venerdì 31 agosto 2007

Jules e Jim

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Inizi del '900. Jules è di origini austriache, Jim francese doc, vivono a Parigi un'amicizia intensissima, fatta di dialoghi, bellezza artistica, piacere di vivere. Sono entrambi dei letterati, uomini di cultura. Jules è d'una dolcezza infinita, Jim è più "pratico" ed ha grande dimestichezza con le donne. La loro vita percorrerà vari eventi storici, come la guerra del '15-'18 fino all'avvento del nazismo, ma sarà soprattutto un percorso nella conoscenza dei sentimenti reciproci e dei loro nei confronti di Catherine, femme fatale che irromperà nella loro vita.

E' davvero curioso. Dopo pochi minuti del film mi sono sentito proiettato in pieno neo-romanticismo ed il pensiero è andato immediatamente alla lettura (ahimé, tanti anni fa ormai) di 2 libri del grande Goethe, a "I dolori del giovane Werther" ma soprattutto, tantissimo, a "Le affinità elettive", quando appunto irrompe Catherine nella storia e si percepisce che entrambi i grandi amici provano per lei un forte amore. Quando poi vedo il quadretto familiare sul Reno, allora lì i dubbi spariscono tutti, e, stupore, le "affinità" compaiono in carta e copertina protagoniste del film.

Film bellissimo, meraviglioso, secondo alcuni il più bello di Truffaut anche se io, francamente, i film di Truffaut sin qui visti li amo tutti e fatico a fare una classifica.

giovedì 30 agosto 2007

Lanterne rosse

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Visto che Yimou quest'anno presiederà la giuria a Venezia, ho pensato bene di andarmi a vedere qualcosa che ancora mi mancava di lui, e sono diversi. Questo è forse il suo film più famoso, Leone d'Argento, molto bello.

E' una storia ambientata ai primi anni del '900 in Cina, dove vigevano una sorta di feudatari ricchissimi con dei palazzi labirintici i quali regnavano su zone assegnate. Una ragazza istruita, cosa rara per i tempi, è costretta per vicende familiari ad abbandonare l'università appena iniziata ed a contrarre un matrimonio di convenienza con uno di questi signori. Diventerà la Quarta Signora, quarta concubina del padrone che, per quanto gentile, su di lei ha potere assoluto. Le Signore, dalla prima alla quarta, vengono subito dopo il padrone nella gerarchia, ciò però non aumenta le loro libertà.

Tutto si svolgerà all'interno della casa. Ogni rituale deve essere rispettato alla lettera secondo tradizione, le deroghe sono rarissime. Le lanterne rosse si mettono così, per quel motivo, si coprono quando occorre, si mangia così, ci si veste cosà, ecc... . La competizione tra le signore per ottenere le "attenzioni" del padrone è durissima e diventa il vero scopo di vita delle signore. Anche la quarta di esse, in brevissimo tempo, entrerà nell'ingranaggio e... ne capitano davvero delle belle.

Il deserto rosso

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Povera Monica Vitti, sempre a far la parte della nevrotica con Antonioni!
Ma è bravissima, poi qui è spalleggiata dal grande Richard Harris, ed ha anche ottimi motivi per essere in quelle condizioni. Il suo personaggio, moglie di un dirigente di azienda siderurgica nei pressi del porto di Ravenna, ha da poco avuto un incidente stradale, senza danni fisici però traumatizzante. Il marito è tranquillo fino alla freddezza, lei non percepisce vicinanza ed al tempo stesso è conscia del suo bisogno di contatto con le altre persone.

Trama al solito scarna. Scene al solito stupendamente girate. Qui ce ne sono davvero alcune, UNA in particolare girata sulla "spiaggia rosa", che sono da storia del cinema e che a vederle non ci si capacita! Tutta l'ambientazione è terribilmente brutta paesaggisticamente. Il porto, l'azienda siderurgica, la raffineria, inquinamento a più non posso, mare che sembra petrolio, puzza e schifezza immane... un deserto, davvero, generato dall'industria, tranne quel momento... ma già vi ho dato un indizio, solo per intrigarvi, guardatevi questo leone d'oro ed incanterete e bisogna guardarlo tutto per capire il senso di quella scena.

Primo film a colori di Antonioni, che ha scelto Carlo Di Palma per la fotografia, centrando in pieno.

Permettetemi una considerazione personale.
Antonioni è citato spesso da tanti grandi registi come Il Maestro. Be', come si concretizza poi questa loro ammirazione per non dire venerazione? In questo film ho visto qualcosa di Tarantino e soprattutto molto, moltissimo di David Linch, alcune inquadrature ricordavano alla grandissima Mulholland Drive.

mercoledì 29 agosto 2007

Dolls

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Kitano vinse il leone d'oro già con Hana-bi, nel 1997, forse per questo la giuria non se la sentì di ripetersi pur essendo Dolls un film enormemente superiore. Poi fu l'anno di Magdalene ("The Magdalene sisters"), che fece, giustamente, un grandissimo scalpore.

Regia: Takeshi Kitano
Sceneggiatura: Takeshi Kitano
Fotografia: Katsumi Yanagijima
Montaggio: Takeshi Kitano
Scenografia: Norihiro Isoda
Costumi: Yohji Yamamoto
Musiche: Joe Hisaishi

Non faccio mai tanti nomi, ma quelli sopra andrebbero impressi in mente. Ognuno di loro ha lavorato per IL CINEMA ai massimi livelli possibili.

