martedì 31 agosto 2010

Salò o le 120 giornate di Sodoma

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Ultimo film di Pasolini, liberamente (ma nemmeno più di tanto) ispirato al romanzo di De Sade "Le 120 giornate di Sodoma", riambientato in Italia durante la repubblica di Salò e quindi volutamente caricato di significati politici e sociali che nel romanzo non sono presenti, perlomeno non in modo così esplicito.

In brevissimo: 4 uomini di potere, con la collaborazione delle milizie nazifasciste, rapiscono 18 giovanissimi, 9 ragazzi e 9 ragazze, per rinchiuderli in una villa (a Marzabotto, proprio lì!) e disporne a proprio piacimento per ogni sorta di pratica sessuale e/o violenta. Ai 18 ragazzi i 4 aggiungono 4 loro figlie che si concedono in sposa tra di loro.
Detto questo, sconsiglio di proseguire la lettura ad animi sensibili o facilmente perturbabili, quanto devo raccontare è abbastanza scioccante.

Il film come il romanzo è diviso in 4 capitoli (i virgolettati presi da Wiki):

ANTINFERNO
E' la fase di pianificazione ed organizzazione dell'evento, rastrellamento alla ricerca dei giovani, loro selezione e trasporto alla villa, dove riceveranno il regolamento in modo esplicito: "Deboli creature incatenate, destinate al nostro piacere, spero non vi siate illusi di trovare qui la ridicola libertà concessa dal mondo esterno. Siete fuori dai confini di ogni legalità. Nessuno sulla Terra sa che voi siete qui. Per tutto quanto riguarda il mondo voi siete già morti!". Molto chiara sin da subito l'assenza di ogni speranza.
Saranno anche informati di come si svolgeranno le giornate. Ogni giorno si troveranno nella sala delle orge. Di giorno una "narratrice", ex prostituta che ha avuto a che fare con ricchi libertini nella sua vita, racconterà esperienze personali e vicende attinenti l'argomento trattato, allo scopo di indottrinare ed eccitare. Successivamente si passerà ad attuare in pratica quanto raccontato.
Durante il trasporto un ragazzo tenterà la fuga è sarà ucciso. Già in questa fase preliminare una ragazza si suiciderà. Diventeranno così 8 e 8, come nel romanzo. Le 4 figlie sono schiave, sempre nude, al servizio di ogni bisogno, cameriere durante i pasti ma soggette ad ogni sfizio.
Nella villa, protetta ed inavvicinabile, è presente anche personale di servizio che mai compare nelle orge, e molti repubblichini, tra i più fidati del regime, che impiegheranno pochissimo a condividere le perversioni dei loro capi, dei quali sono anche amanti.

GIRONE DELLE MANIE
Arte della masturbazione, eiaculazioni fantasiose, feticismo, pedofilia e chi più ne ha ne metta. E' la fase di iniziazione di questi vergini prima della deflorazione. Serve anche a stabilire le reali sessualità dei ragazzi, a valutarne le potenzialità, prime selezioni. Le "arti" vengono insegnate con cura. C'è anche una dissimulata cerimonia di matrimonio tra un ragazzo ed una ragazza costretti poi a consumare il primo rapporto in pubblico. E' l'inizio del terrore, qualche ragazzo tenta ancora di ottenere pietà, persino piccole disobbedienze, subendo poi punizioni durissime.

GIRONE DELLA MERDA
L'ano e quanto da esso esce diventa il massimo oggetto del desiderio. I racconti della narratrice parlano di coprofilia, coprofagia, amore per il lurido considerato delicatezza sublime, rapporti anali di vario genere, persino macabri tanto che la narratrice parla di come ha ucciso sua madre che le voleva impedire di praticare la sua professione ricevendo un plauso unanime dei 4 per la crudeltà necessaria.
Non ci sono limiti nei racconti di De Sade, non ce ne sono nel film. In questa fase avviene di tutto, subito uno dei 4 costringe una ragazza andata in panico a mangiare le sue feci appositamente da lui prodotte al centro della sala, concorsi dell'ano più bello, falsi matrimoni coi 4 vestiti da nobildonne, soprattutto la raccolta di tutte le feci dei ragazzi che diventeranno prelibatezza per un banchetto al quale tutti, nessuno escluso, dovranno partecipare mostrando apprezzamento per il cibo.

GIRONE DEL SANGUE
Uno dei 4, mano a mano che i ragazzi commettevano errori, segnava i nomi in una sorta di lista nera, promettendo future punizioni di entità nemmeno immaginabile. In realtà alla fine tutti e 16, com'era ovvio, si ritroveranno in questa lista. Siamo nelle depravazioni che ora definiremmo più sadiche in assoluto, quando il dolore e la morte più terribile ed agonizzante procura piacere a taluni. Amputazioni, lapidazioni, cavature, scalpi, tra una sodomizzazione ed un'altra, impiccagioni, di tutto, alcuni dei 4 coi repubblichini a compiere le nefandezze, a turno, gli altri su dei troni ad assistere allo scempio, con altri fedelissimi pronti ad ogni loro voglia sessuale durante lo spettacolo. Finale agghiacciante.

Se siete arrivati sin qua e avete retto quanto raccontato, nonostante abbia abbondato ho omesso diversi dettagli, non temete quindi per la visione. Ho retto bene il film forse perché mi sono letto anni fa ben 2 volte "Justine o le disavventure della virtù" appunto di De Sade, romanzo terribile quanto ricco di spunti filosofici, diverso da questo ma estremamente simile negli episodi, molto peggiore per truculenza in alcuni, basti pensare che tutto quanto contenuto in questo romanzo in Justine è riassunto in uno solo degli episodi raccontati (quello del convento di frate Antonello, e dei 3 confratelli, guarda caso erano in 4 anche lì). Certo, già leggere certe cose è terribile, vederle rappresentate mette i brividi (il convento è ancora più terribile, molto più terribile!).

L'osceno estremo è qua raffigurato con un film che sembra girato in altri tempi. Uno stile raffinato e rigorso, tempi di narrazione e ripresa da classico film in costume, e l'ambientazione nella villa, tutto molto elegante, belle musiche suonate al piano (Pasolini si è avvalso della consulenza di Morricone), in ciò è molto diverso dalla truculenza dei luoghi e personaggi del romanzo. I 4 artefici però sono perfetti, nei poteri che rappresentano, anche per Pasolini che li riproduce, nell'italia di Salò, parimenti: un duca a rappresentare il potere nobiliare, un vescovo (o cardinale) per quello religioso, un giudice per il potere giudiziario ed un imprenditore per quello economico.

Il totale assoggettamento che esige il potere quando vuole essere assoluto, non un annichilimento che anzi è condannato ma partecipazione ciecamente ubbidiente e proattiva alle perversioni. Non è una metafora straordinaria e quanto mai attuale di ciò che nella realtà avviene, indipendentemente dalle situazioni ed organizzazioni politiche o sociali? Chi brama ed ottiene potere poi punta ad esercitarlo a latere in ogni aspetto della vita umana. Il sesso e tutto ciò che ne è estremizzazione è un aspetto su cui efficace diventa la leva con cui scardinare ogni tabù, morale, credenza, fare a pezzi poteri alternativi, concentrare su di sé un dominio assoluto che non ammette concorrenza.

Due parole su De Sade:
A lungo personaggio scomodo, venne riconosciuto solo alla fine degli anni sessanta come autore importante dall'Accademia Francese taldeitali che ora non ricordo. Si comprese che occorreva uscire dalla sfera del giudizio morale nei suoi confronti per valorizzare tanto la valenza storica dei suoi scritti (le cose peggiori che raccontava non erano cose fatte da lui, e hanno trovato riscontri) quanto soprattutto quella appunto filosofica. Il marchese altro non fece che portare alle estreme conseguenze il materialismo, se si legge Justine (parlo di ciò che conosco) la cosa è evidentissima. In fondo in un mondo dove la fede e molta della educazione laica invitavano allo sforzo, la sopportazione, la santità conseguita attraverso sofferenze ed umiliazioni, i "sadici" non erano che lo strumento armato nelle mani di dio, quelli che permettevano ad anime pie di elevarsi, ed erano anche inattaccabili dai materialisti più puri, dopotutto se i corpi non sono altro che carne ed ossa senz'anima che danno gli si può arrecare, quale mancanza di rispetto può sussistere? E' un personaggio, De Sade, che ti spiazza completamente, ti fa mettere tutto in discussione, e se non si ha voglia di "discuterci" è meglio lasciar perdere.

Film eccezionale, Olimpo senza dubbio, decisamente non per tutti, come i libri dello "scomodo" marchese, terribile fino all'ultimo istante.

p.s.: vorrei dedicare questa recensione alla cara amica Petrolio, grande estimatrice di Pasolini.

lunedì 30 agosto 2010

Sacco e Vanzetti

13


1971, Giuliano Montaldo.

