lunedì 20 giugno 2011

Napoli... la camorra sfida e la città risponde

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Poliziottesco per la categoria Incolti, da superamatori del genere ma anche no. Qua abbiamo la fortuna di poter contare sui contributi di Napoleone Wilson, che ha conosciuto personalmente Mario Merola, personaggio snobbato e bis-trattato che merita invece considerazione, fa niente se postuma. Sono particolarmente orgoglioso che questo blog possa dare un suo omaggio al famoso artista napoletano, ci tenevo molto, certo anche per le mie fiere origini campane, è innegabile.
I titoli delle rubriche che Napoleone cura sono a sua completa discrezione, ma non potevo non chiedergli un contributo su almeno uno dei film interpretati da protagonista dal "passatore" napoletano. Non solo. Il poliziottesco che io amo guardare e mi diverto a recensire non può dai miei limiti essere valorizzato come merita quindi questa è anche un'occasione per sentire un vero esperto recensore di film cosa ne sa dire. Io ovviamente l'ho già letta, e al solito ci si deve solo scappellare, ve lo anticipo.
E' stato gentilissimo e disponibile Napoleone. Ora, dopo una doverosa introduzione, gli passo subito la parola.


Ma come si fa, ad andare a chiedere il pizzo da un negoziante come Merola?

Don Vito/Antonio Sabàto :-“Guagliò, se non pagherete quà stasera farà caldo...molto caldo.”
Tony il pizzaiolo/Lucio Montanaro :-”E..eh..e allora, che cazzo mi frega a me..., ho montato apposta l'aria condizionata.”

“Napoli: La Camorra sfida, la città risponde”, fu il terzo dei film di enorme successo -sotto Roma- diretti da Alfonso Brescia e prodotti da Ciro Ippolito con protagonista Mario Merola, ed è insieme a “La Tua vita per mio figlio”('80) (e rispetto ai precedenti “L'Ultimo guappo”['78] e “Napoli serenata calibro 9”['78]) sicuramente il migliore, di tutti quelli realizzati dal trinomio; girato benissimo, sorprendente e ispirato nella sua atmosfera cupa, è quasi incredibile -soprattutto nel suo finale da molte parti giustamente definito addirittura come “visionario”. Il che sembra un miracolo se si pensa che ad averlo realizzato sarebbe appunto Alfonso Brescia, regista praticante di proprio tutti i generi più popolari del cinema italiano a partire dal peplum, ma da sempre comunque considerato piuttosto sciatto e grossolano, certo non brillante di particolari doti di finezza, ma con quell'evidente approssimazione da “buona la prima” così tipica delle produzioni più frettolose e inadeguate sotto il profilo economico e delle pretese, del nostro cinema bis di quegli anni. Eppure, “Napoli: La Camorra sfida, la città risponde”, seppur nonostante l'enorme successo di pubblico dei film polizieschi-sceneggiata con Merola e realizzati in serie nel quadriennio '78/'81, realizzato in evidente risparmio economico, si discosta come detto nettamente dai primi due che lo avevano preceduto per la evidente diversa fattura e ad alta dose adrenalinica, sia per il livello generale dell'azione-addirittura con grande utilizzo, quasi a spreco, del ralenty- che per la tensione che riesce a mantenersi per tutto il film, oltre che, come ha osservato qualcuno in un commento molto attento e pertinente, una forte rassomiglianza di trama e personaggi con il capolavoro di Castellari “Il Grande Racket” (The Big Racket) ('76), tutto un'altro livello di cinema, quindi. Molto interessanti sono anche le diverse location del film, già parecchio presenti e utilizzate in tutti gli altri film del filone, a cominciare da Via Chiatamone sede de Il Mattino in cui lavora come giornalista d'”assalto” delle inchieste alla Siani il personaggio interpretato da Ciro Ippolito, continuando con lo splendido lungomare di Viale Partenope per poi passare imprescindibilmente da Piazza Dante e da Piazza Sanità dell'omonimo famosissimo rione della S.ta Maria della Sanità, e dal Cimitero delle Fontanelle, “Golgota” di fatto del finale stupefacente e scenografico del film, ma anche ripetutamente da Via Santa Lucia, Via Caracciolo, la Chiesa di Santa Caterina a Formiello, e di nuovo al Cimitero delle Fontanelle, per il compimento della vendetta dal sapore ancestrale e quasi horror a mezzo di crocifisso da parte di Don Francesco Gargiulo/Mario Merola. Una menzione speciale per la colonna sonora di Eduardo Alfieri, compositore di fiducia per tutto questo genere di produzioni napoletane di Ciro Ippolito, il quale qui ha semplicemente superato sé stesso con una colonna sonora leggendaria tra gli appassionati di O.s.t. del cinema bis italiano, in particolare proprio per il brano finale che accompagna la tesissima fuga di Vito/Antonio Sabàto nelle catacombe del Cimitero delle Fontanelle, e il feroce inseguimento di Don Francesco Gargiulo/Mario Merola. Brano stupendo, che riprende quello già presente nei titoli di testa; oppure il sempre bel brano presente nella paurosa scena del manicomio e della camera imbottita, anche questa sequenza molto ben realizzata e cruda, girata ad amplificare un senso di angoscia e terrore, con grande uso di grandangoli e teleobiettivi; anche intelligentemente perché così lascia davvero l'amaro in bocca al riguardo della terribile sorte del povero figlio (Marco/Walter Ricciardi) di Merola, drogato in vena con una sostanza talmente pesante che lo fa precipitare direttamente nella follia più allucinata. Poi tutte quelle riprese agghiaccianti delle facce trasfigurate dei malati di mente ricoverati, o le spaventose sequenze dello stupro e della morbosa violenza sulla coppietta dei fidanzatini o come appunto quella dell'overdose. Come sono veramente ottime anche le interpretazioni e in primis quella del boss dei taglieggiatori Vito, di Antonio Sabàto baffuto, proprio lui in particolare è eccellente come cattivo irrimediabile e spietato, un vero bastardo stronzissimo da film quasi lenziano per la sua indole violenta e il cinismo sfrontato e disarmante, sempre incazzatissimo per qualcosa, e altrettanto cazzutissimo. Attore che rende sempre benissimo in ruoli come questo Sabàto, molto ben calato nel personaggio del boss meridionale di quegli anni, anche per la propria sicilianità, dal tipico look “selvaggio” con camicia aperta sul petto villoso di un fisico al massimo e collanona d'oro al collo come in “Milano il clan dei calabresi” '74) di Giorgio Casorati Stegani e soprattutto “Milano Rovente”('72) di Lenzi in cui fa un ras siculo del racket della prostituzione, in questi ruoli da siculo poteva anche parlare con la sua bella voce roca da cantante alla Salvatore Adamo (e difatti era bravo anche a cantare), caricandola sull'accento siciliano. C'è anche immancabile la splendida “Caroline di Monaco di Forcella”, ovvero una giovane Sabrina Siani (Maria, la fidanzata di Marco).
Bravissimo come al solito Merola, drammaticissimo nella sua interpretazione di padre sconvolto, riesce a non farsi sminuire nemmeno dagli imposti, stonati e sempre fuori luogo inserti comici con Lucio Montanaro/Tony il pizzaiolo che fanno scadere il film immancabilmente nelle farsacce pecorecce del cinema bis a cui Montanaro prendeva immancabilmente parte, questo ogni volta che entra in scena, anche se purtroppo -ed è l'unico vero altro elemento in sottrazione del film- Merola qui canta meno che in altri film.

