lunedì 31 luglio 2006

E Johnny prese il fucile

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Ci sono tanti film che, in un modo o nell'altro, parlano della guerra. Tra di essi si annoverano capolavori assoluti, che è inutile ora mi metta ad elencare.
Ve n'è di diversi tipi, da quelli d'azione a quelli di denuncia, dagli introspettivi a quelli politici.... tantissimi, legati spesso a "quella particolare guerra", il più delle volte.

Film che parlano e denunciano l'orrore della guerra in quanto tale, in quanto evento che, a prescindere dalle cause scatenanti e dai contesti socio-politici, causa sofferenze inaudite sia ai civili che ai militari, e lo fanno con una potenza, con una forza espressiva grandiosa come questo, ce n'è pochi, pochissimi.

Ma intanto c'è un film da raccontare "dietro al film" e al libro che lo ha originato. (gli omissis servono a non svelare troppo la trama)
Dalton Trumbo, scrittore antifascista e sopratutto antimilitarista, americano, scrive nel 1938 il libro "E Johnny prese il fucile", uno straziante romanzo contro la follia della guerra ispirato ad un fatto realmente accaduto. Il libro uscì nel ’39, quando ormai gli americani stavano per intervenire nel secondo conflitto mondiale, ma dopo l’episodio di Pearl Harbour fu ritirato dalle librerie ed occultato ai più. Dal 1945 ricomparve nelle librerie ed andò a ruba ogni volta che l’America entrava in guerra con qualcuno. Corea, Vietnam, ogni volta rientrava in circolazione come un manifesto\monito sulla carneficina folle a cui lo “Zio Sam” andava avvicinandosi per esserne investito e destabilizzato. Lo scrittore Dalton Trumbo ne fece il progetto della sua vita, tanto che dopo essere stato messo in prigione durante il “maccartismo” (Trumbo era iscritto al partito comunista americano) insieme ad altri nove sceneggiatori e registi di Hollywood, dopo aver continuato a fare lo sceneggiatore segretamente ad Hollywood sotto pseudonimo o senza essere accreditato nei titoli, dopo aver ricevuto 17 porte in faccia da produttori e registi, nel 1971 esce il film "E Johnny prese il fucile" da lui stesso sceneggiato e diretto, all’avanzata età di 66 anni. Già nel 1941, Trumbo ne aveva realizzato un adattamento per la radio, con la voce narrante di James Cagney. La storia è la seguente: il giovane diciannovenne John Bonham parte per la prima guerra mondiale. Nel Colorado lascia la famiglia e la fidanzata Karen. Viene mandato sul fronte francese, ma l’esplosione di una bomba ... ... Quando nel 1971 il film fu presentato a Cannes, inizialmente venne scartato dalla programmazione, poi a seguito di clamorose proteste fu proiettato ed ottenne un buon successo. Nella trasposizione dal romanzo al film, Trumbo riesce solo in parte a tradurre l’interiorizzazione di John che caratterizzava fortemente il libro. Questo perchè le strazianti numerose pagine in cui John si rendeva lentamente conto della propria situazione sono state “ristrette” ad una ventina di minuti di film, concentrati nella parte iniziale del film. Anche l’utilizzo della voce – off per spiegarci le sue sensazioni e le sue riflessioni non è certo il massimo (anche se, dato lo stampo letterario del film, non si poteva proprio evitare o trovare soluzione meno “distaccata”). Notevole invece l’inserimento delle visioni e degli incubi di John, sequenze oniriche e di stampo surrealista, eccessive e simboliche, con attacchi alla religione ed alla scienza, così come è notevole la scelta di utilizzare il bianco e nero virato per le sequenze dell’ospedale ed il colore per i ricordi e le visioni di John. Anche il linguaggio è fine alla narrazione, i movimenti di macchina sono quasi assenti e invece numerose sono le inquadrature fisse e semplici. Il film è, riassumendo, un ottimo esempio di cinema pacifista ed antimilitarista, un atroce messaggio che, pur trattando un tema così delicato, non cade nel patetismo e nel ricatto emotivo nei confronti del pubblico. Quello che Trumbo prende di mira è il sistema militarista in cui viviamo, un sistema in cui come dice il padre di John, la democrazia è tenuta insieme dai giovani che si uccidono mentre i vecchi stanno a casa a tenere acceso il focolare. La natura rabbiosamente antifascista e pacifista del libro, porta Trumbo a giustificare la partenza di John per la guerra come se il ragazzo fosse stato spinto, da tutto il sistema che lo circonda, a compiere un dovere ed un atto di libertà e di patriottismo. Nei ricordi di John troviamo un panettiere che spinge il ragazzo ad arruolarsi (nella notte di natale), una conferenza che spinge all’arruolamento, una predica in chiesa durante la quale si loda chi spinge guerra al nemico e compie sacrificio di sé, ed addirittura troviamo un padre che dice che per la democrazia un uomo deve dare anche l’unico figlio che ha. Sono tutti pedine, così come i militari ed i medici, pedine di un sistema feroce ed assuefatto alla follia della guerra. Non ci sono buoni o cattivi, cattivo e malsano è tutto quello che li muove. Alcune curiosità: in Italia il film è uscito nell’estate del 1975 e non l’ha visto nessuno; alcune parti del film sono state utilizzate per il video musicale della canzone “One” del gruppo Metallica.

In Italia, quando uscì, non lo vide nessuno.
Io lo vidi per la prima volta molti anni fa, su Rai3, quella Rai3 ora ricordata come TeleKabul, quella che non se ne fregava un cazzo del papa, della dc e del pentapartito, e in quasi totale indipendenza trasmetteva di tutto.
Quando lo vidi, dicevo, ne restai sconvolto. Un marchio impresso a fuoco nei miei valori, nella mia morale e gli effetti si vedono (ahimé, anche quelli negativi, ovviamente). Ma non sapevo nulla di quanto quotato sopra.

La vita di Dalton Trumbo ha avuto un grande "senso": produrre questo film. Avete letto cosa c'è voluto per farlo? Avete letto quante persone ha influenzato e in che periodi le vendite aumentavano?
Era il suo primo film, in età non certo tenera, ma realizzò il sogno di una vita, e queste cose mi riempiono d'ammirazione. Fu umile e chiese consiglio, come ho letto da altre parti. Lo aiutò, senza richiesta alcuna di essere citato, Luis Buñuel, grande maestro che adoro e che compare non poco in questa sezione... non poteva scegliere di meglio.
Onore e Gloria eterna a Dalton Trumbo! E pure a Luis Buñuel, certo.

Trama e Considerazioni Personali:
Joe parte per la Francia durante la prima guerra mondiale. Lascia la ragazza, una madre e 2 sorelle dopo il recente lutto del padre. E' di estrazione povera e infatti andrà a combattere nelle prime linee.
Durante un'azione viene investito dalla deflagrazione di una bomba da cannone, molto vicina a lui, che lo ridurrà in condizioni disperate. Perderà entrambe le braccia, entrambe le gambe e parte della testa, perdendo mascelle quindi bocca e lingua, e anche gli occhi e le orecchie.
Che "tronco" di uomo è diventato? Impossibile immaginare di vivere in quel modo, eppure sopravvive a tanta devastazione e comincia a pensare, ricordare, rivivere gli avvenimenti... come scritto prima. Un esperimento scientifico di fatto, una vita che non si esprime in alcun modo.
La parte iniziale, dove lui prende coscienza del suo stato, è impressionante. Dopo segue tutta la sua vicenda di "pensatore", ché altro non può essere.
Sarà una sequenza di situazioni che spiegano, giustificano l'andare in guerra, la cultura che porta a ciò, ma nulla può risultare più convincente, nulla, a un uomo nelle sue condizioni.

Come c'è scritto sopra, cosa che mi ha sconvolto, il romanzo, e quindi il film, sono ispirati a una storia vera.
QUANTI JOE HANNO PRODOTTO LE GUERRE? incalcolabile.
Il suo è un caso limite, diciamo magari che 1/1.000.000 tra i feriti di guerra può trovarsi in quelle condizioni. Da encarta risultano, solo nella prima guerra mondiale, 8.538.315 morti, 21.219.452 feriti, 7.750.919 prigionieri o dispersi. Almeno 21 casi come Joe ci possono essere stati, e innumerevoli mutilati multipli, che avrebbero magari preferito stare nelle statistiche dei morti.
Nei titoli di coda si citano statistiche redatte fino al 1914. Dicono che le guerre hanno prodotto, fino a quell'anno, 80mln di morti e 180mln tra feriti e dispersi... 180 Joe. E le guerre successive? Solo a Stalingrado, fra il '42 e il '43, ci furono 1mln di morti russi, più i tedeschi.

