domenica 31 gennaio 2010

The Road

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Nel pianeta è avvenuta una catastrofe immane, un'apocalisse rapidissima. Non è chiaro da cosa generata. Tutto è morto: animali, piante, terreno. C'è ancora acqua. Il cielo è sempre nero di nuvole, tutto il paesaggio ingrigito e desertificato.

Un uomo e suo figlio, nato poco dopo la catastrofe, vagano e cercano di sopravvivere. Difficilissimo procurarsi cibo. I pochi umani in giro sono per la maggior parte possibili nemici, o per concorrenza sulle scarse risorse o perché ti vogliono mangiare: il cannibalismo è diffuso...

E' un film agghiacciante sulla difficoltà a mantenere i valori umani in una situazione estrema. Molte volte il padre ripete al figlio che loro sono buoni e molte volte dovrà comportarsi con spietatezza per non soccombere. Questo "combattimento interno" è il tema imperante, insieme al senso di missione, al limite del razionale, del padre. In un mondo che non lascia la minima speranza di futuro l'uomo considera il ragazzo il suo dio e continua imperterrito a crederci.

Io l'ho trovato un film bellissimo. Anche il finale, in parte favorevole ed in parte stroncante, che mantiene la tensione di tutta la trama, è notevole.
Tra i vari film di disastri planetari, questo si distingue nettamente. Poco o nulla è concesso sul pre-disastro, con pochissimi flashback. Cosa sia avvenuto, poi, è un mistero. Tutto è indagine sul "dopo", su quello che resta di umanità, di fede e di speranza.
Alcune scene, pochissime, sono di estrema crudezza, non sanguinaria ma per la mostruosa situazione che sottendono. Una in particolare, che ritrae una vera e propria "stalla umana", è straordinaria.

Particolare ed originale la fotografia, scura e grigia senza però essere tenebrosa. Si respira polvere e sabbia.
In questi tempi di dominio di Avatar con effetti scintillanti e colori vivaci è un contrasto netto.

Assolutamente da vedere.

Chi ha paura di Virginia Woolf

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Un'attempata coppia pesantemente in crisi. George insegna storia all'università locale, Martha è la figlia del rettore. L'uomo è deluso dalla vita e disincantato, lei pure ed affoga nell'alcol tutto il malessere.

Invitano a casa un giovane professore da poco arrivato e la sua giovanissima moglie. Non faranno in tempo nemmeno ad aprire la porta che i padroni di casa cominceranno quelle che all'inizio sono solo schermaglie, poi lentamente, complici i superalcolici che scorreranno a fiumi, diventeranno cattiverie, vendette, che coinvolgeranno in pieno anche la giovane coppia...

Perché quel titolo? Si legge su wiki: "È opportuno precisare che la scrittrice londinese Virginia Woolf non c'entra nulla con il dramma: il titolo è un gioco di parole con la canzoncina "Chi ha paura del grande lupo cattivo?"("Who's afraid of the big bad wolf?") ( (lupo = wolf in inglese), che George e Martha canticchiano di quando in quando, evocando con essa il "lupo cattivo" presente nella loro esistenza, e ad un tempo la "Virginia Woolf" che c'è in loro, squilibrata e suicida come il loro matrimonio."
E' un titolo significativo, vedendo il film lo si comprende.

Un'opera teatrale portata sul grande schermo con notevole capacità e quatto grandissime interpretazioni dei protagonisti, Richard Burton e Liz Taylor decisamente da scuola del Cinema.
La "madre" di tutto il dramma coniugale emergerà alla fine. Quando ormai albeggia e la giovane coppia se ne è finalmente andata, George e Martha si confesseranno, taglieranno il limite tra realtà e finzione. Spesso è proprio così nelle coppie: un grande problema inconfessabile è il moto primo di tutti gli altri.

Bellissimo, da vedere assolutamente.

Piccola considerazione personale:
All'inizio mi ha fatto molto ridere la feroce ironia tra i padroni di casa. A chi non è mai capitato d'incontrare qualche coppia per passare semplicemente una serata insieme e poi doversi sorbire le loro diatribe, venendo inevitabilmente coinvolti in arbitrati quando non direttamente con le proprie beghe personali? A me sì, momenti "indimenticabili" alcuni, ed anche trascorsi da entrambe le barricate purtroppo.

Su su, per la seconda volta vergine

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Lo dico subito che questo film è di una violenza allucinante così risparmio la lettura a chi ha fastidio da queste cose.

E' il settimo ed ultimo di un ciclo realizzato da Wakamatsu sull'argomento, probabilmente il più famoso.

Quasi interamente girato sul tetto di un palazzo in Giappone, racconta la storia di una ragazza che viene violentata da quattro ragazzi sullo stesso tetto, ed era già la seconda volta che le accadeva nella sua vita. L'altro protagonista il figlio del custode dello stabile, un ragazzo all'apparenza freddo, scostante, indifferente persino quando assiste inerte alla violenza...

La ragazza manifesterà ripetutamente la volontà di morire e chiederà al ragazzo di farlo, poi si renderà presto conto che lui è perfettamente in grado di farlo, pure troppo, ma per motivi "sentimentali" con lei non gli riesce.
Il finale sarà lapidario.

Una stranissima metafora sul male di vivere dei giovani privi d'ogni prospettiva di vita, che vivono in un ambiente piatto e privo di sbocchi, dove la vita sembra solo una noiosa sofferenza da trascorrere.
Il titolo del film è anche il titolo della canzoncina che la ragazza ogni tanto canta, una specie di speranza inesaudibile di tornare alla purezza.

Ci sono scene che per l'epoca, pur nei limiti dettati dalla censura, sono di grandissima violenza, sanguinose ma soprattutto psicologicamente pesanti quanto la gratuità e la facilità con cui questa violenza viene attuata.

Se non si hanno remore a riguardo, assolutamente da vedere!

sabato 30 gennaio 2010

I Basilischi

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Opera prima della fantasiosa e nota regista, che non sempre l'ha imbroccata, ma qua in partenza è stata realista, brillante e divertente.
Potremmo definirlo un Vitelloni alla lucana? Potremmo, con ironia, nello spirito del film.

Una voce femminile, nell'italiano privato delle vocali finali tipico dell'accento meridionale della zona, ci presenta i personaggi in piena controra estiva, dopo pranzo: dormono quasi tutti, i più russando percussioni degne di ouverture rossiniane.

Ci sono tutti gli ingredienti tipici e tipizzanti, ai giorni nostri ormai noti, per i tempi un ritratto impietoso probabilmente, per quanto esilarante...

Un paese sonnolento. Il passeggio. Corteggiamenti a pedinamenti e sguardi furtivi. Pensare a sistemarsi col matrimonio, combinato e contrattualizzato sulla base degli status degli sposi. La sposa forestiera "che facev la mannechenn" che tutti i giovani desiderano ardentemente, sposata al figlio del proprietario terriero. Una "matta del paese" (c'è sempre un matto o una matta). I giovani, qualcuno "studiato" qualcuno no, con qualche ambizione che in paese si scontra contro un muro di gomma. Passeggiatine alla "io, mammete e tu". Il ritrovo al negozio del barbiere.
Anche un po' di "satira politica" che non guasta: le condizioni di lavoro dei braccianti, liriche inaugurazioni di circoli culturali in prosaica enfasi.

Tutti non sanno ma sanno, non vedono ma vedono.

In ogni caso, a farla da padrone, il tormento fondamentale: la "femmena".
Al paese nulla si crea, nulla si distrugge e, soprattutto, nulla si trasforma! Sola speranza: emigrare.

Divertentissimo. Vela d'argento al Festival di Locarno.
Da vedere.

In Post Scriptum un riflessione solo ispirata dal film.
Questa ossessione di "sistemarsi": nel lavoro, nella famiglia, la casa, ecc... . E' un concetto implosivo, pare contraddirsi in sé stesso, nel senso che è estremamente conservatore pur guardando al futuro. Non è strano? Si vuole pilotare ad ogni costo il destino.
Ecco allora la terribile noia, l'essere condannati ad una definizione di felicità che procura disaffezione ad ogni iniziativa. Tutto si può e si deve programmare, le "novità" sono immanentemente fonte di sofferenza, destabilizzano, vanno evitate e respinte.
Bello con un film del genere, o con anche altri, poter riderci sopra. Se poi magari ci si fa su un pensierino è anche meglio.

Nymph

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Una donna in una foresta, o meglio una giungla, fugge da due uomini. Raggiunta, viene violentata. Poi i due uomini si rivedono galleggiare morti in un'ansa d'acqua.
Comincia così il film, con questa scena, in una piano-sequenza lunghissimo
da una steadicam pilotata magnificamente, che riprende l'aggressione, poi l'intricata flora ed infine come un elicottero giunge ai due cadaveri.

