mercoledì 1 agosto 2012

The Lolly Madonna War (aka: Lolly Madonna XXX) - La terra si tinse di rosso

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Un'allegoria per la guerra, in particolare del Vietnam, con toccanti e memorabili interpretazioni. Una pellicola in gran parte sconosciuta ma amata dalla sempre gran parte delle persone che hanno avuto la fortuna di vederla, al cinema nel 1974, e sulla Rai fino ai primi anni '90. Un crimine che ancora oggi sia stato trascurato e non reso disponibile in dvd R1, dato che possiede ancora un forte impatto. Un film con due famiglie, due padri, e una recitazione memorabile da parte di tutti.

Due famiglie rusticane, guidati da due irosi patriarchi Laban (Rod Steiger) e Gutshall Pap (Robert Ryan), iniziano una faida. In un primo momento, è comico, con i figli delle due famiglie che si scambiano scherzi a vicenda. Una sequela di trucchetti che dà ai ragazzi, allevatori di maiali e coltivatori di cotone, l'idea di rapire una ragazza, che si rivela essere una innocente ragazza di campagna di nome Roonie, e non l'inventata ragazza dal nome di Lolly Madonna, che dà il titolo originale al film. Come gli eventi hanno una loro escalation, il personaggio di Jeff Bridges, Zack cade per lei in amore e cerca di portare gli altri alle loro ragioni. Quel che Roonie non sa è che Zack ha un oscuro segreto, che spiega perché c'è molto di un dolore vero e proprio tra le due famiglie che una volta erano intime amiche. La trama in questo film si spinge molto avanti nell'allegoria, che credo sia in parte per l'inconsapevolezza/ consapevole della guerra in generale e per il Vietnam in particolare (i colloqui di pace di Parigi stavano per iniziare quando il film venne fatto uscire).

La cura di ogni personaggio è palpabile, del fallito coltivatore Hawk "Elvis" (Ed Lauter) e del suo sensibile fratello Thrush (Scott Wilson), entrambi patriarchi, ciascuno con una croce diversa da sopportare, e per le pazienti, sagge, tranquillamente sofferenti matriarche (Tresa Hughes e Katherine Squire). I nuovi arrivati sono Jeff Bridges, Gary Busey e Season Hubley, i quali portano il focus del film verso la speranza. Anche la partitura musicale semplice e melodica di Michel Legrand è perfetta, facendosi avanti al momento giusto, ma ci ritornerò dopo.

Fino ai primi anni novanta, come molti film degli anni settanta veniva programmato dalla RAI, a tarda notte. A tutt'oggi come detto non è rintracciabile in dvd e neppure è mai uscito in video, neanche in NTSC. Essendo da lungo tempo un estimatore di Jeff Bridges, e avendolo appena visto nel capolavoro “Thunderbolt and Lightfoot” (Una Calibro 20 per lo Specialista) di Michael Cimino con Clint Eastwood (e per il quale il giovane Jeff ricevette la sua prima di tante candidature all'Oscar, come Miglior Attore non Protagonista), andai a vedere questo film alla sua uscita cinematografica italiana, nel lontanissimo 1974/'75, al cinema Arlecchino di Via Flaminia, in Roma. Venni subito trafitto dall'atmosfera, dalla musica ossessiva e più di tutto dal casting. Tutti i personaggi erano ottimamente centrati e non riesco a ricordare un film con attori più “di carattere” di questo. Scott Wilson, Randy Quaid, Ed Lauter, Martin Keil e fiore all'occhiello Paul Koslo, altro nome molto rappresentativo del cinema americano anni '70, tutti a creare la ricchezza di questo film. Non c'erano personaggi veri “cattivi” che io ricordi nella mia mente, di questa pellicola. Anche lo psicotico Rod Steiger ispirava ancora simpatia nel ritratto che evocava di un uomo torturato nell'animo. Registrai poi il film all'incirca nel 1987 da Raiuno o Raidue, adesso non ricordo con certezza, e da qualche parte devo averlo ancora, e ancora così tanti anni dopo pare non trovabile neppure in filesharing. In pratica è ancora oggi una copia pressochè insostituibile. Con tutta la spazzatura che viene pubblicata e ripubblicata al vomito anche di questi tempi, in dvd, sarebbe bello vedere apparire un'edizione in digitale di questo film, magari anche rimasterizzata..