Sarà possibile avere a cuore questi orrori senza che si debba diventare tutti dei "joe"? Le guerre, anche quelle di oggi, non sono diverse. Non facciamoci ingannare da quelle "miserie" d'informazioni che ci danno in televisione.
Anche Tolstoj racconta di vari "joe", visti da lui personalmente nella "guerra di Crimea", tra turchi e russi (e alleati vari da ambo le parti) alla metà dell'800. Lui era un giovane ufficiale allora, che non disdegnava prime linee o visite agli ospedali... racconta orrori indicibili. Aggiungo una curiosità: dall'altra parte del fronte una giovane e ricca donna inglese iniziò la sua attività d'infermiera fino ad allora inesistente, che portò alla fondazione della croce rossa. Era Florence Nightingale. Curava tutti senza distinzioni e con la stessa attenzione. Non aveva amici o nemici.
Curioso vero? Tolstoj da una parte e la Nightingale dall'altra...
...

Alla fine del film, grazie alle cure amorevoli di una infermiera, Joe riuscirà a comunicare con i militari dell'ospedale, e farà richieste precise. Sarà ignorato, spaventerà tutti e preferiranno non ascoltarlo, far finta che non è possibile che quel fagotto sia ancora un uomo.
Tranne l'infermiera...

domenica 30 luglio 2006

Eraserhead - La mente che cancella

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Un vero incubo questo film. Nel senso che, secondo me, è proprio la rappresentazione di un incubo, altre spiegazioni non riesco a dare a questo film, che più surreale non potrebbe essere.
Il film è composto sostanzialmente da immagini forti, casuali, surreali, di difficile interpretazione. Il plot essenziale e la musica caotica, a tratti un rumore quasi "industriale", lo rendono insopportabile e affascinante nello stesso tempo.

Criptico all'inverosimile, la spiegazione risiede forse nel fatto che è una rappresentazione onirica di paure e inquietudini, perché è quello l'effetto che si prova guardandolo.
Ho avuto la sensazione che fossi io, spettatore, lo scopo del film, nel provocarmi orrore e turbamento, visto che trama, storia non ve n'è minimamente.

(by klausschulze)

Volver

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Con protagonista una bravissima e bellissima Penelope Cruz, Almodovar ci racconta una storia di provincia, che nasce e muore nelle campagne spagnole e che, come al solito, vede altre protagoniste, tante donne con le loro piccole storie, mentre gli uomini sono poco più che comparse.

Intrighi, piccoli misteri, delitti, tutti avvengono o si scoprono pian piano mentre la vita quotidiana, in parte a Madrid in parte al paesello, continua, deve continuare, a scorrere normalmente. Difficilissimo citare parte della trama senza poi togliere gusto alla visione, perché fatti eclatanti avvengono già nei primi minuti del film anche se poi, nel proseguio, si viene a conoscenza di cose ancora più sconcertanti.

Un film veramente molto bello.

Le mani sulla città

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Film del progetto "100 Film italiani da salvare".

"I personaggi e i fatti qui narrati sono immaginari, è autentica invece la realtà sociale e ambientale che li produce".
Con questa frase che non lascia dubbi Francesco Rosi termina il film, unico titolo di coda su uno scenario urbano quasi irreale nelle fattezze, pur ritraendo la sua amata città natale dall'alto: Napoli.

Il film ruota intorno alla figura di un palazzinaro senza scrupoli, tale Nottola, che è anche consigliere comunale di destra. A un mese dalle elezioni amministrative un cantiere del Nottola procura in un vicolo storico di Napoli un crollo, con morti e feriti. Ne nasce un'inchiesta, sia della magistratura sia dell'amministrazione, fortemente voluta da De Vita, della sinistra all'opposizione. Nottola sarà abbandonato dal partito di destra ma verrà accolto da quello di centro, si farà rieleggere...

Storia tremendamente vera e attuale. Chissà a Venezia, quando premiarono il film, quanti politici l'han visto e cosa hanno pensato, sarei curioso di sapere.
Tutta la storia permette di addentrarsi in quei meccanismi che tutti bene o male conosciamo ma vediamo solo dal di fuori. Ogni cosa si spiega, ogni inciucio o, come dice De Vita, OGNI PATERACCHIO!, trova una sua, politica, ragione.

Film straordinario

sabato 29 luglio 2006

Pulp Fiction

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Difficile parlare di trama con questo film.
Sono episodi, legati alla malavita a Los Angeles. Quella "organizzata", principale protagonista del film, s'incrocia con quella "comune", in un caleidoscopio di violenze quasi sempre volute, altre volte perverse e pure, altre volte, fortuite, ma in ogni caso sempre di violenza, droga e sangue si parla, elementi che paiono costituire la linfa vitale nel sottobosco della città.

Regia, musiche, attori... tutto a livelli eccelsi e con la "impronta" di Tarantino.
E' un film cult, da visione obbligatoria.

F.F.S.S. Cioè: "... che mi hai portato a fare sopra Posillipo se non mi vuoi più bene?"

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Film di satira e comicità demenziale. Prende in giro tanti stereotipi, dalla "nebbia che si taglia col coltello a Milano" ai "politici attaccati alla sedia che risolvono tutto a tarallucci e vino", e tanti altri. Le scene sono fuor di metafora, quindi vedrete una nebbia fittissima con uno che cammina col coltello e il vino coi tarallucci servito veramente ad una riunione informale del pentapartito.
Vi ho citato un paio di casi, tanto per darvi un'idea.

F.F.S.S. = Federico Fellini Sud Story. Arbore e De Crescenzo, registi del "film nel film", trovano maramaldescamente un copione del famoso regista e ci fanno il film che stavano progettando. La storia ruota intorno a Lucia Canaria, cantante affetta da "napoletanite" che "si nun canta more", e al suo "managerre" interpretato da Renzo Arbore.

Tantissime le scene famose. Tante le apparizioni di personaggi del cinema e della tv dell'epoca.
Non so dire quanto può essere aprezzato dai giovanissimi, ma per noi "vecchietti" è un cult.

Parole, parole, parole...

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Film particolarissimo, leggero, divertente e interessante. Ha vinto, con merito, diversi premi tra cui un importante riconoscimento a Berlino.

La particolarità sta nell'uso di brevi brani tratti da canzoni (tra cui anche, appunto, "parole parole parole", cantata in francese però), utilizzati in playback dai protagonisti in sostituzione di brevi parti dei dialoghi. Il testo del brano cantato è fondamentale e funzionale al film, e compare tradotto in calce alle immagini.

Si svolge interamente a Parigi ed è la storia di diversi personaggi, delle loro piccole meschinità, debolezze, desideri e depressioni. Tra di loro, in modo fortuito, si creano diversi intrecci legati ad interessi o sentimenti, che uniti alle loro esperienze passate contribuiscono a creare le "diverse storie in una".

Film molto bello e originale.

venerdì 28 luglio 2006

Finalmente domenica!

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Nella provincia di Marsiglia un agente immobiliare (Jean-Louis Trintignant) si ritrova accusato prima dell'omicidio dell'amante della moglie, poi di altri omicidi che appaiono da subito legati al primo. Sospettato numero uno dei delitti, si nasconde per evitare un inevitabile arresto e per tentare da sé d'indagare. Troverà nella sua segretaria (Fanny Ardant) una insospettabile e zelante collaboratrice nelle indagini.

E' l'ultimo film di Truffaut, che colpisce per il bianco e nero vecchio stile, quasi a farlo sembrare un vecchio giallo americano. Forse è stata proprio questa l'intenzione del grande regista, che non ha certo prodotto la sua migliore opera ma sicuramente si deve essere molto divertito.

giovedì 27 luglio 2006

La pelle

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Sono ancora pervaso da un'emozione fortissima...

C'era un film che avevo visto parecchi anni fa, del quale ricordavo la storia per sommi capi e soprattutto la scena finale, vero suo simbolo, ma non c'era verso di ricordarsene il titolo né di riuscire a reperirlo. Anche i miei cari "maestri" di cinema non sapevano aiutarmi e cominciavo a pensare che magari erano immagini tratte da uno sceneggiato, o qualche vecchia fiction (una volta erano di alta qualità, n.d.r.), invece...

Oggi ho trovato la chiave giusta per google ed anche la pazienza necessaria. Era un'ossessione per me ormai.
Ed eccolo qua, finalmente, "La pelle", questo film incredibile, tratto dal romanzo omonimo di Curzio Malaparte e magistralmente diretto da Liliana Cavani.

