giovedì 30 settembre 2010

Terrore nello spazio - Planet of the vampires

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Conosciuto anche come "Planet of blood", dalla critica non specialistica è considerato alla stregua di un b-movie, mentre tra gli appassionati del regista e del genere horror (e di fantascienza), è un film da culto. Io sono con questi ultimi.
Come già detto, sono ormai un fan di Bava, lo reputo uno dei Geni del Cinema di sempre.

2 astronavi, Argos e Galyot, sono in viaggio nello spazio con lo scopo, se ho ben capito, d'individuare pianeti abitabili agli esseri umani. Uno di questi pianeti, intorno al quale sono in orbita da un po', ad un certo momento comincia ad attrarre le astronavi con un'enorme gravità costringendole ad atterrare. Subito dopo l'equipaggio dell'Argos, sul quale si sofferma la scena, appare in buona parte impazzito, alcuni membri cominciano a minacciare e cercare di uccidere gli altri, come posseduti. Tornata la calma vanno in cerca del Galyot e quando lo raggiungono troveranno tutto l'equipaggio ucciso violentemente. Li seppelliranno ma questi "cadaveri" dopo poco riemergeranno dalle tombe. Non basta: troveranno un'altra astronave, con vicino scheletri enormi appartenenti ad umanoidi di altri pianeti, anch'essi tutti morti... Sulla trama mi fermo qua, rivelarne ancora sarebbe un dispetto per chi non l'ha visto.

Tutto troverà una spiegazione logica per quanto scientificamente fantasiosa ed il finale, sorprendente, avrebbe largamente permesso di realizzare un sequel, cosa probabilmente avvenuta di fatto con altri registi ed altre opere, perché questo film originalissimo sicuramente è un caposaldo fondamentale della fantascienza horror. Anche se l'aspetto horror non è particolarmente enfatizzato, argomenti come il vampirismo, morti viventi, la presenza stessa di entità aliene che si impadroniscono dei corpi, sono presenti da subito, si percepiscono in latenza prima che concretamente, merito di un insieme di arte visiva e suoni calibrati allo scopo.

C'è tutto il meglio e di più della cultura di Bava, delle sue letture, passioni ed abilità figurative. Al solito con 4 lire ha prodotto un film con delle scenografie abbaglianti pur nel buio del pianeta. La trama è tratta dal racconto "Una notte di 21 ore" di Renato Pestriniero, autore di racconti di fantascienza ed anche pittore, entrambe le cose da non professionista, pressoché sconosciuto, ma non a Bava.

mercoledì 29 settembre 2010

Touching the void - La morte sospesa

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"Touching the void" è il titolo del romanzo scritto da Joe Simpson che narra della sua incredibile avventura, notissima nel mondo dell'alpinismo, durante la scalata su una parete mai tracciata del Siula Grande, nelle Ande peruviane.

Era il 1985 e Joe insieme all'amico e compagno di scalate Simon Yates si lancia nell'impresa, da effettuarsi per loro scelta con tecnica alpina classica (prendete con le pinze i miei termini "tecnici" a riguardo), quindi in sostanza con tutta l'attrezzatura occorrente ma niente bombole d'ossigeno e nessun sistema di comunicazione, con arrampicata continua senza definizione di basi intermedie, a parte quella di partenza. Un sistema più veloce ma anche molto più rischioso di altri.

Ascensione quasi senza problemi, dramma invece durante la discesa. Alcuni imprevisti li han fatti tardare e le provviste si stanno azzerando, ma è ancora nulla. Joe, che guidava la cordata a 2, cade in un crepaccio e si frattura gravemente una gamba. Simon lo imbraga e lo fa scendere appeso ad una corda, ma ad un certo momento Joe mentre viene calato, in un altro crepaccio, resta appeso nel vuoto, sotto di lui una voragine ad imbuto della quale non si vede la fine. Non riescono a comunicare per il maltempo, sono in stallo e Simon decide di tagliare la corda con un coltello, non vede altra possibilità di salvezza, Joe ovviamente precipita...

Il finale nella sua sostanza è chiaro dall'inizio, perché in questo misto di docu-film e fiction spesso i 2 protagonisti appaiono intervistati, quindi è ovvio: sono entrambi sopravvissuti. Non potete però nemmeno immaginare cosa non hanno passato, in particolare Joe ha compiuto un vero e proprio miracolo. Simon invece ha patito a lungo rimorsi per quel taglio della corda, molti l'hanno anche additato, ma è Joe il primo a dire che ha fatto bene e a ben guardare quanto accaduto, è fin evidente.

Lo dico spesso che la realtà supera sempre sotto ogni aspetto la fantasia, persino nei film horror, figuriamoci. Questo è un film d'azione ed avventura tra i più belli che ho mai visto, scene di grande spettacolarità la cui difficoltà nel girarle fatico ad immaginare (questo regista è una delle autorità mondiali in fatto di documentari), ma anche Vero Cinema, con tutte le tecniche possibili di ripresa sia in dettaglio e ravvicinate che in campo aperto. Girato nei luoghi reali degli avvenimenti, preparatevi a paesaggi che tolgono il respiro, e spaventano, di notte e col maltempo sono luoghi infernali, la bellezza che si trasforma in orrore nel giro di pochi istanti.

Brividi ed emozioni assicurate, l'essere umano nei suoi limiti fisici e psichici portato allo stremo. Decisamente imperdibile.

Un saluto con l'occasione a Diego che mi ha fatto conoscere col suo blog questo splendido film.

martedì 28 settembre 2010

The Atomic Café

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A partire dal lancio della Bomba su Hiroshima fino alla guerra fredda degli anni '50, un viaggio attraverso filmati e documenti dell'epoca senza alcun intervento esterno, salvo le musiche che pure sono state prese dall'epoca in quanto rappresentative. Puro montaggio.

Un lavoro lungo 5 anni a quanto ho letto, tra recupero del materiale e produzione. Quello che ne è venuto fuori, mettendo insieme tutto con grande sapienza e con un chiaro intento pacifista, è un lavoro raffinatissimo. Si stenta a crederlo, ma in molti momenti ci si trova a ridere perché quanto si vede ha in certe situazioni del grottesco per dire poco ed in fondo un che di satirico è fin evidente, ma non per questo le immagini delle mostruosità commesse risultano meno drammatiche. Imdb assegna il film anche alla categoria horror, oltre a quella di documentario, e ne ha ben donde.

Ma a mio parere non c'è solo una denuncia insita, quanto il ritratto di un'epoca storica vissuta negli Stati Uniti che a noi qua in Europa ci ha toccato indirettamente, non abbiamo perlomeno percepito in egual misura come è stato per gli americani la terrorizzante paura di un attacco atomico. Completamente sconosciuto, almeno in quei termini, il delirio di onnipotenza dettato da un incomprensibile senso di missione nei confronti di un pianeta da governare in quanto nazione più potente e più giusta di ogni altra, delirio che è nato e trova le sue basi politiche (i cui effetti ancora oggi sono inequivocabili) proprio in quegli anni dell'immediato dopoguerra. (in realtà, secondo me non c'è né senso di missione né del giusto, solo bisogno d'egemonia, ma qua il discorso cambia...)

lunedì 27 settembre 2010

Palombella rossa

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Michele Apicella perde la memoria a causa di un incidente d'auto e la riacquista lentamente, durante un'interminabile incontro di pallanuoto dove si ritroverà come giocatore senza nemmeno sapere perché.

La memoria tornerà stimolata da avvenimenti e da gente che lo conosce, che incontrerà in piscina dove si svolge quasi interamente il film: amici di gioventù, militanti del partito comunista di cui si scoprirà essere dirigente, una giornalista che lo intervista, la figlia che lo ha seguito alla partita.

Film interamente e squisitamente politico, d'analisi e critica, non che i film precedenti non avessero contenuti del genere, da Moretti è inevitabile, ma qua è proprio il solo fine, e poco spazio è lasciato all'autobiografia che pure Apicella in parte ha rappresentato per il regista, giusto qualche concessione alla sua proverbiale passione per i dolci. Tutto è metafora fin esplicita della situazione della sinistra italiana, in un anno che è passato alla storia per la caduta del Muro di Berlino (9 novembre 1989). Il film per ovvie ragioni penso sia stato prodotto prima di prevedere un avvenimento storico del genere, anche se, me lo ricordo bene, il disfacimento del blocco d'influenza sovietico era in corso da tempo e il muro fu solo una conseguenza.

Partito che non ha memoria e perde identità proprio dimenticando gli ideali originali dei giovani che ora ne occupano in parte ruoli attivi. "Siamo uguali agli altri ma anche diversi" lo ripete spesso Apicella, frase ambigua, anticipa la ricerca dei voti di centro da parte di una sinistra confusa. Visto oggi se ne comprende quanto abbia visto avanti Moretti, tante osservazioni ora scontate e comunemente accettate ai tempi non lo erano. Siamo comunisti o cosa? Troppo divertente l'approccio del fervente cattolico che insiste col dire che Apicella è come lui mentre quest'ultimo finirà per cacciarlo malamente. Ricerca di un'ideologia e di un leader di riferimento, ad un certo momento tutti, la sua squadra, quella avversaria, il cattolico, persino l'arbitro presenteranno un proprio personaggio-guru piuttosto improbabile, atto a dare imprimatur alle scelte prese. Da schiantare, e sempre in metafora, la trasmissione in tv del Dottor Zivago al bar della piscina, quando durante diverse scene madre, in particolare sul finale del film, Apicella e pure il pubblico cercano d'influire sulla trama urlando agli attori cosa fare ed ovviamente non accadrà nulla di quanto desiderato, producendo una delusione che era scontata e non per questo meno scottante.
Una vera e propria gag l'intervista con la giornalista sportiva che lo riempie di terminologia e frasi "alla moda", che mandano in bestia Apicella, che non sopporta l'omologazione derivante dal linguaggio, e più avanti insisterà ancora sul fatto che occorre usare le parole giuste, perché da esse derivano giusti pensieri e giuste azioni. Significativo, la penso esattamente così.
Finale amaro, il sorgere di un nuovo sole può essere solo frutto d'immaginazione...