In un percorso a flashback "circolari" veniamo a conoscenza della vita di May e Nop, una coppia da poco sposata ma già in profonda crisi. Lui è chiaramente depresso per il fatto che May rifiuta ogni suo approccio. May ha una relazione da tempo con un altro uomo.
Si recano nella giungla per trascorrere una specie di gita. Nop è un fotografo ed è in cerca di soggetti...

La giungla, i cui alberi per tutto il film appaiono come soggetto misteriosamente viventi, fornirà molta ispirazione a Nop, ma durante una escursione verrà catturato, e sparirà.
May denuncerà la scomparsa e scoprirà che ultimamente in quella zona morti e sparizioni non sono eventi inconsueti. Verrà riaccompagnata in stato di shock a casa dall'amante e capo professionale.

Nop ricomparirà in casa. Avrà comportamenti bizzarri, prima di sparire ancora...

Stranissimo ed inclassificabile film. Il livello di ansia è degno di un thriller, ma i connotati e la trama, le musiche, fanno decisamente pensare ad un fantasy.
Il finale c'è ma non chiude una storia che non si comprende nemmeno dove si sia aperta. Manca persino un richiamo esplicito alla fortissima scena d'apertura. Dove va a parare? Ci si può sbizzarrire nelle interpretazioni.
La sola che mi sento di dire sta nell'identificazione tra uomo ed ambiente. La giungla è lo specchio di ansie e paure, sensi di colpa, che provengono dai comportamenti e dalle esperienze maturate in città.

Non ci sono davvero limiti, mi ripeto, all'interpretazione che si vuole dare al film, molto ermetico.
Sicuramente è un film girato e diretto con una bravura eccelsa ed anche solo per questo merita abbondantemente la visione.

venerdì 29 gennaio 2010

Tysnaden - Il silenzio

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Due donne, sorelle, ed un bambino sono in viaggio di ritorno, in sosta in un albergo di un imprecisato paese russo/slavo. Anna è sposata ed è la mamma del bambino. Ester è palesemente malata, beve e fuma tantissimo.

Anna scoppia di salute ed è uno spirito irrequieto, sanguigno. Senza particolari patemi cerca avventure sessuali, anche nello stesso albergo, persino senza premurarsi di non farsi vedere dal figlio.
Ester è molto affezionata al bambino e disapprova su tutti i fronti il comportamento della sorella.

Sono sorelle, ma si odiano...

Questo è l'ultimo film della "trilogia religiosa" di Bergman ed è proprio il nome assegnato alla trilogia che invoca la chiave di lettura di una trama altrimenti estremamente ermetica.
Entrambe le sorelle non manifestano mai un desiderio di preghiera pur nei momenti di sconforto. Pur avendo fatto scelte diverse di vita (Ester non s'è voluta sposare), sono entrambe estremamente razionali, agiscono secondo logica ferrea. Ester è molto malata, e nemmeno la percezione della morte l'avvicina al divino.

Il finale sarà, per un aspetto determinante, una manifestazione di grande cinismo.
Forse è proprio questo che si è voluto rappresentare, quello che produce una vita nella quale s'è negata la presenza di un'anima che va oltre il materiale. Ci sto ancora riflettendo...

Film dal ritmo lento ma ossessivo, che scava in profondità: semplicemente bellissimo!

Bergman è davvero Il Grande Maestro dei tempi di ripresa, dell'indagine emotiva dei personaggi. Ci sono pochissime parole, dialoghi essenziali e pregni, ancora una volta teatrali, potenti. Alcune frasi arrivano con la forza d'un ariete.
L'utilizzo di alcune situazioni che apparentemente non c'entrano nulla è funzionale al creare il grado di pathos necessario: i carri armati, la compagnia di saltimbanchi nani. Non ti poni la domanda "cosa rappresentano?", semplicemente ti trasportano nel regno dell'inquietudine, dell'inspiegabile; danno carica al dramma in corso.

giovedì 28 gennaio 2010

Il corridoio della paura

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Un ambizioso giornalista vuole indagare su un omicidio avvenuto all'interno di un manicomio. Punta dichiaratamente al premio Pulitzer. La sua idea è di farsi internare con uno stratagemma al quale lavora da un anno con l'aiuto di psichiatri amici e della sua donna.

Ci riuscirà ad entrare. Il problema vero sarà poi uscire...

Film decisamente forte per i tempi. Non solo per l'argomento e la trama principale, un ritratto dei manicomi che deve aver sconvolto non poco: luoghi di non-ritorno.

Durante la permanenza il giornalista incontrerà di proposito i testimoni dell'evento, non ascoltati al processo per deducibili ragioni. Per tramite di questi personaggi Fuller (oltre che regista è sceneggiatore e produttore del film) sparerà ad alzo zero sui nodi ancora vivi e scoperti del suo paese: il razzismo ed il ku klux klan; l'anticomunismo paranoico; le ricerche e gli esperimenti nucleari.

Forte ed emozionante. Decisamente da vedere.

Necromentia

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Ogni tanto mi tengo in esercizio con del sangue colante, pezzi di corpo straziati, sbrandellamenti vari. Qui potremmo dire che si pratica del body-painting col rasoio e del piercing estremo, per semplificare. Nulla di cui impressionarsi eccessivamente.

M'incuriosiva che fosse stato presentato (non in concorso) a Cannes, festival che a quanto pare vuole diventare sempre più eclettico, e non ho resistito alla tentazione...

La trama risulterà essere molto più interessante di quanto non possa apparire dalla locandina e dallo splatteroso incipit. Tra necrofilia, necromanzia e deliri di un eroinomane che di mestiere fa il torturatore a pagamento, le storie di tre personaggi non proprio limpidissimi s'intrecciano a sinusoide per tutta la durata e solo all'ultima scena la trama si dispiegherà per intero.

Mi ha svagato e disimpegnato un po', una calata all'inferno che i personaggi in qualche modo frequentano. C'è un meraviglioso uomo obeso legato a del filo spinato con la testa di maiale e cateteri spurganti, istigatore al suicidio, che ispira grande simpatia.

Ottimo per una serata brividosa, magari mentre ci si gusta del filetto crudo con un bel bicchiere di Nebbiolo.

mercoledì 27 gennaio 2010

Ju Dou

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Ju Dou, donna giovane e bella quanto povera, è stata data in moglie al proprietario di una tintoria. L'uomo è anziano e impotente, vuole un erede dalla donna e la incolpa degli insuccessi. La picchia, la maltratta con violenza invocando un potere totale su di lei, d'altronde l'ha comprata e come le bestie parimenti la tratta.

Nella stessa casa vive un nipote dell'uomo, più giovane, innamorato di Ju Dou, anch'egli molto maltratto dallo zio tirannico. Ju Dou avrà un figlio dal nipote, facendo felice il marito ignaro della cosa. Quando l'anziano resterà paraplegico gli riferiranno tutto, si vendicheranno, ma solo con lui, mentre agli occhi del paese tutto sembrerà come prima, anche se le voci cominceranno a correre.

Figura inquietante diventerà il bambino. Crescendo mostrerà un carattere molto taciturno e severo e la prima volta che lo si vedrà ridere sarà solo di fronte ad un uomo che muore.
Dopo la morte del paralitico le leggi vigenti in tema di successione, sia economica che affettiva, non daranno ai 2 amanti alcuna speranza per il futuro, e il bambino, che procurò loro una gioia illusoria, diventerà la loro maledizione.

Film tratto da un racconto che narra la vita nella Cina contadina intorno al 1920. Il governo cinese affiancò ad Yimou un co-regista al solo scopo di prevenire invece che curare: si parla di censura, ma non combinò niente e non capisco cosa avrebbe dovuto impedire, visto il periodo ritratto. Certo era un paese spietato coi poveri, ma quale in quell'epoca non lo era? Scandalizzarsi per la compravendita delle donne (e dei bambini), come se in altre parti del mondo non avvenisse (e purtroppo ancora avviene), non ha senso. Fatto sta che in Cina il film non è uscito e la sua produzione è stata completata in Giappone.

A noi invece questa perla è giunta! Io poi, lo confesso, amo quasi tutti i film di Yimou che ho visto, compreso questo che mi mancava. Solita bravissima (e bellissima!) Gong Li, m'ha fatto senso vederla violentata nel corpo, come se avessero preso a coltellate La Gioconda. Solita splendida fotografia, alcune scene nella tintoria mi hanno ricordato Sorgo Rosso, uno dei migliori di Yimou, con quelle sfumature arancioni che fanno molto Fuoco e Sole, Amore e Temperamento così come Dolore e Sofferenza.

In solo un'ora e mezza la storia di una vita. Trama molto pregna e toccante.
Film bellissimo assolutamente da vedere.

martedì 26 gennaio 2010

Auch Zwerge haben klein angefangen - Anche i nani hanno cominciato da piccoli

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Film assolutamente grottesco e privo di trama, al limite del Dogma ante-litteram, al limite anche del Movimento Panico, in realtà non inquadrabile.