La memoria però non m'ingannava sulla qualità superlativa del film!
Siamo a Napoli, nel Marzo del 1944, dopo la famosa insurrezione che fece sparire i tedeschi già prima dell'arrivo degli americani e poco prima della famosa eruzione del vesuvio che causò morti (circa 50) nella zona sud-vesuviana.
Il film non parla di guerra, d'azione, di militari imprese. Parla del brulicante sottobosco che la guerra produce e dell'inferno a cui porta, sia vinti che vincitori, con la morte sempre presente nelle menti delle persone, una specie di "angelo nero" che incombe in ogni momento. La morte non arriva più da proiettili o granate, ma dalla fame, e questo bisogno primordiale porta ad ingegnarsi ogni espediente, stratagemma, per poter sopravvivere.
La tentazione di raccontarvi qualche scena di quest'opera, che meriterebbe d'essere ricordata a memoria, passo passo, immagini e dialoghi, è fortissima. Si viene bombardati, con una naturalezza e un realismo che lasciano sgomenti, da una quantità di messaggi, lezioni di vita, sentimenti, che è descrivibile appunto analizzando con calma, scena per scena, tutto quanto accade.

Parlare del cast, con un Mastroianni al solito bravissimo e anche altri attori bravi e importanti, è banale di fronte alla storia di una tale forza espressiva. Bisogna però ringraziarli perché hanno reso onore a un film grandioso.
Occorre tener presente che i personaggi sono inventati ma i fatti sono tutti veramente accaduti e non sono leggende. Malaparte fu giornalista prima che scrittore e ufficiale dell'esercito che operò con le forze alleate durante la liberazione. C'è di che fidarsi.

La città di Napoli e i napoletani stessi hanno collaborato alla realizzazione del film, come i titoli di coda dicono per ringraziare, e devo veramente dire che, nelle mie vene dove scorre sangue campano doc, è tutto un bollore di orgoglio, in questo momento.

Nel film si farà in tempo a vedere la parata trionfale d'ingresso a Roma e lì si svolgerà l'inatteso finale, che mi sono sognato spesso.

La seconda guerra mondiale è lontana, certo. Anche il film non è recentissimo.
Vi stupirete di quanto attuali sono però gli avvenimenti se rapportati ai tempi nostri. C'è persino (e dico "persino") una scena divertente dove un capo-camorra si mette in punta di piedi per non sfigurare con l'altezza del generale americano in una foto che li ritrae entrambi... certe volte...

martedì 25 luglio 2006

Deliverance - Un tranquillo weekend di paura

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Titolo originale significativo: Deliverance.

Quattro amici decidono di trascorrere un weekend a bordo di 2 canoe, su un fiume. Non un fiume qualsiasi, ma uno che è destinato a scomparire con tutta la sua vallata da lì a pochi mesi causa la costruzione di una grande diga.
Le cose appaiono da subito un po' strane. Le persone che trovano sul luogo, estremamente isolate dal resto degli usa, non sono proprio amichevoli e manifestano da subito certe "particolarità"...

Sarà una gita da incubo. Tantissima suspence e tanta crisi per ideali e morali.
Un ritratto impietoso e crudissimo di una realtà americana.

Film molto ben girato e cast di primordine.
Colonna sonora da non perdere, con un pezzo di virtuosismo di Banjo, Dueling Banjos, che lascia esterrefatti.

Rumori fuori scena

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Cosa succede veramente dietro le quinte di un teatro? Cosa fanno gli attori di teatro dietro le quinte mentre aspettano di entrare in scena e tra una scena e l'altra? Questo film vi darà tutte le risposte che cercate, insieme a molte grasse risate.
Il film è diviso in tre parti. Nella prima vi sono le prove del teatro immediatamente precedenti alla prima; nella seconda vedrete il dietro le quinte durante una rappresentazione teatrale; nella terza vedrete l'opera finale.

Una commedia che fa ridere molto, con intelligenza ed ironia verso il mondo del teatro, senza niente di demenziale né comicità banale.
Solo e semplice teatro.

(by paperluca)

lunedì 24 luglio 2006

Casablanca

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Nella seconda guerra mondiale, Casblanca è il centro della zona neutrale africana. E' una città di transito tra i paesi in guerra e la prospettiva America, chi è in fuga, deve necessariamente passare da lì.

U Turn

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Un giovane, in Arizona, va in panne con la macchina e s'infila in un paesino nel deserto, posto più vicino per fare la riparazione. E' chiaro fin da subito, dal bizzarro meccanico che in questo paese non troverà persone e situazioni molto "normali", così come lui non lo è e ha non poche cose da nascondere.
Forse, come dice un attore da piccola parte, "... chi vive in un posto come quello, nel deserto, proprio normale non può esserlo". Al giovane malcapitato sembrerà di vivere in un manicomio, effettivamente, e non ci sarà proprio verso d'andarsene da quel paese, che lo ingabbierà.

All'inizio, con la serie di equivoci e stranezze, il film pare essere solo divertente, poi invece assume i connotati di uno psico-triller con un grande crescendo di situazioni sempre più equivoche e inattese e un finale continuamente stravolto.

Bellissimo.

domenica 23 luglio 2006

La fortezza nascosta

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Stupenda storia medioevale giapponese, magistralmente diretta e ricostruita da Kurosawa con il solito, bravissimo, Toshiro Mifune.

E' un'avventura che coinvolge un generale, una principessa e 2 contadini. Il clan della principessa è stato distrutto da uno rivale. Lei è miracolosamente sopravvissuta grazie appunto alla fortezza, ma occorre portare lei e l'oro salvato dalle razzie in un territorio amico per poter rifondare la dinastia. Per fare questo occorrerà attraversare, sotto mentite spoglie, proprio il territorio nemico e non sarà certo una passeggiata.

Avventure varie, momenti esilaranti, diverse ricostruzioni storiche di eventi popolari rendono il film, seppur molto lungo, entusiasmante.

Oblomov

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Bravissimo Mikhalkov a interpretare correttamente il discusso romanzo di Goncharov (1859). Non era semplice, o forse la penso così solo perché la sua visione di Oblomov corrisponde a quella che ebbi anch'io quando lessi il famosissimo romanzo.

A prima vista Oblomov è solo un pigrone.
Piccolo aristocratico russo, vive a Pietroburgo in un piccolo appartamento con un vecchio domestico particolarmente pasticcione (personaggio divertentissimo). Dorme il più del tempo, ogni più piccola incombenza costituisce motivo di patemi e riflessioni lunghe e viene risolta, il più delle volte, con dei rinvii. Solo le visite di Andrej, suo compagno d'infanzia e ai suoi antipodi comportamentali, lo risvegliano ogni tanto, non senza forzature, dal cronico torpore.

Durante una di queste visite Oblomov conoscerà Olga, una dolcissima ragazza che dopo l'ennesima partenza di Andrej per l'estero si occuperà di lui facendolo studiare, leggere, passeggiare e soprattutto facendolo dormire molto meno.
Cosa non può fare l'amore... ma la "vera" natura di Oblomov riemergerà e...

Come detto, Oblomov non è semplicemente un pigro. O meglio, la sua forma di pigrizia è un po' particolare, al punto che si parla, in psicologia, di "oblomovìsmo", di una tendenza all'inazione e all'apatia. Oblomov però non è nemmeno solo questo. Lui in realtà è anche un piccolo filosofo e soprattutto una persona che ha conservato l'innocenza fanciullesca e soffre particolarmente per la mancanza di sincerità e purezza che pervade la società. Non capisce perché si debba affannare negli affari, negli incontri mondani, nei pettegolezzi, ecc..., solo per essere uomo di mondo, ricco e rispettato. A lui di queste cose non importa nulla.

Il film mette bene in risalto questo che, secondo me, è anche lo spirito del romanzo, che certo non esalta la figura dell'apatico Oblomov, ma nemmeno la condanna su tutta la linea. Tutti coloro che hanno modo di parlare con lui, di approfondirne la conoscenza, in qualche modo se ne innamorano... perché?

venerdì 21 luglio 2006

Fuori orario

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Tutto si svolge in una notte.

Un programmatore di computer si trova, per vicende casuali, nel quartiere Soho a New York, popolato da artisti che appaiono come una sorta di comunità folle. Lui, persona regolarissima fino a poche ore prima, si troverà a vivere situazioni demenziali, drammatiche, esilaranti, in un crescendo di equivoci che si rincorrono tra loro.