Bellissimo, per contenuti e sostanza più adatto alla mia sezione Cult che a quella dell'Olimpo. Deve aver fatto riflettere, e rosicare, moltissimo i leader della sinistra italiana, ma nemmeno più di tanto visto che sono ancora tutti lì, sempre gli stessi da decenni, tappo eterno di cemento armato per i giovani che potrebbero emergere.

Ancora splendide le musiche di Piovani, sodalizio che prosegue dal precedente "La messa è finita". Primo film con Silvio Orlando ora attore-icona di Moretti. Partecipazione di una giovanissima Asia Argento nei panni della figlia di Apicella. Solita parte, e come sempre ben svolta, per il padre di Nanni, Luigi Moretti.

Un'ultima curiosità: apprezzabili le doti fisico-sportive di Nanni Moretti. Le avevo già notate in Bianca, dove si esibisce in alcuni esercizi ginnici non indifferenti. Qua sono invece quelle natatorie le qualità che stupiscono, ma se poi se ne legge un minimo di biografia tutto si spiega: da giovane è stato un pallanuotista di pregio, giocatore della S.S. Lazio Nuoto è stato campione italiano juniores e ha giocato nella squadra giovanile nazionale.

domenica 26 settembre 2010

Shallow Grave - Piccoli omicidi tra amici

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Il Boyle ante Trainspotting, del suo capolavoro in questo film se ne possono ammirare i prodromi: inizio a velocità travolgente, primo piano di un protagonista che con voce fuori campo si racconta...

3 amici single condividono un grande appartamento e devono subaffittare una stanza. Lei è una dottoressa in ospedale, lui è un giornalista, l'altro un promettente commercialista. Condividono anche un certo gusto per sfottere la gente e tutti quelli che vengono a chiedere la stanza vengono trattati maluccio. Infine trovano uno adatto, ma questo la prima notte che passa lì muore, lasciando una valigia colma di soldi. Che fanno, chiamano la polizia? No, vogliono tenersi i soldi, ed allora si liberano del cadavere come farebbero degli assassini.

Tra il comico-grottesco ed il thriller inizia una escalation di guai, prima con quelli che cercano il morto che proprio brave persone non sono, poi tra di loro, con sospetti reciproci, tentativi di appropriarsi di tutto senza dividere con gli altri. Le insistite indagini della polizia alzano ulteriormente la temperatura.

Crollo nel delirio dell'avidità di 3 personaggi ultraborghesi, certo non bisognosi di denaro, ma la bravata, reiterata nella durata, ha conseguenze inevitabili. Storia un filo forzata, i 3 personaggi non paiono sufficientemente "affamati" per ficcarsi in guai di quel tipo né annoiati dalla loro vita, altro eventuale pretesto plausibile, ma può passare.

Nel complesso un film divertente e coinvolgente nel ritmo, con aspetti geniali come il finale a ripetuti colpi di scena. Anche qualche momento macabro ben riuscito.
Merita la visione.

sabato 25 settembre 2010

Valentin

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Una fiaba dolcissima in tempi moderni. In Argentina.
Non un fantasy, semplicemente la storia di un simpatico bambino di nome Valentin, abbandonato in tenera età dalla madre, un padre che ogni tanto si fa vedere.

Vive con la nonna paterna, da poco vedova, che si lamenta sempre di qualcosa ma lo accudisce, è il suo solo punto fermo. Siamo nella seconda metà degli anni '60. Valentin, mente vivace ed occhi strabici, sogna di andare sulla luna (e ci andranno, alla fine del film nel '69), assisterà ad un sermone durante il quale il prete elogerà il senso di missione e di altruismo di Che Guevara appena morto (siamo quindi nel '67).

Privo di genitori ma con tanti amici, un talento unico a farsi voler bene. Purtroppo anche a concentrare su di sé i mali di tutti.

M'è piaciuto tantissimo, mi sono commosso più volte. Breve e ben fatto, con misura ed anche con una colonna sonora originale bellissima. Devo andare dallo psichiatra probabilmente. Com'è possibile che un filmetto del genere mi possa colpire nei sentimenti? Forse non è un "filmetto"...

Consigliatissimo, per una serata in cui riscoprire la bellezza dell'innocenza infantile e dei buoni sentimenti, senza inutili scadimenti retorici e mielosi.

venerdì 24 settembre 2010

La frusta e il corpo

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Film per amatori del gotico puro e duro senza alcuna concessione, se non siete tra questi lasciate perdere. Considerato film "minore" del grande regista italiano (che qua ha lavorato con lo pseudonimo di John M. Old).
Io ho voluto inserirlo nella mia rassegna, d'istinto, perché penso che quando vuoi conoscere un autore fino in fondo devi abbracciarne ogni aspetto e non limitarti al cosiddetto "suo meglio".

Storia che più semplice non potrebbe essere, inizio da stereotipo diremmo oggi, con un cavaliere mantellato che corre al galoppo su una spiaggia nel crepuscolo per raggiungere un castello su una rupe a picco sul mare. E' il sadico ed odiato barone Kurt che torna a casa, da dove s'era allontanato in seguito a fatti "incresciosi". Troverà la donna che amava sposata al fratello, Nevenka, la quale amava farsi frustare da Kurt, un amore sadomaso pervicace, che risorgerà con nefaste conseguenze...

Per l'epoca non proprio tutto è scontato. Come in "Black Sabbath", film di poco successivo a questo dove troveremo un amore saffico esplicito, anche qua Bava ammicca ad un amore, in questo caso quello sadomaso, non certo frequente a vedersi. Le frustate sono forti e la donna è sofferente quanto conturbante. Scene dove il confine tra il piacere ed il dolore è labile. Ho letto che in opere successive solo la censura preventiva di produttori "lungimiranti" gli ha impedito di girare scene ancora più violente e sessuali, con suo grande disappunto. Chissà cosa avrebbe fatto Bava oggi, magari con la Zentropa di Von Trier, il più audace tra i registi e produttori europei.

Anche se non non sono affatto pentito della visione, anzi!, non me la sento di consigliarlo a tutti.
Spiego meglio cosa intendo. Io mi sono spogliato di tutta la moderna saccenza e mi sono calato nell'anno di uscita, godendomelo fino in fondo, sorseggiato come un buon vino rosso d'annata. Tutti gli espedienti per provocare paura che ora definiremmo classici mi hanno, certo, non spaventato, ma affascinato e ho compreso che sono diventato, mio malgrado, un amatore di questo genere di film, chiamiamolo come volete, sicuramente Horror, poi aggiungiamo gotico, exploitation, non ha importanza; sono film che vanno a toccare tasti delle nostre paure ancestrali, e Bava è un grandissimo artista nel fare questo.

E' ufficiale: sono un fan di Bava. Deciderò alla fine cosa mettere nel mio Olimpo, qualcosa ci finirà sicuramente.

giovedì 23 settembre 2010

Hadaka no Shima - The Naked Island

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Una piccola isola nel mare giapponese, poco più di una roccia, spoglia ed arida, ci vive una famiglia, padre madre e 2 bambini. La storia comincia in piena estate, forse la stagione più difficile durante la quale l'approvvigionamento dell'acqua per bere, lavarsi e soprattutto irrigare gli impervi orti, è più che un'ossessione.

In una giornata tipo li vediamo tornare da un rifornimento notturno, traversata con barca a singolo remo e ritorno, 4 secchi d'acqua in spalla col bilanciere, all'arrivo sull'isola una salita ripida, lui e lei, colazione, lei ancora in barca per portare il bimbo più grande a scuola e prende altri 2 secchi d'acqua, poi ritorna e va dal marito già nei campi ripidi mentre il più piccolo pesca a riva. L'acqua alle piante con un mestolo, dosata pianta per pianta...

Una vita incredibilmente dura, raccontata al limite del documentaristico, un film di grandissima poesia, mai parlato, solo immagini, rumori ambientali ed umorali, e musica splendida, anche nell'immenso dolore che colpirà la famiglia che concederà comunque poco tempo al distacco dai doveri quotidiani. La fatica ed il sudore onorati, con grandissimo rispetto e delicatezza, difficile descrivere la bellezza di quello che si vede.

E' un genere di film che amo particolarmente anche se non se possono vedere tantissimi, un po' perché ce n'è pochi e un po' perché ti toccano profondamente e richiedono lunga decantazione. Il rapporto diretto uomo-natura, una visione anti-antropocentrica che ci riporta indietro nel tempo e dovrebbe anche proiettarci, nella sua essenza, nel solo sviluppo futuro sostenibile dal pianeta.

Una pietas intensissima a noi quasi sconosciuta, ci salvano i pochi capaci di trasmetterla e i migliori che conosco sono Olmi e Piavoli, quest'ultimo un illustre sconosciuto che ha fatto film di straordinaria bellezza, i soli paragonabili a questa meraviglia.

Meraviglioso, da Olimpo, vetta di Cinema realista.

mercoledì 22 settembre 2010

La ragazza con la pistola

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Vincenzo Macaluso non voleva a quella sicca sicca, voleva quella chiù chiatta, ma chilli fitusi di picciotti sbagliarono il ratto, 'sta caspita d'Assunta Patané, ullava comm' a 'na pazza, se la so' pigghiata cumm'era nun era! "Mo' questa c'è e questa ti tocca disonorare Vince'! Bacio le mani..." e ne se andarono. "Di mammo sono, fredda come il mammo!" urlava ancora Assuntina, prima della spulzellata...

Vincenzo però al mattino non c'è più. Il troppo ardore e abilità tecnica amorosa di Assunta l'han resa sospetta ai suoi occhi e per non essere costretto a sposarla è scappato, fino in Scozia se n'è gghiutu! Santarrosaliabedda, disonorata sono, io e le mie sorelle! Bisogna partire: borsetta con santino, rosario, soldi e una pistola: o Vicienzo m'impalma, o lo sparo! Inizia la caccia all'uomo in terra forestiera...

