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giovedì 29 novembre 2012

The Truman Show

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Alla fine degli anni novanta si cominciava già a immaginare una vita raccontata come fosse uno spettacolo televisivo. Per la prima volta il cinema cominciava a criticare il mondo invadente del piccolo schermo, che poi tanto piccolo non è se comincia a trasformarsi in una spia che ci osserva. Ed ecco che Peter Weir, autore di tanti capolavori come L’attimo fuggente e Witness il testimone, prende l’attore comico Jim Carrey e lo ingaggia per il suo primo ruolo drammatico.

Inutile dire che Jim Carrey in questo film è sorprendente; nonostante sia stato fino a quel momento un attore comico straordinario, nel ruolo di Truman Burbank dimostra la sua capacità di immergersi anche in ruoli differenti di come la gente lo conosce. Il risultato è sopra le aspettative, ma andiamo al film.

Il film è incentrato sulla vita di Truman Burbank, una vita perfetta, un lavoro come assicuratore e una bella moglie infermiera. Ma ci sono piccole coincidenze che gli fanno capire che le cose e le persone che lo circondano non sono reali. L’arrivo del padre creduto morto conferma queste paure, come anche i suoi ricordi passati che iniziavano a fargli capire che la sua vita è uno show televisivo.

Truman comincia ad osservare il mondo che lo circonda e ne rimane turbato, perché la sua vita non è vera ma costruita come una soap opera, seguita in tv da molta gente; come uscire fuori da questa situazione? Sarà la forza di volontà di Truman a lottare per portare alla luce la verità, come anche un gruppo di persone che si introduce sul set con cartelli. Quando riuscirà a superare il trauma finalmente capirà che è giunto il momento di lasciare la sua vita fasulla per cominciare una vita vera, ma non sarà facile perché il regista dello show, Christof, farà di tutto per fermarlo, anche scatenargli una tempesta grazie ai computer.

Film che ha anticipato show come il grande fratello, è in realtà una metafora della vita: diretta da un autore in stato di grazia in quello che possiamo considerare uno dei capolavori degli anni novanta.


Il cinema analizza il piccolo mondo della tv in modo lucido e spietato, analizzando una cosa fondamentale che in realtà alcune volte succede anche nella vita reale: molte persone recitano un ruolo; solo che qui nello show sono attori pagati per vivere nello show, nella vita reale invece alcuni portano maschere, il che non è poi così differente, anche se nella realtà chi porta maschere viene prima o poi smascherato, come accade a Truman nella sua soap, il giorno in cui decide di fare irrompere la realtà nella sua vita.

In parole semplici nella soap le maschere le portano tutti, e quando Truman vuole uscire da questa vita fasulla, questo piccolo mondo casca come un castello di sabbia. Infatti il nome del protagonista non è casuale, Truman ovvero True man, uomo vero, forse perché è l’unica persona vera in mezzo a tanti attori pagati per essere la madre, la moglie, il padre etc etc… Il mondo della tv è capace di fare questo ad essere umano?

Ai tempi dell’uscita del film avrei risposto non lo so, ora con tutti gli show che la tv ci propina ogni giorno non mi stupirei affatto che una cosa del genere possa accadere.

Peter Weir si conferma un grande regista, un autore particolare e interessante. Jim Carrey è nel suo ruolo più importante, quello della svolta, tornerò a parlare di lui; gli fanno da spalla Noah Emmerich nel ruolo del suo migliore amico, e Laura Linney nel ruolo della moglie infermiera. E non dimentichiamo di Natasha McElhone nel ruolo della comparsa di cui si innamora Truman.
Splendida la colonna sonora di Phillip Glass, che include anche brani di musica classica e canzoni anni cinquanta.

In conclusione, è un film da non perdere per osservare o imparare a farlo il mondo che ci circonda, perché nel bene e nel male, siamo tutti dentro un occhio che ci osserva.
ArwenLynch

giovedì 24 maggio 2012

The Plumber - L'Uomo di stagno

2

Trama:
Jill Cowper (Judy Morris) è un antropologa culturale e suo marito Brian un docente di medicina, iinsieme si sono recentemente trasferiti in un appartamento universitario di Adelaide, South Australia. Jill viene interrotta nelle sue attività casalinghe e nei suoi studi dall'arrivo di Max, idraulico del condominio che gli dice di essere venuto per fissare i tubi in bagno, nonostante ella non abbia riportato in loro nulla di difettoso. Max inizialmente afferma che si tratterà soltanto di una mezz'ora di lavoro, che invece si trasforma presto in giorni e giorni, con Max che devasta il bagno per trasformarlo in un labirinto di tubature. Jill trova anche qualcosa di sinistramente minaccioso nelle crescenti libertà che Max si prende, compreso il farsi delle docce e suonare la chitarra cantando le sue canzoni di musicista in cerca di fortuna,nel bagno, e le sue pretese di essere stato in prigione. Ma quando ella esprime questi timori alle persone che ha intorno, la liquidano come se fossero solamente delle sue fantasie.