Gran bel film, molto particolare.

giovedì 20 luglio 2006

Prima pagina

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La coppia Jack Lemmon e Walter Matthau è di per sé garanzia di risate e divertimento. Quando poi c'è Billy Wilder a dirigerla...

Matthau è il direttore di un quotidiano di Chicago e Lemmon il suo più importante giornalista e reporter. Tutto il film, ambientato negli anni '20, ruoterà intorno alla esecuzione di una condanna a morte e al desiderio del giornalista, osteggiato con ogni mezzo dal direttore, di emanciparsi da una professione totalizzante per dedicarsi alla nuova fidanzata (Susan Sarandon) e a sposarla.

Gags, battute, tutto a grande ritmo... molto bello.

mercoledì 19 luglio 2006

Orwell 1984

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Diciamolo senza incertezze: Radford non è Truffaut. Quello che il grande regista francese ha saputo fare con Fahrenheit 451, il romanzo di Ray Bradbury del 1951, non è riuscito all'inglese nell'anno omonimo al capolavoro di George Orwell, 1984, scritto invece nel 1948 e che sicuramente incise parecchio su Bradbury.

Senza conoscere il romanzo il film risulta sicuramente pesante, criptico e inutilmente lento. Con il romanzo sul groppone se ne apprezza invece la fedeltà al testo e al "clima ambientale" del romanzo originale, così come l'aver saputo inserire nella sceneggiatura alcuni dei passaggi più belli e significativi. Corretta l'enfasi rivolta alla parte finale della storia, utilizzata per approfondire i concetti del romanzo e per rendere più cinematograficamente interessante la vicenda.
Insomma, un film poco più che sufficiente, che però non ha distrutto il romanzo.

Non sto qui a riportarvi la storia di Winston Smith per semplici ragioni.
Il film è quasi inguardabile se non si conosce il romanzo, come detto, quindi se lo avete letto è inutile che ve ne parli, mentre se non lo avete letto... correte immediatamente in libreria ad acquistarlo!
Viviamo in un mondo in cui si sente sempre parlare, anche se spesso a sproposito, di "orwelliano" e "grande fratello". Se non volete bervi tutto come oro colato da bocche più simili a cloache che a sorgenti di saggezza, è fondamentale leggere questo romanzo, anzi aggiungo che è bene leggere a titolo propedeutico e sempre scritto da Orwell "La fattoria degli animali", del 1945.

Vi garantisco che sarà una lettura che cambierà drammaticamente il vostro modo di leggere un giornale, guardare cinema, tv, ascoltare radio e, più in generale, cambierà il vostro modo di assorbire notizie ed informazioni dai media e pure da parenti e conoscenti.

STATE ATTENTI PERO'!
Agli spiriti liberi tocca prima o poi la stanza 101...
Chi invece sceglie la strada della opinione comune, del consenso, della pace mentale, dell'anestesia intellettuale, delle tradizioni inculcate, delle verità assolute o rivelate, può star tranquillo che non corre alcun rischio...
...salvo, forse, sentirsi una merda umana in punto di morte, quando, solo con sé stesso, le finzioni crolleranno, le maschere svaniranno e il rincoglionimento dai fenomeni collettivizzanti cesserà d'agire.

Miriam si sveglia a mezzanotte

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Questo film m'è piaciuto veramente molto, anche se non amo il genere horror.

E' semplicemente la storia di una donna a New York (Catherine Deneuve) con il segreto dell'immortalità, la quale però per alimentarsi deve nutrirsi di sangue umano da sui amanti. S'imbatterà per motivi vari in una dottoressa (Susan Sarandon) che studia le cause che provocano l'invecchiamento precoce, e da lì... .
Molto interessante la parte, diciamo, tecnico-scentifica.

Cruenza e violenze varie, unite a uno splendido montaggio, regia e fotografia (il film si svolge quasi tutto in plumbei notturni) non fanno mai perdere di vista il mistero della vita, dell'orologio interno che in ogni essere umano ne regola la durata... veramente bello.
Visto quanto accade, la voglia di vivere eternamente te la fanno proprio scappare.

Encomio particolare per le musiche, sia per quelle classiche e d'opera utilizzate, sia per il "dark-pop alla Lou Reed" (non saprei come definirlo meglio) delle scene più toste. In realtà a cantare è David Bowie, che è anche attore nel film, e canta proprio come Lou Reed (non a caso all'inizio della sua carriera ne era un suo corista, vedi album di L.R. "Transformer").

M.A.S.H.

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La storia, un poco seria e molto grottesca, anche se per nulla irreale, si svolge durante la guerra in Corea, in un ospedale da campo americano dietro le prime linee.
Richiamati al servizio da esigenze militari, 2 chirurghi particolarmente libertini e goliardici (Donald Suherland e Elliot Gould), tra un intervento sanguinoso e un altro, sempre sul filo del rasoio, altro non riescono a fare se non cercare di godersi la vita nel miglior modo possibile, combinandone "di ogni".

E' un film particolarmente famoso e divertente.
Molte scene e battute sono spesso citate, ma mi astengo da fare spoilers se possibile. Dico solo che Altman, che è un grande regista, ha reso appunto le cose non solo divertenti ma anche realistiche, come detto. I 2 chirurghi, indispensabili all'esercito, si permettono e concedono comportamenti anti-militareschi impossibili per chiunque altro e la cosa può essere plausibile. In "macelleria" (sala operatoria) si vedono e fanno cose inaudite e con questa visione di nicchia della guerra Altman ci ricorda della sua presenza in tutta la sua cruenza. Inevitabile una certa dose di cinismo e di voglia di distrazione in quei chirurghi.

lunedì 17 luglio 2006

Quarto Potere

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Non credo serva a molto parlarvi dell'attualità che ha questo film (basta vedere come appena Kane perde le elezioni stampa sul giornale "Broglio alle Elezioni!"), perché il quarto potere esiste, e consciamente o inconsciamente lo accettiamo, così come accettiamo di essere al mondo, è la società, ma meglio non andare a parlare di filosofia.
Non voglio nemmeno parlarvi dell'innovazione tecnologica che aveva portato con quel film Welles, introdotti i campi lunghi a fuoco con i primi piani etc...

Ecco forse la recensione migliore la fa proprio François Truffaut in questa frase:
"Questo film lo abbiamo amato totalmente perché era un film totale: psicologico, sociale, poetico, drammatico, comico, barocco. Citizen Kane è nello stesso una dimostrazione della volontà di potenza, un inno alla giovinezza e una meditazione sulla vecchiaia, un saggio sulla vanità di ogni ambizione umana e contemporaneamente un poema sul decadimento e, dietro tutto questo, una riflessione sulla solitudine degli esseri eccezionali, geni o mostri, mostruosi geni."

Che dire di più? Forse nel 21esimo secolo sono tutte cose già viste, eppure pensare che questo film potrebbe competere con qualsiasi film d'oggi mi fa pensare che al cinema d'oggi serva un po' di innovazione vera.

Solo un visionario senza peli sulla lingua come Welles poteva produrre un film del genere.
Stranissima l'assoluta mancanza di retorica o frasi ad effetto. In un film del genere, soprattutto nel finale, non ne mancherebbero i pretesti. Tutto si vive molto realisticamente.

(by paperluca)

venerdì 14 luglio 2006

Taras Bulba il Magnifico

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La lettura del Taras Bulba di Nicolaj Gogol è ancora oggi fonte d'ispirazione per molti grandi personaggi, per chi, pur tra violenze inaudite, vuole leggere storia di onore, fierezza, fedeltà alla religione e alla fratellanza in un popolo.

Gogol, ucraino legato alle proprie origini, che non risparmiò satira alla decadenza zarista russa nell'800, quando visse, dedicò questo suo romanzo epico alle sue origini, ai cosacchi Zaporoghi dell'Ucraina, terra di steppe e paludi, confine dell'impero russo con polacchi e turchi. Taras Bulba, storia inventata, è un insieme di leggende e miti di quei cosacchi che vivevano sulle rive del fiume Dniepr, alleati e nemici di tutti e di nessuno, fierissimi e anarchici, capaci di violenze gratuite spaventose (come i prodrom nei confronti degli ebrei, veri e propri saccheggi di beni e donne) e al tempo stesso sprezzanti della morte, capaci di dare la vita per la fede, per la fratellanza o per una parola rivolta loro impropriamente.