(n.d.r.: tutti i sostantivi che seguono andrebbero virgolettati)

Interamente girato in un complesso sito in Lanzarote ed interpretato solo da attori nani non professionisti, il film narra di una sorta di rivolta da parte degli ospiti di una specie di comunità, centro di assistenza... non è affatto chiaro tranne che si tratta di una fattoria con animali ed altro.
Fatto sta che il direttore del centro è assente, il suo posto viene preso da un facente funzioni che impone una punizione ad uno degli assistiti...

Il despota si serrerà nell'ufficio insieme al punito che diventerà un ostaggio, ma fuori la rivolta assumerà toni demenziali, senza alcuna direzione nella più totale anarchia.
Ve lo lascio godere in tutti i suoi sconcertanti momenti, sempre che godiate di questo genere di film.

A me piacciono molto queste opere ad absurdum. L'assurdo che per contrappasso mette in rilievo gli aspetti ferini dell'umanità.
Ho anche una certa esperienza ormai a riguardo, e consiglio di non scervellarsi nel cercare una trama od una logica a tutti i costi, a prescindere dal fatto che il regista (e parliamo di Herzog!) ce l'avesse o meno in testa, cosa che nello specifico non mi sento di escludere. Si rischia di non godersi gli eventi che si susseguono.
Certo, è inevitabile che qualche sinapsi incontrollabile rimandi a film o libri già visti o letti. A me sono venuti in mente per palese affinità Freaks e La fattoria degli animali, ma ognuno ne trova sulla base del suo bagaglio personale.

Perché bisogna sempre trovare una ragione per ogni cosa?
E' una domanda che mi faccio ogni tanto e sto imparando anche a non cercare sempre questa ragione.
Troppe sono le cose che una volta "spiegate" perdono completamente ogni fascino.

Se amate l'anticonvenzionale non potete perdervi questo film.

lunedì 25 gennaio 2010

Repulsione

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Carol è una giovane ragazza inglese. Lavora in un centro estetico e vive insieme alla sorella poco più grande di lei.
Mentre Carol manifesta scarso interesse verso l'altro sesso la sorella è molto più disinibita e porta avanti una relazione da amante con un uomo sposato. Quest'ultimo è sempre più presente in casa e Carol comincia ad andare in grossissima crisi mentale.

Lentamente (film lentissimo!) si percepisce la situazione patologicamente psicotica di Carol. Al lavoro s'assenta con la mente, è dilaniata dall'imminente partenza della sorella con l'amante per un viaggio. Resterà sola, in una casa che va in pezzi, letteralmente e nelle sue allucinazioni...

Ha una fortissima repulsione per gli uomini, senza per questo essere attratta dalle donne. Ogni oggetto che li rappresenta, il loro modo di fare, il loro odore, la ripugna. Farà cose terribili senza più essere padrona di sé stessa. L'appartamento, luogo chiuso e tenebroso dove si svolge quasi interamente il film, una casa d'incubo ed orrore. Tutto ha una spiegazione, tutto sarà spiegato da una foto che compare più volte, ma solo nel finale con un forte ingrandimento.

Visione consigliatissima, che richiede una forte pazienza iniziale. Tempo ben speso.
Il crollo di Carol avviene con una gradualità estenuante, ma poi al tirar delle somme nel finale tutto appare come giustamente costruito ed argomentato. Tutte le scene precedenti si ha la tentazione di volerle rivedere per riconoscere quel dettaglio, quel comportamento rivelatore.
Ottima ma non d'eccellenza l'interpretazione della Deneuve. Poteva fare qualcosa in più e forse Polanski glie lo avrà anche chiesto, ma è sempre stata d'una pudicizia monastica in tutti i film in cui l'ho vista. Per un ruolo di questo tipo un'attrice meno ingessata e più "pazza" l'avrei preferita ed allora il film sarebbe stato da Olimpo. Ma la Deneuve, a parte forse ma non del tutto in Ultimo metrò, non mi ha mai fatto strappare i capelli. Forse devo ancora vedere il film che l'ha resa celebre.

Thirst

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Sono ancora stupito della visione di questo film dalla trama e dai ritmi inattesi. Da Park ci si attende dinamismo, ansia, emozione continua e costante e non che manchino, ma il modo in cui questo avviene è diverso, molto diverso da Old Boy. Per fare un paragone di ritmo bisogna risalire a Lady Vendetta, che della trilogia è il più psicologico e morale, ma troppo diverso è l'argomento.

Semplicissima sinossi quanto complessa da interpretare.
Un prete cattolico molto devoto agisce in un ospedale. Spinto dalla vocazione a donare la sua vita per i sofferenti, si offre volontario come cavia umana per la ricerca su un vaccino di una forma terribile di malattia, sigla VE, che provoca dolori immensi e morte certa.
Di 500 volontari sarà il solo sopravvissuto, da molti verrà osannato come santo, gli chiederanno miracoli. In realtà le vesciche che manifestano la presenza della malattia si presentano, per scomparire quando riesce a nutrirsi di quanto gli occorre: sangue. Evidentemente le molte trasfusioni ricevute durante la ricerca hanno trasfuso anche il vampirismo. Combattutissimo, cercherà di rendere innocue all'umanità le sue "necessità" ma l'amore per una donna...

Ritmo più lento del solito, almeno per buoni tratti, e trama con un fortissimo richiamo, continuo, ai valori umani e religiosi che trova impreparati. Questo vampiro è estremamente atipico, continuamente combattuto tra la sua bestiale natura e quello che lui vorrebbe essere: un uomo buono e non violento. Purtroppo per lui non sarà possibile la convivenza tra le sue 2 nature e solo nel finale recupererà "redenzione", per sé e per la donna la quale, in realtà, aveva trovato nel vampirismo un riscatto ad una vita di umiliazioni.

Però, nonostante il ritmo, la tensione e lo sconcerto si accumulano in continuo. Il film è piuttosto lungo, le situazioni spesso complesse, eppure continua a tirare diritto fino al finale. Park è un regista di una bravura stratosferica! Ci sono delle scene che davvero non ci si capacita di come siano state fatte: è palese che sono riprese sul set e non editing al computer, eppure quella telecamera si muove nelle 3 dimensioni nemmeno fosse un insetto. Davvero incredibili.

Come già detto, ribadisco: troppo atipica è questa, come storia horror di vampirismo. Anzitutto i personaggi "vampiri" lo sono, poi la modalità emotiva. Si passa, per citare estremi, da situazioni sanguinarie ad altre al limite della commedia.

Film particolarissimo, decisamente da vedere.

domenica 24 gennaio 2010

La Marquise d'O... - La marchesa Von ...

4
Giulietta è una donna ancora giovane, molto credente, marchesa e vedova, in Italia, fine '700. Durante un assalto russo rischia di venire violentata da dei soldati ma il proditorio intervento di un conte, ufficiale dello stesso esercito, le risparmia il dolore e l'umiliazione. Portata in casa dallo stesso conte, prenderà una tisana che la farà dormire come in trance. Il conte farà amicizia con lei e la famiglia, chiederà anche, con insolita fretta, la sua mano, cosa che gli sarà accordata previo un breve lasso di tempo per riflettere.

A distanza di poco tempo dall'evento, scoprirà con grande stupore suo di essere incinta, ma da quando è vedova non ha avuto più relazioni né ne ha volute. Non viene creduta dalla famiglia che pure la ama moltissimo, il padre la condannerà senza appello, allora se ne andrà nella casa di campagna...

Pubblicherà un inconsueto annuncio su un giornale in cui cerca colui che l'ha ingravidata affinché ponga rimedio e riceverà risposta. Riaccolta nel frattempo in famiglia, lo stupore per chi è stato, quando lo incontrerà, sarà grandissimo, sconcertante...

Penso sempre con affetto agli anni in cui mi sono letteralmente bevuto tutti i più grandi romanzi dell'800, l'epoca che ancora considero irripetibile nella letteratura. Spesso romanzi formativi, anche romantici, molto moralisti com'era prassi pur non negando mai la realtà delle cose, costituivano per me una doppia vita.

Questo film, recitato e diretto con un rigore sul testo e sull'epoca da perfezione, mi ha riportato a quel periodo. E' stato proprio come leggere un romanzo, ed è stato fatto senza alcuna iperbole comportamentale, proprio come me li immaginavo ai tempi, i dolori della Karenina, il rigore morale della principessa Maria, la durezza umana ma lucida ed intelligente, capace di ricredersi, del generale Kutuzov, la capacità di sacrificio di Jean Valjean. Piccoli esempi, tratti da altre opere, che in piccolo si respirano anche in questa, col giusto grado di lirismo. Senza variare nulla al testo s'è mantenuto anche il giusto grado di romanticismo.

Un film semplicemente PERFETTO, che mi ha affascinato.
Subito nell'Olimpo personale.

The Eye

0
L'occhio, o meglio gli occhi, di Mau. Una giovane donna, ormai adulta, cieca da quando aveva 2 anni, ritrova la vista grazie ad un trapianto di cornee riuscito. C'è tutto un mondo da scoprire ed apprendere, non solo nelle forme tattili quanto in quelle visive, a cui dare un nome. Bisogna imparare a leggere, scrivere.