Spassosissima commedia (prima interpretazione di questo tipo di una bravissima Monica Vitti), con gli ormai classici ingredienti dell'italiano del sud dell'epoca emigrante nei paesi del nord europa, senza conoscere la lingua, con tradizioni e cultura d'origine lontanissimi e molto, molto più all'antica. Assunta, che doveva giusto fermarsi in terra d'albione il tempo necessario a compiere la missione, prolungherà molto la permanenza a causa delle lunghe ricerche, conoscerà pian piano molte persone, s'introdurrà velocemente alla lingua ed alla cultura, taglierà persino la lunghissima treccia di capelli neri per un taglio più moderno e colorato. L'ultima cosa che metterà via sarà la pistola.

Una storia vincente tutto sommato, che vede con favore la capacità del singolo di evolversi, ambiente permettendo. Ma non ci sono messaggi sociali particolari, è proprio divertimento puro, con gag da equivoci ed imprevisti, ora le definiremmo "classiche" ma sono ancora molto efficaci!
Nonostante il pretesto non originalissimo, il film non esagera sui luoghi comuni tanto meno prende in giro né i siciliani né gli "albionani". C'è qualità.

Stramerita la visione, 100 min. in allegria.

martedì 21 settembre 2010

Bullet in the Head

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3 grandi amici ad Hong Kong, piccola gang in lotta con altre, hanno un patto per la vita. Uno di loro si trova coinvolto in un omicidio e con sé coinvolge gli altri.

E' il 1967, scappano in Vietnam, altro casino con un gangster locale, lo rapinano, fuggono con una cassa piena d'oro e di altro, finiscono catturati dai vietcong che li scambiano per spie della cia, arrivano gli americani che avevano commilitoni prigionieri e mettono a ferro e fuoco il villaggio. Uno di loro s'era fatto ossessionare dall'oro al punto di mettersi contro persino gli altri 2. Si ritroveranno dopo la guerra, uno istupidito da una grave ferita, l'altro con l'oro trafugato è diventato ricchissimo, il terzo, rimasto fedele ai propositi da amici e lucido, riporterà "ordine" nella loro amicizia.

Ho omesso moltissimo, oltre 2 ore di avvenimenti a ritmo incalzante! Girato con colori "anticati" sembra un film dei primi anni 80 per la fotografia. Fa il verso a grandi film, come "Il Cacciatore" o "Apocalipse Now". Una serie di immagini sono emblematiche, come un manifesto della Deneuve che compare a richiamare qualcosa del cinema. Alcune curiose sovrapposizioni: 2 ragazzi che discutono d'amore mentre un artificiere resta vittima del suo lavoro; dopo un omicidio a sangue freddo una raffigurazione della pietà di Michelangelo fa da sfondo; tante altre.

Film d'amicizia e d'onore, con sfondo di avvenimenti storici e politici, non solo il Vietnam ma la Hong Kong dei tempi, dura e cinica, molto selettiva. Ho citato grandi film, ma questo è altra faccenda, non ha un momento di respiro, sempre ad altissima velocità, con tante scene di violenza, sparatorie, combattimenti da far arrivare al finale col fiatone.

Grandissimo spettacolo! Assolutamente da non perdere.
E grande regista.

lunedì 20 settembre 2010

A comédia de Deus - La commedia di Dio

11
E' lo stesso regista, Leone d'argento con questo film (il più celebre di una trilogia), ad interpretare il raffinatissimo João de Deus, uomo di mezza età tendente alla seconda delle metà, artista del gelato e adoratore feticista, elegantemente perverso (strana affermazione ma garantisco che è corretta), del corpo femminile.

La specialità di Deus è Paraiso, un gusto che lo ha reso celebre e la sua gelateria è meta di cultori, donne in particolare, delle sue dolci prelibatezze. Le sue specialità hanno nomi d'invenzione, come i profumi e proprio come Profumi definisce i lori sapori, le loro essenze.

Maniacale al lavoro sull'igiene e sulla perfezione del gesto, anche nel preparare un cono, indottrina nei dettagli le cameriere a riguardo, non disdegnando di circuirle, accompagnarle in piscina e sodomizzarle quando occorre. A casa è solitario e riservato, ambienti ricercati, cuoco preciso. Movenze e posture sempre lente, personaggio serafico, approccia al divino col gusto, esprime nel gelato il suo rapporto col mistico, accompagna con musica classica ed operistica le sue "performance", è anche collezionista, di peli pubici femminili. Una serata in compagnia virginale gli procurerà immenso piacere ma gli sarà anche fatale.

Poco meno di tre ore di film incantevole che non dà pace all'emozione, carico di sensualità, eros, piacere del gusto, spesso comico e grottesco, alcune battute di Deus, sicuro di sé ed estremamente disinibito anzitutto nel linguaggio, sono irresistibili. C'è uno stile che non saprei definire, ma ha una magia: travolgente anche se sia il protagonista che la macchina da presa che il montaggio sono estremamente lenti, privi d'affanno, e non sono pochi nemmeno i lunghi piani sequenza a camera fissa. Forse è la curiosità che ispira, continuamente ti chiedi cosa accadrà successivamente, e Deus effettivamente mai ti deluderà. Forse anche la cadenza ed il suono della lingua portoghese contribuisce, anzi senza forse. Vedere un film come questo doppiato sarebbe un crimine contro l'arte!

Oggi ha 15 anni questo film incredibile ma garantisco personalmente sulla sua bellezza senza tempo anche in futuro. Lo riguarderò sicuramente.

L'accostamento tra piacere della vita e del palato mi ha ricordato uno splendido film, sempre in lingua portoghese, visto poco tempo fa: Estomago. Consiglio molto anche quest'ultimo.

domenica 19 settembre 2010

La messa è finita

14
Primo Olimpo per il mio amato Moretti finalmente, questo film m'ha colpito e a quanto ho letto l'ha fatto anche con la giuria di Berlino, Orso d'argento nell'86 e gran premio della giuria.

Basta per un attimo con Apicella, nel suo quinto lungometraggio c'è un prete di una parrocchia di periferia romana, Don Giulio interpretato dallo stesso Moretti in versione sbarbata, faccia pulita, non più giovane ironico e scorbutico.
Al ritorno nella sua Roma Giulio è felice di poter riallacciare vecchi rapporti, poter frequentare la sua famiglia.

I vecchi amici coi quali aveva condiviso passione giovanile per la politica ed il comunismo sono tutti cresciuti ovviamente. Tranne per uno di loro, arrestato con l'accusa di brigatismo, tutti gli altri hanno dimenticato ideali ed ideologie e dovuto procedere ai passi normali di una crescita nel mondo adulto, quindi lavoro, famiglia, separazioni, ecc... . Tutti indistintamente hanno dei problemi.
Dove trova le persone più problematiche poi è proprio in famiglia. La sorella ha una relazione incompiuta, verrà fuori che è pure incinta e che vuole abortire. Il padre prende una scuffia per un'amica della sorella molto più giovane di lui e lascia, in ormai tarda età, la madre che avrà per la cosa una reazione drammatica.

Un prete che al suo ritorno in terra natale cerca le sue radici, di ritrovarsi, si trova invece completamente in balia di situazioni per le quali vorrebbe fare qualcosa, come amico e parente ma anche per il ruolo che ricopre, che invece non ha mai una vera soluzione da proporre, se ne rende conto egli stesso, e lentamente precipita in una crisi totale, personale e di fede.
La fede pare non comparire mai, l'unico con cui ne parla è il prete che lo ha preceduto nella parrocchia. Vive vicino alla chiesa, che ha lasciato insieme alla professione perché si è sposato ed ha anche un bambino, senza per questo abbandonare la fede, tutt'altro. Forse la sola persona felice che incontra anche se gli causa grandissimo imbarazzo, che gli parla d'amore per dio e per la famiglia indistintamente.

Giulio, uomo non-dio ed in quanto tale impotente a risolvere alcunché, non riesce a dare conforto a nessuno. La maggior parte non lo vuole il suo aiuto che pure prova a fornire, altri che glie lo chiedono lo mettono in imbarazzo. Questo è proprio l'aspetto che più mi ha commosso e fatto pensare, la sana umanità di Giulio, depresso e sconfortato come chiunque di fronte a certe situazioni, che non parla per partito preso e che ogni volta che ragiona su quei problemi si ritrova impotente, che poi è la verità di chi non immola il raziocinio a divinità o culti di sorta e che quindi non dispone di soluzioni preconfezionate. Giulio le avrebbe, o avrebbe dovuto averle in quanto prete, ma non è così, la situazione della sua famiglia poi sarà pregnante al punto da renderlo indifferente, quasi apatico, al resto della sua missione, al destino di amici e parrocchiani.

Bellissimo, forse il solo film di Moretti del quale ero completamente all'oscuro mi ha sorpreso. Abbandonata già con "Bianca" la 16mm, le riprese sono di qualità da film importante, curate, come la splendida colonna sonora originale di Nicola Piovani.

Dovrei dirne ancora ma chiudo qui. La recensione è finita.

sabato 18 settembre 2010

Continental Divide - Chiamami Aquila

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Per una volta il titolo italiano, pur non centrando nulla con quello originale, è bello ed indovinato, ha aiutato certamente alla sua fama in Italia tra i meno giovani, oggi non so quanti lo conoscono.

venerdì 17 settembre 2010

When you're strange: a film about The Doors

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Alzate pure la tavoletta del cesso e gettateci senza patemi il filmaccio di Oliver Stone del 1991 dedicato alla mitica band The Doors. Ecco finalmente il film che, se vi interessa anche un minimo la loro storia, occorre vedere.
Diversi premi vinti ai festival cui ha concorso, a cominciare dal Sundance del 2009.