Infatti, nonostante siano oramai 25 anni che io non abbia più visto “La Terra si tinse di rosso”, secondo il titolo italiano, ne sono ancora permeato come da un'ossessione, credo comune a chiunque abbia avuto la fortuna di potere essere così piacevolmente “disturbato” da una simile visione. Il modo con il quale questo film riesce a raffigurare come queste famiglie hanno vissuto, l'incomprensione e la violenza tra le dette famiglie, l'incomprensione e la violenza all'interno di ciascuna di esse, è stato travolgentemente restituito. Anche per questo, ad oggi, ritengo che questo sia uno dei migliori film americani degli anni '70, fra tutti quelli che ho visto e io ne ho pur visti veramente tanti. Io giudico un film basato sulla capacità che ha di farmi davvero sentire ciò che vorrebbe trasmettermi- e “Lolly Madonna War” (incomprensibile l'altro titolo originale “Lolly Madonna XXX” che forse giocava con le tre X da classificazione porno film, riferendosi alla violenza) mi ha fatto sentire ciò che non molti altri film mi hanno fatto sentire, costringendo ad affezionarsi a ciascuno dei personaggi. E poi quando le cose iniziano ad andare molto, molto, male............. Bèh, non voglio dire di più, tanto sarà molto difficile per ognuno che eventualmente ne nutra l'interesse, riuscire più a vederlo. Basti dire però che questo film influenzerà seriamente il pensiero della persona che lo vede. E poi come detto, accenno ancora alla presenza di una colonna sonora così triste e così bella. Quando lo vidi la prima volta nel 1974 non riuscii a smettere di pensarci per due giorni, e rimanendomi in seguito per anni, con tanto di dettagli della sua splendida ambientazione tra le colline e i campi del Tennessee. Ma come detto, so che è un film che “perseguita” tanti. Ho avuto come detto la fortuna di essere riuscito a catturarlo nel 1987. dando al solito una lunghissima coda al nastro, visto come sforavano i film nella programmazione della notte (e ancora ovviamente sforano). Sicuramente, i veri collezionisti sono disposti a pagare bene, per possedere questo film, potendolo trovare.

La pellicola inizia con uno dei cugini protagonisti intento a suonare il banjo il giorno della Festa della Liberazione del West Virginia. Quando un minaccioso truck si aggira girando intorno a una ragazza che cerca di ammazzare il tempo, ferma ad una fermata dell'autobus per andare a Nashville. Nel film c'è e mantenuta la promessa di squallore insita nella sua rurale ambientazione e la meschinità e connaturata ad essa, ma non vi è solo lo sfruttamento grafico tipico dell' exploitation del periodo, che è comunque lì, con la ragazza passante che viene rapita, mentre un'altra ragazza viene violentata, tanti chiari di luna che portano ad avvenimenti drammatici, mentre uno dei bifolchi lo vedremo in una scena persino con gli occhi pittati e un reggiseno. A quel punto la famiglia Feathers sembra essere solo poche generazioni di consanguineità lontana da quella famosa famiglia di produttori di salsicce, giù al Texas, che si costruiva paralumi di pelle umana, e di cui un famoso componente dava la caccia a Marilyn Burns armato di una ronzante motosega.

Successivamente, quando le due famiglie in contrasto capeggiate dai patriarchi Rod Steiger e Robert Ryan (al suo ultimo film nello stesso anno dello splendido noir “Organizzazione crimini” [The Outfit] ['73] di John Flynn) iniziano a guerreggiare su alcuni maiali rubati e su di una cartolina scritta a uno dei loro a firma “Lolly Madonna”, e per un prato erboso che un tempo apparteneva a una o l'altra famiglia, qualcosa comincia a cambiare come una nube scura che passa sopra al film. Non si tratta di futile angoscia e della follia della vendetta, anche se sembra così in un primo momento. E non si tratta di maiali o del prato erboso o anche delle terre come una astrazione di base e di ciò che è venuto a significare per le persone che non avevano niente a ricordare di loro e da lasciare per le successive generazioni, ma della terra. Si tratta della strisciante realizzazione di una vita spezzata mormorando a se stesso a tarda notte su una sedia a dondolo vicino alla finestra che "è troppo tardi", che è troppo tardi, non per uccidere e morire, ma anche soltanto per le parole.