Taras, combattente di ferocia tale da imbarazzare i cosacchi stessi, manda i suoi 2 figli (dopo essere stato tradito e sconfitto dai polacchi) a Kiev a studiare, proprio dai polacchi, "...per conoscere meglio chi poi dovranno combattere". Torneranno dopo 2 anni, maturati e cresciuti anche nell'odio verso il nemico, con un particolare che sarà determinante: Andrei s'innamorerà di una donna polacca molto importante.
Dopo poco tempo il gran capo (ataman) dei cosacchi accetterà la proposta dei polacchi di combattere i prìncipi baltici al loro fianco, ma taras, dopo la grande adunata si ribellerà... la battaglia coi polacchi sarà ferocissima e con un epilogo estremamente drammatico.

Il film è un vero colossal. Alcune scene sono d'un'imponenza tale da far rabbrividire. Io amo quel romanzo e forse non ho visto il film con obiettività. Mi sono fatto trasportare dall'emozione di vedere, ben fatte, le scene che avevo solo e sempre immaginato prima.
Yul Brinner è un superlativo Taras. Tony Curtis suo figlio Andrei.

Forse il difetto principale è la troppa insistenza sull'amore tra Andrei e Nastasia, sicuramente sproporzionata a quante ne pone Gogol nel romanzo, ma tant'è, qualche "concessione" un film americano di quel genere proprio non può evitarla.
Per il resto è veramente maestoso!

Il Signore delle Mosche

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Fate bene attenzione all'anno e al regista, perché questa che è la prima interpretazione del grande romanzo di William Golding è anche quella giusta da vedere. Ho visto tempo addietro il remake degli anni '90 e non ci sono paragoni. Gustatevi questo B&N del '63, molto meglio.

La trama è quella del romanzo del 1954. Chi ne ha goduto la lettura, come me, apprezzerà il film per la sua fedeltà al testo.
Golding immagina un disastro aereo nel 1984 (anno infausto evidentemente, visto che anche Orwell c'ha ambientato il suo capolavoro omonimo) dal quale si salvano, su un'isola disabitata, solo un gruppo di bambini di un college inglese, di varie età. In quegli anni è in corso una guerra atomica mondiale.

Golding che ha iniziato la sua carriera come insegnante ha così modo, col classico "espediente dell'isola", di esprimere alcuni suoi convincimenti (sperimentati parzialmente) sulla vera natura del carattere dei bambini, delle loro capacità sociali e socializzanti in un contesto privato dell'autorità degli adulti.

E' una storia avvincente e agghiacciante, che fa riflettere tantissimo.

Consiglio: leggere il romanzo prima di vedere il film, la cui lettura non rovinerà la visione, anzi la renderà attenta e critica.

giovedì 13 luglio 2006

Una pura formalità

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Uno sparo, poi la fuga, mentre i titoli passano insieme alla pioggia. Una corsa sfrenata, finché la polizia non lo trova.
Sembra in stato confusionale, non ricorda cosa ha fatto nelle ultime ore. Il commissario pian piano riesce a farlo tornare in se rivelandogli le proprie contraddizioni, cercando di farlo pensare.

Il film è un crescendo inesorabile verso il finale magnifico, dove tutto sarà chiaro anche a noi. Nonostante il film si basa solamente su dialoghi, non ne perderete uno. Un noir europeo, che passa in sordina, non vuol essere un filmone, ma alla fine dimostra che basta una buona idea, una regia favolosa e un ottima sceneggiatura per fare cinema. Tutto questo con l'ottima recitazione di Gerard Depardieu e Roman Polanski.

(by paperluca)

martedì 11 luglio 2006

I Sette Samurai

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Ogni aggettivo o encomio possibile per quest'opera, causa mio vocabolario ridotto, sarebbe offensivo.
In questo momento, mentre scrivo, dico solo che è il più bel film che abbia mai visto. Non posso dire "di tutti i tempi e luoghi" perché nella mia vita ne ho visti veramente pochi.

E' una storia semplice.
7 samurai (con un paio di loro, diciamo, nominati tali sul campo) accettano, in cambio solo di vitto (semplice riso) e alloggio di difendere un villaggio di contadini dalle scorribande di un'accolita di briganti. Siamo in piena era Sengoku, tra il XV sec. e il XVI sec., medioevo giapponese caratterizzato da frammentazione sociale e anarchia. Il film narra con grande cura e dettaglio ogni aspetto della vicenda, dall'arruolamento dei samurai per cominciare, all'addestramento dei contadini, alla battaglia.

Indispensabile vederlo in grande qualità e nella versione integrale. Sono 3 ore ben spese.

Tempo addietro lessi un libro sulla storia dei samurai e posso garantire personalmente l'assoluta fedeltà di quanto si vede.Essi videro la loro nascita intorno al XIII secolo, in particolare nel periodo in cui a Kamakura s'insediò un governo militare (shogun) in contrapposizione alla corte imperiale di Heian (attuale Kyoto). Fu questa la base, questa frammentazione, che portò poi alle estreme conseguenze dell'era Sengoku. Durante il periodo Kamakura il giappone conobbe i primi tentativi d'invasione straniera della sua storia, da parte dei mongoli, popolo più evoluto e meglio armato col quale fino a prima aveva intensi scambi commerciali e culturali. Tutto, dalla scrittura alle tecniche di lavorazione della lacca, arrivava dall'attuale Cina e Corea, e lo spavento provocato dal loro attacco fu enorme. Le invasioni non andarono a buon fine anche per fortuite circostanze meteorologiche, in particolare la seconda invasione, se ben ricordo, vide distrutte molte navi da una tempesta improvvisa.
La paura per attacchi dall'esterno e il timore di una scarsa sicurezza interna indussero i feudatari a risolvere da sé il problema della sicurezza e ciò portò alla nascita, appunto, di una casta guerriera che poi diventeranno i Samurai come ora li conosciamo, guerrieri nobili e fieri che spesso godevano anche di buona istruzione e svolgevano anche mansioni di amministrazione del feudo, di medicina, ecc..., ma fondamentalmente dovevano fedeltà al signore del feudo fino all'ultimo respiro.

Nel film ci sono 2 aspetti sorprendenti seppur assolutamente credibili.

Anzitutto il lavoro di squadra dei 7 eroi. I samurai erano estremamente individualisti e rivali tra loro e solo il potere del feudatario che assegnava loro terreni e persone da accudire in debite misure, creando quindi una gerarchia insindacabile, permetteva la loro coesistenza nel feudo, seppur sempre in fragile equilibrio (non erano rari congiure ed ammazzamenti per accapparrarsi i compiti dei rivali). Kurosawa (o la storia, non ho capito se è una vicenda reale) risolve la cosa in modo che il primo samurai che accetta l'incarico diventa anche promotore verso gli altri arruolati successivamente, oltre ad essere il più anziano ed esperto fra tutti, diventando un leader spontaneamente riconosciuto dal gruppo.

In secundis è strabiliante il fatto che si mettano al servizio di contadini, e al tempo stesso il fatto che dei contadini si rivolgano a loro per difendersi! Quella dei contadini era una vera e propria casta, superiore solo a quella dei pescatori e allevatori (uccidevano animali per vivere ed erano considerati l'ultimo anello sociale, i cosidetti "icchantika"). Si nasceva e si moriva contadini e tra i personaggi da loro più temuti storicamente, prima dei briganti, c'erano appunto i Samurai in quanto erano coloro che con metodi non di rado brutali mantenevano l'ordine all'interno del feudo.
I Samurai poi erano ambiziosi di ricchezze e gloria che solo il servizio ad un signore feudatario poteva loro garantire. Un servizio a dei contadini non portava nulla al loro "curriculum". Nell'era Sengoku non era però raro trovare samurai a spasso, proprio per il caos e la miseria che regnavano nel paese e i propositi dei contadini poterono così avverarsi, anche se non ebbero certo gioco facile sul grande orgoglio dei solitari guerrieri, che solo la fame più nera poté abbattere.

Ecco un ottimo link che parla del periodo Kamakura.
Ho letto qualcosa qua e là ed è veramente un sito eccellente, e in italiano, della storia del Giappone.

lunedì 10 luglio 2006

I Quattrocento Colpi

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Opera prima di Truffaut che, a quanto ho letto, lo impose subito all'attenzione del mondo del cinema con riconoscimenti ovunque in europa.
La cosa non mi ha per nulla stupito.

