. Quoto tutto il resto, belle recensioni di tutti e... Google is your friend Roby! il blog è sempre più su!!! :-)

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  23. grazie Roby, gran commento che condivido. dici che abbiamo tutto questo "successo"? bene, per il cinema... :)

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