Un film che da molto tempo avevo pronto da vedere e non mi decidevo a farlo. Questo hobby di scrivere recensioni dei film che vedo a volte è una condanna, piacevole certo, ma impegnativa in alcuni casi, come questo. Ovviamente già sapevo del tema trattato, non molto ma ne sapevo, e avevo 2 timori: il primo era l'impatto emotivo che su di me avrebbe avuto, e questo se vogliamo era il minore dei mali, in fondo è quello che vado cercando nel Cinema; il secondo era la domanda "ma come faccio a sintetizzare una trama simile nella recensione?", e questo cruccio era il più pesante.

Pochi giorni fa l'amico Giovanni Pili, autore di un blog che per me è un punto di riferimento, mi ha di fatto risolto il problema, esentandomi dalla sintesi. Faccio il saprofita e invito a leggere il suo post, "Sacco, Vanzetti e Salsedo". Certo, non è brevissimo, ma è il minimo per onorare la storia di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti (e Andrea Salsedo). Inoltre, sul canale youtube legato al blog, è disponibile la visione dell'intero film.

Posso allora occuparmi "solo" del film. Dico subito che è nel mio Olimpo personale, anche se ammetto che è dovuto a considerazioni puramente emozionali. Mi ha toccato, e perché ciò è avvenuto? Forse perché è molto ben fatto, secondo i miei gusti. In poco meno di due ore è riuscito ad illustrare ogni dettaglio della vicenda, quella di due "eroi per caso", i "terribili anarchici", erano un operaio in un calzaturificio (Sacco) e un pescivendolo ambulante (Vanzetti). Tutto avrebbero voluto tranne che essere arrestati o diventare famosi, solo che fu loro impossibile, durante il processo-farsa, calpestare la propria dignità, e la loro fiera appartenenza al movimento anarchico fu la loro condanna.

Quando parlavo dei 2 timori, il primo era quello emotivo. E' stato piacevolmente confermato. La rabbia e l'indignazione che m'è montata per la storia è enorme, pur già conoscendola per sommi capi, solo che è la bellezza del Cinema, immagini e suoni che ti coinvolgono, ad averle suscitate con forza. Ai sentimenti previsti se ne sono aggiunti di imprevedibili, soprattutto un grande orgoglio, da italiano, nel vedere che non abbiamo esportato oltreoceano in quel periodo solo detestabili padrini.

Siamo davanti ad uno di quei grandi film impegnati che una volta in italia si riuscivano a produrre, spesso di grande qualità. Poca concessione alla retorica, meno ancora alla spettacolarizzazione e tanta sostanza, nelle parole e nelle immagini, chiare ed inequivocabili.

Ho citato la retorica, che non è una parolaccia, dipende certe frasi da chi arrivano e in che modi, se dal cretino-predicatore di turno alla tv o da 2 umili persone, oneste e pacifiste, condannate ingiustamente a morte. Quando Vanzetti prende la parola in tribunale dopo la sentenza definitiva della condanna capitale, dopo 7 anni di processi/appelli, ogni frase che afferma è da incorniciare! Anche se non è un capolavoro di oratoria, si parla di Senso della Vita, quello con le maiuscole, mica è la canzoncina di un vaschirossi qualsiasi. Sacco prima dell'esecuzione scrive una lettera al figlio ancora piccolo, gli dice tra le varie di dividere i suoi giochi con gli altri, una frase semplice e precisa, diretta, toccante. Mi sono calate lacrime pesanti.
(E' uno spoiler, allora il discorso di Vanzetti, che ho trovato in giro, l'ho scritto in fondo alla recensione)

Eccezionale l'interpretazione di Vanzetti da parte di un'icona di questo genere di film di quei felici anni, Gian Maria Volonté, ma stupirà quella di Sacco da parte di un attore molto meno noto, Riccardo Cucciolla, premiato quest'ultimo a Cannes.
Colonna sonora di Morricone con la canzone di Joan Baez "Here's to you", canzone ora famosissima e che sicuramente ha contribuito molto, l'artista americana, alla diffusione del film nel suo paese che solo nel 1977 ha completamente riabilitato i 2 anarchici italiani.

testo: "Here's to you, Nicola and Bart / Rest forever here in our hearts / The last and final moment is yours / That agony is your triumph".

Ancora, c'è la "Ballata di Sacco e Vanzetti", sempre di Joan Baez che come dice lei stessa, nel video che segue, ha preso il testo integralmente da una lettera di Vanzetti al padre. Meravigliosa.

testo: "Father, yes I am a prisoner;
Fear not to relay my crime.
The crime is loving the forsaken,
Only silence is shame.


And now I'll tell you what's against us,
An art that's lived for centuries...
Go through the world and you will find
What's blackened all of history.
Against us is the law with its
Immensity of strength and power
- Against us is the law!
Police know how to make a man
A guilty or an innocent.
- Against us is the power of police!
The shameless lies that men have told
Will ever more be paid in gold...
- Against us is the power of the gold!
Against us is the racial hatred
And the simple fact that we're poor.


My father dear, I am a prisoner.
Don't be ashamed to tell my crime,
The crime of love and brotherhood;
And only silence is shame.


With me I have my love, my innocence,
The workers and the poor
For all of this I'm safe and strong
And hope is mine!
Rebellion, revolution don't need dollars,
They need this instead :
Imagination, suffering, light and love
And care for every human being!
You never steal, you never kill,
You are a part of hope and life.
The revolution goes from man to man
And heart to heart!
And I sense when I look at the stars
That we are children of life;
Death is small..."

Il Famoso Discorso di Vanzetti in tribunale, nel 1927 quando il Giudice dice: Bartolomeo Vanzetti, avete qualcosa da dire prima che la condanna a morte sia resa esecutiva?

Risposta: Ho da dire che sono innocente. In tutta la mia vita non ho mai rubato, non ho mai ammazzato, non ho mai versato sangue umano, io. Ho combattuto per eliminare il delitto. Primo fra tutti: lo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo. E se c'è una ragione per la quale sono qui è questa, e nessun'altra.
Una frase, una frase signor Katzmann, mi torna sempre alla menate: "Lei, signor Vanzetti, è venuto qui nel paese di Bengodi per arricchire".
Una frase che mi dà allegria. Io non ho mai pensato di arricchire. Non è questa la ragione per cui sto soffrendo e pagando. Sto soffrendo e pagando perché sono anarchico... e me sun anarchic! Perché sono italiano... e io sono italiano. Ma sono così convinto di essere nel giusto che se voi aveste il potere di ammazzarmi due volte, e io per due volte potessi rinascere, rivivrei per fare esattamente le stesse cose che ho fatto.
Nicola Sacco... il mio compagno Nicola! Sì, può darsi che a parlare io vada meglio di lui. Ma quante volte, quante volte, guardandolo, pensando a lui, a quest'uomo che voi giudicate ladro e assassino, e che ammazzerete... quando le sue ossa, signor Thayer, non saranno che polvere, e i vostri nomi, le vostre istituzioni non saranno che il ricordo di un passato maledetto, il suo nome, il nome di Nicola Sacco, sarà ancora vivo nel cuore della gente.
(Rivolgendosi a Sacco) Noi dobbiamo ringraziarli. Senza di loro noi saremmo morti come due poveri sfruttati.
(Rivolgendosi alla giuria) Un buon calzolaio, un bravo pescivendolo, e mai in tutta la nostra vita avremmo potuto sperare di fare tanto in favore della tolleranza, della giustizia, della comprensione fra gli uomini. Voi avete dato un senso alla vita di due poveri sfruttati!

domenica 29 agosto 2010

I tulipani di Haarlem

2
Pierre e Sara sono 2 solitudini, che s'incontrano casualmente col tentato suicidio di lei per una delusione d'amore. Pierre, spontaneo e leggero, se ne invaghisce, ma lei vuole lasciare il Belgio appena si riprende per tornare in Inghilterra e lui in qualche modo glie lo impedisce, Sara è la sola persona con cui ha una relazione in assoluto. In lei, che ha solo 16 anni, nasce un desiderio sadico nei confronti di Pierre che è completamente alla sue mercé, lo rende di fatto suo schiavo, lo umilia in ogni modo, lo fa quasi impazzire fino ad un finale che dovrebbe essere romantico ed invece avrà un risvolto spaventoso.

Nel pieno della rivoluzione giovanile, dell'emancipazione sessuale, di moti collettivi, questo film di Brusati fu qualcosa di molto particolare, con questa storia di giovani il cui disagio si manifesta individualmente e interiormente. Pierre, senza genitori da molti anni, prima di incontrare Sara faceva di tutto per inserirsi in società in qualche modo, e solo con la ragazza troverà modo di sentirsi considerato. Anche Sara, le relazioni avute e ancora cercate, erano con uomini molto più grandi di lei. In entrambi uno scontro personale col mondo adulto, al quale vogliono partecipare ma dal quale vengono respinti, e si sentono estraniati, solo nell'eccesso troveranno modo di ricevere attenzione.
Per i tempi, insisto, una storia veramente strana.