The Plumber” (L'Uomo di stagno) è stato uno dei primi film del regista australiano Peter Weir, ad uscire anche all'estero dopo il grande successo di “Picnic ad Hanging Rock”. Peter Weir è naturalmente il regista dei successivi film realizzati internazionalmente e negli Stati Uniti quali “Un anno vissuto pericolosamente” (1983), “Witness” (1984), “L'Attimo fuggente” (Dead Poets Society) (1989), “Green Card” (1990), “The Truman Show” (1998) e “Master and Commander: Sfida ai confini del mare” (2003). Peter Weir è ovviamente impossibile non affrontarlo occupandosi di cinema australiano e realizzato in Australia, come già feci con il suo primo lungometraggio “Le Macchine che distrussero Parigi” (The Cars that Ate Paris) (1974), e Robydick con “L'Ultima onda” (The Last Wave) (1977), i quali sono molto più eccentrici e stravaganti che la maggior parte di quelli del suo successivo percorso mainstream.

Il primo che ho citato è molto strano e narra di una cittadina che sopravvive provocando incidenti sulle strade nelle vicinanze e cannibalizzando le auto rottamate e quello che di riciclabile e di valore vi è all'interno. Mentre l'acclamatissimo “Picnic ad Hanging Rock” (1975) narra dell'inspiegabile scomparsa di un gruppo di studentesse, e “The Last Wave” in modi e cadenze estremamente affascinanti, di un'apocalittica profezia aborigena, destinata ad avverarsi.

Durante questo intensissimo periodo della sua affermazione internazionale, Weir trovò anche il tempo di realizzare per Channel 9 della televisione australiana questo “The Plumber”, uscito in molti paesi nel mondo nelle sale cinematografiche, ma non in Italia dove venne soltanto programmato dalle tv private a partire dai primi anni '80, e intitolato “L'Uomo di stagno”.

Dopo questi quattro film, Weir avrebbe colto la definitiva consacrazione internazionale con il capolavoro “Gli Anni spezzati” (Gallipoli) (1981).

Uno dei temi ricorrenti dell'opera di Peter Weir è sempre stato l'incontro tra culture diverse - l'intrusione della cultura aborigena e del passato primitivo dell'Australia nel presente, sia in “Picnic ad Hanging Rock” che ne “L'Ultima onda”, l'incontro tra il poliziotto della città e la comunità Amish nello splendido “Witness -Il Testimone” (1984) il suo primo film interamente americano, o Harrison Ford ancora alla ricerca di sopravvivere nella giungla amazzonica in “Mosquito Coast (1986) - o storie di personaggi che per un improvviso risveglio concettuale sul mondo intorno a loro -gli scolari trasformati dalla figura ispiratrice del maestro Robin Williams ne L'Attimo fuggente”, o Jeff Bridges risvegliatosi alla vita dopo essere sopravvissuto a un incidente aereo nel sottovalutato FearlessSenza paura” (1993), Jim Carrey dalla crescente consapevolezza che tutta la sua propria vita è stata allestita come un evento di un reality tv in The Truman Show”.

In molti dei primi film australiani di Weir c'è il senso inquietante del passato primitivo che aleggia sopra il mondo moderno come qualcosa che gli è completamente estraneo – qui nella scena di apertura, l'antropologa Judy Morris, una delle attrici più rappresentative della “First Wave” cinematografica australiana, racconta con frenesia la storia di quando riuscì ad entrare entrare in una tenda di abitanti nativi, quando era nell'isola di Bougainvillea e di come dovette rimanere perfettamente immobile, la quale diventa a sua volta l'eco dell'incontro fra le (urbane) culture aliene che sovrasta tutto il resto diThe Plumber”.

The Plumber” è stato apparentemente basato su di un incidente reale che era accaduto nella vita ad alcuni amici di Weir, a Londra. In molti aspetti, “L'Idraulico”, nella traduzione letterale italiana, è un film sui confini delle classi sociali. Il quale ci mostra con dovizia di annotazioni su come le persone possano essere troppo educate per dire di no e poi prima che se ne possano accorgere, imbattersi in qualcuno che non riconosce gli stessi confini che essi hanno calato nelle loro vite borghesi, conformiste ed “organizzate”, e che va oltre i limiti tra la cortesia e l'invadenza. In alcuni libri e saggi, “The Plumber” è stato recensito come un film thriller, ma più che altro ci si sente come nei continui scarti surreali di una delle commedie dell'assurdo di Eugene Ionesco. Certo, il personaggio dell'idraulico interpretato dal sempre bravo Ivor Kants, il Jack Nicholson aussie di quegli anni (Bruno Lawrence era quello del cinema kiwi) non è molto lontano dal sentore inquietante sulla tipologia dei locali di “Cani di paglia” (Straw Dogs) (1971) di Sam Peckinpah o del anche qui ben conosciuto David Hess dalla seminale opera di Wes Craven “L'Ultima casa a sinistra” (The Last House on the Left) (1972), dove in entrambi i casi un gruppo di persone rozze invade e trasforma mettendo sottosopra la casa e la sicurezza di una famiglia borghese. Tuttavia, l'interesse di Weir sta nel mostrare il conflitto tra Judy Morris e Ivor Kants come fra culture completamente diverse. Il contrasto viene mostrato tra i due mondi contrapposti - Judy Morris e suo marito Robert Coleby e il loro mondo accademico gentile e raffinato, ma anche vanesio e noioso; contro Ivor Kants, il quale è inizialmente raffigurato come accomodante, indulgente, e con un evidente carisma sessuale che la attrae. Lei si corregge istintivamente la sua pronuncia snob e poi si scusa per averlo fatto, mentre è beffarda parlando della sua educazione accademica e dell'elegante collegio che ha frequentato. C'è anche il contrasto fra il populismo popolare di Ivor Kants e Judy Morris, che si riascolta le noiose registrazioni delle sue lezioni accademiche.