Mau però, insieme alla realtà ordinaria, comincia a vederne anche una meno convenzionale, presto scoprirà che vedrà le persone morte, in particolare quelle decedute in modo violento, con sofferenza. Lo psichiatra che la segue e che le si è affezionato comincerà a crederle, capirà che non si tratta di semplici stramberie. La sola cosa che si può indagare è la provenienza di quelle cornee...

L'indagine porterà Mau e lo psichiatra sulle tracce della donatrice che, scopriranno, possedeva poteri inconsueti...

Pur con qualche rallentamento (film dal ritmo nemmeno paragonabile all'adrenalico Bangkok Dangerous) i fratelli Pang imbastiscono una storia molto strutturata e complessa, al solito con trovate filmiche di grandissimo effetto. Dal momento in cui Mau comprende la natura delle sue visioni, fino al finale (fantastico!) è un crescendo di pulsione ed ansia. Niente sangue e niente violenza stavolta, solo tensione, notevole.

Bravissimi i Pang. Film travolgente emotivamente, ispirato loro da un fatto di cronaca, che ha avuto numerosi sequel e remake non a caso.
Da non perdere.

sabato 23 gennaio 2010

Nosferatu: Phantom der Nacht - Nosferatu, il principe della notte

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Jonathan e Lucy vivono tranquilli e felici a Wismar, fine '800. Lui è agente immobiliare e gli viene dato incarico di recarsi sui Carpazi, in Transilvania, da un certo conte Dracula che vuole acquistare casa a Wismar. Lucy ha pessime sensazioni ed incubi a riguardo di quel viaggio. Anche poco prima di arrivare, dopo un lunghissimo viaggio a cavallo, viene messo in guardia del pericolo. Lui andrà ugualmente e scoprirà l'infernale personaggio qual'è.

Dracula vuole il collo di Lucy. Partirà su una nave nascosto in una bara mentre Jonathan, capite le intenzioni, cercherà di arrivare prima di lui a cavallo. La nave arriverà con un carico di morti e topi e porterà la peste nella cittadina. Jonathan malato, cadaverico, non riconoscerà nemmeno Lucy...

Lucy sarà la sola a capire cosa è realmente accaduto e sta per accadere, il perché della peste, la malattia del marito. Ha letto il diario del marito scritto durante la sua permanenza in Ne parlerà con un medico di Nosferatu ma non verrà creduta e la storia del vampiro liquidata per leggenda e superstizione. Deciderà autonomamente cosa fare, con un grandissimo spirito di sacrificio...
Per chi desidera ulteriori dettagli, ma anche rovinarsi il finale, c'è un'ottima scheda su wiki. Meglio leggerla dopo la visione.

Il mio giudizio breve è: FILM DA OLIMPO. Non si può non vederlo.

Avevo remore a guardarlo, fino a poco tempo fa. Rotto il ghiaccio con l'horror ultimamente, mi sono finalmente deciso. Dal punto di vista dell'horror puro c'è quasi da rimanere delusi: sangue quasi non ne scorre, c'è solo ed unicamente il sentimento del terrore, a livelli altissimi!, ma "solo" quello. E' l'immaginazione dello spettatore a viaggiare.
Herzog ha messo in atto un film che ha somiglianze con un'opera "nera" di stampo quasi religioso. Dracula è un uomo condannato a vivere in eterno, tormentato dall'oscurità umana che rappresenta. La morte, la paura più diffusa, è in realtà un "taglio netto" mentre è la vita a riservare le più grandi sofferenze. Molto merito da riconoscere anche alle musiche: non solo il meraviglioso Wagner, ma la colonna sonora originale, estremamente spirituale, prodotta da un particolarissimo gruppo tedesco ai più sconosciuto, i Popol Vuh, che hanno collaborato a diversi film di Herzog.

Mai ansia, fretta. Il film scorre inesorabile nelle sue sequenze. Molte le scene che rimangono indelebili.
L'incipit del film, con la carrellata su corpi mummificati, è capolavoro di per sé.
L'arrivo della peste conseguente all'arrivo di Dracula a Wismar porterà a delle situazioni d'effetto scenico che lasciano di stucco, con delle scene di evidentissima difficoltà realizzativa prodotte sul campo, non certo con computer grafica. Il regista però, insieme alla ricostruzione storica d'ambiente e costumi, fa passare tutto come normale e semplice, amante com'è del realismo persino in una trama come questa.
Sono senza parole!

Rimane un retrogusto inquietante, umanamente amaro. La sensazione che ho avuto è stata di una rappresentazione allegorica del Male che è sempre presente, nell'uomo e nella collettività, indipendentemente dalla leggenda del vampiro, e anche del Bene che vuole cacciarlo, combatterlo, anche offrendo la propria vita.


A dir poco leggendaria l'interpretazione di Klaus Kinski, è non è una battuta affermare che i truccatori non si sono poi dovuti più di tanto impegnare per vampirizzarlo. Il frame a destra non richiede commenti.

venerdì 22 gennaio 2010

Smultronstället - Il posto delle fragole

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Un anziano medico professore, Isak Borg, vedovo da molti anni, deve recarsi in un'altra città della Svezia piuttosto distante a ritirare un importante premio alla sua carriera. Durante la notte sogna di morti, bare che cadono, allora si sveglia prestissimo e decide, invece che in aereo, di partire in macchina. Con lui sua nuora venuta a Stoccolma che ha problemi col marito, suo figlio.

Il viaggio inizierà con un confronto serrato con la nuora. Isak scoprirà cosa pensa di lui chi gli sta intorno e se ne farà una ragione. Caricheranno 3 giovani autostoppisti e per un breve tratto persino una coppia di mezza età, molto in crisi, con la quale hanno sfiorato l'incidente. Tra visite alla madre ed incontri casuali, l'anziano uomo avrà modo di ripercorrere a ritroso la sua vita...

Isak intervalla momenti di presenza nel reale ad altri ritratti nei suoi sogni, dove, pur nel corpo di anziano, rivede come in un film quella che è stata la sua gioventù, in particolare nella casa dove vivevano e contraddistinta da un piccolo giardino con piante di fragole...

Un viaggio in macchina si trasforma in un viaggio nel tempo e nella coscienza, in un recupero di umanità e valori morali. Ogni episodio vissuto troverà risvolto nei brevi sogni quando s'appisola mentre la nuora guida. Il suo carattere "indurito" dalla vedovanza e dalla vecchiaia saprà mettersi in discussione. C'è la paura della morte che incombe in questa rivoluzione di stampo metafisico, la religione compare a tratti solo per uno dei personaggi senza essere focale. L'Uomo ha un suo ius naturae morale intrinseco, la morte ha le sembianze di un giudice imparziale col quale non si può fingere innocenza, di non sapere cosa si è fatto e come ci si è comportati in particolare nelle relazioni umane. "Sono morto pur essendo vivo", la frase che segnerà l'nizio del risveglio.

FILM ECCEZIONALE! Nel mio Olimpo personale.

Da godere come un buon nettare, con quella fotografia b/n perfetta, quelle recitazioni teatrali profonde.
Immensa l'interpretazione di Isak da parte di Victor Sjöström, regista "maestro" di Bergman, in questo caso in veste di attore. Morirà 3 anni dopo le riprese. Come dichiarato dallo stesso Bergman, "... non avevo capito che Sjöström si era preso il mio testo, l'aveva fatto suo e vi aveva immesso le sue esperienze ...". Il film che Bergman voleva dedicare al padre diventa testamento del suo anziano mentore. Anche per questo assume ancora più fascino e si comprende quanto l'interpretazione di Sjöström sia stata vera, sentita, partecipata.

giovedì 21 gennaio 2010

Woyzeck

2
Il film è tratto da un'opera teatrale rimasta incompiuta di Georg Büchner, liberamente ispirata ad un fatto di cronaca che non racconto altrimenti dico anche il finale.

Il "brav'uomo" Woyzeck è un soldato semplice, di natali poveri. Maltrattato ed umiliato da tutti in caserma e fuori, subisce ogni genere d'angheria pur di riuscire a risparmiare qualcosa dei suoi miseri guadagni, ottenere qualche mancia. Si sottopone persino, cavia umana, agli esperimenti di un delirante ed ambizioso medico-scienziato del paese (film interamente girato in un paesino particolarissimo della repubblica ceca, Telč)
Una vita allietata da piccole visioni, dalla fede e dall'amore di Maria...

Amore dal quale è nato un bambino, anche se non è chiarissimo che questo bimbo sia suo.
Maria è adultera consapevole, si prostituisce per poche regalie. Vuol bene a Woyzeck ma anche alle belle cose del mondo che vorrebbe, di cui si sente ingiustamente privata.
Occhio non vede... solo che il nostro piccolo ed umile eroe verrà a sapere dell'ultima sua scappatella che ha fruttato 2 orecchini e stavolta perderà le staffe, sempre ispirato dalla Voce che sente.