Li ho amati molto da ragazzo ed ancora oggi di tanto in tanto me li ascolto ben volentieri. In meno di 5 anni hanno prodotto musica che va dal blues al rock con un timbro sempre originale e distinguibile e con testi che vanno dal sensuale-erotico al noir e al maledetto, sola costante la poesia simbolica e priva di morale dell'indiscusso leader del gruppo, per quanto ne fosse di gran lunga il membro più giovane, il famosissimo Jim Morrison, la cui figura è un'icona degli anni '60.

Giusto qualche riga, più non posso dire, non ho mai capito, né mai capirò, come spiegare e raccontare la Musica, ho grande invidia per chi ne è capace. Mi limito a dire che: se avete più o meno la mia quasi veneranda età sicuramente li conoscete i Doors e non potete per nessuna ragione perdervi questo fantastico film; se siete più giovani e avrete la fortuna di guardarvelo, vedrete che correrete a procurarvi come minimo una loro greatest hits. Certo, fatto salvo un minimo di prerequisito: amare il rock e/o il blues.

Film prodotto con un montaggio fantastico, da una quantità sterminata di materiale, compreso pezzi del film che Morrison produsse quando frequentò l'UCLA. La "fiction" (molto fra virgolette) è realizzata con l'alternarsi simbolico di brani di repertorio e di altri girati dalla e sulla band, molto semplice, nulla di complicato da interpretare. Un modo per dire: è un documentario ma te lo godi proprio come un film!

Mi ripeto, ma merita: eccezionale ed imperdibile. Tra i miei cult.

Una vita violenta

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La storia di un ragazzo di borgata, Tommaso Puzzilli, nella Roma sottoproletaria di periferia. Amicizie filofasciste, furti, violenze anche per futili motivi, poi un amore, Irene, una brava ragazza.

Finisce in carcere per un accoltellamento, esce e trova la famiglia non più in baracca ma in una casa popolare. Quando tutto pare volgere al meglio subentra la tubercolosi, quindi il ricovero coatto in un sanatorio dove la lotta politica lo porta ad avvicinarsi al comunismo, inizio di una lenta conversione morale ed etica quindi politica. Finale epico, un'epica di persone comuni, per questo ancora più intenso.

E' uno dei romanzi che ho più amato, scritto da un Pasolini pieno di realismo ed empietà, non potevo non vedermi il film. Meno famoso di "Ragazzi di vita" il romanzo, schiacciato dal film capolavoro "Accattone" dello stesso Pasolini (opera prima da regista, dell'anno precedente), questo film è uscito poi, a quanto ho letto, come un figlio minore, fu accolto freddamente. Personalmente, visto a distanza di quasi 50anni, fatti i debiti paragoni col libro, ritengo questo film più che meritevole di visione.

L'ho letto parecchi anni fa il romanzo, ora non lo ricordo benissimo, ma ne ho ancora in mente le sensazioni. A parziale dispetto del titolo, è meno duro di "Ragazzi di vita". Il povero Tommaso è come un'alga sradicata in balia delle correnti, privo di vere convinzioni proprie, che trova lentamente un appiglio. Nel periodo in sanatorio costruirà una coscienza di sé, terminata l'adolescenza inizierà la sua vera formazione, che culminerà nel finale gesto eroico durante l'esondazione dell'Aniene.

Il film ha piccoli torti nel non spiegare esaustivamente alcuni momenti particolari della vita di Tommaso (quando esce dal sanatorio, ad es., e rincontra i vecchi amici), problemi che spesso i film hanno nei confronti del libro di provenienza e che poi sono soggettivi, dipendono dal lettore cosa ha rimarcato in più o in meno nella trama. In compenso ha il grandissimo merito di aver creato un'ambientazione, un clima, che col libro ha piena coerenza. Come detto, Pasolini in questo romanzo, ed anche rispetto ad Accattone, porta soluzione e speranza a persone la cui condizione di vita pare non offrirne. La rassegnazione quindi non è la sola possibilità, la costruzione di una personalità e di una ragione di vita è slegata da fattori materiali. Non bisogna aspettarsi comprensione ed ammirazione dai compagni di borgata, ma forse è la sola strada alternativa ad una vita altrimenti di sola violenza. Senza l'enfasi mistica di una sorta di redenzione, Tommaso s'innalza dal baratro.

Decisamente da vedere a mio parere.

Una dedica all'amica Petrolio, scrittrice talentuosa, che ha fatto del suo nickname un omaggio al grande intellettuale italiano e verso la quale mi parte una sinapsi ogni volta che parlo di Pasolini.

giovedì 16 settembre 2010

Dare mo shiranai - Nobody knows

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Film liberamente ispirato ad una vicenda che fece molto scalpore in Giappone nel 1988, nota internazionalmente come "The four abandoned children of Sugamo".

In brevissimo, 4 bambini, figli di altrettanti padri, vivono chiusi in casa, la madre li nasconde alla vita civile tranne il primo, il dodicenne Akira, che si occupa anche di svolgere compiti da genitore nei confronti dei fratelli (in totale sono 2 maschi e 2 femmine). Akira solo esce, fa la spesa, paga le bollette, fa tutto, la madre è spesso assente anche per giorni. Nessuno di loro frequenta amici, né scuole, né svolge qualsiasi attività extra-familiare.
Un giorno la donna sparirà, senza fare più ritorno.

I soldi finiranno nell'arco di poche settimane. Akira va dai "padri" a chiedere aiuto senza trovarne, lavoro non glie ne danno ché è troppo giovane. Andare dall'assistenza sociale non se ne parla, sono indottrinati tutti e 4 su questo rischio di venire separati in diverse famiglie. Trascorreranno mesi, resteranno senza corrente, senza acqua, non pagano nemmeno l'affitto ma la padrona è rassegnata ad aspettare la madre e riescono a farla franca. La casa lentamente diventa una specie di discarica, nemmeno il bagno è utilizzabile... lascio immaginare il resto, o meglio lo lascio alla visione.

E' un film duro da sostenere, anche per la durata di 140', ma veramente bellissimo ed imperdibile. La caduta nell'inferno di questi bambini, che pure mantengono integra l'innocenza della fanciullezza, è lunga e ripresa con dettaglio, per gran parte solo con luci e suoni naturali, rarissime le musiche con però una canzone nel drammatico finale da pelle d'oca.

Ad un certo punto la segregazione non sarà più praticabile. Per lavare i panni od espletare i bisogni andranno in un parco vicino. Tanti quindi i momenti "pubblici" eppure proseguono nel loro isolamento sostanziale, nessuno pare accorgersi di loro tranne i pochissimi che li aiutano a procurarsi un minimo di cibo per non soccombere alla fame. Alcune inquadrature, coi bambini nello sfondo di una società affaccendata sono straordinarie e non danno spazio ad interpretazione.
Quante domande si saranno poste i giapponesi su come sia stato possibile un fatto del genere, e quante ce ne dobbiamo porre tutti, che anche in europa e molto di recente fatti di segregazione sono emersi seppure molto diversi.

Nessuno sapeva, ed in fondo nelle grandi città si ama poco chi ficca il naso nei fatti propri e quindi si crea una sorta d'indifferenza al prossimo mascherata dalla parola discrezione. Ci può stare in fondo, però quei bambini erano pur nati e nessuno ne ha mai chiesto conto. Possibile che nell'era dell'informazione e dell'analisi incrociata delle informazioni (è il mio lavoro nella vita privata, considerazione inevitabile) il fatto che una casa abitata non avesse più i collegamenti a servizi essenziali come acqua e corrente elettrica non ha destato interesse in nessuno? Chi mai poteva vivere lì?

Una storia di valore assoluto, difficile definire questo un "film asiatico".
Opera eccezionale che ha imposto Koreeda tra i registi giapponesi più amati anche in occidente. Io sono al terzo che vedo di lui e già 2 sono nell'Olimpo.

mercoledì 15 settembre 2010

Lola rennt - Lola corre

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Come fare un film che dura 80' con una trama da poco più di 20'? E' facile, basta riproporla 3 volte, con 3 diverse varianti tempistiche.

Manni, il fidanzato di Lola, è nei guai. Ha dimenticato 100mila marchi nella metropolitana di Berlino, presi poi sicuramente da un barbone incontrato. Li doveva dare a un boss delinquente e quando telefona a Lola ha ancora 20' di tempo per procurarsi i soldi, altrimenti il boss l'ammazza. Dice a Lola che rapinerà il supermercato di fronte alla cabina telefonica, lei le risponde di aspettarla, che provvederà in qualche modo.

Lola schizza fuori di casa correndo di gran carriera a piedi, per raggiungere Manni. Il percorso prevede incontri/scontri che possono incidere, per la durata dell'imprevisto, sull'esito dell'impresa: vicino con cane aggressivo sulle scale; donna anziana con passeggino sul marciapiede; un tizio con una bicicletta; il padre direttore di banca al quale tenta di estorcere i soldi; ecc... . Il primo tentativo avrà un epilogo drammatico, ma Lola ne avrà un altro sempre ripartendo dal telefono di casa, che vivrà qualche secondo di ritardo e per conseguenza tutti gli incontri/scontri cambieranno natura. Altro epilogo drammatico pure al secondo run, ma diverso. Terzo tentativo, stesso espediente, altro slittamento di tempo, ed andrà meglio.

Musica e riprese techno-trance (si dice così?), alcune anche in animazione, per tutte le furiose corse. Giochi di accelerazioni e ralenty, se non fosse per alcuni momenti di pausa il film è ubriacante. 80' possono sembrare pochi ma per un videoclip sono moltissimi. Gli intermezzi tra un episodio e un altro, coi 2 ragazzi a letto che si giurano amore e pensano a cosa succederebbe se uno di loro morisse, fanno sembrare gli episodi stessi come sogni allucinatori.

Chiaramente un film nato per diventare un cult, soprattutto tra i giovani. Io non lo metto tra i miei cult personali, m'è sembrato un po' "furbetto" come si dice, ha poi delle pause che per il tipo di film non si giustificano e alcuni imprevisti sono proprio non-sense, come le vincite al casinò del terzo episodio, troppo improbabile che una persona con una tale fregola provi quel metodo per trovare i soldi, l'incoerenza crea discontinuità.