L'Uomo di stagno” è anche fortemente un film su come le due classi percepiscono l'un l'altra, con Judy Morris che si preoccupa per il passato da detenuto di Kants, e la cui reazione automatica è allora quella di nascondere il costoso orologio che il marito le ha regalato.

Essendo lei una persona già fondamentalmente nevrotica, diventa in breve tempo sempre più insicura rispetto alla fondatezza dei suoi sospetti, e di aver forse immaginato l'intrusione dell'idraulico in casa, come pare adesso la vedano anche i suoi amici e lo stesso marito.

D'altra parte Weir non si ritrae esattamente dal farci percepire Kants come meritevole dei sospetti di Judy Morris, anzi ci viene fatto vedere come una sinistra minaccia, volutamente in attesa nel parcheggio che il marito vada via al lavoro alla mattina, ammettendo di aver spiato la Morris alla sua festa, e mostrandolo mentre forzosamente entra nell'appartamento dal terrazzo dopo che lei ignora il suo bussare alla porta. Il film sceglie deliberatamente di situarsi nell' ambiguità, mettendo i due uno contro l'altro attraverso la divisione di classe, ma con la regia di Weir che non traccia mai una linea di demarcazione netta tra il bianco o il nero. La risoluzione a cui perviene il film, mentre forse non è del tutto soddisfacente per questo tipo di storia alla Ionesco, coinvolge Judy Morris la quale scavalcando i confini sociali (e di comprovare dei suoi sospetti) fabbrica una prova falsa che porterà all'arresto di Kants.

Il film è stato presentato al Festival di Sydney, il 19 giugno 1979 e poi la notte seguente è stato trasmesso in televisione in tutta l'Australia.

Le riprese di questo film sono durate tre settimane.

Peter Weir ha basato il film su di un incidente che è accaduto a due suoi amici circa un idraulico chiacchierone, incompetente e misterioso, che ha fatto un certo numero di interventi per la coppia nella loro casa di Londra.

Peter Weir ha avuto in gestazione questa storia di vita reale per più di sei anni prima che fosse realizzata.

Questo film tv è stato realizzato come parte di un accordo quadro per tre film da parte della South Australian Film Corporation (SAFC) con la rete televisiva australiana Channel 9 . Gli altri film sono stati “Harvest of Hate” e “The Sound of Love”

Questo film è uscito in DVD in Australia come double-feature con il primo lungometraggio di Weir, “Le Macchine che distrussero Parigi”

E' il terzo film che Weir ha realizzato con la South Australian Film Corporation (SAFC). Il primo è stato “Picnic ad Hanging Rock” e il secondo fu “L'Ultima onda”. La SAFC si tirò poi indietro per le successive opere di Weir “Gli Anni spezzati (Gallipoli)” e “Un Anno vissuto pericolosamente”.

Judy Morris ricevette il primo nome nei crediti, Ivar Kants ricevette il secondo, e Robert Coleby il terzo.

Questo non fu il primo film tv diretto da Peter Weir, il quale aveva diretto un altro lungometraggio per la tv. “The man on the green bike”, circa un decennio prima.

Il film si basa su una storia vera.

Questo film è dotato di due elementi della storia già presenti nel film diretto precedentemente da Weir, “L'Ultima onda”. Quando la casa dei protagonisti si sta inondando d'acqua, e per la presenza della cultura indigena.

Questo film rappresenta la prima collaborazione in assoluto da coppia sposata tra Peter Weir e la designer Wendy Stites. I due hanno lavorato insieme su una dozzina di film da regista di Weir, Stites (quindi Wendy Weir) ha svolto i ruoli di servizio nei settori della produzione di scenografie, costumi, coordinamento, consulenza e progettazione speciale.

A quanto pare, nella vita reale, il regista Weir avrebbe avuto una volta un idraulico a casa sua a fare un certo lavoro e l'idraulico gli avrebbe detto: "Ho noleggiato quel tuo film, l'altra sera. E' quello che pensi di noi eh?"