Il film, ispirandosi al teatro tradizionale Bunraku e alla espressione poetica degli Haiku, sviluppa 3 storie d'amore parallele. La prima è quella di un matrimonio d'interesse che causa immensa sofferenza alla fidanzata abbandonata. La seconda è quella di un vecchio capo yakuza e di un suo amore giovanile. La terza è di un ammiratore viscerale di una Idol (cantante giovanissima) per la stessa. Non vi racconto nulla delle 3 storie, tranne un piccolo dettaglio della prima, perché ogni cenno sarebbe uno spoiler.
Tutte queste storie sono accomunate dal fatto che devono lottare contro ostacoli insormontabili legati alle formali regole del convivere, sia scritte che tradizionali. Tutte hanno risvolti di sofferenza altissimi e protagonisti dalla determinazione incrollabile a non accettare passivamente la situazione. L'amore perfetto è una ricerca che non ammette compromessi e si vedono gesti estremi per il raggiungimento di esso, estremi per durata o intensità, cose a noi incredibili.

Dal primo episodio nascerà, per motivi che vi lascio scoprire, una strana coppia, lui e lei, di "vagabondi legati". Vanno in giro, camminando ininterrottamente, legati da una corda rossa, riferimento mitologico giapponese. La loro è una incessante ricerca di sé stessi, una ricerca continua. Il loro peregrinare attraversa fisicamente gli altri 2 episodi, vi compaiono direttamente o vengono citati coevi in altri luoghi. Con una semplice simbologia ogni avvenimento degli altri episodi corrisponde in forma di effetto o presagio ai 2 vagabondi, e la cosa è sempre fatta, ripeto, in modo semplice ma non banale.
Il film comincia e finisce nel teatro citato, un teatro di burattini, di bambole appunto, come titola.

Poesia pura, capolavoro immenso.

L'estate di Kikujiro

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Kikujiro è un omaccio burbero, un poco di buono, sbruffone e prepotente. Masao un bambino che vive con la nonna e non ha chiara la sua situazione familiare: il padre è morto (forse) e la madre vive in un'altra provincia (sempre col forse). Masao, finite le scuole, decide di andare alla ricerca di sua madre con le poche notizie e risorse di cui dispone, e Kikujiro si ritroverà ad accompagnarlo nel viaggio. Siccome il balordo perderà tutti i soldi alle scommesse, l'unica maniera per compiere il viaggio sarà quella di farlo a piedi, con espedienti dei più vari che condurranno la strana accoppiata verso avventure più o meno grandi, drammatiche talvolta e soprattutto dolci e divertenti molte altre.

Un "on the road" poetico e carico di dolcezza infantile, con una regia, interpretazioni e soprattutto colori da cartoon di Miyazaki.
Musiche come sempre bellissime.

Molto carino e d'obbligo per gli ammiratori di Kitano.

Il silenzio sul mare

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Shigheru è un giovane che vive in case popolari, fa il netturbino e il camion sul quale lavora costeggia il mare. Il mare è un richiamo costante per lui, come se fosse l'unico suono che realmente riesce a percepire dentro di sé. Shigheru è sordomuto, e lo è anche la sua piccola fidanzatina.

Un giorno vede una tavola da surf rotta tra i rifiuti, la ripara e comincia ad andare a fare surf, con ostinazione e volontà d'imparare. Ci riuscirà e con l'aiuto di altri diventerà così bravo da poter addirittura partecipare a delle gare, fino a quando, infine, il silenzio calerà anche sul mare.

Storiella alla japanese, insomma, carina ma niente di più.
Il film è apprezzabile soprattutto da chi, come me, ama particolarmente le regie essenziali di Kitano. Musiche minimaliste al piano, al solito, belle ed adatte.

martedì 28 agosto 2007

La grande illusione

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2 aviatori francesi cadono prigionieri dei tedeschi e finiscono in un campo di prigionia per ufficiali, poi in un altro... fino a che a causa di numerosi tentativi di evasione arriveranno ad un campo che in realtà è un'antica fortezza dove comanda un ufficiale tedesco con un elevato senso dell'onore militare. E' soprattutto in quest'ultima prigionia, oltre che nelle altre, dove il senso dei dialoghi tra il comandante del campo ed il capitano francese, uno dei 2 prigionieri iniziali, un aristocratico (l'altro è chiaramente persona più "popolare"), è più compiuto. Sia tra loro, che anche in tanti piccoli episodi, si percepisce il "non-sense" della guerra, il "qui prodest" che non si riesce a focalizzare.

E fin qua tutto bene, sembra semplicemente un film ben girato, molto elegante, con momenti drammatici ed altri persino divertenti, ma poi arrivano gli ultimi 20 minuti... è la fine, la fine se si pensa a quali schifezze certa gente pensa di propinarci come film!
Sono 20 minuti d'una bellezza incredibile, tutto il film prende senso e quello che ho scritto prima lo devo a questo finale.

Indimenticabile.

Per la cronaca, cito dal Morandini:
Premiato a Venezia, fu proibito in Italia e Germania. Insieme a La passion de Jeanne d'Arc (1928) di Carl T. Dreyer, è il solo film francese che figura stabilmente nelle classifiche dei "dieci migliori film della storia del cinema".

Se si vuole comprendere il termine Capolavoro applicato al cinema, occorre anzitutto vedere questo (ed altri) film per poter applicare il giusto metro.

Il processo di Giovanna D'Arco

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Sulla famosissima eroina francese si sono spese numerose opere di ogni genere. La figura di Giovanna d'Arco lo merita, sia per le gesta compiute che portarono la Francia, successivamente le sue vittorie, a liberarsi degli inglesi, sia soprattutto dal punto di vista religioso per la sua incrollabile fede ed il suo eroismo, la sua purezza anche di fronte a 14 interminabili mesi di processo inquisitorio al termine del quale fu ingiustamente messa al rogo.

Il processo fu doppiamente ingiusto perché non rispettò nemmeno le già inique garanzie di corretto giudizio disposte per quel tipo di processi. La chiesa "rimediò" facendola santa nel 1920, mentre il popolo francese già da tempo l'aveva eletta fra i grandi della sua storia. Ad ogni modo non sto a rifarvi la sua biografia, ce n'è molte e di ben fatte già disponibili.