Il mio personale giudizio finale è: non male, sicuramente merita la visione, curioso anche se meno originale di quanto può sembrare. C'è un po' di "Sliding doors", un po' di "Trainspotting" (e un po' di altro) ma non li raggiunge.
Attenuante generica, ma è più una scusa per citare un grandissimo e poco noto film: non è semplice inventarsi novità sui film che giocano sullo spazio-tempo, bisogna riconoscerlo, e l'ultimo vero colpo di genio visto a riguardo è il thriller Timecrimes di Vigalondo, questo sì un film imperdibile.

martedì 14 settembre 2010

Buryure (aka Brulee) - The Burning

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2 gemelle legate da un passato drammatico, dopo la morte del padre in un incendio e rimaste orfane sono state separate, una delle 2 a vivere con uno zio pasticciere, l'altra no. Si ritrovano dopo 4 anni, la pasticciera è patologicamente una piromane, l'altra ha un brutto male.

Scapperanno, andranno in giro insieme, incontreranno un inutile ex kick-boxer che grazie a loro ritroverà ispirazione e coraggio per tornare a combattere e il finale (pezzo forte del film) sarà un drammatico deja-vu dell'ultimo evento vissuto insieme prima del distacco, che ha segnato la loro vita.

Il film dura solo 70 minuti ma ce ne sono almeno 30 di troppo. Primo ed ultimo lungometraggio di Hayashida (a quanto ho letto, è morto poco dopo averlo finito) ha trama sufficiente per un corto, non oltre, e il brodo è allungato a dismisura, personaggi inutili (non solo il boxer), scene allungate con primi piani prolungati, c'è tutto il peggio del japan-style quando non serve a nulla.
Sempre a quanto ho letto in giro è parecchio apprezzato da appassionati del genere asiatico; non so che dire, a parte quel che ne penso personalmente.

Mi fermo, non voglio infierire sul buon Hayashida, r.i.p. .
Lo salvo dall'Ade per le 2 belle protagoniste, per la trama il cui spunto poteva essere interessante (ma non è stata né approfondita né sviluppata) e l'ottimo finale.

lunedì 13 settembre 2010

I tre volti della paura - Black Sabbath

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Doveroso citare il titolo con cui uscì all'estero, Black Sabbath, visto che ispirò il nome al famoso gruppo inglese omonimo, tra i precursori del genere Heavy Metal. Una curiosità che dà l'idea di quanto questo film fu apprezzato fuori dai patri confini, più che da noi, cosa che contraddistingue quasi tutta la produzione di Bava, regista suo malgrado di nicchia al quale i passaggi televisivi sono praticamente (e direi anche incomprensibilmente) preclusi.

Introdotti da un attore che si rivolge al pubblico stile Hitchcock, si assiste a tre episodi tratti da altrettanti racconti di altrettanti scrittori: "Il Telefono" di F.G. Snyder; "I Wurdalak" di Aleksej Konstantinovič Tolstoj; "Goccia d'acqua" di Anton Čechov.

IL TELEFONO
Una donna viene continuamente minacciata da un personaggio misterioso con telefonate che non lasciano scampo, che pare poterla osservare in ogni movimento. Verrà in soccorso una vecchia fidanzata di lei, con la quale aveva rotto per andare con un uomo. Eccezionale il finale con vittime i carnefici, racconto con logiche rigorose alla E.A.Poe.

I WURDALAK
Campagna Russa dove la notte è permanente, messa sotto scacco da un terribile criminale che è anche un wurdalak, un particolare tipo di vampiro. Un anziano capofamiglia fa rientro da figli, nuora e nipote, era partito per uccidere il vampiro, torna con un alone di sospetto e presto si capirà che anche lui lo è. Storia di contrasto amore-morte, il wurdalak si nutre del sangue di chi ama, provocandone prima la morte poi la metamorfosi. Dei tre episodi è il solo con qualche scena in esterni (rigorosamente riprodotta in studio), il più lungo e ricco di avvenimenti.

GOCCIA D'ACQUA
Un'infermiera viene chiamata per la vestizione di una defunta, quest'ultima era dedita a sedute spiritiche invocanti i morti. Durante le operazioni trafuga dalla mano della morta un anello, e quello è l'inizio di una maledizione che la perseguiterà con il fantasma della stessa defunta. Finale che prosegue la trama.

Tre storie di terrore nel primo a colori sul genere di Bava, sempre rigorosamente gotico, tinte fosche ed accese con contrasti talmente netti che paiono tirati col carboncino. Camera spesso ravvicinata, solita cura di ombre e luci, Bava ha conservato la bellezza del bianco e nero anche nel colore, ed è la prima volta che mi viene da fare una considerazione del genere. Prima d'essere regista era grande esperto di fotografia, e si vede.

Horror che spaventa ma alla portata di tutti, a distanza di anni ha certo perso parte della forza d'inquietare, ma ha acquistato un fascino unico, come tutti i grandi film che hanno aperto una strada e dettato regole ad un genere. Un pezzo di storia, per chi ama l'horror penso che i film di Bava siano obbligatori.

Budget ancora limitato, qualche attore un po' approssimativo (non tutti) mentre invece l'infermiera dell'ultimo episodio è veramente splendida. Il saluto prima dei titoli di coda, con la macchina da presa che riprende il set, mostrandoci regista, staff e trucchi utilizzati, è simpatico, chiude con un sorriso tre storie cupe, aiuta gli spettatori ad uscire dalla sala e tornare a casa con più tranquillità.

domenica 12 settembre 2010

Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto

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Film del progetto "100 Film italiani da salvare".

Dico subito che questo film, a mio parere, è uno dei Massimi Capolavori del Cinema Italiano di sempre. Un valore assoluto, non solo del genere cosiddetto "politico", e a maggior ragione che è di quel genere, se pensiamo poi agli anni in cui è stato prodotto e diffuso, la parola Capolavoro merita ben un grassetto!

Un breve riepilogo degli avvenimenti storici tra il 1969-70 occorre, per capire un po' il clima in italia (sintesi da pagine wiki) a me è stato molto utile, e se anche allunga molto il testo la voglio fare, questo film la merita, la richiede, il coraggio che è stato espresso nel farlo deve risaltare ed aiutare a rinfrescare la Memoria.

1969
  • 27 febbraio - Roma: durante un assalto di neofascisti alla facoltà occupata di Magistero, lo studente Domenico Congedo precipita e muore nel tentativo di uscire dall’edificio assediato. Nello stesso giorno, manifestazioni contro l’arrivo del presidente americano Nixon in Italia.
  • 18 marzo - Italia: La legge 444 istituisce la scuola materna di stato.
  • 25 aprile - A Milano scoppiano due bombe ad alto potenziale: al padiglione FIAT della Fiera campionaria e all'ufficio cambi della Banca nazionale delle comunicazioni, alla Stazione Centrale, provocando una ventina di feriti non gravi. Viene accusati un gruppo di anarchici, che saranno tutti prosciolti. È uno dei primi fatti riconducibili alla strategia della tensione.
  • 23 giugno - Italia: esce il primo numero de Il Manifesto, mensile fondato dai dirigenti comunisti Luigi Pintor, Rossana Rossanda, Aldo Natoli, Lucio Magri e Luciana Castellina in disaccordo con il PCI diretto da Luigi Longo.
  • 29 giugno - Italia: Giorgio Almirante è il nuovo segretario del MSI. Succede ad Arturo Michelini.
  • 8 settembre - Milano: nasce il Collettivo Politico Metropolitano, tra le cui fila rivestono posizioni di rilievo Renato Curcio e Margherita Cagol, futuri fondatori delle Brigate Rosse.
  • 22 ottobre - Genova: si costituisce il Gruppo XXII Ottobre, guidato da Mario Rossi: è il primo nucleo della sinistra extraparlamentare ad intraprendere azioni terroristiche.
  • novembre - nasce ARPANET, predecessore di Internet.
  • 1 novembre - Italia: esce il primo numero di Lotta Continua, settimanale dell’omonimo movimento. Il primo direttore è Piergiorgio Bellocchio.
  • 19 novembre - Milano: nel corso di una protesta sindacale scoppiano gravi incendi. In seguito agli scontri muore l’agente di pubblica sicurezza Antonio Annarumma, di 21 anni.
  • 26 novembre - Roma: i fondatori de Il Manifesto vengono espulsi dal PCI.
  • 12 dicembre - Italia: scoppiano cinque bombe, in meno di un'ora, dalle 16.30 alle 17.30, tra Roma e Milano: la prima è a Milano, quella che verrà ricordata come Strage di Piazza Fontana in cui muoiono 17 persone e ne rimangono ferite 88; la seconda bomba è piazzata nel sottopassaggio nei pressi di via Veneto/via di San Basilio a Roma, scoppia alle ore 16.55 davanti la Banca Nazionale del Lavoro: fa 13 feriti. Altre due bombe esplodono sempre a Roma, appena mezz'ora dopo, davanti all'Altare della Patria, facendo 4 feriti. Un'altra bomba non esplode e verrà fatta brillare dagli artificieri.
  • 15 dicembre - Presso il tribunale di Milano viene accusato della strage di Piazza Fontana e arrestato l'anarchico Pietro Valpreda; in serata viene trasferito a Roma. Verso la mezzanotte l'anarchico Giuseppe Pinelli, fermato e trattenuto in questura, "cade" dal quarto piano dove era in corso il suo interrogatorio.