Nel libro ''35 mm Dreams”, Penguin, Ringwood, 1984: Conversazioni con Cinque Registi in merito al successo del cinema australiano' 'di Sue Mathews, Weir ha detto di questo film: "The Plumber” risaliva al periodo di "Homesdale” . E' stato realizzato molto rapidamente e senza problemi, e poi è stato trasmesso direttamente in televisione, senza quell'attesa eccitante per un'uscita sul grande schermo, con tutti i suoi alti e bassi. Ha raggiunto il pubblico e ha funzionato bene, ho sempre pensato che è venuto bene, trovo che sia stato grande aver avuto la possibilità di lavorare su un telefilm...Ho un altro soggetto già scritto che, volendo, potrei realizzare in quello stesso stile. “The Plumber” è stato trasmesso così, dall'inizio alla fine, e ha funzionato molto meglio, specie considerando la tensione progressiva e l'ambientazione claustrofobica ... Se potessi, controllerei io stesso il destino dei miei film in televisione. La mia idea sarebbe di accettare un compenso minore e mantenere i diritti televisivi internazionali, in modo da venderli a persone che facciano una sola interruzione pubblicitaria. Ma non so se “The Plumber” fosse una sorta di “transizione” […] L'ho scritto perché avevo bisogno di denaro, che alle volte è un ottimo modo di lavorare. E' una storia vera, anche se questo poi non significa molto per il pubblico. La coppia è ispirata a due miei amici e l'idraulico a un autostoppista cui una volta ho dato un passaggio, ad eccezione delle canzoni in bagno e del finale, è tutto molto simile a come andarono le cose. Nella realtà l'idraulico se ne andò, ma la mia amica mi disse, "la cosa strana è che fece emergere in me qualcosa di contorto, un desiderio di conservare il mio stato mentale, che mi ha portato a considerare delle azioni anche molto drastiche." Lei era un antropologa che si occupava di queste cose, quindi non ho rielaborato niente. Anche la storia sull'incidente in Nuova Guinea, quando il tipo entra nella sua stanza, fa una piccola cerimonia e lei gli versa addosso del latte, proveniva tutto dalla sua tesi. Ho sempre pensato di raccontare quell'incidente in apertura-. per indicare subito che la vicenda si sarebbe ripetuta. E lei si ritrovava a trattare la situazione come un rituale, come il fascino di una tela tessuta da un ragno, o come un serpente che la stava avviluppando -. lei davvero, per la sua propria conoscenza di sé, ha dovuto passare attraverso di essa. Aveva forza e un certo orgoglio, non voleva dover essere costretta a uscire dalla propria casa da questo uomo. E ovviamente con una situazione del genere ha cominciato a oscillare selvaggiamente tra questo e il pensare che stesse impazzendo per l'intera faccenda, non è dunque così semplice come la possono vedere gli altri. "

Scott Hicks, successivamente regista famoso, ha lavorato come assistente alla regia in questo film.

Cameo : Scott Hicks : Il regista (2° aiuto regia in questo film) è un uomo che entra nell'ascensore.

Napoleone Wilson

lunedì 5 dicembre 2011

The cars that ate Paris (aka: The Cars that eat people) - Le macchine che distrussero Parigi

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Arthur Waldo/Terry Camilleri
:- “Io posso guidare!”

Arthur (Terry Camilleri) e suo fratello George stanno guidando attraverso la campagna australiana una notte, quando improvvisamente un potente fascio di luci di un'altra auto li costringe fuori strada. George muore nello schianto, ma Arthur sopravvive e si risveglia in un ospedale della cittadina di Paris/Parigi, una città che, come egli scopre, vive grazie a quello che può essere ricavato da provocati incidenti stradali - comprese le persone ...

Questo famoso film australiano è il primo lungometraggio come regista di Peter Weir scritto con l'aiuto di Keith Gow e Piers Davis, e che, come gli abitanti della città che rappresenta, ha preso elementi da molte fonti come ispirazione e assemblaggio per costruire la sua immagine più grande: insieme horror, fantascienza, commedia e western. L'introduzione presenta, a prima vista, quello che sembra un famoso spot televisivo a cui in effetti si ispirava, con per protagonisti una giovane e attraente coppia alla guida in auto attraverso la campagna, la quale si ferma comprare un quadro in un negozio di antiquariato e a godere in questa pausa di sigarette di marca e di una Coca Cola. Poi subito dopo, ci si sveglia come in un incubo tra incidenti d'auto e persone che muoiono tra i rottami.