Il film, poetico ed elegante anche nel dramma, è di grandissima cura estetica anche nelle musiche, m'ha ricordato in certi momenti il miglior Greenaway. Dopo un primo tempo propedeutico, nel secondo decolla ed anche se denuncia i suoi anni ha ancora un notevole fascino. Carole André è semplicemente splendida.

Merita la visione.

sabato 28 agosto 2010

Memorie di una geisha

10
La storia di una geisha, tratta dal libro omonimo scritto da Arthur Golden (unica opera fino ad ora) con uno strascico di polemiche fortissimo con la geisha Mineko Iwasaki che collaborò alla stesura, sia per inadempienze contrattuali che per alcune libere interpretazioni. E cominciamo già male.

Trama semplice: ragazza orfana, venduta a una "casa di geishe", qualche disavventura, poi grandissima geisha (si legga QUI cosa significa) stimata in tutta la città come la migliore, successo interrotto dalla guerra. Finale romantico con un pizzico di dramma.

Non ho voluto banalizzare la trama, l'aspetto più interessante del film, che sarebbe stato anche uno splendido pretesto per parlare delle geishe. E' che questo film, che ho guardato fino in fondo (140', mica poco), s'è rivelato una tale porcheria che non ce la faccio proprio ad approfondire, quindi mi riservo l'argomento per un'opera degna.

L'errore più grande è stato partire da un libro difettato nelle basi. Ne ho parlato all'inizio, e non poteva essere altrimenti. Ci vuole un/una giapponese a scrivere una storia del genere, certo non un occidentale. Aggiungiamoci il regista pure occidentale, e affamato di oscar, che ci gonfia le gonadi con immagini suggestive e curatissime che di orientale non hanno nulla e la frittata è fatta. Ma non facciamoci mancare niente, dai! Chi mettiamo attrici protagoniste, la geisha principale e la grande rivale? Ziyi Zhang e Gong Li, attrici bellissime, bravissime e famosissime, che han lavorato con calibri come Zhang Yimou e Wong Kar-wai (il primo soprattutto, un grandissimo del cinema), nulla da dire, per carità, due star internazionali ormai, peccato che sono cinesi! Ci-ne-si!!! Come gli è venuto in mente al casting?!? Forse avran pensato che in Giappone non ci sono attrici all'altezza? Assurdo, non sapevo se ridere o inferocirmi. Caro Marshall, questa scelta è stata proprio l'apogeo della cazzata, una cosa ridicola, quando ho visto le 2 attrici volevo cestinare subito, ma poi un certo interesse per conoscere la storia mi ha fatto arrivare fino in fondo. L'Ade con merito non glie lo toglie però nessuno.

Capisco perfettamente la logica di queste pellicole. Sono fatte per chi non vuole davvero conoscere la cultura orientale, per chi semplicemente gli piace crogiolarsi negli stereotipi da noi di moda a riguardo. Ci si può abbandonare, con quella fotografia ammaliante, trucco sgargiante, donne meravigliose, frasette di saggezza stile baci perugina. Luoghi comuni a non finire e potresti non farci caso, soprattutto se di cinema cinese e giapponese, di quello vero!, non hai visto niente. Questo film rappresenta, e questo sì che lo fa con eccellenza, come l'occidente vede l'oriente, punto; e lo vede talmente da lontano che cinesi e giapponesi uguali sono, quando invece uguali non lo sono manco per niente, anzi!

venerdì 27 agosto 2010

I pugni in tasca

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Film del progetto "100 Film italiani da salvare".

Esordio cinematografico col botto per Bellocchio, giocato in casa nelle colline del suo piacentino, finanziato dalla sua famiglia, girati gli interni in casa della madre. Un film difficile, non perché complesso da interpretare, ma duro da mandar giù persino oggi, chissà allora.

Una famiglia sostanzialmente agiata, "quelli della villa", madre cieca e 4 figli: Augusto è il primo e fa un po' da capofamiglia, posato, buon lavoro, aspirazioni classiche borghesi appare il solo "normale"; Giulia ormai donna ma ingenua, immatura; Alessandro epilettico ed inquieto, usa psicofarmaci; il più piccolo Leone, ritardato ed epilettico. Proprio un bel quadretto.

A parte Augusto, è un gruppo chiuso, vivono sempre in casa, tra Ale e Giulia ci sono ammiccamenti incestuosamente sospetti. Ale è intelligente, colto, ma palesemente sofferente per la situazione, si sente un peso, vede nella madre e nel fratello Leone le cause della sua miserrima vita. Medita un suicidio collettivo che lasci fuori Augusto, quest'ultimo informato dell'idea si scandalizza ma molto freddamente, è calcolatore, Ale lo sa che quella famiglia è un peso per il fratello. Non andrà in porto, ma poi Ale provvederà, sarà l'inizio della sua follia, Giulia lo scoprirà e, prima complice silente, poi ne avrà paura...
Rivelare tutta l'escalation degli eventi per chi non l'ha visto è un peccato.

Regia magnifica, immagini e riprese modernissime ancora oggi. L'interpretazione di Ale da parte Lou Castel è da urlo a mio parere, sentita e partecipata al punto, a quanto ho letto, che si faceva prendere talmente dal personaggio da costringere a volte ad interrompere le riprese. Primo film di Bellocchio tra le mie recensioni e subito Olimpo, ne sono felice.

C'è ribellione ad una propria condizione d'infelicità, con una visione molto distorta di cosa la felicità possa essere, e c'è ribellione ad un istituto, quello della famiglia, che è gabbia, conservatorismo, costrizione. Augusto, col suo cinismo opportunista è più "sano" di Alessandro? Vien da chiederselo, incredibilmente. Il film sembra anticipare, anche se su piani completamente diversi, i moti giovanili degli anni a venire. La madre cieca e il povero Leone, come dar torto ad Ale che li vede come 2 palle al piede? Amorale e delittuosa la sua opera, che tanto bene però fa alla vita di Augusto, che ride gioioso verso un futuro sempre più libero. Persino acritica, dal momento che lui stesso ha problemi cronici e bisogno d'assistenza.
Film inquietante, da vedere a mente sgombra e su cui ragionare con lucidità, per quello che rappresenta e per quello che mette in discussione.

giovedì 26 agosto 2010

La Lettre - La lettera

6
A Parigi una giovane donna d'alta borghesia sta vivendo un periodo difficile, delusione d'amore. Il fidanzato ufficiale non le garba molto e alla famiglia di lui, blasonata, garba poco lei. Ad un ricevimento conosce un medico col quale si sposa, pur senza grande entusiasmo. Nella loro vita coniugale, benestante e apparentemente felice, irromperà un cantante pop-rock, che s'innamorerà della giovane donna iniziando un'insistente corteggiamento al quale lei si concederebbe facilmente se non fosse sposata. Pur non essendo mai stato tradito, sapere che la moglie ha infatuazione per un altro farà ammalare fatalmente il medico e madame Clèves, rimasta vedova, dovrà decidere cosa fare.

Film da festival direbbe qualcuno, molto simile ad un audio-libro direi io. Ricorda moltissimo per la pacatezza, le voci sempre sobrie, l'uso moderato della musica (a parte i brani di concerto del cantante), i Racconti Morali di Rohmer. Tratto da un romanzo di fine '600, "La principessa di Clèves" di Marie-Madeleine Pioche de La Vergne, è considerato il primo romanzo psicologico moderno ed ha inspirato più di un film. Questo è ambientato in chiave moderna, fine secolo scorso.

Come per i film di Rohmer, qua i dialoghi ed i monologhi, uniti a recitazioni e riprese molto sobrie, creano un'atmosfera che ispira molto l'ascolto attento e rilassato. Nonostante ciò veramente notevole è il tormento a cui è sottoposta madame Clèves, percepito nella visione. I suoi dialoghi con l'amica e confidente, una suora molto illuminata dalla ragione, sono estremamente pregni, uno splendido confronto tra una vita laica ed una religiosa, tra una vocazione che risponde alle domande del cuore ed una sofferenza che, consapevole che non può controllare i sentimenti spontanei, si forza alla fedeltà coniugale con abnegazione.

Madame Clèves alla fine scriverà una lunga e meditata lettera, non sto a dire perché e in che contesto, che leggeremo con lo stato d'animo dell'amica suora, un intero e lungo finale interamente da godere. Tra le tante cose scritte mi permetto di anticiparne una che mi ha premiato la visione, una riflessione sulle suore missionarie nel terzo mondo, che pur nell'intento di diffondere il proprio credo acquistano la consapevolezza che qualunque fede non può essere insegnata o proposta a chi ha problemi fondamentali da risolvere ogni giorno come mangiare, curarsi, sopravvivere in generale. Viene detto con una semplicità e linearità logica esemplari.

Bella prestazione di Chiara Mastroianni, figlia d'arte di genitori notissimi.
Un film rilassante, bello ed intelligente, anche formativo, come i bei romanzi dei secoli scorsi. Se v'è piaciuto Rohmer anche questo vi piacerà.