Adoro i pochi film che ho visto di Herzog, sempre molto teatrali, crudi, amorali eppure pieni di compassione, colori tenui pastello. Qui poi c'è un Klaus Kinski da urlo.
Due finali al ralenty ai quali è difficilissimo restare impassibili ripagheranno delle amarezze vissute insieme a Woyzech.

Bellissimo. Da vedere.

mercoledì 20 gennaio 2010

Per sempre

2
Dopo questa visione, quest'altra piccola perla dopo "Un'ora sola ti vorrei", mi proclamo definitivamente ammiratore di Alina Marazzi, del suo modo di usare il mezzo Cinema nel rappresentare realtà in bassa frequenza, sottovoce, ma quella voce bassa che distingue i forti, anche se la forza qua non nasce dalle certezze ma dai dubbi, da una curiosità che non ha timori di affrontare ciò che crea quello che potrebbe anche essere definito "disagio interiore", che vuole capire fin dove è possibile ciò che gli è precluso.

Adoro di Alina il suo Understatement: tipico, ma ultimamente poco praticato, tratto distintivo dell'intellettuale milanese che a Milano s'è trasfuso persino nella sua componente architettonica. Le forme di una città od un paese lo raccontano, ne fanno e ne sono eredità...

Il Cinema, anche se documentaristico, rimane tale se definisce connotati ai personaggi o oggetti che ritrae, li fa emergere con sapienti tocchi di montaggio, con pur poche immagini e parole, nella loro unicità distinguibile.
"Per sempre" è un viaggio nel mondo delle monache, di vari ordini ed impegno: c'è il monastero più classico, aperto, quello di clausura, un altro ancora come un piccola casa-famiglia. Cambia forma e forza, non la sostanza di base della radicalità della scelta. Due anni di lavoro paziente ed umile, senza mai apparire, sempre dietro la videocamera. Non un reality. Alina ha dato una ragione alle monache per permetterle di filmarle, c'era rispetto e curiosità reciproca, tutto è svolto naturalmente da ambo le parti.
Non ve ne svelo nulla, godetevi fino in fondo questo piccolo gioiello se ne avrete occasione.
Io intanto mi metto nell'articolo anche una foto della bravissima regista.

Qualche considerazione a latere, sull'argomento.
Completamente estraneo emotivamente alle ragioni religiose delle suore, non per questo sono insensibile, quando le vedo sentite e sincere, spontanee, alle Vocazioni, ad un vita di rinunce quasi totale. Queste donne ritratte non hanno fatto alcuna scelta per apparire, alla ricerca di consenso. Se sono apparse in un documentario è stata una idea di Alina.
Indipendentemente da tutto, faccio una pura considerazione intellettuale: queste persone, a modo loro, esprimono un potenziale dell'essere umano che affascina, ha una ragion d'essere che travalica, vista da fuori, la fede. Danno prova del potenziale morale, svolgono in termini sociali un ruolo di specchio: rivelano a quali limiti una forza morale e psichica può spingere, oserei dire In Alto, i comportamenti umani.
Hanno tutta la mia ammirazione e rispetto.

L'amour l'après-midi - L'amore il pomeriggio

2
Comincio dall'ultimo dei sei film dei "racconti morali" di Rohmer la mia piccola rassegna sul grande regista morto pochi giorni fa.

Inizio con delle strane sensazioni di noia, film lento, 'sto tizio che si racconta. Un libero professionista, bella moglie giovane, già papà. Un rapporto di coppia reciprocamente libero e fedele.
Poi cresce, la storia si dipana proprio come in un romanzo.

Lui non rinuncia ad "ammirare" il gentil sesso, a farsene affascinare, un impulso spontaneo che lo porta sempre a rimeditare il suo rapporto familiare senza mai metterlo in discussione. Ma tutto è rituale, voglia di mettersi in discussione in un gioco che già sai non avrà seguito, non cerchi l'occasione.

Poi ad un certo punto compare Lei...
Una vecchia fiamma, vita più libertina, senza eccessi particolari ma più fantasiosa. Bella, affascina Lui. Nasce un'amicizia, che dura a lungo, Lui s'interessa alle vicende di Lei che ha voglia di "borghesia" eppure non vuole legarsi a nessuno definitivamente.

Può durare a lungo un'amicizia tra un uomo ed una donna? Sempre in bilico dall'avere, Lui con Lei, un rapporto sessuale, sempre combattuto Lui non dai suoi doveri coniugali ma dall'amore che prova per la moglie, si arriverà ad un punto di non-ritorno, a dover decidere...

Il finale è drammaticamente emozionante! Come pochi ne ho visti in film di questa fattura.
Perché parliamo davvero di un film, o meglio di un romanzo morale, in piena regola, che con un'astuzia raffinata ridiscute gli istituti della famiglia monogama e dei suoi obblighi. Lo si può "leggere" come portatore di messaggio diretto ma quel finale... va oltre! Sì, pare il solo dei "morali" con scene di nudo, può far pensare ad un regista pudico, ma non è così. Rohmer mette a nudo i personaggi, con grande classe.

Un film davvero bello. Imperdibile. Ne dovrò vedere parecchi di Rohmer.

lunedì 18 gennaio 2010

The Big Red One - Il Grande Uno Rosso

3
4 anni, dall'Africa all'Italia, poi Francia, Belgio, Germania, Cecoslovacchia. Tutti i possibili risvolti della seconda guerra mondiale visti dalla prima divisione di fanteria americana, denominata Il Grande Uno Rosso per un episodio risalente alla prima guerra.

domenica 17 gennaio 2010

Un'ora sola ti vorrei

2
Alina, che lavora nel cinema e questa è la sua prima produzione da sola, è discendente degli Hoepli, fondatori di una piccola casa editrice molto nota a Milano. Ricca borghesia quindi. La madre Líseli Hoepli Marazzi che si vede in locandina morì suicida nel 1972 a soli 33 anni, quando Alina ne aveva solo 7.

Raccogliendo tutto il materiale girato in 8 e 16 mm prima dal nonno e poi anche dal padre, con un lungo lavoro di montaggio al quale sono state aggiunte solo musiche e testo, è venuto fuori un documentario di quasi 1h struggente e commovente. E' un omaggio alla madre, un lavoro semplice scevro da giudizi di condanna o assoluzione, una storia di una famiglia e di una donna, dalle sue origini (i primi filmati del nonno sono degli anni '20) fino ai giorni prima della morte.

La voce fuori campo è della stessa Alina, che recita le lettere della madre, numerosissime, ad amici, parenti, familiari, qualcuna anche a lei quand'era bambina. Qualche volta ne recita il pensiero, descrive le situazioni. Sempre sentiamo Liseli con la voce della figlia.

Come detto: bellissimo, struggente, commovente!
Assolutamente da vedere...

Film anche molto interessante oltre che bello da vedere, per alcuni aspetti che mi hanno fatto molto riflettere.

Anzitutto una breve considerazione sulla malattia di cui soffrì Liseli: depressione. Non è molti anni che è davvero considerata tale. E' davvero subdola, mi auguro di non doverne mai soffrire. Si manifesta con grande lentezza anche se può avere lontanissime origini. Si è "normali" in tutto e per tutto eppure non si riesce ad essere felici, procura fobie che appaiono infantili, strambe manifestazioni di panico. Mi ha colpito molto quando Liseli parla dei genitori che vanno a trovarla nella clinica psichiatrica in Svizzera descrivendo la malattia come uno dei suoi capricci.
Come padre certi "capricci" dei miei figli ogni tanto mi spaventano. Da sempre capisco più dai capricci la loro personalità che da altre manifestazioni, è una sensazione strana e spontanea che credo anche altri genitori provano. Non m'è venuta la paranoia che cadano in depressione, ma certo, ho trovato conferma ad uno dei mille aspetti della professione del papà.

Un'altra riflessione è dedicata alla Meravigliosa Settima Arte. Anche se questo è "solo" un documentario per me è una bellissima forma di Cinema, e mi spiego subito.
Le immagini che vediamo potevano essere tranquillamente contestualizzate in modo completamente diverso se solo la vita di Liseli avesse avuto un decorso ed un finale diversi. Il finale è noto fin dall'inizio, la voce dolce non è certo festosa, non si compiace in apologia. Ecco allora che dei filmini che potrebbero essere visti da una famiglia coi nipotini per un allegro, al limite malinconico, Come Eravamo, girati certamente con quell'intento, diventano un indagante e rigoroso Cos'è Accaduto. Cerchi gli sguardi, le espressioni che possono sottendere quando non nascondere, anche nei momenti di vacanza e gioiosa vita familiare, i prodromi della malattia.

Un grazie sentito ad Alina Marazzi per averci regalato questa perla.

Bronson

4
A Marzo dell'anno scorso Michael Peterson compiva 34 anni di carcere, 30 dei quali trascorsi in isolamento, interrotti con soli 69 giorni di libertà, libertà concessa dalla regina d'Inghilterra durante i quali ha trovato modo di farsi rimettere in carcere.