I parigini australiani sono sul gradino più basso della scala della società, saccheggiando ciò che possono per mantenere coesa e “prospera” la loro piccola cittadina. Ma non tutto gira così precisamente come veramente vorrebbero, il medico condotto esegue esperimenti sulle vittime dell'incidente, trasformandoli in semi-vegetali, mentre i giovani locali personalizzano le auto distrutte per creare dei veicoli da demolition derby, i quali di notte si aggirano per le strade. Tocchi stravaganti e bizzarri in puro “Ozploitation spirit” ci illustrano l'altra faccia della vita e della natura vera degli abitanti di Paris, e comprendono l'uso di autoradio che invece nascondono enormi stereo e radio CB per mantenersi in contatto tra di loro, e il medico che per un po' di chirurgia fai da te utilizza un trapano elettrico

Il Sindaco, superbamente interpretato da John Meillon, uno degli attori più rappresentativi del cinema australiano, è apparentemente un uomo chiuso, rispettabile, ma i cui sforzi per mantenere unita la sua comunità sono patetici quando non sono addirittura omicida. Egli prende in casa il sopravvissuto Arthur e si assicura dei suoi “coatti” soggiorni a Paris, rendendolo mentalmente incapace di guidare una macchina attraverso della psicologia amatoriale, dandogli un lavoro inutile, chiedendogli di unirsi alla sua famiglia quando sembra che Arthur voglia lasciare la “comunità”. Apprenderemo che le sue figlie non sono neanche la sue, ma solo delle orfane di un altro incidente d'auto.

Nel film ci sono grandi, magnificamente stilizzati e rappresentati momenti di umorismo nero, come le scene del custode dell'obitorio inappropriatamente allegro ("Avete mai visto un tizio con un piede amputato su per il naso?"), ma il tono generale è splendidamente malato e cupamente triste. Il finale, che vede la città autodistruggersi, e in cui i giovani guidano le proprie auto splendidamente trasformate, elaborate, quasi in dei mostri preistorici, attraverso le case e la gente, è sanguinoso, con un indimenticabile Volkswagen Maggiolone coperto di aculei d'acciaio in versione auto-porcospino killer (si è sempre dibattuto su chi abbia copiato chi, per la fantasiosa creazione delle auto, tra questo film e il coevo “Anno 2000: La Corsa della morte” (Death Race 2000) ('75) di Paul Bartel). Mentre il film di Weir, che inizia come una satira sul consumismo finisce con un messaggio volutamente incerto, e la riscoperta del mito del coraggio di Artù che non lascia molto rassicurati, ma il film di Weir, che assomiglia anche un poco, ad una versione australiana della famosa serie TV “The League of Gentlemen”, è senza dubbio memorabile. Musiche al solito splendide di Bruce Smeaton, che firmerà sempre per Weir anche la memorabile colonna sonora de “L'Ultima onda” (The Last Wave) ('77).

La versione americana, dal titolo “The Cars that eat people” (1974) è stata ridotta a 74 minuti da parte del distributore, in questa versione la voce del protagonista Terry Camilleri è doppiata. Il film è stato finalmente ristampato negli USA nella versione completa nel 1984.

Le scene di apertura che si aprono su di una coppia in una macchina a fumare sigarette in bella evidenza sono state una parodia di uno spot in onda sulla televisione australiana, al momento della versione originale del film. Il sito Peterweircave di questo film dice: "L'apertura pubblicitaria, che molti spettatori del film hanno sembrato prendere come un “product placement” plateale per la Coca Cola e le mitiche sigarette Alpine, era in realtà una parodia di se stesso. Al momento che è stato fatto, i film in Australia erano spesso preceduti da pubblicità per le sigarette e così via. Mettendo questo prima dei titoli di apertura, Weir volle ingannare gli spettatori portandoli a pensare che questo fosse ancora un altro annuncio ".

Il primo film australiano girato in widescreen anamorfico.

Questa pellicola è stata una delle cinquanta australiane selezionate per la conservazione come parte del progetto di restauro del National Film and Sound Archive della Kodak Australia / ATLab Cinema Collection

Questo film è stato girato nel mese di ottobre 1973.

Le riprese per la produzione del film sono durate quattro settimane.

Questo film era originariamente destinato ad essere una commedia con protagonista James Bond Grahame.

Primo film che il regista Peter Weir ha realizzato con i produttori Hal McElroy e Jim McElroy. Gli altri furono “Picnic a Hanging Rock”“L'Ultima onda”. Weir ha anche collaborato con Jim su “Un Anno vissuto pericolosamente”, che era anche una produzione McElroy & McElroy pur se Hal non venne accreditato individualmente.

Primo film come produttori sia per Jim McElroy che per Hal McElroy, che sono fratelli gemelli.

Il primo film australiano ad ottenere un riconoscimento internazionale al Festival di Cannes.

Primo lungometraggio del regista teatrale Peter Weir. Sarebbe anche il secondo, se si conta la regia Weir per il mediometraggio “Homesdale”.

Quando questo film australiano venne realizzato, non c'era distributore australiano cinematografico collegato per la distribuzione.

Primo dei due film australiani ad avere la parola "Paris" nel titolo in otto anni. Il secondo è stato “Breakfast in Paris”.

Questo film australiano venne rititolato “The Cars that eat People” (Le Macchine che mangiano le persone) per l'uscita cinematografica negli Stati Uniti.