Curiosità: nel film il cantante citato è Pedro Abrunhosa che interpreta sé stesso. I brani di concerto ripresi sono tratti da suoi veri concerti. Mi ha infastidito a lungo che comparisse sempre e costantemente con gli occhiali da sole scuri, ma poi ho letto su wiki che nella sua vita pubblica compare sempre così. Ognuno ha il suo stile, contento lui non metto becco, diciamo che è stato coerente col personaggio anche nel film.

mercoledì 25 agosto 2010

Heima

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Di ritorno nel 2006 da una tournee in giro per il mondo, il grande gruppo islandese decide per un tributo alla propria terra ed alla gente che ama, felici di rivedere i paesaggi vasti ed infiniti di quel paese di ghiaccio e fuoco. Heima significa infatti "at home" o anche "homeland".

Organizzano una serie di concerti nei luogi più disparati, piane sulle montagne, fabbriche abbandonate, centri di ritrovo, ad ingresso gratuito e con un minimo di preavviso. Dai nonni ai nipoti, intere famiglie vi si recano, la loro musica, ambient e world ricca di richiami alla musica tradizionale, piace e mette d'accordo tutti, io personalmente la adoro, mette una pace interiore come poche altre.

Una sequenza di concerti e di prove di concerto, intervallate da brevi interviste. Luoghi suggestivi più volte ripresi, sia dei concerti che semplicemente panoramici, un modo per conoscere l'Islanda e la sua gente. I partecipanti ai concerti, come dicevo famiglie rappresentate in tutte le loro generazioni, sono uno spettacolo nello spettacolo, gente serena e tranquilla. Il gruppo stesso si mischia con loro, si salutano, sembra a tratti di vedere concerti di paese da noi.

Poi dipende dai gusti, certo. Io trovo la musica dei Sigur fantastica, la voce del loro leader, ora anche autore solista, Jónsi, con un falsetto delicatissimo è capace di un'ampiezza di ottave sorprendente e suona come uno strumento musicale. Molti dei componenti sono polistrumentisti, di alto livello, con una naturale propensione alla ricerca e sperimentazione, basti l'incredibile xilofono che hanno costruito con pietre di roccia o altre percussioni con legni di particolari piante secolari islandesi.
Il concerto conclusivo di Reykjavik, forse quello più "organizzato" con una vasta affluenza, sarà un tripudio! Con la sola voce del cantante in accompagnamento il batterista-percussionista partirà in un crescendo degno del migliore progressive degli anni '70, entreranno poi tutti gli strumenti compreso chitarre con distorsore per un finale rock che non ti aspetti, una performance di grandissimo livello.

Il film è in inglese ma se ne masticate un minimo, visto il poco che si sente di parlato, si comprende facilmente. Se non ci capite nulla è lo stesso, tanto sono la musica e le immagini che contano.
Bellissimo!! 100 min di assoluto relax e benessere. QUI il sito ufficiale.

martedì 24 agosto 2010

The Mission

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Gangsteristico hongkonghese purissimo, senza compromessi né secondi fini di sorta. Un capo clan è costantemente minacciato di morte, assolda 5 delinquenti tra la peggio specie della categoria come guardie del corpo, uno dei quali a coordinarli. Tutto nella più assoluta prevedibilità: rivalità iniziale, poi tra i 5 nasce una certa amicizia. Sparatorie, comportamenti d'onore, vite condotte con rassegnato fatalismo pur nella massima professionalità del momento, colpo di scena finale.

"A Hero never dies", di solo un anno prima, è lontano, altra faccenda, molto più pregna. Questo è quasi un puro esercizio di stile a scopo intrattenimento, eccellente da vedere con un bel drink e stuzzicherie varie.

Originale jazz alla hammond nelle musiche di sottofondo, un po' ossessionanti francamente, sempre presenti, tant'è che una delle scene più belle, in un centro commerciale deserto, si svolge nel silenzio più assoluto.

Insomma, non ho molto da dire, sicuramente si può vedere, l'avesse fatto mio fratello griderei alla grande rivelazione del cinema italiano, ma da Johnnie To ci si aspetta di più.

lunedì 23 agosto 2010

Le Mépris - Il Disprezzo

13
C
ast d'eccezione e regista "nouvelle" di prima grandezza per rappresentare il noto romanzo di Moravia.

Una coppia di francesi che vive a Roma, lui sceneggiatore, vive un momento di noia. Lui viene chiamato da un produttore cinematografico americano per affiancare niente di meno che Fritz Lang (interprete di sé stesso) alla ultimazione di un film sull'Odissea di Omero.

domenica 22 agosto 2010

Mojuu - Blind Beast

4
Uno scultore cieco ad una mostra si perde, nel toccarla, su una statua. Cerca la modella utilizzata per la figura e la rapisce con l'aiuto della madre, imprigionandola nel suo magazzino-studio pieno di sculture di particolari di donne (nasi, occhi, seni...) ai muri mentre al centro 2 enormi sculture "morbide", una prona l'altra supina, dominano la scena.

Suo scopo, dichiarato alla modella, sviluppare al meglio la sua arte scultorea basata sul tatto e, tramite lei, riproducendola e quindi per farlo toccandola, realizzare quello che lui ritiene sarà il suo capolavoro.

Tentativi di fuga, con astuzia, l'ultimo persino favorito dalla madre del cieco che avrà un epilogo drammatico. Resteranno soli, loro 2 chiusi nel magazzino, lei comincerà ad amare il folle amante-aguzzino, ma non sarà una "banale" Sindrome di Stoccolma, si andrà ben oltre. La donna lo amerà fisicamente e a furia di restare al buio quasi naturalmente diventerà cieca e quelle sensazioni da lui spesso ripetute, scoprire l'arte col tatto, lei le porterà alle estreme conseguenze, e lui dietro, un delirio di piacere li accomuna, irrefrenabile, corpi che si uniscono e che arriveranno a devastarsi nel piacere della sofferenza fisica.

L'ottima fotografia, le riprese, tutto ciò che fa Cinema, passa in secondo piano, meglio non lo si nota travolti da una trama e soprattutto da un epilogo allucinanti! Non posso fare a meno di ricordare per affinità Embrione di Wakamatsu, di solo 3 anni prima di questo, altra meraviglia, credevo si fossero raggiunti i limiti, mi sono dovuto ricredere dopo questo.

Non si vede una sola scena di sesso esplicito, né sangue o violenza diretti, eppure è tra i film più sconvolgenti che abbia mai visto, horror compresi. Ha causato incubi a Salvator Dalì a quanto pare questa pellicola e non mi stupisce, il rapporto amore-arte, con conturbante sensualità, è analizzato e portato ai limiti, certo da mente malata ma non perversa, e la cosa non può lasciare indifferente una persona comune, figuriamoci un grande artista.

Spaventoso, e imperdibile, forse non per tutti.

sabato 21 agosto 2010

Il Missionario

10
Viene scarcerato dopo 7 anni per buona condotta, deve recuperare il bottino di gioielli dell'ultima rapina. Prende a testate tutti ma quando si rende conto che è in pericolo va dal fratello prete, che lo traveste da par suo e lo manda in una piccola comunità vicino Lourdes.

Quando arriva il prete che lo doveva accogliere è appena morto e tutti i paesani lo scambiano per il sostituto, poi il fratello va dal ricettatore e perde la testa con tutti i soldi che gli dà, lui intanto confessa il paese, celebra messe e matrimoni, ecc...

Commedia d'equivoci con qualche gag divertente, un po' di risate, qualche vanzinata. Che altro devo di'? Fine.
Besson qua ha calato proprio le braghe.

venerdì 20 agosto 2010

She's Gotta Have It - Lola Darling

8
Opera prima dell'ormai famoso regista, ad anni di distanza assume tutti i connotati del prequel di quanto poi fatto in tanti famosi film, diversi dei quali qui presenti.
Storia di neri, nella Brooklyn nera, di giovani.

giovedì 19 agosto 2010

Great Balls of Fire!

9
Rappresentazione della vita di Jerry Lee Lewis, tuttora vivente. Ancora bambino grande ammiratore della musica dei quartieri neri, da grande un cavallo matto del rock and roll. Pianista furioso, fu il primo a riuscire a cantare, ballare, far casino e suonare quello strumento contemporaneamente.

mercoledì 18 agosto 2010

Bloody Mama - Il clan dei Barker

8
Sinossi: la storia vera di Ma Barker (interpretata da una grandissima Shelley Winters) e della sua particolare banda criminale interamente composta da lei e dai suoi figli maschi, alla quale si unirà una prostituta promessa sposa al primogenito. Dopo averlo visto ho confrontato la trama con la storia letta su wiki, e aggiungo che il film è estremamente fedele, tranne 2 cose:

(1) Non si parla dell'alleanza con la banda di Alvin Karpis, il film è interamente incentrato sulla famiglia Barker.
(2) I rapporti incestuosi tra Ma ed i figli, per quanto probabili, sono particolarmente enfatizzati nel film ma non vengono storicamente certificati da alcun riscontro documentabile.