Il film di Bresson non mostra nulla della sua vita. E' interamente incentrato sul processo e di esso fa cronaca fedele per quanto possibile, rifacendosi esclusivamente a quel poco che è rimasto di documentato e storicamente riconosciuto attendibile.
Un film breve, purissimo, intenso, di soli dialoghi.

lunedì 27 agosto 2007

La corazzata Potëmkin

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Sono stato un po' più fortunato del mitico Fantozzi. Me lo son visto coi commenti in cirillico sottotitolati in inglese.

Film reso ai più famoso per la nota citazione nel film di Villaggio, è diventato stereotipo di film pesante, lugubre e palloso. Tra l'altro il povero Fantozzi ne vide una versione da "18 bobine", ma è una balla clamorosa: ce ne furono, è vero, diverse versioni, ma non così lunghe. Quella che ho visto io dura 70'.

Mi dispiace dirvelo ragazzi ma... questo film è fantastico !

Occorre, certamente, entrare nell'ordine d'idee corretto. Anzitutto è un film muto, solo parzialmente corredato da commenti scritti. Poi è un film di propaganda sovietica post-rivoluzionaria, tant'è che fu commissionato al famoso regista (bravissimo !!) direttamente dal "popolo dittatore" per celebrare il ventennale della rivoluzione di Odessa. Narra quindi fatti storici realmente accaduti, ma va preso un attimino con le pinze sulla veridicità, fatti sui quali ancora non si ha un'unanime versione da parte degli storici.

Nel 1905 a Odessa sono già in corso delle ribellioni da parte del popolo che comincia a non poterne più dello zar e della smidollatissima e spocchiosissima nobiltà russa. Nel frattempo sulla corazzata Potëmkin, per una banale questione legata al rancio, scoppia una rivolta, durante la quale un marinaio viene ucciso da un ufficiale. Giunti ad Odessa si uniranno al popolo, venuto a celebrare l'eroismo del marinaio, ma un intervento sanguinario dei cosacchi sulla famosa Scalinata che conduce al porto fermerà le iniziative. Rimane ancora la corazzata con gli ammutinati, in attesa della flotta...

Il film è vivacissimo, altro che palloso! Le scene sono epiche e supportate da una musica grandiosa.

domenica 26 agosto 2007

Andrej Rublev

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Ogni tanto discutiamo su quali film possano essere definiti capolavori. A volte, per l'entusiasmo, ammetto che l'aggettivo mi scappa di mano.
Ma qui no, siamo al cospetto, davvero, d'un'opera titanica, per trama, studio del soggetto e dell'ambientazione, per tutto. E' definita una delle grandi opere degli anni '60 ed io aggiungo che è un Capolavoro di tutti i tempi.

Il film, prodotto nel 1966 con sforzi enormi che si comprendono solo guardandolo e conoscendo la situazione dell'URSS di quegli anni, fu censurato, uscì dal paese solo 6 anni dopo ed arrivò in Italia addirittura nel 1975. I "perché" della censura sono evidentissimi...

Andrej Rublev è un monaco vissuto a cavallo tra il 1300 e il '400. E' un personaggio realmente vissuto.
A quell'epoca la Russia era dominata da diversi invasori, in particolare dai Tartari. La vita dei contadini è delle più atroci mai patite da quei popoli, soggetti alle tirannie dei signorotti locali spesso alleati coi tartari per sbrigare le loro beghe ed alle vessazioni e scorribande ferocissime dei tartari stessi.
In questo contesto procedono gli episodi nei quali si muove Rublev, pittore di grandissimo talento ed uomo di fede cristallina, e ripercorrendo la sua vita si "rivivono" passi importanti della bibbia ed anche si rileggono discorsi e scritti del famoso monaco. Rublev interpreta sempre le scritture con una visione caritatevole delle stesse, che spinge alla compassione verso le persone anche dopo i peggiori avvenimenti. Tarkovskij traccia così un'anima religiosa del popolo russo, sia con la vita di Rublev che con il comportamento della popolazione, un'anima inattacabile che nemmeno la distruzione delle chiese può piegare.

La regia è semplicemente da manuale del Cinema, alcune riprese lasciano allibiti, da brividi. C'è un uso avanzatissimo del punto di ripresa, considerata anche l'epoca, il bianco e nero è sublime, le interpretazioni degli attori intense, la riproduzione storica attenta ad ogni dettaglio.
Il finale ha un messaggio evidente. Ve lo lascio scoprire. Vi dico solo che sarà a colori, giustamente, con una musica perfetta.

sabato 25 agosto 2007

Cristo si è fermato a Eboli

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Carlo Levi, nato e vissuto a Torino, laurea in medicina, nasce artisticamente come pittore espressionista. Simpatizzante di "Giustizia e Libertà", organizzazione antifascista ed anche partigiana poi, venne arrestato nel 1935 ed inviato a Grassano (MT) al confino per 3 anni. Da qui poi venne trasferito ad Aliano (nel film citato come Gagliano).
Il confino durerà meno del previsto. Poco dopo la vittoria della Guerra d'Etiopia, regione nota come Abissinia, Maggio 1936, ci fu un'amnistia e quasi tutti i confinati, comunisti a parte, vennero amnistiati, e Levi potè tornare a Torino.
Levi scrisse il libro, coi suoi appunti di diario e le sue lettere, alcune delle quali mai spedite perché respinte dal podestà del paese, tra il 1943 e '44 a Firenze.

E' un libro fantastico, ritratto politico, economico e sociale dell'Italia meridionale contadina di quegli anni, un successo mondiale. Appena lo lessi decisi che l'avrei riletto, appena possibile, insieme ai miei figli: lo considero indispensabile per la loro educazione civile. Tutto, anche le descrizioni di vita rurale e di paese, è meravigliosamente descritto.

