sabato 2 maggio 2009

Gran Torino

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Lo stesso Eastwood interpreta Walt Kowalski. Fresco vedovo della amatissima moglie, reduce della guerra in Corea, pessimo rapporto coi 2 figli e relativi nipoti che valuta come smidollati, un carattere orgoglioso ed arcigno. E' molto anziano e certamente non in buona salute. Simbolo del suo viscerale conservatorismo una splendida Ford Gran Torino, macchina sportiva del 1972 conservata maniacalmente. Alla Ford ha lavorato una vita come operaio di linea.

Della Corea conserva un odio viscerale per i "musi gialli" ed è razzista a prescindere per tutto ciò che non è "americano". Un problema non da poco, visto che il quartiere dove vive è una vera enclave di popolazione di etnia Hmong (Cina, Vietnam, Laos) arrivata in america dopo il Vietnam.

In particolare i suoi vicini di casa, una famiglia senza padre con chiare difficoltà di vita nella comunità, bersagliata da una gang di bulli di stessi Hmong, diventeranno suo malgrado il suo cruccio. Prima per disprezzarli ed evitarli, poi invece affezionandosici, in particolare al ragazzo Thao del quale ne diventerà quasi un padre putativo. Senza abbandonare del tutto i pregiudizi l'anziano Walt inizia un "percorso" di riforma interiore, con un epilogo decisamente drammatico.

Non è la prima volta che Eastwood denuncia mali sociali sia collettivi che individuali.
Il film potrebbe apparire banale a prima vista. Certe volgarità e battute da bar con cui Walt etichetta di volta in volta i musi gialli o quelli neri sono estremamente fastidiose. Ma a mio parere c'è dell'altro. Altri sono i temi fondamentali. Le volgarità, le offese continue, sono una caricatura di Walt, del personaggio che rappresenta, solo questo, volutamente banali.

Anzitutto la già citata denuncia sociale, anche se non è il tema principale. La nascita di quartieri-enclave è certamente causa di scarsa integrazione, di nascita di comunità extra-lege, di rivalità fra etnie che non cessano di essere tali e che invece di arricchire le proprie tradizioni con quelle locali rafforzano le proprie fino a farle diventare uno scudo protettivo contro la ostile società ospitante.

Poi, il tema che più ho percepito, la vecchiaia, la solitudine che la caratterizza in particolare per un personaggio come Kowalski che condensa in sé tutti i miti dell'orgoglio americano. Davanti casa sua sventola sempre la stelle e strisce. 2 automobili Ford ovviamente. Armi sempre pronte e disponibili all'occorrenza ad essere puntate contro chi, senza permesso, calpesta il suo giardino.
Non ho potuto fare a meno di pensare a Clint quando interpretava cow-boy o Callaghan, con convinzione. Che sia questo un commiato dal mondo e da sé stesso, dal cliche che (pure splendidamente) ha rappresentato?
La mano si alza a sparare con pollice ed indice. La confessione dal giovane prete, prima ed ultima della sua vita, dice molto meno di quanto non spiegherà meglio col suo gesto finale.

Un grandissimo film, da uno dei più grandi registi viventi, a mio parere.
Speriamo che la salute di Eastwood sia migliore di quella di Kowalski così da poter vedere altro in futuro da lui.

6 commenti:

  1. film sottovalutato da molti questo. anche se è presuntuoso dirlo, secondo me è perché non l'hanno capito

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  2. Lo hai visto Birdy, biopic su Charlie Parker? Da amante del jazz l'ho trovato struggente. Grande Forest Whitaker.

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  3. ce l'ho già, ma ancora devo vederlo.
    a breve provvedo

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  4. *La cosa che tormenta di più un uomo è quella che non gli hanno ordinato di fare.* Beh, senti...al di là delle volgarità...che ci stavano tutte...a Clint gli passo tutto...anche perchè questo è un gran film! Come hai detto tu...non come il mystic...ma bello, tra i suoi più meritevoli!

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