Per quanto riguarda il punto (1) dico: bene così, anche perché non ce ne frega niente della banda Karpis, il fascino e la follia di Ma Barker sono ben miglior soggetto ed il film, a basso budget e lungo meno di 90 min., non aveva tempo da perdere. I figli, così eterogenei per quanto accomunati dalla madre padrona ad ampio spettro, hanno goduto della giusta attenzione, in particolare il tossicodipendente interpretato da un giovanissimo Robert De Niro (allievo della Winters, a quanto ho letto in giro).

Il punto (2) come dicevo è "storicamente" controverso però è di grandissima presa cinematografica. Dal rapimento dell'industriale del cotone, punto più alto della loro carriera criminale ma anche causa del successivo fallimento, questo rapporto perverso e pernicioso tra madre e figli diventa chiaro, non solo nell'aspetto sessuale. Dovrei parlare a lungo del finale per ulteriori considerazioni, poi però rovinerei la visione.

Stramerita, un altro grandissimo gangsteristico americano basato su storie vere.
Guarda il caso tutte storie più o meno a cavallo della grande depressione, come il celeberrimo Gangster Story. Questo è decisamente più truce e psicologico, Ma Barker è un personaggio infernale, con calma disarmante decide se uccidere o meno una persona, e lo fa come la massaia che sceglie il menù per la cena ponendosi la domanda: cosa è meglio fare? Anche se pare lei personalmente non abbia mai commesso omicidi, tutte le azioni dei Barker erano in suo dominio.

Il doppiaggio mi ha lasciato molto, pure più che molto, perplesso, solo che purtroppo non mi è stato possibile trovarne versione in originale sottotitolata e per chi ci riesce la consiglio vivamente.

Considerazione 1: Cronaca di questi giorni (è il 27-7-10 mentre scrivo), diversi omicidi in italia ai danni di proprietari o dirigenti d'azienda, operati da persone da loro licenziate. Durante la depressione del '29 l'aumento della criminalità sia organizzata che comune fu esponenziale, bene meditarci ai vertici della politica, abbandonare le persone nella merda non fa mai bene.

Considerazione 2: Non finirò mai di stupirmi, e di ammirare per certi aspetti, l'orgoglio che gli americani hanno per il loro paese anche quando questo gli volta le spalle. Persino Ma Barker lo lodava, fiera patriottica, così come non dimenticava di fare qualche preghiera. Devo ancora riflettere su questa loro mentalità.

martedì 17 agosto 2010

The strong man - La grande sparata

2
Un soldato che torna dalla prima grande guerra, cerca la donna amata, la troverà cieca ma non per questo il suo amore diminuirà. Affronterà situazioni bizzarre, si troverà coinvolto in un malaffare, diventerà aiutante di un uomo-cannone che al momento di uno spettacolo importante sarà ubriaco e lascerà al mingherlino ex-soldato il compito di fare uno spettacolo per forzuti, in una cittadina (la stessa dove ritroverà l'amata) dedita alla vita sregolata e dove si fanno beffe del proibizionismo, con grandi rimostranze guidate dal pastore della comunità. Finale caotico e pirotecnico.

Un film divertentissimo, un grande classico del muto, pieno di gag che hanno fatto scuola. Harry Langdon è semplicemente strepitoso, dolcissimo ed espressivo come il migliore dei mimi. Per fisionomia ed espressività mi ha ricordato il miglior Macario, uno dei grandi caratteristi italiani, ed è un complimento che faccio ad entrambi.

Un modo piacevole e di gran godimento per un tuffo nel passato del Cinema, che ogni tanto sento il bisogno di fare. Anche nel moderno non bisognerebbe mai dimenticare l'importanza della recitazione che deve comunicare più delle parole ed il Cinema muto, che non aveva alternative, rimane un riferimento. Bellissimo poi vedere le ambientazioni di quell'epoca, a me almeno piace molto.

Decisamente da mettere in carnet.

lunedì 16 agosto 2010

Tenacious D in The Pick of Destiny - Tenacious D e il destino del rock

9
Ho scelto la locandina più demenziale che ho trovato per uno dei film più idioti che abbia mai visto. Però, e c'è un però, mi sono divertito a guardarlo, così come credo che i 2 componenti del gruppo rock Tenacious D, Jack Black (già visto in Alta Fedeltà) e Kyle Gass, protagonisti del film, si siano divertiti a farlo, in fondo è una commedia musicale che prende in giro sé stessi, un po' di stereotipi assortiti sulla musica rock ed heavy metal, sia di chi la ama che di chi la disprezza.

domenica 15 agosto 2010

Gattaca

5
Avevo 2 stimoli principali per guardare questo film: la colonna sonora di Nyman che possiedo e apprezzo da tempo; l'intricata trama tutta dna ed eugenetica che m'intrigava e che lascio scoprire.

Entrambe le aspettative confermate, per il resto devo dire che l'ho retto fino alla fine con molta fatica ed una noia abbruttente m'ha invaso, lo salvo dall'Ade solo per i 2 pregi citati ed anche per la mia adorata Uma Thurman, attrice che m'attizza neuroni ed ormoni in egual misura.

Altro punto a favore un'ambientazione minimalista del futuro che mi piace in generale. Peccato davvero che il giallo-noir legato agli scambi d'identità e ad un omicidio siano stati sviluppati con lentezza esasperante e scarsa tensione.

sabato 14 agosto 2010

Hollywood Hong Kong

6
Hong Kong quartiere Tai Hom, agglomerato confuso di baracche. I Chung sono padre e 2 figli, tutti superobesi, la madre scappata, commercianti di carne di maiale arrosto che preparano, maiali in spalla su torso nudo, bottega e casa nel retro, una mandarina al bancone. Un ragazzo che gestisce, con un sito internet e ordinazioni telefoniche, un giro di prostitute giovanissime tra le quali la sua convivente. Compare come dal nulla Tong Tong, ragazza "del nord" da Shangai, bella e furba, stranamente molto disponibile a far sesso a pagamento e non, in realtà ricattatrice di stupratori di minorenni, il suo sogno andare in america, le servono soldi. Sullo sfondo della baraccopoli gli altissimi e lussuosi grattacieli del quartiere Plaza Hollywood.

Storia impietosa e surreale, personaggi senza scampo, i grattacieli della ricchezza e modernità schiacciano Tai Hom che ha dei sussulti prima di essere distrutta per far posto a qualcosa di più degno, la sua gente scaraventata chissà dove, che intanto vivono fatalmente ma con energia ogni piccola gioia, c'è umanità in quel serraglio che resiste anche se continuamente cade in recessi. La scrofa dei Chung, intoccabile, si chiama Mama guarda caso, e scapperà come la mamma a suo tempo. Il ragazzo pornowebber subirà una punizione eccessiva, è solo un ingranaggio che vuole emergere in un meccanismo più grande di lui.

Poetico e brillante realismo, dramma e commedia, riprese sopraffine. I 3 bestioni che all'inizio fanno fin paura ed anche un certo ribrezzo, puzzano di sangue di maiale e sudore solo a vederli, faranno fin tenerezza, persino in una brutalità. In fondo non sono diversi dai maiali che cuociono nei forni. Il film ritrae una città stato idrovora, che non evolve i suoi bassi, li sostituisce con del nuovo.

Splendido. Incanta per le immagini e disincanta per le speranze.
Regista raffinato Chan, ha scritto lui la trama. Decisamente da vedere.

venerdì 13 agosto 2010

Signore e signori, buonanotte

9
Ogni tanto un superclassico me lo devo vedere, e con piacere lo inserisco nel mio blog. Su questo film s'è detto e scritto di tutto, per la sinossi, ed anche per curiosità varie, mi limito a rimandare alla pagina Wiki molto esaustiva.

Uno di quei film ad episodi come ai tempi capitavano nel Cinema italiano, con risultati vari anche all'interno dello stesso film. La stessa natura ad episodi si presta a preferirne alcuni sugli altri. Qua la "Cooperativa 15 maggio", un insieme di registi ed autori d'eccellenza, si diverte con serietà e produce un film di satira feroce e diretta (basti dire che il "virus della corruzione" è a forma di scudo crociato!), contro il potere politico e religioso, con ritratti impietosi del tessuto sociale.

L'attualità di quanto si vede a distanza di 34 anni è sconcertante! Non manca nulla, non sai se ridere o piangere, oggi le cose vanno fin peggio.

Che posso dire se non che è un film da vedere e da venerare? Coraggioso, incredibile siano riusciti a farlo, in quei modi, ha avuto problemi solo a uscire come dvd, cosa avvenuta nel 2009. Alcuni episodi hanno stampo e durata cinematografica, ma quelli che ho scelto di riportare qua sono poco più che sketch: un'intervista ad un onorevole che nonostante uno scandalo clamoroso non si dimette e spiega con sfrontatezza le ragioni; l'episodio del generale, che prima di una parata si trova in una situazione imbarazzante, un esempio di film "quasi" muto di una genialità esagerata.




giovedì 12 agosto 2010

Aruitemo aruitemo - Still Walking

3
Tre generazioni s'incontrano a casa dei nonni in un'occasione. Questi hanno perso il primo figlio, prediletto del padre, anni prima. La figlia femmina con 2 nipotini sposata ad un venditore di auto, gioviale ma un po' sbruffone, vorrebbe andare a vivere nella loro bellissima casa ma loro non ne sono molto convinti. L'altro figlio maschio ha un rapporto storicamente conflittuale col padre, restauratore d'arte con qualche difficoltà al lavoro, s'è sposato con una donna vedova seppur ancora molto giovane che ha già un figlio e questa sua relazione non è particolarmente apprezzata.