Levi non poteva minimamente immaginare cosa volesse dire vivere in quei posti, lui essendo cittadino abbastanza benestante di una importante città. Il suo approccio, dettato inizialmente anche dalle restizioni del confino, fu molto umile e, vinte le sue incomprensioni e la prudente diffidenza degli abitanti di Aliano, s'integrò presto nel paese. Era un medico, pur non avendo mai esercitato la professione e per impegno, passione e buon cuore diventò persona apprezzatissima. "... mi sembra d'esser vissuto sempre qua ..." dirà a un certo punto, per il suo legame ormai instauratosi, soprattutto coi contadini del paese.
Un'intera sezione del sito del Comune di Aliano è giustamente e doverosamente dedicata a lui. Non lo sapevo, ma Levi, morto nel 1975, volle essere sepolto lì. Un comune introvabile, nemmeno per sbaglio, arcinoto per il romanzo. La ferrovia si fermava ad Eboli, ultimo comune della provincia di Salerno prima di entrare in Basilicata e da lì in poi tutto cambia aspetto.

Il film è uscito in 2 versioni: una per la televisione di quasi 3h; una ridotta di 2h20' circa, in film unico, che è quella che ho visto. L'interpretazione di G.M.Volonté è memorabile. Rosi ha dimostrato una grande fedeltà al libro, con tutti i limiti del caso che sempre un film ha.

ASSOLUTAMENTE DA VEDERE !

venerdì 24 agosto 2007

Le jour se lève - Alba tragica

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Francesco è un semplice operaio in fabbrica, fa un lavoro molto duro. 2 donne entreranno a vario titolo nella sua vita, saranno causa indiretta di una situazione difficile.

Il film inizia con un uomo appena colpito da un colpo di pistola che si abbatte giù dalle scale di un palazzo. E' stato Francesco, che immediatamente si barrica in casa, un piccolissimo appartamento all'ultimo piano. E' già sera e la storia finirà all'alba del giorno dopo. Tutta la notte in retrospettiva si vivranno le vicende che hanno portato all'omicidio ed il perché.

E' considerato film scuola per tutte le storie d'amore tragiche o cosiddette "nere". Jean Gabin è decisamente un grande attore.

Au Hasard Balthazar

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Film stranissimo, giustamente famoso. Consiglio vivamente di documentarsi un po' a riguardo prima di vederlo, non è di facile interpretazione. Ci si può far rapire dall'idea di un asino, Balthazar, come protagonista d'un film, dalle belle immagini e dal ritratto crudo della vita nelle campagne francesi nel primo dopoguerra, e godersi comunque il film, però una corretta lettura del tutto rende il film più godibile.

Balthazar non è il solo protagonista. Lo è anche Marie, sua prima padrona che lo prese ancora asinello appena svezzato. Le loro appaiono come vite parallele in un mondo che pare proprio non possa fare a meno di tutti i peggiori vizi e cattiverie di cui la specie umana è capace.

Entrambi, fino ad un certo punto, condividono grazia e bontà come caratteristica essenziale, poi Marie, causa principale una fortissima delusione sentimentale, si lascerà andare, cadrà nel "gioco degli uomini" e sarà travolta anche moralmente dagli eventi. Balthazar invece, dopo che sarà venduto da Marie e dai suoi genitori putativi, incapperà in una serie continua di vicende, in ognuna delle quali esprimerà le sue doti ed in particolare, tramite i suoi occhi, mostrerà a noi tutti gli aspetti peggiori degli esseri umani.
Il finale sarà addirittura metafora di eventi religiosi ben noti, si sorprenderà sé stessi a pensarlo.

Capolavoro assoluto del genio di Bresson.

Pickpocket

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Borsaiolo o borseggiatore, è la traduzione del titolo e il "mestiere" di Michele, strano intellettuale che vive a Parigi e che non proprio non vuole andare a lavorare. Preferisce fare il borsaiolo, ha la sensazione che la sua intelligenza, altrimenti repressa da qualsiasi noioso lavoro, trova sfogo e stimolo, s'impegna molto per studiare "le arti" di sfilare portafogli, borsette, orologi... il cosidetto "furto con destrezza" che richiede parecchio esercizio, cosa che Michele farà prima da solo e poi con dei complici.

Ferme restando le meravigliose scene, per qualità e dinamica, degli audaci borseggi, in particolare quando i borseggiatori operano in squadra, il film rimane freddo ed intimista, si concentra sul male di vivere del protagonista.

Ottimo film, molto originale.

Un condannato a morte è fuggito

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Inizio finalmente una piccola serie di questo maestro del Cinema.

"Questa è una storia vera. Ve la offro com'è, senza ornamenti". Così è scritto proprio all'inizio del film dallo stesso Bresson, non conosco il francese ma bene o male la frase era semplice.

giovedì 23 agosto 2007

The wind that shakes the barley - Il vento che accarezza l'erba

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Ken "il rosso" ha colpito molto duro anche stavolta. Palma d'Oro nel 2006 e non è che non ci fossero concorrenti importanti: Volver si dovette "accontentare" della miglior sceneggiatura.
La Storia dell'Irlanda me la sono letta, per i sommi capi del wiki, prima di guardare il film. Poi, circa a metà film, ho fatto un'altra pausa, non capivo bene cosa stesse avvenendo, e mi sono letto in particolare la Guerra civile Irlandese. E' il bello di vedere film potendoli interrompere e potendo consultare wikipedia: quando sono un po' complicati, o richiedono determinate conoscenze per essere meglio apprezzati, si trova grande aiuto.