Venne considerato per il ruolo del Sindaco in questo film australiano anche Donald Pleasence. Pleasence era apparso nell'allora recente film australiano “Wake in Fright (Outback)” ('71) di Ted Kotcheff (uno dei veri caplavori del cinema australiano, sì diretto proprio da lui, il canadese giramondo Kotcheff, poi regista niente di meno che dell'enorme successo “Rambo” (First Blood) ('82) . La parte, alla fine, è andata a attore australiano John Meillon. Secondo il libro "The Last New Wave" di David Stratton , a Pleasence "... piaceva la sceneggiatura e avrebbe voluto farlo, ma anche se il suo cachet era molto ragionevole lì al momento non c'erano abbastanza soldi per pagarlo". Pleasence sarebbe invece presto apparso in un altro film australiano, l'enorme successo in patria ,”Barry McKenzie Holds His Own” ('74) di Bruce Beresford, che venne girato pochi mesi dopo, nel gennaio 1974 dopo che questo film venne girato, nel mese di ottobre 1973. Pleasence sarebbe anche stato successivamente co-protagonista insieme al grande Jack Thompson nel gran bel film australiano "Ground Zero” ('87) di Bruce Myles e Michael Pattinson.

John Meillon venne lanciato nella parte del Sindaco in una fase molto avanzata di pre-produzione.

Primo lungometraggio cinematografico del famoso e bravissimo attore -di origini ovviamente italiane-australiano Terry Camilleri.

La parte principale di Arthur Waldo è stato appositamente scritta per l'attore Terry Camilleri.

Questo film è stato adattato in una produzione musical teatrale nel 1992 dalla Chamber made Opera.

La "Parigi" del titolo di questo film non è, ovviamente, la città di Parigi in Francia, ma la città/paese di Parigi/Paris, New South Wales in Australia. Una simile città chiamata Parigi non francese in un luogo lontano sarà più tardi anche nello splendido “Paris, Texas” ('84) di Wim Wenders, che è stato realizzato ed è uscito esattamente un decennio dopo.

Primo lungometraggio cinematografico dell'attore australiano Chris Haywood.

Secondo il libro "Australian Film 1900-1977", "Sono stati fatti vari tentativi per salvare commercialmente il film in Australia, cambiando distributori (dall'MCA al BEF) e cambiando la campagna pubblicitaria da film horror a film arty (a Canberra durante l'Australian Festival os Arts del '75), ma nessuno dei due ci è riuscito."

Nel mese di aprile 1974, la celebre distribuzione australiana Roadshow Pictures ha offerto di distribuire questo film dopo che esso non era riuscito a trovare un distributore. Nel maggio del 1974, dopo una campagna di successo al Festival di Cannes, la Roadshow ha tirato-messo su la distribuzione di questo film.

Anche se questo film è stato prodotto dai fratelli Hal McElroy e Jim McElroy questa pellicola non era in realtà una produzione "McElroy & McElroy". Il primo lungometraggio di tale società fu il prossimo film dei due fratelli “Between Wars” ('74) di Michael Tornhill.

Secondo quanto riferito, questo film è stato tirato verso il basso allo screening in concorso al Festival di Cannes 1974 perché "troppo violento" e "troppo raccapriccianti". L'edizione di Settembre-Ottobre del 1974 della rivista di cinema australiana "News Movie" ha pubblicato un articolo su questo film con il titolo: "Film australiano considerato troppo raccapriccianti per il concorso di Cannes.". Il film però una volta sugli schermi ha concorso ed al marchè è stato venduto ad uno dei principali distributori americani

John Meillon ha avuto il primo nome/superiore nei titoli, Terry Camilleri ricevutte invece il secondo.

Questo film si distingue per un manifesto veramente distintivo, che raffigura in un suggestivo bianco e nero, in stile grafico art-deco il cartoon di una vettura.

Questo film è stato pubblicato in Australia in DVD come un double bill di un altro film di Peter Weir, il successivo thriller “The Plumber”(L'Uomo di stagno) ('78)

Il numero di persone che vivevano nella cittadina australiana di Parigi/Paris, New South Wales era di 148.

La Volkswagen Maggiolino a punte d'argento vista nel film è stata modellata sull'animale australiano, formichiere spinoso, che è anche conosciuto come echidna. L'animale è simile ad un riccio o a un porcospino. Tutti questi animali dispongono di spine sulla schiena.

Secondo lungometraggio cinematografico dell'attore australiano Max Phipps, "You Can't see 'round the Corners” è stato il primo.

Questo film australiano non ebbe successo al box-office quando uscì in Australia nel 1974.

Questo film si distingue per l'aspetto delle vetture con i denti prominenti e gli spuntoni appuntiti.

Quando questo film è stato portato al Festival di Cannes nel maggio 1974, per promuovere la pellicola, la troupe della produzione si vestì da personaggi del film e anche allo stesso modo, ha guidato la Volkswagen Maggiolino coperta con le punte (come nel film) per le strade di Cannes, ottenendo molta attenzione e pubblicità.

Un accordo di distribuzione americana con Roger Corman e la sua New World Pictures è stato messa a punto per far uscire questo film australiano negli Stati Uniti. Tuttavia, l'affare fallì dopo molte discussioni, e a quanto pare era andato avanti per circa un anno.