Nome d'arte: Charlie Bronson, scelto durante la breve libertà.
E' lo stesso Bronson, attore d'avanguardia e macchiettistico, davanti alle telecamere ed in un teatro pieno di gente silente e sgomenta, a raccontare la sua vita fatta di delirio e violenza, da leone in gabbia, ma anche di uomo talentuoso non solo nel fisico taurino. Era il suo sogno diventare famoso, ed in effetti lo è diventato: il carcerato più famoso d'Inghilterra e forse, dopo questo scioccante film, anche del pianeta...

Figlio di normalissima famiglia, ceto medio-basso ma dignitoso, fin da ragazzo alla minima escandescenza menava le mani con furia paurosa. Sempre difeso dalla madre, è comunque cresciuto e s'è persino sposato, poi la penuria di soldi lo porta a rapinare un ufficio postale. Si becca 7 anni, ma poi accumula infrazioni e reati a profusione durante la detenzione. Morale della favola: è ancora lì e chissà mai se ne uscirà.

Accompagnati da Beethoven (e qui il richiamo ad Arancia Meccanica è esplicito) e da disco music appropriata, si ripercorrono i momenti salienti. La smania artistica e delirante del personaggio è perfetta per un film a chiari connotati kubrickiani. L'atto violento concepito anche nell'estetica dello stesso, il rifiuto d'ogni regola o morale, il sentirsi invincibile.Un personaggio unico questo Bronson, ammiratelo a destra in una foto di quello vero.

DAVVERO NOTEVOLE!
Nel mio personale Olimpo, per trama scioccante ed originalità. L'interpretazione di Tom Hardy da sola lo merita, ne diventerà un'icona. In Italia non è ancora uscito e non si sa se uscirà: siamo alle solite, nonostante è stato presentato al Festival di Torino. Spero per tutti, se dovesse uscire, che non osino doppiarlo: questo film è perfetto in inglese.

Questo regista si conferma un grande talento da seguire. Anche Pusher m'è piaciuto, ma purtroppo per lui è uscito lo stesso anno di Trainspotting.

24 Hour Party People

2
Tommy Wilson si occupava di trasmissioni televisive ma la sua grande passione è la musica e se ne intende. Dopo il primo concerto dei Sex Pistols in un localino (40 persone circa il pubblico) che sconvolse lui e non solo, l'avvento di un nuovo genere di rottura, comincia a maturare l'idea di un'innovativa casa discografica impostata come una cooperativa, la Factory Records.

Grazie ai nuovi gruppi emergenti del Punk e del Post-Punk, Manchester diventa il centro della new-wave musicale che invade l'Inghilterra alla fine degli anni '70 in pieno tatcherismo, una fase della storia inglese di rivoluzione in tutti i sensi. Insieme alla Factory, Tommy crea un luogo d'incontro, dove "la gente bianca" comincia a ballare come dice, The Hacienda, altro punto di riferimento. Nei primi '80 s'impongono le nuove tendenze dance, i primi Rave Party...

Non c'è politica in senso stretto, né nelle idee dell'idealista Tommy né nei gruppi che ha portato alla ribalta, anche se i vari movimenti giovanili dell'epoca, skinheads compresi, tendono ad identificarsi in parte nei punk. Qualcuno prova a fare dei collegamenti ma non hanno senso. La musica è trasversale, e certo la punk non voleva far sembrare il mondo meglio di quello che era, quindi ha raccolto consensi ad ogni livello, come disprezzo da parte di alcuni.

La prima parte è tutta punk e post. Dominata in particolare dal mitico (io li adoro!) gruppo dei Joy Division, dominati dal folle genio di Ian Curtis. Due soli album di fatto, prima del suicidio del leader, ma una musica di potenza dirompente, con una voce che ancora oggi raccoglie emuli. I New Order che gli seguiranno faranno cose buone, ma senza "il pazzo" la magia s'è persa.
Morto Curtis, Tommy sbanda ma poi riprende a guardare avanti, a comprendere la voglia di ballare, la nuova forza dei DJ che non sono più solo postatori di dischi ma diventano produttori di ritmo. C'è voglia di dance e la seconda parte è dominata dagli Happy Mondays guidati da un altro pazzoide, Shaun Ryder. Il titolo del film, emblematico, è il titolo di un pezzo di questo gruppo.

BELLISSIMO! Da non perdere. Se si ama questo periodo musicale ancora meglio.
Io personalmente non l'adoro in toto, ma i Joy Division sono nel mio olimpo.

Film prodotto con cura e competenza dal bravissimo Winterbottom, che ha goduto della consulenza personale dello stesso Tommy Wilson, morto 2 anni fa. Senza enfasi inutili e con un realismo "totale": tutti i fatti sono reali, comprese le leggende che sono "più reali del reale" in un mondo invaso da alcool e droghe.

Ichi the killer

10
Conosco poco della storia di questo film, mi pare sia la trasposizione di un manga.

Poco importa. E' spettacolo puro! Fantastico!

Certo, da Miike non ci si può aspettare robe "tenere"...
Splatterate, violenza, sadismo, ma tutto in un'aria fumettistica che stempera, diverte, e pur richiamando temi realistici non inorridisce grazie ad un eccesso iperbolico che addirittura fa ridere pur in frangenti di tortura spaventosi.

Il personaggio in locandina è semplicemente allucinante. Capo di una banda di yakuza alla quale è stato assassinato il capo senza lasciarne traccia, è alla sua ricerca. Ha un culto del dolore unico, gli piace provarlo quanto procurarlo. Scopriranno presto che l'omicida è un certo Ichi...

Ichi, ve lo lascio scoprire, non voglio rovinarvi la visione, è un killer di spaventosa efficacia letteralmente fabbricato ad arte, con tecnica sopraffina.
Miike è un grandissimo di questo genere e produce film a profusione, i più dei quali sono da superamanti del genere, ma alcuni come questo hanno valenza assoluta, spettacolari e coinvolgenti. La violenza fine a sé stessa come scopo di vita è argomento che da sempre è oggetto di studio.
Tranquillizzo i più sensibili. Budella sparse, fiumi di sangue, un meraviglioso taglio netto in verticale di un uomo, c'è di che sbizzarrirsi, ma tutto, proprio come nella "logica" dei fumetti, scuote l'animo, ma si riesce a guardarlo.

Assolutamente da vedere. Due ore di sballo!

sabato 16 gennaio 2010

Cypher

2
Comincio a provare grande simpatia per questo regista, solo apparentemente autore di b-movie. Ha fantasia, molta di più dei budget ridotti con cui fa i conti.

Qui s'inventa un thriller fantascientifico con un gran finale dal punto di vista narrativo. Sullivan è un impiegato di un'azienda di attività non identificata, Digicorp. Suo compito captare informazioni di un'azienda concorrente, la Sunways, partecipando a delle improbabili conferenze di marketing i cui prodotti spaziano dalla schiuma da barba al formaggio.

Comincia ad avere allucinazioni, a faticare a distinguere realtà e sogno. Una donna lo convincerà a fare il doppio gioco e da questo momento comincerà un caos che richiederà non poca attenzione per essere dipanato...

Grande finale spiazzante come un film di questo genere merita e come Natali ha dimostrato già in Cube di saper fare. Appassionante per la trama ed interessante, pur con attori da fiction, tranne il protagonista che si distingue. Regia precisa, tempi giusti.

Bel film da disimpegno.

Dark Side of the Moon - Operazione Luna

0
Tutte le possibili ipotesi di truffa riguardo all'allunaggio di Apollo 11 il 21 luglio 1969 vengono raccolte e documentate abbondantemente in questo film indagine che non si limita a narrare in terza persona, ma intervista alcuni tra i più importanti protagonisti degli eventi di quei tempi, ancora in vita: Kissinger, Rumsfeld, Haig, Helms... . Non manca nessuno, dai consiglieri al direttore della CIA. Anche la segretaria personale del presidente Nixon...

Anzitutto una ricostruzione storica del periodo, l'affanno di USA e URSS nella lotta alla conquista dello spazio. Poi la necessità di documentare con foto e filmati l'impresa, da cui il coinvolgimento di Stanley Kubrick, confermato dagli statisti e lungamente narrato dalla moglie stessa del regista.

Tutto perfetto ed ottimamente prodotto ma, c'è un grosso MA... non perdetevi i titoli di coda.
Comunque lo si guardi questo film documentario lascia interdetti sulla verità, sulle possibili verità su quell'evento ma soprattutto sulla incredibilmente efficace manipolazione della realtà stessa che può essere realizzata dai media, e dal film stesso ovviamente.

Assolutamente da vedere.

The producers - Per favore non toccate le vecchiette

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Max Bialystock è un produttore di Broadway molto in crisi. Sfruttando il fascino degli antichi fasti, lascia che tante vecchiette con molti soldi s'innamorino di lui per raccattare soldi per un "ipotetico" spettacolo. Leo Bloom è un ispettore fiscale che, durante un controllo, si fa affascinare dalle prospettive di guadagni e successo ed aiuta Max ad escogitare un piano per abbindolare sia il fisco che le vecchiette.