Il film comincia a narrare dal 1920 e finisce nel 1922-23 circa.
La Guerra d'Indipendenza va dal 1919 al 6 Dicembre 1921, quando GB concedette all'Irlanda un trattato di pace in cui proclamava lo Stato Libero d'Irlanda, che però restava sotto il "dominion" inglese. Fino al Giugno del 1922 si vive una tregua durante la quale, però, maturano le divisioni all'interno del movimento indipendentista, tra chi riteneva il trattato un male minore da accettare come risultato provvisorio per portare pace alla popolazione e chi invece riteneva il trattato una presa in giro, incoerente con il giuramento alla Repubblica Irlandese ed alla sua carta fondamentale che prevedeva maggiore equità e migliori condizioni di vita alla popolazione con l'assegnazione delle proprietà terriere e delle fabbriche alla popolazione. Questa carta irlandese, così come l'odio verso gli occupanti inglesi, aveva ed ha radici antiche, il cui culmine si ha nel 1845 allorché l'Irlanda venne decimata da una immane carestia causata da una malattia che colpì le coltivazioni di patate, principale alimento della popolazione: la popolazione venne quasi dimezzata e non trovò alcun aiuto dal "dominatore" che pure l'ammaliava promettendo civiltà, aiuto economico, ecc... .

Adoro la sua crudezza di Ken Loach ed anche il suo distacco, è fenomenale nella regia e nella concentrazione che esprime nel ritrarre i personaggi.
Il momento più importante, che il regista ha saputo ben ritrarre con le caratteristiche su descritte, è appunto quello di quando si passa alla guerra civile, guerra meno sanguinaria di altre analoghe ma con questo particolare: persone che avevano lottato fianco a fianco, amici, persino parenti e fratelli, si ritrovano, armi in mano, su sponde opposte, e ciò avviene in pochissimi giorni.

Grandissimo film.
E ne ho in programma altri sull'Irlanda e sulle sue vicende, argomento ancora caldo ed in Europa, vicinissimo a noi, sul quale vorrei capirci un po' di più ed il Cinema (notare il propercase) mi aiuta parecchio.

p.s.: il titolo originale del film è "The wind that shakes the barley": Il vento che soffia sull'orzo. Chissà perché in Italia l'han cambiato un po', a me sembra bellissimo com'è.

Still life

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Leone d'Oro assegnato più per il tema trattato che per meriti cinematografici, a mio avviso, anche se, devo dire, ci sono alcuni momenti di vero cinema.

2 personaggi e 2 storie parallele, un minatore ed una infermiera, si recano a Fengjie in cerca della moglie e del marito che non vedono da tempo. Sono 2 storie distinte, molto semplici, a solo pretesto di vedere il paese in demolizione per la costruzione della diga. La sensazione, in cui si vede Il Cinema è che ci sia una demolizione della Cina, dei suoi valori, che fatica a resistere nei suoi personaggi.

Ecco ma... di quale diga parliamo?
Della mostruosa Diga delle Tre Gole sul fiume Yangtze. La diga è stata completata a maggio 2006 e la storia si svolge nei mesi immediatamente precedenti, con il livello del bacino che mano a mano sale e sommerge tutto.

Consiglio di leggere qualcosa dal link su riportato, ci sono numerosi da brivido riguardo a questa diga, ormai in essere da oltre un anno. Si legge, tra gli aspetti negativi, che "... Alcuni ipotizzano che la grande massa d'acqua che si accumulerà nella diga a una altezza superiore a quella che avrebbe avuto se la diga non ci fosse stata farà diminuire la velocità di rotazione della terra, seppur di un valore relativamente piccolo."
Il solo fatto di fare un'ipotesi simile è incredibile!

Film che aiuta a mantenere memoria di cosa sia quella diga, ed anche di cosa ha comportato e sta comportando alla popolazione cinese ed alla fauna.

mercoledì 22 agosto 2007

L'infanzia di Ivan

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Opera prima del noto regista russo e Leone d'Oro (ex aequo con Cronaca familiare di Valerio Zurlini), anche se, a quanto leggo, con qualche contestazione di tipo "intellettuale". Anche in unione sovietica non fu accolto proprio bene, ma per altre ragioni. Tarkovsky fu censurato dal regime sovietico fin dagli anni '30 e solo nel 1960 riprese a pubblicare libri, ma la prevenzione del regime verso di lui era forte nonostante i grandi meriti che ebbe durante la guerra, dove perse anche una gamba.

Il film è la storia di Ivan, che prima tra i partigiani, poi per l'esercito russo svolge il pericolosissimo ruolo di staffetta attraversando le linee tedesche da solo ed in condizioni paurose. Ivan ha solo 12 anni...
E' uno dei film più pesanti che mi sia capitato di vedere, disadorno, onirico, con musiche e suoni dodecafonici, eppure sono rimasto incollato a vederlo, per le bellissime immagini, le atipiche pose di ripresa e le impressionanti rullate di macchina su alcuni paesaggi.

Fantastico!

La notte delle matite spezzate

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Il film inizia alla fine del 1975. Al governo c'è Isabel Peròn, moglie del defunto Juan Peròn, rientrato dall'esilio nel 1971 (più famoso per la sua prima moglie, Evita, che per le sue gesta). E' un'amministrazione debole, in Argentina ci sono molti problemi e proteste, tra le quali quella degli studenti liceali per ottenere migliori condizioni di studio e maggiori finanziamenti per le scuole pubbliche, che otterranno.

Il golpe militare del 24 marzo 1976 cambia molto lo scenario, e tra le varie cose...
Il 16 Settembre 1976 passerà alla storia come La notte delle matite spezzate: molti membri del movimento studentesco vengono catturati da poliziotti (o militari) incappucciati direttamente nelle loro case, portati bendati in luoghi dove subiranno ogni genere di...

Vabbe', insomma, la storia dei desaparecidos la sapete tutti credo. Potrei raccontarvi tutto del film, è storia, e la storia di questi ragazzi, adolescenti, è potuta giungere a noi grazie al fatto che, incredibilmente, ci furono tra loro dei sopravvissuti.

