«Bisogna averlo tutto,
tanto...anzi parecchio...
Per fare certe cose
ci vuole orecchio!»
Dedicata con veramente grande e infinita tristezza da "L'Armando", "Il Silvano", e " Il Palo", a Vincenzo Jannacci detto Enzo (Milano, 3 giugno 1935 – Milano, 29 marzo 2013)
In occasione della scomparsa dell'insostituibile e incasellabile Enzo Jannacci, un vero pezzo di storia meneghina "umana" e umanizzante, che già era purtroppo finita da tempo, la quale adesso se ne va anche nella figura del suo più splendido cantore, e vivido testimone di prima persona, non potevo esimermi dall'unirmi al commiato veramente sentito, scrivendovi queste righe al riguardo di una fra le sue migliori, fra le tante, "escursioni" e collaborazioni cinematografiche.
Vi parlo di "Romazo popolare", diretto nel 1974 da Mario Monicelli, per il quale Enzo oltre a comporre la
colonna sonora e i lirici testi testi delle canzoni assieme all'inseparabile Beppe Viola, collaborò anche alla stesura dei dialoghi per la
sceneggiatura di Age e Scarpelli più Monicelli, che vinse il David di Donatello 1975 come
Miglior Sceneggiatura Originale.
Purtroppo non ho potuto rivedere il film, a tanti anni dalla sua ultima visione, a causa delle numerose scene di sesso, quindi chiedo al lettore di perdonare eventuali errori e/o omissioni dettate necessariamente da stupide fallacità della mia imprecisa memoria. "Romanzo popolare" è una commedia seppur amara abbastanza inserita nel solco di quella che fu la commedia italiana degli anni '70, abbastanza liberamente discostante per la maestria (seppur egli sostenesse "di che?")della regia di Monicelli qui al suo meglio, della recitazione di un perfetto e ispirato Tognazzi, e appunto, della sceneggiatura e dell'apporto come sempre geniale e lunare di Jannacci in veste di musicista e finanche ispiratore di temi e situazioni della "milanesità" di eroi proletari e più o meno esclusi e romantici.
"Romanzo popolare", tanto per dire, non è una commedia sexy anni '70 inserita nel contesto della fabbrica e dei proletari (cioè come quelle dotate di artisti del calibro di Lino Banfi, Gloria Guida, ecc., contro le quali non vi è assolutamente nulla, ci mancherebbe), ma è talmente "alta" e "bassa" al contempo, che corrisposta al modello di commedie sexy di successo dei '70 testè citato, ne rappresenterebbe semplicemente la loro "morte" per manifesta inferiorità e inadeguatezza, in tutto e per tutto. "Romanzo popolare" è come ho cercato di spiegare, almeno per metà, anche un film piuttosto serio.
Il caposquadra in una fabbrica, Giulio Basletti, leader sindacale influente (Ugo Tognazzi), e da tutti coloro che sono attorno a lui percepito come un eroe della classe operaia e sia sessualmente che politicamente, dagli atteggiamenti molto "liberali" (il quale sostiene e a cui piace vantarsi di avere "assestato" almeno 3'000 donne, che sempre sia lodato e santificato!) decide di sposarsi all'età di 51 anni con una sua "figlioccia" di 17 la quale non aveva più visto dal giorno del suo battesimo e adesso decisamente "cresciuta", Vincenzina Rotunno – ma guarda un po'! (Questo potrà sembrare abbastanza perverso, ma dal momento che è interpretata da Ornella Muti sono sicuro che nessuno potrebbe compatirlo). Egli crede anche di avere atteggiamenti moderni e progressisti sul sesso, ma questi atteggiamenti sono messi a dura prova quando al ritorno da un viaggio, inizia a sospettare che la sua giovane moglie gli stia mentendo e abbia intrapreso una relazione con un giovin ufficiale milite della ancora militarizzata polizia conosciuto durante una violenta disputa sindacale e divenuto "amico", l'Agente Giovanni Pizzullo, interpretato da un allora ancora incredibilmente magro e belloccio, Michele Placido al semi-esordio. E diventa addirittura pazzo di gelosia (e come non capirlo?) quando realizza che i suoi sospetti possano benissimo essere giustificati.