Nel 1975, appunto Roger Corman e la New World Pictures fecero uscire il film da me già sopracitato intitolato “Death Race 2000” (Anno 2000: La Corsa della morte). Quel film, come questo, è caratterizzato da auto con punte e denti che vengono utilizzati per attaccare le persone. A quanto pare, Corman è andato dal regista Paul Bartel già con questo concept per le vetture. Corman e la New World Pictures erano in trattative per distribuire questo film per un tempo considerevolmente lungo l'anno precedente. Bartel ha dichiarato di non aver visto questo film quando ha diretto “Death Race 2000”.

Questo film è probabilmente il primo dei film australiani del filone "automobilistico" che si sarebbe rivelato molto importante nella prima ondata del nuovo cinema australiano tra gli anni settanta e ottananta. Vedere anche: “Stone” ('74) di Sandy Harbutt, stupendo, “The F.J. Holden” ('77) di Michael Thornill, molto bello sorta di “American Graffiti” aussie, trae il suo titolo dal primo modello della Holden prodotto dal 1947, la mitica e contemporanea azienda automobilistica interamente australiana, "In Search of Anna” ('78) di Esben Storm, "Summer City, un'estate di fuoco” ('77) di Christopher Fraser, con l'esordiente Mel Gibson, ma anche John Jarratt, Phil Avalon, Steve Bisley, quasi un quadriumviro dei migliori attori australiani della loro generazione, "Backroads” ('77) di Phillip Noyce, con i grandi Bill Hunter e Gary Foley, durata di un mediometraggio, è un capolavoro, “Midnite Spares” ('83) di Quentin Masters, “Running on Empty” (Fast Lane Fever) ('82) di John Clark, “Drive In 2000” (Dead-End drive In” ('86) di Bruce Beresford, tutti bellissimi, tutti massimamente cultuali, e a seguire, non c'è nessun bisogno di presentazione persino in paesi di quarta fila come l'Italia : “Mad Max” (Interceptor) ('79) di George Miller , “Mad Max 2 : The Road Warrior” (Interceptor: Il Guerriero della strada) ('81) di George Miller, e “Mad Max Beyond Thunderdome” (Mad Max oltre la sfera del tuono) ('85) di George Miller e George Ogilvie.
Napoleone Wilson

mercoledì 9 febbraio 2011

Gallipoli - Gli anni spezzati

30

Due ragazzi nel 1915, in Australia, fanno amicizia a seguito del comune amore per la corsa, sono 2 atleti. Archy, il più giovane, ha desiderio di combattere per il suo paese in Turchia a fianco degli inglesi, e convincerà Frank a seguirlo nell'avventura. Si tratta di andare a combattere contro i turchi, alleati dei tedeschi.

La prima parte, oltre a mostrarci la nascita della citata amicizia, è un ritratto-omaggio dell'Australia della quale Peter Wier è tra i massimi ritrattisti. Terra estrema e remota del Commonwealth, ha un rapporto contrastato con l'Albione d'origine dei coloni, cosa evidenziata da piccole stilettate di dialogo. Nonostante risulti un po' prolissa è parte storicamente interessante e esauriente, propedeutica per il seguito.

Poi i 2 amici arriveranno alla guerra e qua il discorso cambia radicalmente. Inizialmente a Il Cairo per l'addestramento siamo ancora in un clima quasi da colonia vacanziera, poi arriverà il dramma. Ci sarà lo sbarco in terra turca, sulla penisola di Gallipoli, parte significativa di un'operazione passata alla storia come la Campagna dei Dardanelli. Leggete il link: fu uno dei più grandi massacri della prima guerra mondiale, stupido e inutile: 150000 solo i morti, feriti ed invalidi non si contano. Non che le guerre normalmente producano "morti utili", ma quelle furono veramente frutto di una strategia folle.

Su questo drammatico evento (che tanto per cambiare è un'altra cosa che ho imparato grazie al Cinema, non ne sapevo nulla) Weir s'inventa un'amicizia bellissima. Al tempo stesso inserisce dei fattori di apparente casualità che rendono la vicenda ulteriormente drammatica. Il dramma si carica quindi del dettaglio importante, delle relazioni umane che la follia di pochi ufficiali distrugge. Tutta l'ultima mezzora è così, fino ad un finale epico. La foto in locandina ritrae proprio l'ultimo frame, frazioni di secondo che possono decidere la vita di centinaia di uomini, la tensione della fatalità. Detto così tutto semplice, ma poi se si vede com'è stato fatto si comprende la bravura immensa del regista, quel tocco che fa la differenza fra l'Arte e la banale fiction. Poca violenza, poco sangue. Anche poche parole. E' la guerra che distrugge l'umano vivere e convivere più che i corpi.