Spaccato familiare, con il classico pranzo luculliano preparato con cura. Nonna brillante, nonno arcigno e severo, fin dai preparativi emergeranno tutte le "pendenze" che ci sono nei rapporti parentali. Ogni storia, da quella divertente a quella drammatica, emergerà commentando un cibo, parlando di altri fatti, raramente in modo diretto. La prematura morte del primogenito sarà la costante che pervaderà il tutto. Dopo una giornata tutto sommato allegra e spensierata la figlia se ne andrà mentre il figlio, con moglie e figliastro, resteranno per la notte e la maggiore intimità permetterà il riaffiorare di ricordi più personali, tra i quali una canzone, "Aruitemo aruitemo", che persino il padre finto-duro non potrà ignorare.

Salite e discese, farfalle premonitrici. La vita è spesso fatta di grande impegno che poi cerca in dettagli o banali segnali dei significati, qualcosa che ti dia un senso e che mantenga un legame col passato. Nei particolari si trova il tutto che nella visione d'insieme sfugge, occorre saperci prestare attenzione, come quando ti fanno capire cosa nel successore si ripete del genitore, non solo per la sua generazione organica ma soprattutto nella trasmissione di pensiero, cultura e educazione.

Film dolce, bello, girato con discrezione la camera ritrae parimenti tutti e indugia sui volti solo quando esprimono più delle parole, altre volte invece spia da pertugi o prende una pausa su particolari ambientali. Le "tipiche" storie familiari non paiono conoscere i confini geopolitici, sono sempre quelle, si tratta di essere capaci di illustrarle , e Kore-eda lo è.

Merita decisamente la visione.

mercoledì 11 agosto 2010

La caduta - Gli ultimi giorni di hitler

15
Traudl Junge è stata la segretaria di hitler negli ultimi giorni di vita dello stesso, a Berlino nel noto bunker, ha assistito a tutto, pranzava insieme a lui, goebbles e ai gerarchi rimasti, batteva a macchina ogni comunicato.

martedì 10 agosto 2010

Gembaku no ko - Children of Hiroshima

12
Solo di pochi giorni fa la visione del bellissimo "Twenty-four eyes", pensavo di rimandare questo film, visione troppo ravvicinata, invece nonostante argomenti affini, non sono per niente pentito.

Tanti i film da Olimpo ultimamente, ma che ci posso fare se meritano? 4 giorni fa (oggi mentre scrivo è il 6 agosto, sembra incredibile, non l'ho davvero fatto di proposito!) invece il 65esimo anniversario dello sgancio della bomba sulla malcapitata città. Chi scrive continua a pensare, ed è una convinzione radicata che non è minimamente in discussione da molto tempo, che le stragi di Hiroshima e Nagasaki siano 2 dei più grandi crimini di guerra di tutti i tempi. Ho appena sentito al telegiornale che quest'anno, per la prima volta, l'ambasciatore americano in Giappone ha partecipato alla commemorazione al memoriale, è un primo passo finalmente, il prossimo dovrà essere chiedere scusa, prostrarsi di fronte al monumento, piangere per la vergogna, ma probabilmente non so se basteranno altri 65 anni per questo.

Sinossi brevissima: una maestra d'asilo originaria di Hiroshima ora vive su un'isola poco distante da parenti, della sua famiglia è la sola sopravvissuta. A 4 anni dalla tragedia decide di prendere il traghetto e tornare a visitare le tombe dei genitori. In particolare poi cercherà i sopravvissuti tra i suoi alunni. Casualmente incontrerà anche un ex dipendente di suo padre, cieco dal 6 agosto 1945, ridotto a fare il mendicante.
Inutile dire che non c'è una sola persona in quella città che non pianga lutti, malattie, mutilazioni o quant'altro da quel giorno. La maestra ci condurrà per mano in un percorso difficile. Alcuni parlano di questo come un film in parte documentario, ma non è vero! E' proprio film, pochissime le immagini di repertorio. E che film, che coraggio a farlo!, aggiungo, con una condanna totale e senza mezzi termini di quanto avvenuto nella bocca dei disperati protagonisti. Douglas MacArthur se n'era da poco andato, ma l'influenza americana sul Giappone era affatto diminuita.

Film meraviglioso, girato magnificamente, ma molto, molto straziante, diverse volte ho dovuto interrompere la visione. Ancora, come nel film già citato all'inizio, le Donne grandissime protagoniste.
C'è una scena da registrare a mio parere come una delle più belle del Cinema di tutti i tempi. Ancora all'inizio, la memoria porta a ricordare quel 6 Agosto. Un orologio scandisce i secondi che separano dalle 8:15 mentre la vita nasce in quella mattinata. Repertorio e fiction che si mischiano nei minuti immediatamente successivi lo scoppio, difficile distinguerli, tranne che per delle immagini di Donne, denudate e straziate, l'uomo che distrugge i ventri dai quali nasce, quei seni che vogliono resistere all'inferno che li uccide. Sono immagini di grandissima presa, poetiche e significative.

Mai dimenticare quanto avvenuto, mai smettere di rifletterci.

lunedì 9 agosto 2010

Vogliamo anche le rose

4
"Ho voluto ripercorrere la storia delle donne tra la metà degli anni Sessanta e la fine degli anni Settanta per metterla in relazione, a partire dal 'caso italiano', con il nostro presente globale, conflittuale e contraddittorio. Con l'intenzione di offrire uno spunto di riflessione su temi ancora oggi parzialmente irrisolti o oppure addirittura platealmente rimessi in discussione". Sono parole della stessa, bravissima, Alina Marazzi della quale ho già ammirato altre sue opere. Personalmente la ritengo una dei più grandi talenti cinematografici italiani viventi anche se ai più sconosciuta; poche cose ma sempre molto ben fatte. "Un'ora sola ti vorrei" è un vero capolavoro.

Attraverso i diari di Anita Caprioli, Teresa Saponangelo e Valentina Carnelutti, che li leggono personalmente durante il film, percorriamo appunto quegli anni durante i quali, grazie allo sforzo di molte donne, molti diritti sono stati loro riconosciuti ed hanno permesso a questo paese di progredire. Il Femminismo avrà avuto anche i suoi eccessi, ogni momento di rivoluzione li ha, ma è stato fondamentale, indispensabile! Le storie delle 3 donne sono emblematiche, contengono tutti i problemi possibili delle donne, giovani o meno, di allora. Andrebbero approfonditi tutti i temi, sottolineo solo, per l'emozione fortissima, il drammatico racconto di un aborto necessariamente clandestino, ripreso e raccontato con grande pathos, toccante.

Sembrano cose di 100anni fa, e invece... Le immagini di repertorio mi hanno commosso, erano gli anni che ero bambino, ho visto donne che somigliavano a mia madre e quest'ultima è stata sempre nei miei pensieri. Ciò che ora, le ragazze d'oggi, danno per scontato ha richiesto molto sforzo, farebbero bene non dico ad informarsi approfonditamente ma almeno a vedersi un film così per capire che le cose eran ben diverse. La scena di repertorio a Campo dei Fiori a Roma, nel 1972, un attacco violento della celere verso donne disarmate, solo quello basterebbe. Farebbero bene, dicevo, anche perché i diritti non sono mai una cosa scontata, eternamente acquisita, richiedono sempre attenzione, vigilanza. Il modo in cui oggi le donne vengono trattate, da politici volgari e triviali che si vantano di andare a puttane, da una televisione che pensa solo a spogliarle, deve suonare come campanello d'allarme.

Alina e tutto lo staff di ricerca del film hanno fatto un lavoro formidabile, ne andrebbe fiero il Pasolini di Comizi d'amore del quale questo sembra una naturale estensione. Qui però non si tratta di interviste, ma di fiction, persino di pezzi di animazione, e immagini di repertorio sapientemente assemblate. Realismo e raffinatezza stilistica possono convivere, questo film ne è una prova.

Grazie Alina, grazie di cuore, continua così, a fare cose che senti tue, a produrre film che desideri davvero fare. Questa volta hai trovato fondi in Svizzera per produrlo, in italia non è facile, ma vai anche in capo al mondo, non importa, basta che continui a farli così!