Si tratta di qualcosa che è accaduto tanto tempo fa, che non può essere fatto di nuovo né modificato, e ha qualcosa a che fare con un figlio che non è mai tornato dalla guerra (e qui si ritorna alle allegorie del Vietnam in corso del quale parlavo), con i fratelli che non si possono più misurare in alcun modo nei confronti di quel fratello che non è mai tornato dalla guerra perché loro rimasti, circa una moglie morta, che era più importante per il patrigno che il proprio figlio che ha perso, che pure è molto più importante ancora di ciò che questo patrigno ha dovuto sacrificare per quello che era la cosa più importante nella vita del figlio (ciò che nella vita come molte volte accade, alla fine non ha mai ammontato ad altro, che al molto sforzo e sacrificio per il nulla), a ripudiare l'omicidio. E si tratta di cavalli. Si tratta di dolore, di amaro rimpianto e angoscia a rosicchiare perennemente le interiora, finchè anche il prato erboso non sarà dato alle fiamme e le due famiglie si incontreranno per una situazione di stallo al di fuori della vecchia casa fatiscente dei Feathers, una volta probabilmente elegante, con la felicità che la ricchezza e la fortuna le avevano portato, adesso irrimediabilmente volate via.

Alla fine, lo sguardo degli occhi di Rod Steiger si trasforma dalla rabbia alla tristezza per completare la follia dell'assunto, e Sarafian (da ricordare il fatto che girò questo film appena due anni dopo il capo d'opera cardine della sua carriera e di un intero filone cinematografico, quello dei road movies anni '70, ovvero “Punto zero” [Vanishing Point] ['71]) ci dà in conclusione dei freeze frame dei personaggi principali che sembrano ritratti di disperazione, i colori virano su un giallastro seppiato, come se nella memoria di qualcosa di perduto, di quel piccolo dettaglio non sostanziale che i cavalli coinvolti e della moglie morta, non fossero ormai che il risultato non di un disegno pratico o di una coincidenza, ma della pura cieca fortuna che può essere determinata dal lancio di una moneta, e che ha cambiato per sempre la vita di due famiglie. Immensa tristezza, per un immenso finale. O come William Faulkner avrebbe scritto, tra il dolore e niente, Lolly Madonna XXX” scelse il dolore.

E “La Terra si tinse di rosso” è davvero uno dei pochi film realizzati dal cinema americano a trattare veramente di un ambiente rurale faulkneriano, il Tennessee, già in questo rendendolo memorabile e fuori dal blocco dei film realizzati almeno nel fondamentale biennio '71 -'73 del new cinema americano. Il tema del film è usato come un saggio e non solo come un argomento quale quello delle faide famigliari, da utilizzare come sfondo. C'era stato negli anni '50 un bel film che riecheggia questo, con Burt Lancaster e uno splendidamente utilizzato ed esordiente Walter Matthau nel ruolo del cattivo, ovvero “Il Kentuckiano – Il Vagabondo delle frontiere” (1955), prima regia di Lancaster, ed è sempre in pratica l'unico altro titolo del genere che mi sorge spontaneo. Una curiosità legata al film diretto da Sarafian, è che il famoso feudo Hatfield/McCoy stilizzato nella trama della pellicola, esiste davvero.

Sarafian, che all'epoca era un nome famoso e veniva come tanti della sua generazione dai primi show e drammi per la tv girati in diretta degli anni '50, in quei primi anni settanta diresse i suoi lavori decisamente migliori e da ricordare, oltre all'ovvio è già citato “Vanishing Point”, anche il bellissimo western naturalista e rousseaunoniano “Uomo bianco, và col tuo Dio!” (Man in the Wilderness) ('71), il thriller angoscioso e polanskiano “Frammenti di paura”(Fragment of Fear) ('71) girato in Inghilterra, il western romantico e malinconicamente picaresco “l'Uomo che amò "Gatta Danzante"” (The Man who loved “Cat Dancing”)['72], con Burt Reynolds e Sarah Miles, George Hamilton, prima di approdare a produzioni più dozzinali e impersonali come con “Sunburn -Bruciata dal sole” (1979), e prima ancora di tornare alla direzione tra gli altri, di alcuni tv movie.

Qui, per iniziare si ha il vantaggio di una campagna bellissima fotografata in maniera totalmente splendida da Phillip Lathrop. Lathrop, per altro, è stato un direttore della fotografia davvero notevole, bastì guardare la lunga serie di successi che ha firmato.

E Sarafian ha per questa pellicola anche avuto uno dei migliori ensemble di interpreti da potere qui mettere sul tappeto: Robert Ryan, Rod Steiger, Jeff Bridges, Ed Lauter, Garey Busey, Randy Quaid, Scott Wilson, Season Hubley. Supportati come ricordato anche da Paul Koslo e Timothy Scott, e persino in un altro ruolo di supporto da un sorprendentemente bravo Kiel “Hill Street Giorno e Notte” e “Miani Vice” Martin. Non ho quasi mai visto più un cast come questo al di fuori forse de "I Cavalieri dalle lunghe ombre" (The Long Riders) ('80) di Walter Hill.