Dal punto di vista cinematografico il film non rappresenta nulla di che. "Garage Olimpo" è di gran lunga superiore, più recente e più maturo artisticamente e storicamente.
Ha però, quest'opera, un fortissimo valore simbolico. Il Morandini riporta il 1988 come data, forse si riferisce all'uscita in italia, ma il film fu prodotto nel 1986 come ben indicano i titoli di coda. E' un fatto importante, significa che segue solo di 3 anni il rispristino della democrazia in Argentina, avvenuto nel 1983 appunto. Molto, molto presto quindi, e con coraggio Hector Olivera lo rappresentò, considerando che ancora oggi, sui desaparecidos non è stata fatta piena luce, che molti dei militari coinvolti non sono mai stati processati e sono in servizio, e che, fatto poco noto, è dimostrato che la chiesa cattolica sapeva perfettamente tutto ma non denunciò mai la cosa all'opinione pubblica mondiale.

Decisamente un film da vedere.

Hellzapoppin

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Conosciuto anche come Hellzapopping, oppure quando arrivò in Italia ebbe come primo titolo "Il cabaret dell'inferno-Hellzapopping". Il titolo con cui è conosciuto da tutti è quello in oggetto.

Si tratta d'un vero capostipite della commedia musicale e caotica, pieno d'idee, trovate, tormentoni e gag poi usati e riusati in tanti films ed opere teatrali. Il film si sviluppa con un proiezionista che proietta un film, dentro il quale si dirige un film dove poi si vede una foto che diventa film e c'è uno spettacolo da mettere in scena, e lo spettacolo interagisce col film ed i suoi ideatori che poi interagiscono col proiezionista... un delirio insomma, con diversi momenti estremamente comici anche dopo 70 anni.

Un cinefilo che si rispetti DEVE vedere Hellzapoppin, un dovere.
E si divertirà parecchio.

Cognome e nome: Lacombe Lucien

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E' un film che fece molto discutere, a quanto ho letto in giro, e la cosa non mi stupisce affatto, soprattutto visto che era il 1974.

Il film, ambientato nel 1944 in Francia ai confini con la neutrale Spagna, racconta la vera storia di Lucien Lacombe e lo fa in modo estremamente distaccato, quasi documentaristico.
Lucien era un ragazzo di campagna, abile nell'arrangiarsi in tutto. Dopo un velleitario tentativo d'arruolarsi nei partigiani rifiutatogli per la sua giovane età, si ritrova, quasi casualmente, arruolato nella cosiddetta "polizia tedesca" che altri non erano che francesi collaborazionisti.

La sua non è una vera vocazione, non ha idee politiche chiare, ama più sé stesso che il suo paese e i suoi concittadini. Ha solo desiderio di vivere in modo importante, come "i grandi", armato e con sensazione di potere, lusso, automobili, donne... . Tra le varie cose si innamorerà di una ragazza ebrea, situazione che lo porterà a compiere azioni... . Non c'è un lieto fine, vi dico solo questo.

E' proprio il modo in cui Lucien è entrato nella polizia e vi ha operato attivamente per quanto svogliatamente che, a mio parere, deve avere creato dibattito. La Francia, tutt'oggi, non ha operato il minimo gesto riconciliatorio nei confronti dei collaborazionisti di Vichy e di Petàin. E' una ferita apertissima, fonte ancora di odio. Un discorso davvero molto difficile, anche in Italia ne sappiamo qualcosa.
Malle nel film, a mio parere, non vuole dare alcun giudizio e quindi questo infastidisce. Qualcuno vorrebbe Lucien ritratto come una belva feroce e sanguinaria, ma non lo era.

Veramente un gran film, interessantissimo.

martedì 21 agosto 2007

Segreti e bugie

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Il film racconta la semplice storia di una ragazza di colore che alla morte della madre adottiva e rimasta quindi orfana di entrambi i genitori adottivi, decide istintivamente di ricercare la madre naturale. Le nuove leggi adottate nel regno unito glie lo permettevano, e la giovane giunge in breve ad individuare la madre.

Ma chi era la madre e che famiglia aveva? La prima sorpresa è che lei è bianca e la cosa rallenta solo un po' il reciproco riconoscimento. Però i documenti parlano chiaro e la memoria alla madre torna presto...

Ci saranno una serie di piccoli avvenimenti che non vi cito testuali, non voglio rovinarvi la visione. La vita della madre non ha avuto solo lei come fatto "atipico": è stata una vita costellata dal dolore.
Quello che pian piano viene a delinearsi è che tutti i vari personaggi della vicenda hanno i loro dolori, più o meno grandi, e che, chissà perché, proprio con reiterati "segreti e bugie" che più di tanto non possono essere mantenuti, ognuno cerca di occultare e così facendo, in realtà, continua ad alimentare la sofferenza stessa, a generare malumori che scadono persino nell'odio.
Il film è ambientato a Londra, per certi aspetti sembra un film di Altman sugli americani, ma poteva essere un film di Pietro Germi ambientato in Italia... è una specie di regola mondiale quella di vergognarsi per le proprie sofferenze, alimentando insani sensi di colpa e timorandosi dell'opinione altrui.

FILM BELLISSIMO, COMMOVENTE E MOLTO ISTRUTTIVO !

Il segreto di Vera Drake

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Siamo a Londra, nel 1950.
Vera è una donna umilissima quanto gioiosa, forte ed incredibilmente altruista. Anche troppo, dal momento che qualche persona particolarmente cinica ed avida s'approfitta di lei, ma sempre e costantemente spinta dal desiderio di rallegrare il prossimo, di aiutare materialmente e moralmente. Tutte le persone che la circondano le riconoscono e le invidiano questi meriti da sempre. La sua famiglia è felice pur non vivendo nell'agio, orgogliosa di lei e di quello che fa.