Antoine è un bambino che rappresenta il tipico figlio del sottoproletariato parigino, avuto illegittimo dalla madre e poi riconosciuto dal patrigno per dargli un cognome. Rapporto, quello tra i genitori, con perigliosi alti e bassi che non aiuta affatto il bambino (un jean-pierre laud in erba, bravissimo) il quale non tarda a manifestare, sia in casa che, soprattutto, a scuola, spirito ribelle ed anarchico, con un grande desiderio d'indipendenza. Con il compagno di banco e complice René finirà, alla ricerca del denaro, per rubare e vivere d'espedienti, fino al punto che saranno i genitori stessi a procurargli un destino segnato.

Ci sono aspetti poetici e di denuncia al tempo stesso in questo film, verso una scuola che non sapeva proteggere ragazzi come Antoine e verso il sistema sociale che trasformava i riformatori giovanili in "campi colonia" per ragazzi difficili ma soprattutto indesiderati dalle famiglie.

A me ha ricordato prepontemente la figura di Gavroche, il monello dei Miserabili meravigliosamente descritto da Hugo in pagine da scolpire nella roccia. Mi ha veramente commosso in molti momenti questo ricordo.
Se però, grazie alla maestria del sommo scrittore, Gavroche è diventato figura epica con il suo eroismo alle barricate parigine del 1832 (tanto che "gavroche" è sostantivo francese indicante appunto il monello di strada), il povero Antoine, neo-gavroche del XX secolo post-bellico, è soltanto una vittima anonima e infelice, condannato a correre e correre, senza sosta, per il resto della sua vita alla ricerca di un'identità più difficile per chi, come lui, cresce come un indesiderato, privo d'affetti.

Grandissimo Truffaut, Grandissimo!
Ho impiegato tanto a scoprirlo ma meglio tardi che mai.

Detour

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Titolo italiano: Detour, deviazione per l'inferno. Consigliatissima la versione sottotitolata.
E' un capolavoro, pezzo di storia del cinema.

Lui è un musicista da piano bar, lei la soubrette del locale che a un certo punto va ad hollywood in cerca di fortuna.
Appena possibile lui partirà per raggiungerla, facendo l'autostop perché non ha denari per pagarsi il viaggio. L'ultimo automobilista che lo caricherà sarà fatale per lui, e lo sarà come solo il fato può appunto essere. Eventi volontari seguiranno agli involontari, guidati dalle paure anzitutto e da altri eventi su cui il protagonista perde il controllo... è lui che, voce fuori campo, si racconta, e alla fine...

Regia, fotografia b-n, montaggio, tutti curati dal Edgar G. Ulmer che per molti, ho letto qua e là, è un vero mito.
Questa è l'opera che l'ha eletto nell'olimpo, onore e gloria ad Ulmer nei secoli dei secoli.

Il ragazzo selvaggio

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Siamo nel 1798.
Victor (questo sarà il nome che poi avrà nella vita "civile") è un ragazzo vissuto selvaggiamente nei boschi dell'Aveyron fino all'età (più o meno) di 11-12 anni, quando venne casualmente scoperto, catturato (è proprio il caso di dirlo) e condotto a Parigi in un istituto per sordomuti. Victor non parla, non comprende nulla, cammina a 4 zampe, ha artigli al posto delle unghie, morde per difendersi, un uomo allo stato animale in tutto e per tutto.
Il dr Itard, educatore dell'istituto e appassionato studioso delle scienze educative, lo prenderà in affido per insegnargli tutto, dal camminare al leggere e scrivere, proprio tutto, e la sua governante collaborerà con lui con vero amore materno. Il richiamo del mondo selvaggio sembrerà non scomparire mai ma... gustatevi il finale.

Se ne sono visti diversi di film sul genere, però questo ha una particolarità: è una storia vera, verissima, e riportata in quanto tale senza alcuna sdolcinatura o spettacolarizzazione retorica.

A chiunque abbia letto l'Emilio di Rousseau questo film non può che riportare alla mente diversi punti cardine dell'opera del grande filosofo francese, vero fondatore della Pedagogia. Se dal punto di vista "tecnico" molte opinioni di Rousseau sono ad oggi estremamente opinabili, altrettanto non si può dire dal punto di vista dell'etica dell'educatore in quanto sola persona responsabile dei risultati ottenuti.
Il dr Itard, interpretato dallo stesso Truffaut, è scientifico ed amorevole, premia e punisce, ma soprattutto è in costante autocritica sul metodo seguito, assume su di sé la causa degli insuccessi e continuamente corregge l'approccio a Victor.

QUANTO VORREI CONOSCERE DEGLI INSEGNANTI COME ITARD, AH QUANTO VORREI!
Vorrei leggere sulle pagelle dei bambini in difficoltà "... scusateci, cari genitori, vostro figlio fatica ad ottenere buoni risultati perché noi ancora non siamo in grado di trovare il giusto metodo per lui ... non è problema di risultati assoluti, ogni individuo ha talento in alcune cose e meno in altre, ma di progresso nelle singole componenti della sua personalità e della sua intelligenza ... c'impegniamo sin d'ora a mettere maggior attenzione e a collaborare con voi genitori per migliorare il più possibile il nostro atteggiamento ... ecc..." .
E' un vizio diffuso degli adulti scaricare sui figli le colpe dei loro insuccessi, siano essi reali o apparentemente tali.

Un film da "visione obbligata" per chi s'interessa dell'educazione.

Anatomia di un rapimento

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Il film è un poliziesco, la storia di un rapimento per il quale viene pagato un riscatto che porta alla liberazione del bambino in questione.
Toshiro Mifune è un importante uomo d'affari e proprio mentre si sta indebitando per un grosso investimento viene travolto da questo evento. Il rapitore involontariamente prende un amico del figlio, figlio del suo autista. Inizialmente pensa di tenersi i soldi, ma poi pagherà convinto dalla moglie anzitutto, anche se la cosa manderà all'aria i suoi affari.

Fin qui nulla di particolare, ma l'aspetto interessante del film risiede soprattutto nel ritratto che Kurosawa fa del giappone di quei tempi e tutto si evince dalle indagini, dai risultati che portano e dal finale.

Bellissimo.

domenica 9 luglio 2006

Hana-Bi

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Vincitore a Venezia nel 1997, Kitano fa veramente di tutto in questo splendido film.
E' già tra i miei miti da tempo. I suoi film sono da guardare tutti secondo me, vere opera d'arte.

Scrittura, direzione, sceneggiatura, montaggio... attore protagonista, disegni e pitture... tutto "made in kitano" e tutto a livelli d'eccellenza.

E' la storia di Nishi, la cui vita viene turbata da 2 eventi: la malattia grave della moglie e il ferimento di un suo collega, durante un appostamento proprio mentre lui era in ospedale a trovare la moglie stessa. S'indebiterà con la Yakuza per rendere felici entrambi (e anche altri) ma da questa non riuscirà più a liberarsene, nemmeno estinguendo il proprio debito... finale molto particolare...

Film lentissimo e molto poco "parlato", com'è tipico di questo regista. E' tutta una sequenza d'immagini, di simboli, da seguire, comprendere e decifrare.
Anche la musica è veramente molto bella.

Querelle de Brest

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Per cominciare con Fassbinder, il massimo regista del "nuovo cinema tedesco" (corrispondente alla "nouvelle vogue" francese, per capirsi), ho scelto il film che di lui ha fatto più discutere, che ha più scandalizzato.
Questo film uscì postumo. Pochi mesi dopo la sua morte a soli 37 anni (pare per overdose) venne presentato a Venezia dove il solo presidente della giuria (Marcel Carné, grandissimo regista) tentò invano di premiarlo a tutti i costi.

Ma proprio il resto della giuria non se la sentì di premiare un film così forte, così scardinante la morale, che parlava con tanta crudità e persino spietatezza dell'omosessualità. Querelle è un marinaio rappresentato però come figura divina, in una scenografia a tinte forti dove ogni ripresa sembra un quadro, ed è costantemente combattutto tra il desiderio d'amore e quello di uccidere. Condensa appunto angelico e diabolico, e si rimane incantati a guardare tutta la storia pur (come nel mio caso) faticando molto a comprenderne il perché...

Mai visto un film così, sono ancora abbacinato ma anche estasiato.
Guarderò molti altri films di Fassbinder e forse, pian piano, comprenderò ancora qualcosa.

venerdì 7 luglio 2006

The Big Kahuna

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Film intimista e minimalista, è la storia di 2 agenti di vendita di lubrificanti industriali che organizzano una convenction in un albergo. Con loro un giovanissimo tecnico dell'azienda, estremamente religioso.

Si svolge sostanzialmente per intero nella stanza d'albergo, tra loro 3.
Scopo fondamentale è acquisire il grande cliente, denominato Big Kahuna, per la loro azienda.
Ci saranno dialoghi serrati, scambi di opinioni, lezioni di vendita e di vita in continuazione. Dopo la convenction si discuterà del significato della vita e della morte, della religione, ecc...