La storia come detto è fondatamente questa, due famiglie di contadini in lotta, un prato da impugnarsi per una di esse; e molti momenti meravigliosi che non mancheranno. Season Hubley al suo film d'esordio (poi moglie di Kurt Russell, infatti presente in “Escape from New York” e sempre di Carpenter e con il marito Kurt, in “Elvis, Il Re del Rock”[Elvis, The King of Rock'n'Roll] ['78] nel ruolo di Priscilla Beaulieu, ma soprattutto, chi non se la può ricordare aiutare George C.Scott a ritrovare la figlia scappata di casa e traviata nel mondo del porno, e mostrare più volte una splendida topina in "Hardcore" ['78] di Paul Schrader), è la ragazza “trovatella” perfetta per questo film (è lei fare l'autostop attraverso il territorio delle famiglie tra i boschi del sud del Tennessee, e a venire strappata ad una di esse), ma per il punto focale del film stesso rimane un sacco di interesse e d'impatto che non deriva esclusivamente dalla la sua presenza, pur lei essendo veramente grande in questo ruolo. Lei e Bridges sviluppano una storia d'amore, e questo è tutto.

Il cast in generale ha una chimica molto riuscita e tutto sembra così convincente, sporco, squallido ecc., che rimane evidente come sia stato tratteggiato benissimo nella narrazione. Per essere onesti, una volta che sei preso dal film, -facilmente-, viene un po' lasciato da parte questo aspetto. E' davvero l'unica critica che possa avanzare al film, semplicemente quest'aspetto non esplode come potrebbe. Il personaggio della Hubley passa abbastanza sottomesso e tranquillo attraverso tutta la vicenda. Elementi della trama che renderebbero potenzialmente vincente anche questo personaggio del dramma, in qualche modo non vengono sviluppati affinchè gli succeda mai niente di veramente sconvolgente.

Ma è uno di quei film in cui credo proprio che ciò non abbia molta importanza. La possibilità di vedere un sudato e brizzolato Robert Ryan e uno sciatto, meditabondo, Rod Steiger come personaggi che alimentano un odio enorme l'un per l'altro è di una rimarchevole, straordinaria soddisfazione. Ma come già detto c'è una forte resa mimetica e un'interpretazione eccellente dei loro personaggi da parte di tutti gli altri, nel film, mai sopra le righe nonostante il potenziale anche rischioso di alcuni dei suddetti personaggi, e ad un certo punto vi è anche un impressionante momento ironico, fuori scena. Come anticipato, vi è ancora da spendere qualcosa per la colonna sonora fantastica del francese Michel Legrand, a quanto mi risulta mai pubblicata, la cui melodia nella scena della radura rimane nella memoria della spettatore, quale fosse una sorta di ancor più fantastico ed evocativo rifugio mentale.

Questo è proprio uno di quei film degli anni '70 che rimane per sempre con te. Altamente consigliato.

La sceneggiatura del film è nientemeno che di Sue Grafton, la quale nei primi anni '70 scriveva anche sceneggiature.
Napoleone Wilson


6 commenti:

  1. vedere vedere vedere..grazie napo...me lo cerco subito...grande rece...

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  2. temo che questo film sia impossibile vederlo, a meno di non pagare 2 vene e un'arteria a Napoleone, ahah!

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  3. Ma no Roby, anch'io non lo vedo più dal 1992. Almeno. Certo, so che dovrei avercelo su Video2000 figurati te, da quella registrazione dell'87 di cui ho scritto. Ma sono dovuto andare a memoria, anch'io vattelo a pesca di dove sia finito. E non si trova nè in video NTSC nè in rete. Forse il nostro amico e socio dei materiali impossibili...

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  4. Yes, we got it. C-A-P-O-L-A-V-O-R-O!!!!

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  5. Come Lolly? :-))) Scusa Roby, mi è venuta! :)
    Non ho ancora visto il film, ma una rece di Napoleone ti fa venire per forza la voglia di vederlo! E poi mi ricordo che da ragazzo all'Università seguii così da vicino sui giornali una famosissima faida calabrese, che questo termine non è mai più uscito dalla mia testa!
    Un abbraccio
    PS. Come vedi, in silenzio, ci sono :)

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    1. ciao Nico! :)
      ci dobbiamo sentire, in agosto scendo in terronia, mia madrepatria...

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