Si tratta di fare uno spettacolo di sicuro insuccesso. Con incassi a zero non ci saranno tasse da pagare né dividendi da distribuire alle vecchiette. Geniale. Un libretto dal titolo "Primavera di hitler" scritto da un ex e nostalgico soldato del reich che vive a New York è perfetto. Purtroppo per loro, durante la prima che prometteva fischi ed indignazione, la performance di un hitler estremamente effeminato e grottesco manderà all'aria i loro piani...

Commedia satirica e grottesca del mondo del teatro divertentissima! Brooks prende in giro un po' tutti.
Film che ormai è un cult! Da non perdere.

Naqoyqatsi

0
Volevo vedere tutta la Trilogia Qatsi e ho tenuto duro.
Naqoyqatsi: "vita in cui ci si uccide a vicenda".

Ancora le notevoli musiche di Philip Glass, La magia di Koyaanisqatsi è irripetibile.

Visto scolasticamente, più che altro ho ascoltato la musica.

Powaqqatsi

0
Come si legge nel frame in basso, Powaqqatsi significa: "vita che consuma le forze vitali di altri esseri per promuovere la propria vita".

Secondo capitolo della Trilogia Qatsi che ho finalmente deciso di vedere anche nei capitoli successivi al mitico Koyaanisqatsi.
C'ho il buzzo buono per farlo. Adoro la musica minimalista ed ascolto Philip Glass in una specie di lunghissimo videoclip.

Meno riuscito del precedente, ma stessa metodica. Stavolta le musiche sono più costruite per il film, a tratti simulano i rumori degli ambienti che accompagnano. La narrazione invece è interamente legata all'essere umano, prima comprimario dei ritmi naturali della Terra, poi col progresso diventa dominatore ma anche schiavo del suo stesso sistema.

Film rigorosamente per amatori.
Alcuni brani delle musiche sono davvero sublimi e godono anche delle migliori immagini.

venerdì 15 gennaio 2010

Koyaanisqatsi

10
Sei anni di lavoro per idea e studio, riprese, raccolta di riprese di repertorio. Un montaggio infinito per riordine e sincronizzazione con le musiche. Musica elettronica, modulare, ipnotica di Philip Glass.

Questo film è un Capolavoro Assoluto. Impressionante!

Distant Voices, Still Lives - Voci lontane... sempre presenti

2
Due episodi, entrambi che ritraggono a flashback una comunissima famiglia di Liverpool in momenti diversi.

Distant Voices: al capezzale ed al funerale poi del padre, figli e moglie ripercorrono la vita dai primi anni di matrimonio. Operaio, violentissimo e dispotico in casa, con tutti, avrà un tardivo pentimento, inutile e patetico.

Still Lives: il fuoco sul battesimo del primo nipotino della famiglia, allegria ma ancora rimpianti, mariti e moglie dei figli, i loro rapporti.

E' un ritratto dolce ed amaro dell'Inghilterra popolare a cavallo di anni duri, da poco prima della seconda guerra a un po' dopo la stessa. Poetico ma anche severo, è uno splendido film di "denuncia", perché non si dimentichino certe situazioni molto più diffuse di quanto si possa pensare...

Bellissime e stemperanti le tante canzoni, vera base della memoria della gente. E', quello del cantare insieme in allegria, un'abitudine che c'era anche in Italia, non solo nei campi delle mondine ma anche nelle osterie, locali, bastava un nulla dopo qualche bicchiere e si partiva. Ora s'è un po' persa...
Tra le interpretazioni, particolare elogio a Pete Postlethwaite. La figura del padre, infelice e violento, è stata quella che più m'è piaciuta.

Da vedere.

giovedì 14 gennaio 2010

Juha

1
Juha è un contadino. Brav'uomo in tutti i sensi, è sposato con Marja, ragazza molto più giovane di lui cresciuta in un orfanotrofio. Fine anni '60 inizi '70 più o meno, in Finlandia.

Shemeikka, uomo di città, auto sportiva, abiti eleganti, rimane in panne vicino la loro casa. Juha lo aiuta ma immediatamente questi insidia Marja, la vuole portare con sé. Shemeikka andrà via, e la sua visita sarà stata sufficiente a mettere a Marja i cosidetti grilli per la testa: comincia a leggere riviste di moda, a comportarsi come una donna "moderna", fumare, ecc... .
Shemeikka tornerà e stavolta Marja non avrà indugi. Purtroppo per lei, l'arrivo in città le riserverà amare sorprese: l'elegantone che l'ha sedotta non ha buone intenzioni...

Film in bianco e nero, muto e con le didascalie, proprio come i film d'inizio secolo scorso. Se non fosse per l'ambientazione metropolitana e qualche mezzo di trasporto o agricolo, si farebbe fatica a distinguerlo da un film di Chaplin. Proprio come allora, le recitazioni, le gestualità hanno maggiore enfasi per meglio risaltare sentimenti e situazioni, persino il cane sembra adeguarsi. Le musiche però, perfette anch'esse nel seguire l'andamento della trama momento per momento, non sono di solo pianoforte, ma sono più moderne ed orchestrali con alcuni richiami all'antico.

Io l'ho trovato dolcissimo e commovente, girato con grande cura, un'atto d'onore e gratitudine verso il Cinema che fu e che è bene non dimenticare.
E' anche stato un espediente narrativo per dare un messaggio forte e chiaro sull'amore per la vita semplice, contadina, fatta di sani principi e di lavoro onesto, contrapposta ad una città corrotta e corrompente.


Bellissimo.

Cube - Il Cubo

7
Horror fantascientifico estremamente claustrofobico, girato con pochi mezzi ma con una buona idea.

Delle persone si trovano rinchiuse, non sanno né come né perché, in una stanza cubica. Ad ogni lato del cubo un portello annette ad altri cubi. In molti di questi cubi sono presenti delle terribili trappole mortali, ma almeno una è "libera". Dopo qualche vittima si comincia a comprendere che dietro la macabra trappola c'è un gioco matematico e forse, con qualche altra informazione, si può immaginare la salvezza.

I caratteri e le personalità del gruppo sono molto diverse. Inevitabili, senza mangiare e senza dormire, in condizione di disperazione, degli alterchi.
La salvezza poi non è detto che la si desideri. Cosa ti aspetta se riesci ad uscire dal cubo?

Più che un cubo è una specie di incubo.
Film curioso e appassionante, un misto di Cnosso e Rubik, un quasi "minotauro" emergerà.
Merita la visione.

mercoledì 13 gennaio 2010

Bangkok Dangerous

0
Un killer sordomuto con 2 soli amici coetanei. Un ragazzo che lo ha istruito, addestrato alla professione. Una ragazza che lavora in un locale notturno e procura le commissioni da svolgere.

E' un killer fenomenale, preciso, freddo e spietato, infallibile.
Qualche flashback sulla sua infanzia ci aiuta a comprendere qualche ragione di tanto carattere e distacco. Per i suoi 2 amici darebbe la vita, ed anche per una dolcissima ragazza conosciuta in una farmacia.
I 3 formano una piccola banda che agisce al di fuori delle grandi gang, ma per una quasi-fatalità ci si dovranno scontrare...

Film d'azione di velocità supersonica, inquadrature che non conoscono sosta ed angoli fissi, musica ed effetti sonori perfettamente sincroni per ritmo ed intensità agli stati d'animo.
Adrenalina a mille! ...

Ma anche qualità di trama, originale e furba.
Questo genere di eroi che eroi non sono devono parlare poco, è prassi, e meno chiacchierone d'un muto non si può immaginare. Qui poi siamo di fronte ad un personaggio quasi privo d'ogni sensibilità umana, sensibilità che riserva solo ai personaggi citati e ad un finale, eccezionale!, che comunque non chiede né comprensione né perdono.

Cult da non perdere!

Film come questo non si rifanno. E' uscito un remake nel 2008 con protagonista Nicolas Cage che non posso giudicare, diretto dagli stessi fratelli Pang, ma la sensazione che mi possa deludere è forte.

Before the Devil Knows You're Dead - Onora il padre e la madre

4
Brevissima sinossi, pochi cenni per non rovinare la visione di questo film multistrato a chi non lo ha visto.
Due fratelli hanno gravi problemi economici. Andy è il maggiore e vive un apparente successo economico e familiare, in realtà è in totale declino, anche psicologico. Hank invece non ha mai avuto successo, separato, non riesce nemmeno a pagare gli alimenti. Andy ha un'idea e coinvolge Hank per realizzarla: una rapina ad una gioielleria che conoscono molto bene, un piano semplice ed incruento. Una rapina che farà del bene a tutti, così ha fatto i conti, compreso i loro genitori che sono i proprietari della gioielleria. Ma qualcosa andrà storto, e sempre più storto...