Film bellissimo, un romanzo recitato, praticamente.

Da vedere fino alla fine, sigle finali comprese, quando con un sottofondo musicale sentirete (e leggerete in italiano), il seguente discorso dell'autore del libro:
(non vi rovinerà la visione, leggetelo pure)
Non perdere tempo con l'invidia: a volte sei in testa, a volte resti indietro.
La corsa è lunga e, alla fine, è solo con te stesso.

Ricorda i complimenti che ricevi, scordati gli insulti.
Se ci riesci veramente, dimmi come si fa...

Conserva tutte le vecchie lettere d'amore,
butta i vecchi estratti-conto.

Rilassati!

Non sentirti in colpa se non sai cosa vuoi fare della tua vita.
Le persone più interessanti che conosco a ventidue anni non sapevano che fare della loro vita.
I quarantenni più interessanti che conosco ancora non lo sanno.

Prendi molto calcio.

Sii gentile con le tue ginocchia,
quando saranno partite ti mancheranno.

Forse ti sposerai o forse no.
Forse avrai figli o forse no.
Forse divorzierai a quarant'anni.
Forse ballerai con lei al settantacinquesimo anniversario di matrimonio.
Comunque vada, non congratularti troppo con te stesso,
ma non rimproverarti neanche: le tue scelte sono scommesse,
come quelle di chiunque altro.

Goditi il tuo corpo,
usalo in tutti i modi che puoi,
senza paura e senza temere quel che pensa la gente.
E' il più grande strumento che potrai mai avere.

Balla!
Anche se il solo posto che hai per farlo è il tuo soggiorno.

Leggi le istruzioni, anche se poi non le seguirai.
Non leggere le riviste di bellezza:
ti faranno solo sentire orrendo.

Cerca di conoscere i tuoi genitori,
non puoi sapere quando se ne andranno per sempre.
Tratta bene i tuoi fratelli,
sono il miglior legame con il passato
e quelli che più probabilmente avranno cura di te in futuro.

Renditi conto che gli amici vanno e vengono,
ma alcuni, i più preziosi, rimarranno.
Datti da fare per colmare le distanze geografiche e gli stili di vita,
perché più diventi vecchio, più hai bisogno delle persone che conoscevi da giovane.

Vivi a New York per un po', ma lasciala prima che ti indurisca.
Vivi anche in California per un po', ma lasciala prima che ti rammollisca.

Non fare pasticci con i capelli: se no, quando avrai quarant'anni, sembreranno di un ottantacinquenne.

Sii cauto nell'accettare consigli,
ma sii paziente con chi li dispensa.
I consigli sono una forma di nostalgia.
Dispensarli è un modo di ripescare il passato dal dimenticatoio,
ripulirlo, passare la vernice sulle parti più brutte
e riciclarlo per più di quel che valga.

Ma accetta il consiglio... per questa volta.


L'uomo che amava le donne

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Ogni volta che vedo un film di Truffaut penso "... questo è il più bello!". In realtà sono bellissimi tutti quelli visti sino ad ora e questo non fa eccezione.

Il film narra la storia di Bertrand. Figlio di una donna che ha amato molti uomini, lui nella sua vita amerà tantissime donne (e che donne!).
Non è un casanova. Le ama veramente, le ammira, adora in particolare le loro gambe, il loro incedere. Scriverà anche un libro in cui narrerà le sue avventure.

Betty Blue - 37°2 Le Matin

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Sono vent'anni che ascolto la meravigliosa colonna sonora originale di questo particolarissimo film. Autore delle musiche, merita menzione, è Gabriel Yared. Oggi ho potuto finalmente vederne la "versione integrale". Richiede un po' di pazienza, dura quasi 3 ore, ma ne vale la pena.

E' semplicemente una storia d'amore, piena d'eventi che ne cambiano le circostanze, tra Betty e Zorg, che dopo essersi incontrati per caso diventano inseparabili, in un rapporto che definire folle è poco. Lei è l'imprevedibilità più assoluta, lui l'ama per questo e le tiene corda.
Sarà tutto un vivere alla giornata e quei 2 saranno capaci di ogni cosa.
Finale... straziante. Musiche bellissime.

giovedì 6 luglio 2006

Mystic river

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Film di una bellezza immensa.
Clint Eastwood dà una prova di grande regia, sensibilità e di distacco. Mostra i suoi personaggi per quello che sono, le loro storie nude e crude.
Proprio come in un fiume si ha la sensazione che gli eventi, terribili e non, avvengano perché non sarebbe possibile altrimenti, quasi fossero inevitabili.

Ci sono 3 ragazzini all'inizio, che giocano per strada. Siamo a Boston anni '70 più o meno. Uno di essi viene convinto a salire su una macchina da degli adulti e portato via. Resterà prigioniero di 2 maniaci pedofili per 4 gg. Riuscirà a scappare, da solo, ma non tornerà più lo stesso.

Si ritroveranno insieme quasi casualmente, per tragici eventi che colpiranno uno di essi, tutti coinvolti per motivi e ruoli diversi nella vicenda. Ristudieranno loro stessi, il modo in cui si è evoluta la loro vita e scopriranno che su quella macchina maledetta, forse, è come se ci fossero saliti tutti e 3.

Non posso raccontare veramente granché, mi spiace. Gli episodi importanti sono numerosi ed ognuno è sviluppato (e recitato) magistralmente, con cura. Ogni frase, ogni immagine è pregna di significati, d'importanza.

Bravissimi gli attori. Su tutti Sean Penn, Tim Robbins e Kevin Bacon che sono i 3 fratelli, da grandi, protagonisti della storia.

Rapsodia In Agosto

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Kurosawa, attraverso una nonnina che vive nelle immediate campagne intorno a Nagasaki e i suoi 4 nipoti da lei per le vacanze estive, ci trasporta nel dramma provocato, il 9 Agosto 1945, dal lancio dell'atomica su Nagasaki.

Piccoli racconti, esperienze, episodi familiari, storie del marito morto mentre insegnava in una scuola proprio quel giorno, la nonnina trasmette ai nipoti la sua esperienza vissuta. Tanti piccoli episodi ci sarebbero da raccontare, ma preferisco invitarvi a vedere questo film.

Kurosawa è stato strepitoso nel raccontare la storia di Nagasaki, passata e presente, con un film leggero, tutto sommato, anche divertente in certi momenti pur essendo, in alcune scene, terribilmente commovente.

Film testimonianza, fatto molto bene.

Oltre il Giardino

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Peter Sellers è il protagonista di questo che, secondo me, è un gran bel film.

E' la storia di Chance (il) Giardiniere. E' proprio un giardiniere ma poi nel corso degli eventi quella che era la sua professione diventa il suo cognome.
Vissuto sin dall'infanzia in un'unica famiglia, sempre all'interno delle mura domestiche, altro non ha fatto se non occuparsi del giardino. Molto poco capace mentalmente, non ha imparato a leggere e a scrivere e quando non si occupa delle piante non fa altro che guardare la televisione. Non sa veramente nulla della vita normale e anche i suoi sentimenti, le sue reazioni emotive, sono sempre sorprendenti.

Un giorno dovrà abbandonare quella casa. Si ritroverà per strada, a Washington, con la sola valigia in mano pur nei suoi abiti eleganti. Dopo qualche pittoresco incontro incoccerà nell'auto dell'uomo forse più ricco d'america, e da lì avrà inizio la sua fama...

Il film mette bene in risalto come un uomo semplice e poco dotato mentalmente possa paradossalmente acquistare fascino e credito persino tra persone potenti. Divertentissimo lo stupore di chi, cercando di scavare nel suo passato, non riesce a trovare nulla e in virtù di ciò ritiene possa essere, il meschino Chance, un uomo grandissimo.

Ci sono poi diversi spunti interessanti sui comportamenti umani

mercoledì 5 luglio 2006

Adele H, una storia d'amore

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Non è una storia d'amore inventata. Tutto quanto si vede nel film è vero, verissimo, perlomeno così come Adele, durante la sua vita, ha descritto le sue vicende in un fittissimo diario.

Siamo tra il 1860-65.
Adele è francese ed innamorata di un ufficiale dell'esercito inglese al punto tale da abbandonare la sua celebre e ricca famiglia per attraversare l'oceano e raggiungere Halifax da sola. Metterà tutta sé stessa in questo amore, corpo e mente, ma riceverà in cambio... un storia bellissima e drammatica.