Per un momento, nella scena in trattoria prima del “redde rationem” over the top of the violence finale compare Bianchi Fasani, superpresente caratterista in tutti i generi di film del bis italiano “sudista” di quel periodo, e successivamente fra i primi storici attori del porno tricolore della “Golden Age”.

Grandiosa l'immancabile sequenza con il monumentale Mario che canta ai numerosi invitati del banchetto, dinanzi ad una tavola imbandita.

Fantastica scena nella pizzeria di Lucio Montanaro/Tony, con la bomba piazzata da quelli del racket che esplode proprio mentre lui è alla toilette. E ancora più fantastico il colpo di bazooka (!) sparato dal solito qui accompagnato dal padre con i capelli bisunti, nell'auto sbagliata la propria, alla fine del film.

Come un attento appassionato ha potuto notare, nel film c'è un evidente errore di montaggio durante la festa di fidanzamento del figlio di Merola, quando appare tra gli invitati il terribile killer François/impersonato dall'aiuto regista Franco Pasquetto[!] (che nello stesso momento è quello, immancabilmente con gli occhiali da sole, che fa materialmente l'iniezione dello “speedball” al figlio di Merola, rapito a Roma dove era stato mandato per metterlo “al sicuro”, dal padre) il quale sta addirittura a ballare proprio con la moglie (Liana Trouche/Elvira Gargiulo, anche lei immancabile in questo filone) di Merola mentre lui riceve la telefonata della “proteggici”, come può allora stò killer François essere contemporaneamente a Napoli tra gli invitati, e per fare cosa??!