1970
  • 9 gennaio - Firenze: convegno di Potere operaio a cui partecipano esponenti di Lotta continua; relazioni introduttive di Toni Negri e Franco Piperno.
  • 7 febbraio - Italia: si dimette il Governo Rumor II
  • 11 marzo - Vicenza: durante uno sciopero dei tessili un imprenditore spara contro gli operai a Torrebelvicino causando 10 feriti
  • 27 marzo - Italia: formazione del terzo governo Rumor, quadripartito composto da DC, PRI, PSI e PSU.
  • aprile - Milano: primo comizio politico del nucleo delle nascenti Brigate Rosse
  • 16 aprile: Una voce interrompe il telegiornale nazionale in diverse zone dell’Italia Settentrionale: è l’annuncio della nascita delle Gruppi d'Azione Partigiana, dell'editore Giangiacomo Feltrinelli
  • 20 maggio - Italia: Viene varato lo Statuto dei lavoratori che tutela i diritti dei lavoratori dipendenti. Il padre di questa legge (legge 300/70) è il socialista Gino Giugni. Il testo prevede l'istituzione di assemblee nelle fabbriche e tutela della dignità e della libertà del lavoratore.
  • 25 maggio - Italia: viene istituito il referendum (legge 352/70). Il referendum è abrogativo e si può indire se ne fanno richiesta 500.000 cittadini o 5 consigli regionali o un quinto del Parlamento
  • 7 giugno - Italia: prime elezioni regionali amministrative per i consigli delle regioni a statuto ordinario: DC 37,7%, PCI 27,9%.
  • 6 luglio - Roma: dimissioni del Governo Rumor III
  • 14 luglio - Reggio Calabria: esplode una rivolta popolare appoggiata dal MSI. Si protesta contro la designazione di Catanzaro a capoluogo di Regione. Tra i manifestanti emerge la figura di Ciccio Franco, sindacalista della CISNAL
  • 22 luglio - Gioia Tauro: Deragliamento del treno la Freccia del Sud a Gioia Tauro: sei morti e 109 feriti, la polizia denuncia i macchinisti. Secondo Lotta Continua invece è stato un attentato fascista.
  • 23 luglio - Milano: Allo stabilimento Sit-Siemens, viene ritrovato il primo volantino firmato BR. Si tratta della prima comparsa in assoluto del nome del gruppo terroristico
  • 6 agosto - Roma: si forma il Governo Colombo: quadripartito composto da DC, PRI, PSI e PSU
  • 16 settembre - Palermo: scompare il giornalista de l'Ora Mauro De Mauro; stava indagando sulla morte di Enrico Mattei, presidente dell'ENI, e collaborando alla sceneggiatura del film Il caso Mattei di Francesco Rosi; il corpo non sarà mai ritrovato
  • 17 settembre - Milano: primo attentato delle BR, che bruciano l'auto del dirigente della Sit-Siemens Giuseppe Leoni
  • 26 settembre - Italia: sull'autostrada del Sole muoiono, in un sospetto incidente stradale con un autotreno, cinque giovani anarchici, che andavano a Roma per una manifestazione contro Nixon. Si pensa subito all'attentato, i due camionisti sono dipendenti del "principe nero" Junio Valerio Borghese. Si apre un'istruttoria. Nel gennaio dell'anno seguente il caso verrà archiviato, ma Lotta Continua continuerà a sostenere la tesi dell'attentato: i cinque anarchici avrebbero avuto le prove che quella di Gioia Tauro sarebbe stata una strage fascista.
  • 27 settembre - Italia: visita del presidente USA Richard Nixon. Il suo arrivo provoca numerose manifestazioni contro la guerra in Vietnam.
  • 1 ottobre - Milano: al concerto dei Rolling Stones al Palalido scoppiano tafferugli per accaparrarsi i soli 6000 posti. La polizia è costretta a intervenire per disperdere chi non può entrare
  • 12 ottobre - Palermo: Vito Ciancimino, sospettato di legami con la mafia, è eletto sindaco di Palermo.
  • 1 dicembre - Italia: Viene varata la legge che istituisce il Divorzio (L. 1 dicembre 1970, n. 898)
  • 2 dicembre - Roma: si costituisce il comitato nazionale per il referendum abrogativo della legge sul divorzio
  • 7 dicembre - Roma: fallisce il tentativo di golpe di stato organizzato dal principe Junio Valerio Borghese, esponente dell'estrema destra eversiva
  • 12 dicembre - Milano: muore lo studente Saverio Saltarelli colpito al petto da un candelotto lacrimogeno sparato dai carabinieri durante le cariche contro un presidio antifascista organizzato dal Movimento Studentesco

Mi sono limitato all'anno precedente ed a quello di uscita di questo film. Anni "calducci" quindi, con governi conservatori tendenti a destra e tutti i poteri di ordine pubblico, Polizia, Esercito, Carabinieri, comandati da personaggi estremamente di destra. Il comando era quello, poi le "maestranze" dei suddetti organi erano persone comunissime, come ebbe a sottolineare coraggiosamente solo un grand'uomo, Pasolini, nella sua famosa poesia "Il PCI ai giovani!!" (fonte) pubblicata nel 1968:
A Valle Giulia, ieri, si è così avuto un frammento
di lotta di classe: e voi, cari (benché dalla parte
della ragione) eravate i ricchi,
mentre i poliziotti (che erano dalla parte
del torto) erano i poveri. Bella vittoria, dunque,
la vostra! In questi casi,
ai poliziotti si danno i fiori, cari. Stampa e Corriere della Sera, News- week e Monde
vi leccano il culo. Siete i loro figli,
la loro speranza, il loro futuro: se vi rimproverano
non si preparano certo a una lotta di classe
contro di voi! Se mai,
si tratta di una lotta intestina.

Per chi, intellettuale o operaio,
è fuori da questa vostra lotta, è molto divertente la idea
che un giovane borghese riempia di botte un vecchio
borghese, e che un vecchio borghese mandi in galera
un giovane borghese. Blandamente
i tempi di Hitler ritornano: la borghesia
ama punirsi con le sue proprie mani.
Chiedo perdono a quei mille o duemila giovani miei fratelli
che operano a Trento o a Torino,
a Pavia o a Pisa, /a Firenze e un po’ anche a Roma,
ma devo dire: il movimento studentesco (?)
non frequenta i vangeli la cui lettura
i suoi adulatori di mezza età gli attribuiscono
per sentirsi giovani e crearsi verginità ricattatrici;
una sola cosa gli studenti realmente conoscono:
il moralismo del padre magistrato o professionista,
il teppismo conformista del fratello maggiore
(naturalmente avviato per la strada del padre),
l’odio per la cultura che ha la loro madre, di origini
contadine anche se già lontane.

Questo, cari figli, sapete.
E lo applicate attraverso due inderogabili sentimenti:
la coscienza dei vostri diritti (si sa, la democrazia
prende in considerazione solo voi) e l’aspirazione
al potere.

Sì, i vostri orribili slogan vertono sempre
sulla presa di potere.
Leggo nelle vostre barbe ambizioni impotenti,
nei vostri pallori snobismi disperati,
nei vostri occhi sfuggenti dissociazioni sessuali,
nella troppa salute prepotenza, nella poca salute disprezzo
(solo per quei pochi di voi che vengono dalla borghesia
infima, o da qualche famiglia operaia
questi difetti hanno qualche nobiltà:
conosci te stesso e la scuola di Barbiana!)
Riformisti!
Reificatori!
Occupate le università
ma dite che la stessa idea venga
a dei giovani operai.

Straordinaria! Pasolini scatenò infinite polemiche con questa poesia, dentro e fuori dal PCI.

Bene, penso che ora posso parlare del film.

Un uomo uccide l'amante con una lametta in gola durante un amplesso. Hanno un rapporto un po' strano, lei le aveva chiesto "come mi uccidi stasera?" quand'era arrivato. C'era un gioco in corso quindi, ma stavolta lui ha fatto sul serio. Subito, al posto di eliminare le tracce come farebbe qualunque assassino, si premura invece di lasciarne, appositamente. Vuole essere individuato quindi.
Lui è il capo della Squadra Omicidi della Questura, e l'omicidio lo compie il giorno stesso che viene promosso a capo dell'Ufficio Politico. E' un reazionario convintissimo, ama l'autorità, il potere. A colpi di flash-back scopriamo che l'amante lo stuzzicava molto su questo suo ruolo, era anche quello che la affascinava di lui, e l'uomo, altrimenti sempre duro, irreprensibile, autoritario, con lei diventava un succube, anche se poi la corda è stata tirata al punto da fargli credere di essere invulnerabile alla legge fino a sfidarla: riusciranno ad incriminarmi?

Storia sul doppio binario del tempo passato e del tempo presente.
Nel passato l'uomo (solito, eccezionale! Gian Maria Volonté) ed il suo rapporto con l'amante (seducente Florinda Bolkan). Serve a denudare il personaggio, che non ha famiglia o affetti e solo con lei è privo di armature. Lei lo prende anche in giro, gioca a fargli fare il poliziotto quando vuole e lui s'immedesima molto facilmente nel suo ruolo, il cui confine con quello dei delinquenti che dovrebbe arrestare appare sempre più flebile.
Nel presente questo capo è quanto di peggio si possa pensare da un uomo che dovrebbe rappresentare l'autorità con comportamenti adeguati. Continua ad agevolare le indagini del delitto, ora in mano a colleghi alla omicidi che han preso il suo posto, indirizzandole verso di sé ed al contempo agisce anche con depistaggi. Fa tutto ed il contrario. Vuole essere scoperto ma continua ad abusare del suo ruolo. Arriverà addirittura a confessare il delitto, di fronte a molti testimoni, in casa sua, presente persino il politico che lo protegge come un figlioccio, eppure...

Mai un film prima di questo ha denunciato gli abusi di potere della polizia in modo così smaccato (e lo ha fatto nel 1970! avete letto sopra cos'è successo il 15-12-69?), messo alla berlina un'autorità talmente importante. E nemmeno dopo di questo, aggiungo. Quell'uomo faceva paura, a tutti, sottoposti e civili: inattaccabile, inappuntabile, oltre la legge: il titolo del film. Di 100' di durata non una scena è casuale od interlocutoria, è un continuo passaggio da una situazione di tensione ad un'altra, nemmeno un brindisi per la promozione è privo di frasi che i destinatari è bene che capiscano.
Non manca nulla. Il politico che incontra preti e poliziotti lo stesso giorno, probabilmente per motivi affini. La sala delle intercettazioni telefoniche, segretate ma solo per chi non è dentro quell'ambiente. Bombe fatte esplodere ad arte per avere scuse nell'attuare repressioni contro ambienti "rivoluzionari" (anarchici soprattutto, hanno la paranoia degli anarchici). Gli interrogatori feroci, privi di qualsiasi garanzia. Certo, il solo fatto che esistesse un Ufficio Politico fa pensare, parliamo di polizia pubblica, non di servizi segreti, anche se si fatica a distinguere visto la licenza a fare qualsiasi cosa.