Divenuto quindi "un vecchio cornuto", la sua reazione non sarà né potrà essere così "tollerante", e ordinerà alla giovanissima moglie di andarsene da casa, per andare a stare a casa dell'ufficiale di polizia.
I due uomini si batteranno per lei, ma alla fine ella se ne andrà da entrambi, così diversi e lontani in tutto e per tutto. Gli anni passeranno. Il poliziotto si sarà ovviamente sposato con qualcun'altra. Mentre Tognazzi cercherà con la massima malinconia dettata anche dall'avanzante età di "riaccendere" la storia d'amore con Vincenzina/Muti, la quale è nel frattempo divenuta addirittura una stilista di successo, quindi eponima stessa della donna "emancipata" e "liberata".
Certo, "Romanzo popolare" rientra appieno in una italianità filmica tipica di quel periodo storico, facendo sì che "l'eroe" protagonista è fondamentalmente un comunista donnaiolo, e sua moglie sia circa per la metà una tradizionale giovane ragazza italiana della classe operaia e sempre per circa l'altra metà una moderna femminista sgallettata per il "free love" anni '70. Purtroppo per lei, anche Placido seppur giovane si rivelerà avere una mentalità non molto più moderna di quella di un qualsiasi picciotto "broccolino" del Queens quale si possono vedere nei film di Scorsese come "Mean Streets", e quindi per alcune "gravitas", nei discorsi e nelle ragioni ella dovrà alla fine comportarsi e pronunciarsi non molto dissimilmente da come avrebbe potuto fare una Scarlet O'Hara, in merito ritrovatasi nel mezzo del guado ad una solamente supposta "moderna" Italia, lacerata tra le nuove e in avvento "dinamiche dell'"amore" e delle relazioni tra i sessi. Come commedia sexy, d'altra parte, non è così divertente quali le citate in apertura, né mi pare di ricordare sembra mirare a essere particolarmente eccitante (nonostante le diverse e infartuanti scene di nudo della Muti). Il film è però in definitiva di tutto rispetto e molto brillante e vividamente coinvolgente, nella sua aura pienamente rientrante di "commedia domestica" di quelli anni; vitale di quella milanesità che il Monicelli dei suoi film migliori in assoluto – e "Romanzo popolare" è fra questi, almeno per gli anni '70 – aveva già pienamente colto e restituito con "L'Audace colpo dei soliti ignoti" molti anni prima, e qui grazie anche all'apporto sempre attento alle realta' degli umili e degli emarginati, e altissimo di Jannacci, in una rielaborazione che colpisce, di alcuni degli elementi di "Dramma della gelosia: tutti i particolari in cronaca", realizzato da Ettore Scola alcuni anni prima.
Purtroppo non ho potuto rivedere il film, a tanti anni dalla sua ultima visione, a causa delle numerose scene di sesso, quindi chiedo al lettore di perdonare eventuali errori e/o omissioni dettate necessariamente da stupide fallacità della mia imprecisa memoria. "Romanzo popolare" è una commedia seppur amara abbastanza inserita nel solco di quella che fu la commedia italiana degli anni '70, abbastanza liberamente discostante per la maestria (seppur egli sostenesse "di che?")della regia di Monicelli qui al suo meglio, della recitazione di un perfetto e ispirato Tognazzi, e appunto, della sceneggiatura e dell'apporto come sempre geniale e lunare di Jannacci in veste di musicista e finanche ispiratore di temi e situazioni della "milanesità" di eroi proletari e più o meno esclusi e romantici.
"Romanzo popolare", tanto per dire, non è una commedia sexy anni '70 inserita nel contesto della fabbrica e dei proletari (cioè come quelle dotate di artisti del calibro di Lino Banfi, Gloria Guida, ecc., contro le quali non vi è assolutamente nulla, ci mancherebbe), ma è talmente "alta" e "bassa" al contempo, che corrisposta al modello di commedie sexy di successo dei '70 testè citato, ne rappresenterebbe semplicemente la loro "morte" per manifesta inferiorità e inadeguatezza, in tutto e per tutto. "Romanzo popolare" è come ho cercato di spiegare, almeno per metà, anche un film piuttosto serio.