regista/produttore/attore/principale responsabile della rovina definitiva della povera Laura Antonelli, il da giovane aitante e precocemente imbiancato “Richard Gere del Vomero” Ciro Ippolito, interpreta come detto nel film un ruolo importante di giornalista d'inchiesta. Ippolito è stato lui il creatore vero del Merola cinematografico grazie al quale farà i primi veri milioni, e convincendolo per primo a ritentare la carriera cinematografica a cinque anni (1973) dal non irresistibile esordio filmico del cantante in “Sgarro alla camorra” di Ettore Fizzarotti, il notissimo ma vicino al ritiro regista dei musicarelli. E riuscendo a far firmare ad un ancora recalcitrante e dubbioso Merola un contratto per tre primi film su un frigorifero dei gelati nel Caffè della Stazione di Napoli.
Discendente di una famiglia molto nota da generazioni della sceneggiata e del teatro napoletano, titolari di un omonimo teatro, Ippolito ha diretto Merola anche in quello che è unanimemente considerato il miglior risultato cinematografico della sceneggiata napoletana, ovvero “Lacrime napulitane”('81), con gli storici -oltre a Merola-, interpreti del teatro napoletano e anche eduardiano, Angela Luce, Pupella Maggio, Marzio Honorato, Franco Javarone.

Impagabile il nome di “copertura legale” per l'”assicurazione” offerta dai taglieggiatori di Don Vito/Antonio Sabàto ai commercianti e imprenditori minacciati e intimiditi dal racket:”La Proteggici”, con tanto di sede ufficiale in un palazzo borghese ed elegante, e placca laccata d'oro accanto al portone. Il vero capo de “La Proteggici” è Rik Battaglia/Il Dott.Rampone, presenza ricorrente nei film di Merola/Brescia, come ad esempio con importanti e incisivi ruoli nei successivi “La Tua vita per mio figlio”('80) e “Zappatore”('81). Battaglia, fu uno degli attori giovani e di bell'aspetto tra i preferiti dal pubblico femminile e dalle più rosee speranze di carriera negli anni'50, poi interprete dalla lunga e variegata carriera un po' in tutti i generi del cinema italiano, amico personale di Sergio Leone e frequentatore di famiglia, tant'è che Sergio alla fine non avendogli mai dato una parte in uno dei suoi film, gli costruì apposta per lui una parte in “Giù la testa” (A Fistful of Dynamite/aka Duck, you sucker)('71), come ebbe a dirmi Merola stesso quando lo intervistai a più riprese per la mia tesi, anche tra lui e Battaglia i rapporti furono amicali e per questo si trovarono bene e quindi si ritrovavano a lavorare insieme, quasi sempre per Battaglia, suo era il ruolo dell'antagonista di “caratura” criminale del “camorrismo estetico” di Merola stesso, come ebbe a coniare con geniale e folgorante espressione Kezich, in una sua sua innegabilmente memorabile recensione de “Il Mammasantissima”('79) sempre di Alfonso Brescia.

Sempre come ebbe a dirmi Merola stesso, l'intento di fare con “Napoli, La Camorra sfida, la città risponde” consapevolmente ovviamente non c'era, si era deciso però di calcare un po' di più la mano sull'aspetto hard-boiled cioè sui toni neri e violenti, cupi appunto, rispetto ai due film che lo avevano preceduto, e anche il primo in cui Merola non interpretò il solito ras del contrabbando di sigarette, guappo di rispetto ma dal cuore d'oro, sempre contrapposto alla camorra dei veri criminali spietati. Qui invece, è per la prima volta una sorta di self made man dell'imprenditoria. Perfettamente integrato nella legalità, il quale decide di non volersi piegare alle vessazioni dei parassiti senza codice d'onore né rispetto che gli chiedono la tangente per la protezione. Da loro.
Come disse Merola, in quel momento della sua relativamente nuova carriera cinematografica, dopo l'enorme successo di pubblico dei primi due film al sud, si sentiva un po' insicuro nell'interpretare un personaggio dallo status un po' più borghese di quello che era il suo solito, e non “guappesco”. Anche se dalla medesima provenienza sociale. Lui stesso che per radici esperienze di vita e mestieri fatti era in pratica questi stessi suoi personaggi.

Merola per tutta la vita ha più o meno accarezzato un desiderio non realizzatosi ma neanche tanto inespresso, di poter avere una proposta per confrontarsi anche con il teatro “alto”, visto che quello napoletano della sceneggiata storica alla Bovio e Furlan lo aveva reimposto al successo in tutto il mondo, con le storiche tourné dall'enorme successo presso gli italiani emigrati e non solo, in Canada, Stati Uniti, Australia, Brasile ecc., come il suo “allievo” delfino degli inizi e dal maggior successo conseguito in carriera, Massimo Ranieri. Come anche qui, ben vide e pressoché unico Tullio Kezich in una delle sue recensioni dell'epoca ('78/'79) ai suoi film, Merola, come anche nella scena famosa della “vestizione” da boss assistita da parte di tutte le donne della sua famiglia, aveva un che -a partire dalle movenze per lui così normali ma all'apparenza molto calibrate, come il modo di parlare a fraseologie e espressioni spesso “definitive”- un che da interprete strehleriano. E non sembri una boùtade ma era proprio così e Kezich qui ci vide veramente con grande perspicacia.
L'unica occasione per Merola di confrontarsi con un personaggio per lui davvero completamente diverso avvenne nel 1995 nel film Rai tvindipendente e con pretese “autoriali” ma non completamente non riuscito “Corsia preferenziale” di Luigi Maria Gallo, con Gianni Palladino, Bebo Storti e Lucia Vasini in cui Merola interpreta addirittura un commissario di P.S. decisamente anni'70 (i protagonisti sono proprio tre attempati e decaduti ex-rockstar drogati di quel periodo), con lunghi monologhi esistenzial-filosofici molto teatrali seduto alla scrivania del suo ufficio, davanti alla cinepresa fissa.
Fu un personaggio e un'esperienza diversa che Merola ricordava con piacere, anche se la Rai in pratica non lo programmò mai se non nei palinsesti notturni.