Anzitutto un Encomio Solenne, anzi due. Uno al regista, per le splendide scene che poi descriverò meglio. Un altro allo sceneggiatore straordinario, Kelly Masterson, che merita d'essere ricordato.

Sin dall'inizio la trama si percorre con una serie di flashback che s'intersecano, riproponendo scene viste precedentemente ma con la camera in altre angolazioni o giocando sulla contemporaneità vissuta da altri personaggi della storia. E' come se il tempo scorresse su una serie di parallelogrammi impilati uno sull'altro allineandone i lati obliqui, da sinistra a destra su ogni base e quando arriva in fondo alla linea orizzontale risalisse in diagonale all'estremo sinistro della base superiore per ripartire! (a furia di aiutare i figli a studiare geometria, ecco il risultato...).
Si ottiene un effetto meraviglioso di immagini che si sovrappongono. Ogni ripartenza è posteriore alla partenza precedente e va un po' oltre la fine. Godimento incredibile nel vederlo, attenzione sempre desta, la ripartenza chiarifica il pezzo precedente. Ripeto l'encomio per Kelly Masterson!

La trama, assolutamente da non svelare, è un vortice di degradazione, di abbruttimento della condizione umana, dal quale solo i morti escono indenni.

Regista e sceneggiatore già premiati. Bravissimi anche i 2 attori protagonisti. Il fratello minore, infantile ed immaturo, plagiabile è un perfetto Ethan Hawke. Il disincantato e tossico Andy invece è uno dei, mi sento di dirlo, più grandi attori viventi, adatto a mille sceneggiature ma in ruoli come questo è straripante: Philip Seymour Hoffman! Quanto vorrei vederlo all'opera con Linch o Von Trier...

IMPERDIBILE!

martedì 12 gennaio 2010

Palindromes

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Pronti via si assiste al funerale di una ragazza suicidatasi. Su cosa l'ha spinta a farlo ci sono solo voci, ipotesi.

A partire da questo momento, con brevi capitoli in successione, assistiamo alla vita della adolescente Aviva (palindromo letterale), alla sua ansia di diventare madre, di diventare felice con la maternità in un mondo che non le piace, a dei genitori che vogliono il meglio per lei e lo fanno pensando loro ciò che per lei e meglio.
Scapperà e durante la sua fuga farà diversi incontri, sempre cercando la maternità...

Il film è leggero e strano, col sapore della commedia acida come Happiness ma meno aggressivo, ritrae una bambina-ragazzina e forse per questo ha volutamente tempi più tenui ma la situazione non per questo è meno spietata.

Aviva, che si fa chiamare Henrietta come la bambina che le è stata negata, ha tante forme ed aspetti, un espediente che sulle prime distrae, pare si tratti di diversi personaggi, poi ne comprendi il senso: la trama è un viaggio nell'interiore dell'adolescenza femminile cresciuta in un ambiente la cui ipocrisia supera di molto il perbenismo esteriore e quindi l'esteriorità della protagonista stessa cessa di essere determinante. Strano ma genialmente metaforico.

C'è un finale e un prefinale.
Il prefinale è un dialogo secco e diretto tra Aviva e un suo amico durante una festa, dove c'è tutto il film che vi lascio interpretare: una sfida in campo aperto tra speranza di cambiare e fatalismo, questo il mio punto di vista. Si creerà il Palindromo Narrativo. L'ho trovato straordinario per la profondità priva di retorica, ottenuta comunque col linguaggio consono all'età degli interlocutori.
Il finale dolcissimo godetevelo.

Grande merito quindi a Solondz, che oltre a dirigere scrive i testi dei suoi film.
Non il migliore che ha fatto, ma sempre originale e curioso, stramerita la visione.

Caché - Niente da nascondere

7
Oppure, invece dell'ottimo titolo italiano (ogni tanto capita che lo sia), qualcosa da nascondere c'è?
La vita di una famiglia sostanzialmente agiata e felice, lui conduttore televisivo, lei scrittrice apprezzata, viene sconvolta da una serie di cassette recapitatele a casa, in modo anonimo. All'inizio ritraggono solo il portone d'ingresso, per ore. Poi cominciano a ritrarre altre situazioni e ad arrivare accompagnate da immagini disegnate, fondamentalmente un viso che perde sangue dalla bocca. Il messaggio comincia ad essere sempre più chiaro, ma una prova evidente e tangibile dei sospetti non si riesce a trovare. Nel frattempo emergono menzogne, segreti tenuti nascosti...

Stranissimo film dove non si viene a capo di niente o forse sì, ma temo di rovinare la visione a chi non l'ha visto...

E questo film, che ho trovato fantastico, stramerita di essere visto!
Molte le riprese effettuate in piano sequenza fisso, tipico della camera nascosta senza operatore, non solo quelle che vengono mostrate dalle cassette. E' come se a fare gli spioni siano proprio coloro che guardano il film, ed è quello che l'espediente fa accadere. T'immedesimi in un personaggio che non compare mai e che è l'elemento turbativo e alla fine pensi che Haneke, che ha fatto del "ti tiro fuori il peggio" una ragione filmica, anche stavolta ha colto nel segno, ti ha scoperchiato e lo ha fatto direttamente nella tua testa.

Non ti ha proposto delle situazioni scabrose che però vivi da terzo, e da terzo giudichi. Ti ritrovi a giudicare te stesso, quanto sei morbosamente "guardone"... geniale!

Attenzione al finale, il continuum scioccante, dove l'infamissimo regista (eh sì eh! lo devo dire, pur con grande affetto!) gioca anche su una sorta d'illusione ottica.

Assolutamente da non perdere!

lunedì 11 gennaio 2010

Welcome to the Dollhouse - Fuga dalla scuola media

2
Dawn è il ritratto della bruttina complessata, non gli manca uno solo dei connotati fisici e psichici del ruolo. Bruttina, a scuola la chiamano rospo, la evitano a mangiare, la maltrattano in ogni modo. In casa non va meglio, la madre ha occhi e sentimenti solo per la graziosa ma bastardissima sorellina più piccola, per il padre è come se non esistesse. Ovviamente s'innamora del ragazzo più ambito dalle ragazzine che, pur trattandola inizialmente con cortesia, non se la caga minimamente, ecc... ecc... non mancano ingiustizie subite a scuola.
La povera e dolce Dawn, tollerante ed intelligente, che si rifà con patetiche quanto inefficaci piccole vendette sulla massa enorme di suoi aguzzini, praticamente la totalità delle persone comprese nelle sue relazioni sociali, è sempre in bilico tra un "rimango in questa città e scuola di schifo" oppure "me ne vado e mando tutto affancuore". Ha qualche amico, ma...

Tragicamente divertente, non saprei come altrimenti definire questo originalissimo film. Assolutamente da vedere!

E sparata la sentenza, vorrei dire 2 parole per sottolineare un aspetto colto da Solondz con lucida intelligenza.
I "brutti" raramente sono solidali fra di loro. E' vero.
Chi si sente tale cerca continuamente di essere accettato nel club dei "belli" o "normali" e la comunanza coi pari di condizione è conferma della loro condizione, li ghettizza ulteriormente e riduce in modo irreparabile le possibilità d'ingresso nel club.

Ripeto: ottimo film.
Molto più significativo il titolo originale di quello italiano.

Rosemary's Baby

21
Rosemary e Guy sono una giovane coppia. Lui è un attore di modesto successo, che fatica a prendere parti di alto livello ma guadagna a sufficienza per permettere ad entrambi un bell'appartamento in una zona "storica" di New York. Purtroppo per loro quella zona, proprio il palazzo dove vanno ad abitare, è storicamente noto per fatti di cronaca nera, molto nera.

I vicini Castevet, due anziani particolarmente brillanti, non tardano a fare conoscenza. Lui è piuttosto sinistro, personaggio ammaliante, lega tantissimo con Guy che comincia a frequentarlo spesso. Lei invece s'introduce in continuazione nella loro vita di coppia, fa un sacco di domande che superano abbondantemente i limiti del discreto. Questi comportamenti, uniti alle note storie noir del palazzo, cominciano a far nascere dei sospetti a Rosemary.
Quando resterà incinta, con uno stranissimo concepimento avvenuto mentre lei era svenuta, la presenza dei Castevet si farà asfissiante e accadranno parecchi fatti che definire coincidenze diventerà sempre più difficile...

Due ore di costante e continuo dubbio sulla realtà della situazione, sempre in bilico: Rosemary è pazza o realmente c'è una congiura satanista stregonesca ai suoi danni, alla quale collabora anche il marito? E' la stessa donna a chiederselo, ma quando ha una certezza subito qualcosa glie la smonta, per poi vedere rinascere il dubbio, tra situazioni vissute ed altre sognate, o apparentemente sognate.

Film Eccezionale ed Imperdibile!
Ha alzato tantissimo nel mio score le quotazioni di Polanski, tra il quinto e sesto cielo direi.
Mia Farrow da encomio.