Nota: I Diari delle 3 protagoniste sono tra quelli raccolti dalla Fondazione Archivio Diaristico Nazionale Pieve Santo Stefano, la stessa fondazione grazie alla quale Nanni Moretti ha tratto i famosi Diari della Sacher, nel blog ce n'è diversi recensiti, ed. 2001. E' una fondazione che merita tutta la stima ed il rispetto possibili, quello che stanno facendo per conservare la Memoria del nostro paese è encomiabile!

domenica 8 agosto 2010

Audition

5
Aoyama è vedovo da molti anni, benestante vive solo col figlio che insiste sul fatto che il padre avrebbe bisogno di una donna. Un suo amico che lavora nel cinema organizza un'audizione per cercare l'attrice protagonista di un prossimo film, alle selezioni fa partecipare anche Aoyama, scopo principale è trovargli una donna che possa piacergli.
Si presenteranno molte, in maggioranza belle, alcune bizzarre, ma lui ne aveva già una nel cuore, Asami, una bellezza plastica e diafana che sembra uscita da un fumetto, che nella lettera di presentazione aveva scritto parole non comuni.

La donna fatale non ispira molta fiducia al cineasta che indaga e scopre cose che non quadrano, ma ormai Aoyama è partito di testa, la corteggerà con successo, andranno a fare un week-end insieme e proprio al risveglio sul letto inizierà l'incubo. Con una serie di flashback a metà tra il reale e l'immaginario, un filo di rasoio su cui si percorre tutta l'ultima parte del film, il protagonista rivive gli incontri con Asami che però, rispetto all'inizio, sono molto più ricchi di informazioni; indaga sul suo trascorso, scopre cose raccapriccianti, fino ad un finale di tortura terribile (nella locandina è solo l'inizio), quando scoprirà dopo le probabili cause la follia della ragazza.

Poche tutto sommato, ma scene di una curiosamente dolce quanto dolorosissima violenza. Asami in nome di un amore che vuole esclusivo è capace di cose ... ma non anticipo. Ho letto che Marilyn Manson dopo aver visto il film ha detto che Miike sarebbe troppo duro persino per un suo video, mi pare che questo basti a farne comprendere l'entità. Si resta basiti perché la commistione di violenza (vendicativa) e bisogno d'amore avviene senza soluzione di continuità, i 2 sentimenti permangono costantemente e questa cosa aumenta l'angoscia, ci si scompone umanamente davanti a ciò.

Formidabile Miike, un altro Olimpo per lui, cosa si può dire di questa mente geniale? La storia è un crescendo, quasi assenti le musiche, silenzi, solo qualche effetto sonoro talmente discreto da far apparire tutto reale. Ho letto che questo film è stato quello che lo ha definitivamente consacrato fuori dal Giappone, non mi meraviglia, nemmeno il fatto che alcuni lo considerino una specie di diavolo mi stupisce.

In realtà il grandissimo Miike è un picconatore dei limiti umani, cineasta di frontiera.
Visione obbligatoria.

sabato 7 agosto 2010

Dark Star

15
Opera prima di Carpenter, un fantascientifico-grottesco come non me ne son mai capitati, originalissimo, divertente e probabilmente film-parodia di precedenti illustri.

4 astronauti, capelli e barba lunga, a bordo da 1 anno e rotti astrale, che corrispondono a qualche decennio terrestre, sull'astronave Dark Star, in missione tra le galassie per far esplodere pianeti instabili ed aprire quindi la strada (m'è parso di capire) alla colonizzazione dell'universo. Erano in 5 ma il comandante è morto per esplosione fortuita del suo sedile.

A basso costo e nonostante tutto con graziosi effetti speciali che fanno molto comic-style, ha diverse trovate esilaranti. Anzitutto è tutto il contesto ad essere bizzarro, a partire da questi tizi che a tutto somigliano tranne che agli astronauti "supermen" di oggi. La stanza di riposo sembra una camerata di marines tra poster di donnine nude, sigari e sigarette, riviste varie, sporcizia e disordine come si conviene a maschi bruti. Un alieno ospite a bordo è letteralmente un "pallone gonfiato" con zampe di tacchino, ed un colpo di pistola anestetizzante diventerà fatale. Computer di bordo con voce femminile che si occupa dei suoi ospiti con garbo inatteso. E via così.

Colpo d'artista le bombe intelligenti, ora le chiameremmo così forse? Queste bombe prima di essere lanciate dialogano con l'equipaggio che le arma, durante tutta la procedura. A causa di un passaggio in mezzo a degli asteroidi il sistema di lancio della bomba 20 andrà in tilt e per 2 volte verrà preparata al lancio da segnali errati con dietrofront necessari, per i quali convincerla non è stato semplice. Quando finalmente verrà il suo turno ci sarà qualche problemino, e ci sarà da schiantare dal ridere, con discorsi metafisico-esistenziali decisamente fuori luogo. Mai parlare con le bombe! Può succedere di tutto, soprattutto si mettono in testa idee strane.
Fantastico il finale che invece è molto kubrick-style.

Una vera perla, non olimpo ma sicuramente da culto!

venerdì 6 agosto 2010

Nijushi no hitomi - Twenty-four eyes

8
Capolavoro immortale, primo nella classifica annuale di Kinema Junpo e pensare che nello stesso anno ci furono "I sette samurai", "L'intendente Sansho" e "Gli amanti crocifissi", annata felicissima quindi. Personalmente non me la sento di redigere una classifica fra queste meraviglie del Cinema, avrei fatto un ex-aequo e buona lì.

Interamente girato sull'isola Shodoshima nel Mar del Giappone, il film percorre gli eventi storici del paese in un contesto circoscritto, protagonista una maestra di scuola di nome Oishi, in un periodo che va dal 1928 al 1946, come in un romanzo scandendone i tempi, con didascalie descrittive di quanto accadeva in Giappone e nel mondo.

E' una storia molto lunga, mettermi a definire la trama episodio per episodio sarebbe facile per riempir righe ma anche inutile. Fondamentalmente la storia di questa dolcissima maestrina e dei suoi allievi, che vedrà dalla prima elementare fino ad adulti dopo la guerra, ne seguirà ogni avvenimento anche personale con cura materna. Tra povertà, disgrazie varie e ogni sorta d'evento, anche gioiosi certamente, tutte cose normali per il periodo descritto, i 24 occhi che poi identificano i suoi 12 alunni iniziali non basteranno per le lacrime versate dai protagonisti e da chi guarda il film, uno dei più dolci e commoventi della mia "carriera".

La maestra è un esempio di umanità felicemente riuscito. Non accetterà il "controllo delle menti e delle opinioni" attuato in giappone negli anni dello shinto militarista, il suo comportamento-insegnamento inciderà molto nei suoi allievi-figli anche se non riuscirà a salvarli tutti. Il film, tratto da un romanzo, risulta essere estremamente critico col passato recente dell'epoca in quel paese, radicalmente pacifista ed antimilitarista, pur con un garbo maniacale, una eleganza di luoghi, recitazioni, dialoghi da non poter frenare lo stupore. Il bello dei dvd rispetto al film nei cinema è potersi fermare, assaporare i momenti ed i fermo-immagine, ci sono una serie di Quadri Espressionisti infinita, avrei dovuto riempire la recensione di frame.

Ritratto del Giappone dell'epoca che curiosamente, a me almeno, è sembrato molto meno "lontano" di quanto la geografia faccia pensare. Incentrato in particolare su figure femminili, non m'è sembrata la loro condizione di vita molto diversa da quella che potevano avere in italia. Tagliate fuori dai processi decisionali ad ogni livello, indispensabili ai livelli essenziali della società per permettere di mandarla avanti. Il film, come le Donne dalla Storia, viene colpito dagli eventi storici che si vivono in effetto mai in causa. La guerra stessa ha risparmiato l'isola come territorio, non certo come popolazione ed il cimitero dopo il 15 agosto 1945 diventa uno dei luoghi più abitati e frequentati.

Mi sono contenuto, forse anche un po' di pigrizia estiva. Ci sarebbe molto da dire su quegli anni e sul film, una meraviglia del mio personale Olimpo, sotto tutti gli aspetti compreso e non ultimo quello estetico, un bianco e nero a 100 milioni di sfumature.
Non potevo concludere senza una foto della bellissima e bravissima attrice protagonista, Hideko Takamine.

giovedì 5 agosto 2010

High Fidelity - Alta Fedeltà

17
Dopo aver letto poco tempo fa il libro omonimo di Nick Hornby, un grande successo letterario meritatissimo, non potevo non guardarmi il film, diretto poi dal regista di 2 splendidi film già visti come "My beautiful laundrette" e "Sammy e Rosie vanno a letto". Dico subito che le aspettative non sono state affatto disattese, è stata una visione molto piacevole.

Forse è però più John Cusack che lo stesso Frears ad incidere. Co-sceneggiatore, produttore, interprete dello stesso personaggio protagonista Rob Gordon, il "classificatore" come l'ho chiamato io, coniatore di top-five a tutto spiano.