Napoleone Wilson


12 commenti:

  1. stavo pensando ma quanti film di questo genere hanno fatto!
    Milano risponde...
    Napoli risponde...
    la polizia si incazza...

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  2. una marea ne han fatti ernest...
    bisogna fare un po' di selezione ;-)

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  3. Standing Ovation per Napoleone! Ho molta stima per Alfonso Brescia ed il suo lavoro in generale, capace di attraversare ogni genere come era consuetudine per i grandi professionisti del bis( un nome su tutti Adalberto "Bitto" Albertini)realizzando opere anche controverse come "La Bestia nello Spazio", comunque impensabili e irripetibili nel panorama fiction dipendente di oggi. Recensioni sempre splendide. Un plauso a Napoleone per il fatto di ricordare sempre e comunque gli attori e caratteristi del passato.A' Fenomeno!!! Robydick Gajardo ad honorem!!!Ciao Robydick!!!Sempre sugli scudi!!!Un grande saluto!!!

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  4. Nuuuuuuuuuu ho visto il Merolone...e...sì i figli so piezz'ecore...ma non è che ci ha piantato anche una bella cantatina delle sue? La recensio...è da morire...ahaah. Bravi bravi bravi.

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  5. bravo belushi, mi associo alla tua ovation! un salutone gajardissimo anche a te :)

    cara laura, non è nemmeno pensabile un film ippolito / brescia / merola senza una cantata di quest'ultimo. una sola ce n'é... ;-)

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  6. Pochi mesi fa è uscito anche in dvd, nelle edicole in una collana dedicata dalla Fabbri Editore a Mario Merola. Finalmente in una edizione perfetta, pulita, luminosa, brillante, ben bilanciata e stabile. Nel suo formato cinematografico corretto, anche se non anamorfico. Certo non come purtroppo la vecchia degeneratissima vhs anni'80 che si arguisce dai frame. La vhs pubblicata dalla Shendene dieci anni fa in una prima collana da edicola dedicata al cinema del Poliziesco-sceneggiata era però già praticamente perfetta. Fantastica la frase di lancia stampata su quelle uscite(riciclata da quella originale per "Napoli serenata calibro 9"['78]):"I MANDOLINI SUONANO,E LE PISTOLE CANTANO".

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  7. ebbene sì, lo confesso: "avevo" la vhs anni 80 :P
    perdonami napoleone, non ho trovato altro...

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  8. Bello vedere nei frame sopra Franco Angrisano. E lìimmancabile morte atletica e spettacolare del prestantissimo altissimo barbuto, e napoletano "prestato" -è originario di Siracusa- Alessandro [Alex] Partexano, da sempre presente in panni "camorristici" in quasi tutti i film del trinomio suddetto, e poi "stranamente" attore molto presente e stimato in parecchi film, da Pupi Avati. Famoso credo anche in tv per molteplici fiction e pubblicità, essendo stato pure uno dei protagonisti di lungo corso dì "Carabinieri".

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  9. Tu sei bravissimo e con una cultura cinematografica da paura... ma io queste pellicole non riesco proprio ad affrontarle... o'zappatoooooore!!!!

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  10. eddy, il TU è napoleone eh!! :D
    grazie della sincerità e qualche tempo fa avrei detto lo stesso poi... sai, a me è piaciuto davvero, non conto mai storie per piacere, posso solo dirti che quando te la sentirai, vedrai scene potenti e un finale come pochi.
    in bocca al lupo ;-)

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  11. io ho il vhs di "Napoli Serenata Calibro 9" , altra grande prova del Jean Gabin di Porta Capuana. Ma questa, come notava nella rece napoleone, la supera. Poi mi chiedo quale virus è entrato nel cinema italiano per far sparire questo tipo di produzioni.
    p.s. ancora complimenti a Napoleone.

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  12. il virus dell'autoriale loffio caro harmo...

    p.s.: certo che tu non hai vie di mezzo. o alba o notte nei commenti, ahah! ma stanotte sto messo peggio di te :)

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