Il film è fatto straordinariamente bene, le interpretazioni degli attori da esempio memorabile, la musica di Morricone, secondo me la più bella che ha mai composto, è famosissima e solo sentirla ormai riporta alla mente il potere e le sue macchinazioni.

Non posso evitare un'ultima considerazione personale... (del film in senso stretto ho omesso qualche particolare importante, lo lascio godere a chi non l'ha ancora visto).

Questo tipo di uomini (senza generalizzare, mi raccomando!), come questo capo, interpretato da Volonté con faccia e posture che più odiose ed insopportabili non potrebbero essere, almeno per me, è quel tipo di uomini di fondamentale importanza per gestire il potere con la forza. Occorrono queste schifezze di uomo, sono come si dice "forti con i deboli e deboli con i forti". Personaggi ideali da mettere al proprio servizio, hanno nel potere la loro realizzazione, puoi chiedergli di compiere qualsiasi nefandezza e loro per compiacerti andranno oltre. Sono da sempre convinto che in certi ruoli è comodo, per chi comanda ad alti livelli, mettere degli esseri inferiori di questo genere, ché le menti pensanti, educate e con rispetto per la vita umana anche minimo risulterebbero controproducenti.
Sono relativamente pochi, i quadri intermedi diciamo, ma importantissimi, si attingono facilmente tra le classi che vogliono riscattarsi, emergere, le classi di potere invece vanno direttamente ai piani alti, non devono dimostrare nulla. Sono personaggi che quindi comandano, e qua ripenso ancora alla poesia di Pasolini, i loro stessi compagni di classe che non han fatto pari carriera e questi ultimi, veri e proprio operai esecutivi del potere, sono quelli che poi finiscono nelle camionette ad affrontare i cortei.

Pasolini aveva ragione, troppi lo criticarono, lui aveva occhi e testa che guardavano molto oltre, ora in pochi perlomeno a sinistra gli danno torto. Alla fine il potere (che non è entità astratta anche se ne parlo così, ha nomi e cognomi, caste, dinastie, apparati pubblici ed occulti) fa in modo che le battaglie siano sempre tra "i poveri", personalmente non si sporcano mai le mani, e "i poveri" sono pedine sconfitte da ambo le parti: il celerino se ne torna alla casa popolare, magari sul pianerottolo, appartamento vicino, c'è l'operaio che ha manganellato la mattina. Pensiamo anche a quanto "forte" è stato chi ha mandato militari in Afghanistan o in Iraq per parlare di cose recenti: di chi erano figli quei militari?
Ogni tanto capita che quando questo meccanismo eccede, si logora, i poveri sia tra gli oppressi che tra gli oppressori acquistano coscienza superiore e coalizzano finalmente, si trasformano in un solo corpo: questo fenomeno si chiama Rivoluzione.

Per concludere con l'arte...
Ecco la bellissima musica di Morricone. Riporto ancora da wiki: "La comune predilezione per i timbri espressivi dell'iperbole, del grottesco, dello "straniamento di matrice brechtiana", rendono il connubio tra Elio Petri e il musicista Ennio Morricone uno dei più produttivi, quantitativamente e qualitativamente, del cinema italiano. La colonna sonora di Indagine, che pare aver esercitato una notevole impressione sullo stesso Stanley Kubrick, ne rappresenta, forse, il vertice. Qui, la contaminazione tra ambito classico ed ambito popolaresco (ad es. il mandolino suonato come fosse un clavicembalo) con gli "inserti ritmicamente imprevedibili del marranzano, del sax soprano e del contrabbasso elettrico" risultano perfettamente funzionali nell'accompagnamento dei moti convulsi della psiche disturbata del protagonista."
Cosa significa ""straniamento di matrice brechtiana"??? Non so, sono parole che capisco a mala pena, le lascio per gli intenditori. Fortunatamente la sensazione che dà questa particolare composizione è alla portata di tutti.



sabato 11 settembre 2010

Bianca

9
Stavolta "il" Michele Apicella è prof. di matematica, da poco trasferitosi in una bella casetta con terrazzino su uno di quei tetti intramezzi tipici dello sky-line di Roma.

Meno burbero e scontroso che nei film precedenti, è però pieno di curiose manie e quindi di fobie allegate (ha la fissa delle scarpe, ancora golosissimo di dolci e torta sacher in particolare, ecc...). Soprattutto è ossessionato dalle storie d'amore di amici, conoscenti, vicini, chiunque rientri nel suo giro di conoscenze o a portata di vista, persino i suoi allievi, fa domande con la puntigliosità di un detective senza ritegno, conserva persino uno schedario di tutti i suoi "casi" e periodicamente telefona o incontra gli schedati per aggiornarsi.

Single cronico, incontrerà alla scuola una giovane professoressa di francese, Bianca, della quale s'innamorerà immediatamente pur dovendo, per starle vicino, superare tutta una serie di conflitti interiori, poi c'è la sua "missione" alla quale non può sottrarsi, il bene delle coppie che ha schedato. Quest'ultima mania, unita a comportamenti quantomeno bizzarri (segue le persone che gli interessano, ad es.) lo porterà, comprensibilmente, ad essere sospettato di strani omicidi, privi di movente, che "casualmente" sono di persone che lui conosceva. Un po' di giallo poliziesco quindi, con finale abbastanza imprevedibile.

E' il film che ha regalato una serie di scene e frasi ormai storiche: la scena dove Apicella mangia pane e nutella con un bicchiere enorme della famosa crema; la frase "continuiamo così, facciamoci del male" talmente felice che è diventata un modo di dire d'uso comune. Altre meno note sono ricche di uno humor tra il grottesco e il demenziale, come la sala professori della scuola che è un'immensa sala giochi.

4° lungometraggio di un Moretti che cresce col suo personaggio polimorfico, un film divertente ed anche un po' amaro. Le manie di Apicella è vero che sconcertano, ma hanno un fondo di bontà, altruismo, nascono da una solitudine non celata che non trova sbocchi blindata nelle abitudini che cronicizza sempre più col passare del tempo. Di questi "apicella" ce n'è in giro, non ne mancano, guardando il film qualche pensiero a qualcuno che si conosce ci va, magari pure qualcuno a sé stessi.

Consigliato sicuramente, doveroso per chi ama Moretti.
A chi trova Moretti "fastidioso" (ne conosco molti che lo giudicano così) be', questo Apicella è più vicino dei precedenti ai "normali che normali non sono mai del tutto", il senso di fastidio non può che aumentare quindi, effetto che ogni opera dove c'è in qualche modo una caricatura dove lo spettatore si può identificare può produrre, al quale riesce a sottrarsi solo chi è dotato di buona dose d'autoironia.

venerdì 10 settembre 2010

Du Saram-yida - Voices

0
A scuola è arrivato un ragazzo nuovo e una voce che circola dice che ha ucciso il padre ma la nostra protagonista è la sola a non voler dar retta alla diceria. Lo vedrà però proprio vicino al cornicione dal quale una sua zia, proprio il giorno delle nozze, è stata lanciata per essere uccisa. La zia sopravviverà alla caduta ma non al ricovero in ospedale dove sarà massacrata di coltellate da un'altra parente, una donna come colta da trance, proprio davanti agli occhi della ragazza impotente ad intervenire.

La ragazza, chiamiamola Vittima, verrà messa a conoscenza che sulla sua famiglia pende una specie di maledizione e basta poco a capire che lei è la prossima predestinata. Il ragazzo misterioso, chiamiamolo Demone, la informa che deve diffidare di chiunque, persino di sé stessa.

Originale horror-thriller dove la sola costante è Vittima (e pure Demone in verità). Le persone dinanzi a lei, parenti, genitori, amici, chiunque, senza preavviso, si trasformano in killer terribili e, cosa che stupisce, vendicativi nel senso che ognuno di loro ha un movente tangibile e riscontrabile durante il decorso degli eventi per ucciderla. Dura in totale circa 85min dei quali almeno 45 è come se fossero un finale continuo, non finisci mai di chiederti cosa potrà accadere. Anche se il Demone ha parlato chiaro, il finale sarà stupefacente.

Film imperdibile, girato poi a gran ritmo, movimenti macchina dei più vari, da carrellate stile "montagne russe" a steadycam frenetiche, nella miglior tradizione dei più bei coreani di categoria. Gustosissime, per chi le apprezza, le scene di violenza e splatter, molto ben fatte per quanto l'attenzione rimanga focalizzata sul terrore e l'angoscia di Vittima.

Nonostante la storia drammatica e pure sanguinaria (molto sanguinaria!), m'ha fatto sorridere non poco l'espediente Vittima, nel senso che capita a persone che in realtà sono appunto vittime di qualcosa di venire additate poi da altre come causa dei loro mali o sfortune, applicando relazioni di causa-effetto che definire azzardate è un eufemismo. Non è poi così raro come fenomeno e non è semplicemente il concetto del "capro espiatorio", qua siamo di fronte ad un meccanismo ancora più perverso, si focalizza su una persona la causa dei problemi e delle disgrazie, si viaggia su binari le cui rotaie sono la stupidità e la superstizione.
Inventarci su un film del genere l'ho trovato geniale.

giovedì 9 settembre 2010

La ragazza che sapeva troppo

4
E' un Cult movie per diverse ragioni. Anzitutto perché è riconosciuto come il primo thriller italiano, con palese e rispettoso richiamo al Gran Maestro Alfred Hitchcock già dal titolo.