Tra i film di guerra più belli che possa ricordare. La prima parte lo tiene un filo sotto l'Olimpo ma sicuramente va tra i miei Cult. Visione consigliatissima.

p.s.:
Non è una gran recensione, piuttosto sintetica; la dedico ugualmente all'amico-maestro Wilson. Questo come tanti altri è uno dei film da lui consigliati, ogni tanto è giusto dargli tributo.

p.p.s.:
su proposta dello stesso Wilson:
"Dedichiamo questo film a lui mi sembra adattissimo, somigliava ai due protagonisti Mel Gibson e Marc Lee, incarnazione della gioventù, dell'entusiasmo, e della bellezza atletica e ancora non "corrotta" di essa, e probabilmente se solo avesse potuto vederlo, lo avrebbe amato: Mark Frechette, Boston 4 dicembre 1947- Norfolk 27 settembre 1975".

giovedì 14 ottobre 2010

The Last Wave - L'ultima onda

25
A Sidney si respira un'aria affatto rassicurante. Eventi meteorologici decisamente inconsueti per il mese di Novembre, piove con grande frequenza ed intensità, addirittura una grandinata con chicchi enormi, tali da spaccare finestre ed uccidere animali da giardino, là dove nemmeno sapevano cose fosse la grandine.

Un aborigeno in città viene trovato morto, apparentemente dopo una colluttazione con altri aborigeni che vengono tutti accusati del fatto, anche se l'autopsia non mostra segni evidenti di violenza. L'avvocato che si ritroverà a ad occuparsi del caso comprenderà di far parte, egli stesso, di una profezia e di riti che hanno radici nelle tradizioni tribali e stregonesche degli aborigeni che difende. Misteri e leggende a dipanatura lenta, nel mentre di piogge di acqua ed anche nere di petrolio, presagi immaginifici e meteorologici, fino ad un finale che confermerà paure e timori dell'avvocato, troppo tardi però per potervi porre rimedio.

Uno strano film, thriller catastrofista senza alcuna catastrofe conclamata. Avrà certamente risparmiato dei gran soldi con gli effetti speciali, nel 1977 c'era poco di che "computergraficare", ma Peter Weir, che è un regista di rara raffinatezza nel creare ambientazioni misteriose, in bilico tra il reale, l'onirico ed il magico, ha realizzato un film che certo non manca di stupire ed affascinare pur non essendo un capolavoro all'altezza di "Picnic ad Hanging Rock".

Io me lo sono goduto e lo consiglio certamente, l'importante è non attendersi adrenalina o spaventi, tanto meno ritmi vertiginosi.

Interessante qualche aspetto della cultura aborigena che emerge e di come sia stata gradualmente, ed alla meno peggio, integrata in quella del colonizzatore anglosassone. Mi ha anche colpito il fatto che le tradizioni tribali costituissero giurisprudenza con valenza riconosciuta nei tribunali ordinari, seppur in determinate condizioni; era una cosa che non sapevo e che in un certo senso trovo ammirevole.

venerdì 4 agosto 2006

Picnic ad Hanging Rock

7
E' il giorno di San Valentino del 1900. Siamo in Australia.
Il severissimo collegio femminile di Miss Appleyard concede alle ragazze una gita alla famosissima roccia per un picnic. "Se farà caldo potrete togliervi i guanti", gli dice salutandole alla partenza.

Durante la pennichella dopo aver pranzato, 4 ragazze chiedono il permesso, poi concesso, di andare a passeggiare in alto sulla roccia. Solo una di loro, terrorizzata, farà ritorno. Le altre 3 invece, Miranda, Marion ed Irma, sembrano scomparse nel nulla e altrettanto una loro maestra accompagnatrice...

Non vi sto raccontando il finale ma solo l'inizio del film, tratto da omonimo romanzo, che descrive un fatto di cronaca realmente accaduto e mai risolto, il quale contribuisce non poco al fascino misterioso di Hanging Rock.

Questo film è di una bellezza da brividi!

Peter Weir introduce immediatamente, sin dalle prime scene, un'aria di mistero e di misticismo, oserei dire, nel film, con le immagini, piccole frasi ben dosate e la figura (di una bellezza divina) di Miranda, quella che guiderà il gruppo di ragazze in cima alla roccia seguendo una specie di traccia invisibile e irresistibile, e che già prima di partire dice a Sara, sua spasimante, che...
La tentazione di parlare di altri episodi è forte, dalle ricerche delle disperse agli avvenimenti successivi nel collegio, tutte cose realmente accadute. Però vi rovinerei la visione. Soprattutto vi rovinerei le emozioni e le riflessioni che il film e la storia di quei fatti producono. Non si propongono soluzioni al mistero, solo il film ci trasporta dentro al mistero con bellissimi flashback del film stesso, piccole allusioni ed enfatizzazioni, sempre con grande eleganza. Settima arte pura e poetica, sublime.

Ulteriore encomio per la musica. Molti brani di musica classica famosi che facilmente riconoscerete, ai quali si aggiunge il meraviglioso "flauto di pan" suonato da un bravissimo Gheorghe Zamfir, massimo specialista di questo antico e semplice strumento. Anche il suo brano lo riconoscerete subito perché usato e abusato in altre sedi... bellissimo.