Però la famiglia non sa Tutto, di quello che fa.
Vera, per motivi mai chiariti dalla storia, aiuta le donne "in difficoltà", con vecchi sistemi da meretrici, ad abortire, o meglio, usando sapone grattuggiato, disinfettante, ed iniettando con una specie di siringone di gomma il tutto nell'utero della donna, porta la stessa ad un aborto spontaneo, quindi un aborto non controllato in tutte le sue fasi. Una pratica efficace quanto, ovviamente, rischiosa, eppure le donne "curate" da Vera per oltre vent'anni non hanno mai avuto problemi, fino a che...

All'epoca a Londra era possibile abortire legalmente. Bastava essere ricchi. Con 100-150 sterline ed un brevissimo ricovero in clinica privata, con tanto d'assistenza di suore, dopo un incontro con ginecologo prima e psichiatra dopo come prescritto, si risolveva tutto con tanto di tutela della privacy. Inutile dire che la maggior parte delle donne non poteva permettersi ciò. Vera agiva gratuitamente, e molte erano le "vera" che operavano, le più dietro compensi comunque più popolari di quelli citati per la trafila legalizzata.

Sono fiero del fatto che Venezia gli abbia assegnato il Leone d'Oro.
Il film fu proposto a Cannes e rifiutato dalla giuria. Questo dà un'idea di quanto il tema dell'aborto come diritto delle donne sia ancora caldo.
Non credo, ad ogni modo, che il tema sia bastato a premiare il film.
L'opera è fatta benissimo, il film scorre in modo splendido e chi osserva è costantemente spinto a riflettere.
Eccezionale l'interpretazione di Vera da parte di Imelda Staunton.

UN FILM VALE PIU' DI MOLTE CHIACCHERE SU CERTI ARGOMENTI !!
Perché il film, per quanto finzione, è come un esempio, una metafora od un proverbio, cioè messaggio universale, semplice e alla portata di tutti.

Arrivederci ragazzi

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E' il secondo Leone d'Oro di Malle, dopo Atlantic City nel 1980.

E' la storia, vera, in un collegio cattolico della Francia in piena occupazione tedesca. 3 ragazzini ebrei vengono ospitati sotto falso nome, dal prete direttore, nel tentativo di salvarli dai rastrellamenti della gestapo...

Un film carino, semplice, ben girato.
Omaggio storico ai crudeli eventi, ma poco cinema, poca arte.

A perfect world - Un mondo perfetto

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Evadono in 2 dal carcere. Comincia una fuga con inseguimento. Dopo poco resterà solo 1 fuggitivo, con l'ostaggio, un bambino figlio di una donna testimone di geova che conduce una vita piuttosto grama.

Tra i 2 nascerà un rapporto particolare ed ogni tappa della loro fuga sarà occasione per mettere in risalto qualche aspetto della vita e della morale di famiglia negli usa, nel texas in particolare.
Non ci saranno inseguimenti furibondi, tranne qualche piccolo episodio manca completamente la spettacolarizzazione della caccia all'uomo. Sarà soprattutto analisi psicologica, dei fuggitivi, degli inseguitori, ecc... .

Nulla da dire sull'interpretazione di Costner.
Un altro ottimo film di Eastwood.

lunedì 20 agosto 2007

La stanza del figlio

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Andò a un gran film la Palma d'Oro quell'anno. Nanni Moretti se l'è meritata con una storia difficile a mio parere.

La difficoltà sta nel trattare un tema per il quale cadere nel piagnisteo o nel banale è facilissimo. Non vorrei essere preso per cinico, mi spiego meglio...

Una famiglia borghese felice. Genitori istruiti e moderni, lui è uno psichiatra molto freddo e lucido, 2 figli brillanti, un rapporto tra tutti stupendo, nessun problema sostanziale né economico, né di salute. Tutto gira alla perfezione.

Poi, per una fatalità qualsiasi, di quelle che ne sentiamo ogni giorno ai telegiornali, muore Andrea, il figlio maschio. La famiglia ne è scossa, prima si unisce ancora di più nel dolore, poi iniziano le crisi personali ed interpersonali, in casa come al lavoro o con gli amici... una storia davvero d'una semplicità totale. La stanza del figlio nella loro bellissima casa è pulita e curata, contiene i loro ricordi, ed anche questo è scontato, lo è talmente tanto che pur dando il titolo al film ci si indugia davvero molto poco.

C'è davvero poca sceneggiatura, insisto. Solo sullo psichiatra s'è lavorato particolarmente, sulla situazione che vive professionalmente dopo la tragedia, nel rapporto coi suoi pazienti.
Ci sono ottime interpretazioni, lì secondo me Nanni Moretti ha lavorato molto, di Laura Morante e dello stesso Moretti, e soprattutto c'è una regia impeccabile ed una musica molto ben scelta (stupenda "by the river", di Brian Eno) ed anche composta appositamente.

Padre Padrone

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Film del progetto "100 Film italiani da salvare".

Non ricordo bene se ero in 2° o in 3° media quando la brava prof di lettere ci fece prima leggere l'incredibile libro di Gavino Ledda e poi guardare il film ad un cineforum. Credetemi se vi dico che non ho mai dimenticato questa esperienza.

La vita di Gavino Ledda suscita pietà, commozione, ammirazione e persino incredulità. E' talmente vero il libro e quello che dice, che il regista ha ritenuto opportuna la partecipazione dello scrittore al film, sia fisicamente che, quando cita brani, come voce fuori campo.

Il finale è intrinseco al fatto stesso che sia stato possibile leggere e poi vedere rappresentata, mirabilmente, la storia della sua vita. Già quando uscì il film Gavino era laureato in Glottologia e, cito da wiki, "...Nel 1970 viene ammesso all'Accademia della Crusca con Giacomo Devoto. Nel 1971 è nominato assistente di Filologia romanza e di Linguistica sarda a Cagliari." Se pensate che parliamo di un uomo nato nel 1938 e che nel '58 era praticamente analfabeta...