Immediatamente sin dalle prime scene emerge il mistero, generato da una serie di fatti inspiegabili. Nora è una giovane signorina americana in vacanza a Roma. Sull'aereo in arrivo, mentre che legge un giallo, il genere di libri che l'appassiona, viene intrattenuta da un uomo, gentilissimo, che all'arrivo sarà arrestato con una valigia piena di droga.

Poi a Trinità dei Monti assisterà ad un omicidio che sembra essere una "visione" di un fatto di cronaca avvenuto 10 anni prima e che quindi non sarà oggetto di attenzioni da parte delle autorità. Sarà lei stessa ad indagare, aiutata da un (inizialmente diffidente) medico che di lei s'innamorerà, a scoprire che l'omicidio che ha visto "forse" non fu una visione, che proprio lei potrebbe essere la futura vittima. Lo spacciatore poi, che fine ha fatto e che c'entra in tutto questo?

Ho detto della trama poco e male, un po' volutamente un po' per la difficoltà di sintetizzare un film ricco di colpi di scena senza rovinare la visione a chi non lo conosce.

Il Mario Bava appassionato del genere, esperto di fotografia, esperto di pittura ed egli stesso pittore, ha creato un vero gioiello di perfezione, pur con attori non certo di grido. Voce fuori campo "alla Hitchcock", ogni tanto; uso dei suoni per caricare la tensione; esaltazione della città eterna, dei suoi monumenti e della sua storia, con riprese, quelle notturne in particolare, di ambientazione glabra ed essenziale; maniacale l'uso delle luci, come quando nel buio lentamente accendono uno sguardo od un dettaglio della scena. Tutto contribuisce fino alla fine a generare un'ambiguità che solo nel finale troverà soluzione tra vita attuale e passata, fatti veri o presunti, esperienza tangibile e sogni. Fino alla fine tutti possono essere vittime o colpevoli.

Imperdibile a mio parere, ancora oggi godibilissimo in termini assoluti!

mercoledì 8 settembre 2010

Tokyo Eyes

7
2 ragazzi protagonisti. Lei minorenne e sorella di un poliziotto separato con cui vive. Lui poco più grande, produttore di videogame, vive solo in un piccolo appartamento ricco di dischi, elettronica e amenità tecnologiche varie.

La polizia a lui lo chiama Quattrocchi, perché quando attacca le sue vittime indossa occhiali per supermiopi. Sono sempre persone che in qualche modo, o nei suoi confronti o in sua presenza, hanno tenuto brutti comportamenti. Non le uccide, si limita a spaventarli sparando ma senza colpirli. Non sanno nemmeno bene che reato imputargli, fatto sta che è ricercato e famoso ormai a Tokyo.

La ragazza lo troverà, lo conoscerà e si innamorerà pure. Cominceranno a frequentarsi, lei col desiderio che lui smetta di essere Quattrocchi, lui continua a fare il vendicatore per un po' poi smetterà vendendo la pistola ad uno yakuza maldestro che lo ferirà involontariamente. Finale più o meno drammatico.

Uno di quei film che non si capisce dove vanno a parare, molto da festival come si usa dire. Atmosfere languide, fotografia splendida, musica ben dosata ne fanno una visione gradevole che lo salva a stento dall'Ade. Manca "soltanto" un senso compiuto che sia uno. Curioso esercizio di stile di un regista francese che fa "il giapponese", con un cameo di Kitano che sa molto di piaggeria per la giuria di Cannes, risultato così così, vai fino alla fine aspettando il colpo di teatro che nobiliti il tutto, ma resti con un palmo di naso. Il piede che indugia sul marciapiede, che non sa se scendere in mezzo al traffico, ci ha provato a prendermi in giro ma non c'è riuscito, di film orientali ormai ne ho visti abbastanza da poter distinguere le scene realmente simboliche da quelle inutili.

Da vedere solo se si è curiosi a riguardo.

p.s.: così, velocemente e a memoria, il solo film ambientato in Giappone fatto da non-giapponesi veramente riuscito è un capolavoro: Hiroshima mon amour. Bellezza assoluta, da parte di un genio, che è rimasto sé stesso senza imitare alcunché.

martedì 7 settembre 2010

Sogni d'oro

17
Ancora Michele Apicella, che in questo terzo film di Moretti è ormai regista affermato anche se la sua attività principale è quella di professore di letteratura al liceo.

Una storia narrata in metacinema tra ispirazioni in parte autobiografiche del passato e del momento, molto ironica, che alterna sfondo e primo piano tra la vita del protagonista, regista giovane ma già logoro ed annoiato che vive viziatissimo in casa con la madre, ed il film che sta realizzando, "La mamma di Freud", che dovrebbe essere serio ma risulta divenire una commedia grottesca.

Quasi una serie di piccoli episodi. Apicella è un regista scostante, scontroso, egocentrico, in conflitto con sé stesso quanto con gli altri, realizza il suo film senza convinzione ma è convintissimo di essere superiore ai registi emergenti, come tale Gigio Cimino, ex sessantottino che, col suo stesso produttore, farà un musical (orrendo) sugli anni della protesta giovanile, cosa che lo manda in bestia (e come dargli torto?).

Ci sono una serie di trovate geniali che, viste oggi, paiono anticipare quello che sarà poi il cinema e la comunicazione televisiva dagli anni 80 in poi.
Apicella nei dibattiti cineforum viene tormentato dal fatto che i suoi film non "parlano" ai veri proletari, come braccianti, pastori, casalinghe, un tormentone che mi ha ricordato un famoso sketch di Vianello "il contadino di Poggio Bersezio", perché sono film "intellettuali", senza spettacolo, musica, commedia. Alla fine 3 personaggi in rappresentanza del tormentone si faranno vedere.
La perla è una trasmissione televisiva dove Apicella e Cimino verranno invitati ad una sfida singolar tenzone, consistente in una serie di prove, per stabilire quale, tra i registi emergenti del momento, è il migliore (uno dei 2 presentatori è Giampiero Mughini). La prova verbale, confronto dialettico, verrà vinto da chi urla di più ed è più volgare. Il confronto musicale vedrà una canzone romantica trionfare su un originale pezzo jazz-pop, e via continuando l'ultima sfida sarà qualcosa che non ha nulla a che fare con la loro attività professionale eppure decreterà il vincitore finale. Emblematica, aveva la vista lunga Moretti.

Ad Apicella non rimane che adeguarsi, imbruttendosi fino a diventare un mostro, per sopravvivere ad una società che si evolve in un modo che tende ad escluderlo.

Originale e particolare, mi sono divertito molto. Per essere goduto al meglio ritengo che la visione dei primi 2 film di Moretti, "Io sono un autarchico" ed "Ecce bombo", sia molto utile.

lunedì 6 settembre 2010

The Legend Is Born: Ip Man (aka Young Ip Man)

4
Non cercatelo in italia, per ora è uscito solo ad Hong Kong e Singapore secondo imdb, quindi se volete vederlo "andate là" e cercatelo coi sottotitoli almeno in inglese.

Ultimo capitolo della Trilogia di Ip Man. Dopo il primo (indubbiamente il più bello) che narra del periodo che lo ha consacrato eroe in Cina durante la seconda guerra, ed il secondo (molto meno riuscito, ma per certi aspetti apprezzabile) che parla dell'ultima parte della vita di Ip Man dopo la guerra, ad Hong Kong, questo terzo capitolo ci porta alle origini, a partire dal 1906 quando Man adolescente, accompagnato dal padre e dal fratello maggiore Tin-chi, entra nella scuola di Wing Chun (il particolare Kung Fu della regione del Foshan) del maestro Wing Chun, il quale morirà presto ma non prima d'aver lasciato disposizione su Ip Man del quale aveva riconosciuto il gran talento.

In breve le tappe biografiche essenziali scandite dal film:
- 1906 inizio scuola arti marziali dove va a vivere;
- 1915 college ad Hong Kong dove impara l'inglese (siamo in piena fase coloniale) e conosce il grande maestro Leung Bik, un innovatore del Wing Chun, che lo allenerà;
- 1919 torna nel Foshan, si fidanza;
- 1920 rimane coinvolto pur innocente nell'omicidio del presidente della scuola di arti marziali, poi scagionato;
- 1929 sposato, padre del primo figlio, maestro nella scuola dove aveva iniziato
Ho omesso un po' di cose fondamentali, per non rovinare la visione.

Cambia il regista, non c'è più Wilson Yip dei primi 2 episodi, non so perché ma diciamo pure che me ne importa poco. Gli attori sono ancora quelli con ruoli diversi, ora interpretato dal bravissimo Dennis To (molto somigliante al protagonista dei primi 2 film, Donnie Yen) nella parte di Man giovane-adulto. Cambia un po' lo stile dei combattimenti, qualche volta un po' immaginifici a strizzar l'occhio al wuxia, ma molto poco, per buona parte mantengono ancora un forte realismo merito di cast "marziale" di prim'ordine. Cambia anche la tipologia del film, dal primo storico-biografico al secondo con l'eroismo american-style, evidentemente qualche critica del secondo film dev'essere giunta al produttore che per non sbagliare è tornato al film di genere abbastanza "classico", diciamo così. Regia veloce e fotografia d'effetto, molti i combattimenti (e questo a noi che ci piacciono non dispiace affatto!), stile da film d'azione con tanto di salvataggio finale come da rodato copione.

Non so quanto sia reale la storia e la biografia che emergono dal film, certamente le date e le tappe essenziali sono quelle, poi quanto salta fuori in generale, sui giapponesi (era in corso un'invasione economica, come la definiscono nel film) e sul fratello/fratellastro di Man, andrebbe approfondito. Certamente d'invenzione una serie di piccoli episodi meno significativi.

Dal punto di vista biografico non porta nulla, per questo aspetto il primo film resta il must. Niente male, anzi più che godibile, come film d'arti marziali, di azione e spettacolo in genere, e questo lo rende decisamente migliore del secondo.