giovedì 23 agosto 2012

Nowhere To Run - Accerchiato

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Eccoci arrivati, nella rassegna dedicata al buon Gianni Claudio, alla sua pellicola più vituperata e odiata dai fan, quell'Accerchiato (Nowhere to run) che fu oltretutto un insuccesso clamoroso anche al botteghino. I motivi di tanto astio sono facilmente riconducibili al fatto che Van Damme, al culmine del suo successo artistico, medita e ridiscute la sua carriera cominciando a scegliere ruoli più meditativi e meno legati alle arti marziali. Ecco che il suo personaggio, Sam Gillen, evaso di prigione, con la barba malfatta un po' alla Mickey Rourke, mena forte i pugni, si lancia in testosteronici inseguimenti con la moto ricordando la lezione John Woo, ma non si dedica ai famosi calci volanti o alle spaccate che solo pochi anni prima avevano aperto alla star belga i cancelli dorati delle produzioni ricche.

 A sorpresa il film non è male, anzi... Invecchiato meglio di altre pellicole più ricordate, Accerchiato è la conferma che Van Damme poteva essere sdoganato nella serie A, quella dove i critici potevano recensire i film senza paura di essere infettati dal cinema basso e popolare, lo stesso terreno dove giocavano Sly e Swarzy ormai in fase calante. La regia di Robert Harmon, uno dei tanti autori incapaci di bissare la riuscita di un precedente capolavoro con un altro capolavoro, qui si parla del cult con Rutger Hauer The hitcher, è stranamente ispirata, con carrellate mozzafiato, rallenti al posto giusto e un respiro da western moderno particolarmente azzeccato.

Fa un po' sorridere la sceneggiatura, tra gli altri, di Joe Eszterhas, fresco fresco dal successo di Basic Istinct, e di Richard Marquant, autore culto dell'horror Il testamento, che infarcisce quello che sulla carta è un remake del classico Il cavaliere della valle solitaria di George Stevens con un sottotesto pedofilo nel rapporto iniziale tra Van Damme e il piccolo Kieran Mckulkin (quando la sorella interrompe i due che stanno parlando, Gianni Claudio nudo nel lago e il piccolo in edonistica contemplazione, il bambino l'apostroferà con “Devi rovinare sempre tutto!”).

All'epoca dell'uscita erano proprio queste scene, compresa una terribile cena dove i due fratellini con la madre commentano le grandezze del pene di un imbarazzato Van Damme, ad essere messe alla berlina da una parodia su Ciak di Disegni e Caviglia. Si capisce poi che alla fine, pur se malamente descritto, il rapporto tra l'uomo è il bambino è senza malizia e vuole essere quello di padre e figlio, lui con un passato che non chiariremmo mai del tutto, il bambino con l'ombra del  genitore appena scomparso.

Notevole il personaggio di Van Damme, lontano dall'eroe puro che, Cyborg a parte, siamo stati abituati a vederlo rivestire: spia di nascosto Rosanna Arquette mentre fa la doccia, poi entra in casa di notte forse intenzionato a violentarla, salvo essere messo in fuga dal figlioletto della donna che lo scambierà per ET in un momento di folle scult narrativo.

Il film come già detto è fantastico sul piano spettacolare, interpretato da due protagonisti convincenti, al massimo del loro splendore fisico, soprattutto un'Arquette statuaria e sensuale, e non si risparmia quelle due o tre battute di culto che facevano grandi gli action del ventennio scorso (ad un minaccioso Joss Ackland che avanza verso Van Damme urlando “Non sai chi sono”, il belga, colpo con portiera sui testicoli, risponderà “Ma so chi sei”). Bellissima poi la scena dei fenicotteri rosa al drugstore, quasi pre tarantiniana.

Un film da riscoprire senza ombra di dubbio.
Keoma






















6 commenti:

  1. Nonostante l'assenza dei calci rotanti, mitico e assolutamente da riscoprire.

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  2. Assolutamente, una sorpresa rivederlo dopo tanti anni...

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  3. però almeno una spaccata, anche solo per fare un riscaldamento, poteva farcela no? :D

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  4. van damme in fase attore serio non le fa :)

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  5. il discorso si fa importante... parliamone.
    ma perché scusa, la spaccata ti pare una roba poco seria? e il calcio rotante, il solo in grado di far incazzare Chuck Norris che voleva persino le royalties, non è mica serio?

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  6. Lo vidi anche al cinema, prodotto medio e abbastanza piatto, senza grandi pretese anche se adesso, a vent'anni di distanza però potremmo ravvisarne laddove forse non le avremmo prima notate. La sceneggiatura di Marquand-scelto da Lucas niente di meno che per dirigere "Il Ritorno dello Jedi", per molti il miglior capitolo della trilogia originale di "Star Wars"- fu evidentemente firmata postuma, Marquand morì di un male incurabile molto prematuramente, nel 1987. E avrebbe potuto ancora proseguire in una importante carriera dinnanzi a sè.

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