Quella H, si scoprirà poi, è l'iniziale di un cognome molto celebre in Francia, forse il più grande uomo (secondo me senza "forse") che quel paese abbia visto dopo la rivoluzione.
Lo affermo solo sulla base di sensazioni personali, eppure sono convintissimo che Truffaut abbia proprio voluto fare un omaggio al grandissimo H onorando la figlia, che tante sofferenze causò ad H proprio mentra egli viveva in esilio la fase più difficile della sua vita, di un film onesto e sincero, attento ad ogni sfumatura della complessa e imbarazzante personalità della ragazza.

Isabelle Adjani è la magnifica, in tutti i sensi, interprete protagonista.

martedì 4 luglio 2006

Effetto Notte

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Film bello e divertente, narra le vicende di un intero cast alle prese con la produzione di un film in Francia. Il cinema che si racconta non è una novità, ma il modo in cui lo fa Truffaut è al solito particolare e affatto scontato.

Chissà perché "La nuit americaine" è diventato "Effetto notte"... mha?!?

E' Truffaut stesso l'attore protagonista principale del film, ed è proprio il regista del "film nel film", sempre dinamico ed attivo, circondato da mille situazioni il più delle volte create dalle bizze e bizzarrie degli attori, dei tecnici, ecc...

Non saprei dire se c'è spirito autobiografico in tutto ciò, però non nego che ho pensato a Truffaut che ritraeva se stesso per tutto il tempo.

Inutile a dirsi, tra i protagonisti, il solito Jean-Pierre Leaud, il quale mi sa che poteva lavorare solo con uno come Truffaut.
Degne di menzione invece le splendide Jacqueline Bisset e Valentina Cortese.

Vivacità, umorismo, tecniche cinematografiche... una lezione da ammirare su come si girava un film in "presa diretta" ai tempi.

lunedì 3 luglio 2006

L'enigma di Kaspar Hauser

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La storia di questo ragazzo, assolutamente vera e documentata, affascina tutt'oggi scienziati della mente ed artisti.
La sua vicenda storica

Herzog è un regista che notoriamente non fa sconti sull'animo umano. E' deciso e apparentemente duro. Anche questo film lo si potrebbe scambiare per un documentario, se non fosse che tra il 1828 e il 1833, anni in cui si svolgono gli eventi, ancora non era possibile svolgere riprese.

Kaspar è un enigma in tutto e per tutto. Lo sono anzitutto le sue origini, lo è la sua visione fanciullesca e primitiva della vita, lo sarà persino la sua morte.
Per gli altri uomini confrontarsi con un animo puro come il suo, totalmente scevro da ogni convenzione o pudore, può essere duro. Emblematico per tutto, e ottimamente rappresentato nel film, il suo impossibile avvicinamento con la religione, scene e dialoghi veramente imperdibili.

Un film da vedere e da meditare. Capolavoro.

domenica 2 luglio 2006

Invito a cena con delitto

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Un grande classico del cinema giallo, una commedia teatrale montata in un film, che ironizza sul giallo stesso.
Si ride senza soluzione di continuità.

Lionel Twain (che altri non è che lo scrittore Truman Capote riguardo al quale ho già visto un gran film) invita i 5 più grandi detective del mondo per risolvere un caso, a casa sua. Il bello è che i grandi attori che hanno impersonato i grandi detective nella storia del cinema ironizzeranno su loro stessi.

Fahrenheit 451

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Su questo film potrei scrivervi un trattato. L'ho sempre visto solo a sprazzi e solo ora me lo sono goduto per intero, ma il libro, letto 15anni fa circa, mi colpì profondamente.

Il famoso libro omonimo di Ray Bradbury, la sua geniale trama, non conosce invecchiamento ed è attuale più che mai, particolarmente in Italia direi, dove la televisione è il media di supremazia, supremazia che esercita in modo totalizzante.

Da statistiche lette poco tempo fa, fatte le debite eccezioni per alcune aree geografiche, in Italia si leggono pochissimo i giornali e ancor meno libri. Mi colpì il fatto che a Milano si vende circa il 30% dei libri venduti in tutto il paese, ma sono portato a pensare che ciò sia dovuto anche al senso degli affari dei meneghini, che ne esportano dappertutto.
Da statistiche che faccio tra i miei conoscenti, quasi nessuno ha letto nella sua vita almeno 10 opere importanti e fondamentali, cosa che io considero sia un minimo necessario, se scartiamo quelle lette perché imposte dal sistema scolastico.

La televisione assume connotati di orwelliana memoria nella storia immaginata da Bradbury e il libro è un suo nemico. Essa detiene il potere delle notizie, della verità apparente, mentre il libro quello della memoria, dei sentimenti, dei valori umani... deve essere distrutto ad ogni costo, allora questa "società del futuro", che ha sconfitto il fuoco come pericolo rendendo incombustibili le abitazioni, trasforma i pompieri in un corpo denominato come "... la temperatura a cui la carta prende fuoco". Un corpo di piromani censori quindi, al servizio del "grande fratello stato".
La parola scritta è stata abolita. Persino i titoli di testa del film sono recitati da una voce fuori campo.
Per fortuna che qualche impenitente resistente a tutto, tra gli uomini, si trova sempre...

Troverete tutto in questo film: tensione, sentimenti, cultura, musica, fotografia... tutto ad altissimi livelli. Truffaut s'è messo da parte e ha vestito i panni di Bradbury. Ha fatto un capolavoro, secondo me, tanto che si può leggere il romanzo e poi vedere il film, o viceversa, e godersi entrambi con uguale piacere.

Barton Fink

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Altro film particolarissimo dei fratelli Coen. Altra ottima interpretazione di John Turturro, John Goodman.

Barton Fink è uno scrittore di opere teatrali. Siamo a New York, nel 1941. E' un neorealista, appassionato dalle storie della gente comune, di strada.
Viene convinto ad andare a Los Angeles, per scrivere copioni per il cinema.
Inizierà un periodo molto difficile, non è proprio una persona adeguata a certi ambienti. Vivrà in uno squallido residence dove però farà amicizia con un personaggio dal mestiere, come scoprirà, non proprio comune, ma è il suo unico amico nella megalopoli... ...

Venne premiato come miglior film, migliore regia e migliore attore (Turturro) a Cannes.

sabato 1 luglio 2006

Z - L'orgia del potere

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Film storico politico di grandissima e meritata fama.
Costa-Gavras non è affatto tenero col suo paese d'origine, solo un anno dopo il colpo di stato dei colonnelli.
Faticoso parlare di cinema in questo caso. Pur avendo questo film una qualità spettacolare per i tempi nella regia, nel montaggio, ecc..., la sua importanza sconfina e prevale al di fuori dell'arte.

Ho cercato qualcosa che lo descrivesse in breve e questo è il meglio che ho trovato: QUI
Ne quoto la parte tematica...

Alla fine dei titoli di testi appare una scritta: Ogni somiglianza con avvenimenti reali, e con persone vive o morte, non è affatto casuale. E' voluta. Questa premessa è importante per collegare eventi e personaggi che il film lascia vaghi e indeterminati (non vengono indicati nomi e nemmeno la città e lo Stato dove si svolge l'azione) ad una vicenda precisa. Il riferimento più che trasparente è all' assassinio, avvenuto a Salonicco in Grecia il 22 maggio 1963, del deputato pacifista Gregorios Lambrakis, professore di medicina all'Università di Atene, e alle successive indagine del coraggioso giudice istruttore Sartzètakis.

Il film denuncia il movente politico dell'uccisione del deputato dell'opposizione, causata da un ramificato e vasto complotto diretto dai vertici dell'esercito e delle forze dell'ordine con la collaborazione di un'organizzazione dell'estrema destra fascista, che si serviva di sottoproletari ignoranti e ricattabili.

Girato nel 1968 ad un anno dal colpo di Stato militare che pose fine alla democrazia greca, Z, l'orgia del potere intende anche offrire un quadro del clima politico da cui il cosiddetto regime dei colonnelli è scaturito. Ne esce un contesto caratterizzato da un grave inquinamento all'interno delle forze armate e della magistratura, ampiamente dominate da forti pulsioni reazionarie e fascisteggianti, che configura per la Grecia una preesistente condizione di semidemocrazia o, se si preferisce, di libertà vigilata, che rendeva difficile e rischiosa l'attività politica delle opposizioni.


Se volete saperne un po' della "dittatura dei colonnelli" su wiki c'è una splendida pagina:

Questo film è un Dovere vederlo.