Conosciamo Rob nel momento in cui viene lasciato da Laura, la sua ultima compagna. Le sue riflessioni su un destino da single apparentemente ineluttabile ci portano a conoscere la sua top-five delle 5 storie d'amore tutte concluse, che più l'han fatto soffrire. Prima ce le racconta, poi cerca a distanza di anni, e dopo la chiusura con Laura, di ricontattare le donne una ad una, per chiedere a tutte il perché dei suoi fallimenti. In mezzo a tutto questo, la sua passione ed enorme conoscenza della musica, pop e non solo, il suo negozio di dischi con i 2 giovani collaboratori, con cui esce spesso la sera, e anche lì top-five a non finire sulla musica con ogni pretesto...

Una storia divertente e piena di simpatiche riflessioni sulla vita, sull'amore ed anche sul sesso, soprattutto stracolma di musica vero perno portante di tutto. Sotto quest'ultimo aspetto era difficile in 100 min rendere giustizia al libro, ma il possibile viene fatto. Rob-Cusack è attore e narratore diretto verso la camera. Proprio come il libro, il film è un racconto in forma autobiografica, aspetto a mio parere riuscitissimo. Si poteva far meglio? Sarebbe dovuto durare molto di più, in fin dei conti va bene così. Per chi non l'avesse letto, l'ottimo libro, che consiglio caldamente, resta ancora più che godibile anche dopo la visione del film.

Oltre al super Cusack più volte citato, piccole e riuscite partecipazioni di altri nomi noti del Cinema, come Tim Robbins e Catherine Zeta-Jones. Sottolineo quella di Jack Black, uno dei 2 aiutanti del negozio che poi sfonda come cantante in un gruppo rock, ora più noto che allora sia come attore che come componente e solista dei Tenacious D, piccola band rock-metal-goliardico (definizione mia) che ha prodotto anche un film omonimo già visto la cui recensione uscirà prossimamente, personaggio simpaticissimo e voce non male.

Visione più che consigliata!

mercoledì 4 agosto 2010

Bruce Lee - La leggenda

11
Eccezionale film documentario su un personaggio che è veramente una Leggenda, termine affatto eccessivo, non solo per essere stato il più grande lottatore di tutti i tempi. Il suo valore sconfina ben oltre le arti marziali. Persino pensare a Bruce Lee semplicemente come discepolo di Yip Man, il grande maestro cinese, personaggio storico ed anch'esso leggendario, è riduttivo, il che è tutto dire.

Il film ripercorre la vita di Bruce Lee dal primo provino in america nel 1965 fino alla tragica morte nel 1973 per edema cerebrale (sulle cause non c'è tutt'oggi chiarezza assoluta). Invito caldamente, appassionati o meno, sia a guardare il film che a leggere, come un romanzo breve, la pagina Wiki a lui dedicata, eccellente conferma di quanto il film racconta.

Ho da quando sono bambino, ex praticante di Judo (mannaggiammé e quando ho smesso!), un'ammirazione sconfinata per Bruce Lee. Era ovviamente infantile, istintiva, affascinata dai suoi film, tra i pochi che andavo a vedere allora al cinema, erano i primi anni '70, molti film di arti marziali arrivarono in occidente, una moda, quando però c'era Bruce erano di un altro pianeta. E' bellissimo vedere da grandi che non si è stati affascinati da un cretino, anche se avrei avuto tutte le giustificazioni del mondo è una soddisfazione. Dovevo rivedere questo film, non suo ma suo più di altri, visto in modo incompleto troppo tempo fa.

Si è troppo facilmente portati a pensare che fosse un picchiatore e basta se non se ne conosce la storia. Nulla di più falso. Bruce era fin da giovane una grande mente, studioso ed estremamente avanti per i suoi tempi. Pacifista, contrario all'uso delle armi, nei film Suoi la violenza doveva essere giustificata da eventi e mai gratuita. Durante la permanenza americana dovette combattere non pochi pregiudizi, tendevano a proporgli parti da "cinese" come piacevano ad hollywood, "quello che palla come un cletino pelché è cinese" mentre lui invece studiava filosofia, psicologia, fisica, meccanica, arti marziali antiche e moderne, stendeva sceneggiature, disegnava persino le scenografie. Il suo "stile senza stile" come amava definirlo, denominato Jeet Kune Do, non era un insieme di regole o dettami, era un arte dello spirito unita ad un allenamento fisico maniacale, uno stile che non preclude nulla. Alto 1,71 per 60 kg, le sue esibizioni di forza ancora oggi non hanno eguali, erano frutto di talento unito allo studio dei limiti fisici, Bruce cercava le dinamiche, applicava regole scientifiche, e si allenava mostruosamente, come nessun altro. Riporto da wiki quello che riusciva a fare:
  • La velocità di estensione del pugno di Lee nel colpire da un metro di distanza, raggiunse i cinque centesimi di secondo.
  • In alcune dimostrazioni, grazie al “pugno a un pollice”, Bruce riuscì a scaraventare all'indietro il volontario anche per alcuni metri.
  • Bruce riusciva a fare difficili piegamenti sulle braccia usando i soli pollici come punto di appoggio, a braccia protese in avanti (invece che nella postura classica a 'croce'). In più, celeberrimi sono i piegamenti che riusciva ad effettuare con il solo braccio destro, poggiando l'intero peso del corpo sulle punte dei piedi e su pollice ed indice della mano destra. Un esercizio questo che incluse nella sua dimostrazione a Long Beach nel 1964.
  • Bruce poteva mantenere un'elevata posizione a “v” per circa trenta minuti
  • In un film che è stato doppiato Dragon Flag, Bruce alza le gambe con le sue sole spalle restando sul margine di una panchina e sospendendo le sue gambe e il torso perfettamente in orizzontale a mezz'aria.
  • Bruce Lee era in grado di reggere un bilanciere con un carico di 35 kg tenendolo perfettamente diritto davanti a se con le braccia tese.
Quello che gli vedevi fare nel film era quello che realmente lui, e solo lui al mondo, era in grado di fare.
Insomma: UOMO ECCEZIONALE !

Dovette lottare molto come detto per imporsi nel Cinema. Alla fine tornò ad Hong Kong ed impose il suo grande realismo, unito ai contenuti, nei film di arti marziali, forse i soli che all'epoca si producevano lì. Ora da Hong Kong arrivano film di qualità eccelsa, ce n'è parecchi qui nel blog, e non è esagerato dire che Bruce è colui che ha sdoganato quel cinema, l'ha fatto uscire da rigidi temi, non a caso gli hanno dedicato un monumento. L'ultima mezzora di questo film sono i combattimenti che Bruce stava preparando per il film rimasto incompiuto "L'ultimo combattimento di Chen" a causa della sua scomparsa. Il film venne proposto ma con montaggio e scene sbagliate. John Little ha recuperato tutto il materiale possibile e ce le ha riproposte quelle scene che sono storiche, cercando e trovando gli innumerevoli appunti, note, disegni di Bruce per scegliere tra le pellicole quelle che sarebbero poi finite nel film. Bruce curava tutto del film, punti di ripresa, fotografia, scenografia, senza limiti. Scene fantastiche, quelle del combattimento con Kareem Abdul-Jabbar, suo allievo privato quando viveva in america, me le ricordavo ancora.

Ce ne sarebbero tante ancora da dire... terminerò con una carrellata di frame e di foto il mio omaggio.
Ancora 2 cose vorrei sottolinearle però.
La prima è che Bruce fece uscire il Kung-Fu dal ristretto ambito cinese. Uno dei motivi per cui in america dovette combattere coi cinesi lì presenti è che questi, comunità molto chiusa, non tolleravano che lui insegnasse ai non-cinesi quell'arte. Una limitazione intollerabile, Bruce comunque l'ebbe vinta e fu un successo importante per molti aspetti. Alla sua scuola convivevano tutte le razze e le etnie, non so se si percepisce l'importanza di questa cosa, erano gli anni sessanta, in alcuni stati d'america ai concerti musicali neri e bianchi erano divisi da fettucciato.
La seconda mi sta a cuore, riguarda la famosa serie televisiva che arrivò anche da noi, titolava Kung Fu, famosissima, con David Carradine. Nel film se ne fa menzione, ma non come si dovrebbe, allora pongo io rimedio. Fu un fenomeno televisivo mondiale, di enorme successo. Ebbene, fu interamente ideata da Bruce Lee, solo che l'idea che un cinese potesse diventare una superstar ad hollywood non andò giù. Fu un furto, gli rubarono l'idea ed il resto lo sappiamo. Sono stato uno dei fan di quella serie, ma da quando ho scoperto qualche tempo fa questa cosa al solo sentirla nominare m'incazzo di brutto!

Bon, due righe le ho dedicate con sommo piacere alla Leggenda: Bruce Lee. Questo film non può non risiedere con onore nel mio Olimpo personale.

martedì 3 agosto 2010

End of the Line

7
Dal Canada un horror che, pur a basso costo, tutto sommato si fa apprezzare.

Una paziente psichiatrica dimessa si getta sotto un treno della metropolitana. Vedeva demoni dappertutto. Una donna che l'aveva in cura si reca nella stessa metropolitana, è sera tardi.