Il caposquadra in una fabbrica, Giulio Basletti, leader sindacale influente (Ugo Tognazzi), e da tutti coloro che sono attorno a lui percepito come un eroe della classe operaia e sia sessualmente che politicamente, dagli atteggiamenti molto "liberali" (il quale sostiene e a cui piace vantarsi di avere "assestato" almeno 3'000 donne, che sempre sia lodato e santificato!) decide di sposarsi all'età di 51 anni con una sua "figlioccia" di 17 la quale non aveva più visto dal giorno del suo battesimo e adesso decisamente "cresciuta", Vincenzina Rotunno – ma guarda un po'! (Questo potrà sembrare abbastanza perverso, ma dal momento che è interpretata da Ornella Muti sono sicuro che nessuno potrebbe compatirlo). Egli crede anche di avere atteggiamenti moderni e progressisti sul sesso, ma questi atteggiamenti sono messi a dura prova quando al ritorno da un viaggio, inizia a sospettare che la sua giovane moglie gli stia mentendo e abbia intrapreso una relazione con un giovin ufficiale milite della ancora militarizzata polizia conosciuto durante una violenta disputa sindacale e divenuto "amico", l'Agente Giovanni Pizzullo, interpretato da un allora ancora incredibilmente magro e belloccio, Michele Placido al semi-esordio. E diventa addirittura pazzo di gelosia (e come non capirlo?) quando realizza che i suoi sospetti possano benissimo essere giustificati.
Divenuto quindi "un vecchio cornuto", la sua reazione non sarà né potrà essere così "tollerante", e ordinerà alla giovanissima moglie di andarsene da casa, per andare a stare a casa dell'ufficiale di polizia.
I due uomini si batteranno per lei, ma alla fine ella se ne andrà da entrambi, così diversi e lontani in tutto e per tutto. Gli anni passeranno. Il poliziotto si sarà ovviamente sposato con qualcun'altra. Mentre Tognazzi cercherà con la massima malinconia dettata anche dall'avanzante età di "riaccendere" la storia d'amore con Vincenzina/Muti, la quale è nel frattempo divenuta addirittura una stilista di successo, quindi eponima stessa della donna "emancipata" e "liberata".
Certo, "Romanzo popolare" rientra appieno in una italianità filmica tipica di quel periodo storico, facendo sì che "l'eroe" protagonista è fondamentalmente un comunista donnaiolo, e sua moglie sia circa per la metà una tradizionale giovane ragazza italiana della classe operaia e sempre per circa l'altra metà una moderna femminista sgallettata per il "free love" anni '70. Purtroppo per lei, anche Placido seppur giovane si rivelerà avere una mentalità non molto più moderna di quella di un qualsiasi picciotto "broccolino" del Queens quale si possono vedere nei film di Scorsese come "Mean Streets", e quindi per alcune "gravitas", nei discorsi e nelle ragioni ella dovrà alla fine comportarsi e pronunciarsi non molto dissimilmente da come avrebbe potuto fare una Scarlet O'Hara, in merito ritrovatasi nel mezzo del guado ad una solamente supposta "moderna" Italia, lacerata tra le nuove e in avvento "dinamiche dell'"amore" e delle relazioni tra i sessi. Come commedia sexy, d'altra parte, non è così divertente quali le citate in apertura, né mi pare di ricordare sembra mirare a essere particolarmente eccitante (nonostante le diverse e infartuanti scene di nudo della Muti). Il film è però in definitiva di tutto rispetto e molto brillante e vividamente coinvolgente, nella sua aura pienamente rientrante di "commedia domestica" di quelli anni; vitale di quella milanesità che il Monicelli dei suoi film migliori in assoluto – e "Romanzo popolare" è fra questi, almeno per gli anni '70 – aveva già pienamente colto e restituito con "L'Audace colpo dei soliti ignoti" molti anni prima, e qui grazie anche all'apporto sempre attento alle realta' degli umili e degli emarginati, e altissimo di Jannacci, in una rielaborazione che colpisce, di alcuni degli elementi di "Dramma della gelosia: tutti i particolari in cronaca", realizzato da Ettore Scola alcuni anni prima.
Napoleone Wilson