Il libro ed il film sono un ritratto duro e crudo, senza fronzoli, senza retorica ed omissione alcuna, di cosa era la vita di una famiglia sarda dedita alla pastorizia, del destino dei suoi figli. Non vi racconto però nessuno dei numerosissimi significativi episodi, ve li lascio da godere con la visione o con la lettura del libro, che consiglio tantissimo, prima o dopo il film non importa.

Gavino ha scritto il libro risiedendo nel suo paese. Anche il film è stato girato nei veri luoghi della sua vita, sia in paese che nei campi, con lui presente e con presenti gli abitanti stessi del paese, che lo conoscono, l'han visto crescere e sanno perfettamente ogni cosa. Sono dettagli importanti.

Palma d'Oro più che degna.
Un film ed una storia da imprimere nella memoria.

Ossessione

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Film del progetto "100 Film italiani da salvare".

Forse la prima interpretazione in ordine cronologico del romanzo "Il postino suona sempre due volte" di James Cain, è il film d'esordio del regista che più amo in assoluto. A quanto ho letto è uno dei film scuola del neorealismo che seguì dopo la guerra.

Ambientato nelle Marche, lei è giovane e bella, malamente sposata al grasso proprietario di una locanda sulla statale. Lui, disoccupato e vagabondo, passerà per caso da lì e sarà amore fulminante... ma c'è l'ingombrante presenza del marito, del quale ci si augura una dipartita prematura e ce la si procura. Purtroppo, dopo, non sarà proprio semplice cercare di condurre una vita "normale".

Il film è diviso in 2 parti dalla morte del proprietario della locanda.
La prima è forse un po' troppo lenta, gotica nei tempi e barocca nei dettagli.
La seconda diventa notevolissima per tensione ed interpretazioni.

Una grande opera prima.

Atlantic City U.S.A

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C'è una strana atmosfera nell'Atlantic City ritratta da Malle. E' una città che crolla...

Lou, un vecchio male in arnese con una strana relazione con una vecchia bisbetica, si trova coinvolto in un traffico di droga causata dall'ex-marito della vicina di casa, con la quale manco si conosceva prima.

Si poteva titolare anche "Gangster per caso" questo film!

Devo dire francamente che, di tutti i Leone d'Oro che ho visto, questo non è sicuramente il migliore, ma Malle è un bravo regista, sa creare particolari atmosfere ed il film, non si capisce perché, scorre sotto gli occhi rapidamente. Bravissimo Lancaster e al solito bravo la Sarandon.

Unforgiven - Gli Spietati

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Bill Munny era un fuorilegge senza scrupoli in pensione, ora ha due figli da accudire e fa l'allevatore, per noia, o per sua stessa natura, dopo dieci anni si lascia convincere ad andare insieme a un ragazzo e al suo vecchio amico Ned Logan a uccidere due cowboy, colpevoli di aver sfregiato la faccia a una prostituta, e riscuotere la taglia di mille dollari.

Un western con persone con dei sentimenti, non ci sono buoni ne cattivi, ma solo uomini che hanno paura, sentimenti e vincibili. Quattro oscar (miglior film, miglior regia, miglior coprotagonista Gene Hackman, miglior montaggio) meritati, peccato non aver dato anche l'oscar a Eastwood per miglior attore protagonista.

(by paperluca)

domenica 19 agosto 2007

Flags of our Fathers

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E' veramente un'immagine simbolo della seconda guerra mondiale.

Sono 6 soldati americani che piantano la bandiera sul monte Suribachi dell'isola di Iwo Jima, in Giappone. 3 di loro morirono poco dopo durante la battaglia, mentre gli altri 3 vennero rimpatriati per poi essere portati a spasso per tutti gli usa come eroi nazionali ad aiutare al massimo la propaganda che serviva a raccogliere fondi per finanziare l'esercito con la vendita di "buoni di guerra".
Il film è la storia vera di quegli eroi, vera fino in fondo, senza alcuna manipolazione, prima pubblicata nel libro omonimo da cui il film trae la sceneggiatura e poi riprodotta con magistrale bravura da Clint Eastwood. Oltre ad essere film storicamente ineccepibile... ma guardatelo che è meglio!

Questo film uscì prima di Lettere da Iwo Jima, appena recensito. Una visione ravvicinata di entrambi i film rende la cosa ancora più affascinante.

Lettere da Iwo Jima

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Vedete? Non guardo solo film vecchi.
L'importante è trovare nel "recente" roba alla quale valga la pena sacrificare 2h della propria esistenza, e questo film è tra queste, un'opera che, almeno ai miei occhi, consacra Clint Eastwood come uno dei più grandi registi viventi.

La battaglia sull'isola di Iwo Jima, uno degli ultimi baluardi dell'impero nipponico ormai agonizzante dopo le durissime sconfitte navali, grazie al ritrovamento delle numerose lettere che i soldati speravano di poter spedire a casa e che invece restarono sull'isola, portò alla scrittura di un libro e poi alla produzione di questo splendido film incredibilmente esente di retorica. E' la battaglia vista dalla parte dei giapponesi, da come loro l'han vissuta, con ufficiali fanatici ed altri intelligenti ed illuminati, comunque tutti, soldati ed ufficiali, votati ad una fine certa.

Il film è girato in un "quasi bianco e nero" molto bello, che s'accende nei momenti di violenza, solo in quelli, di rosso sangue. Violenza ve n'è poca, in ogni caso, essendo chiara l'intenzione di mostrare la vita di quei soldati. Una cosa sarà evidente, in una scena che non sto a descrivervi per ovvii motivi: le lettere dei soldati giapponesi alle loro famiglie e le lettere dei soldati americani, alle rispettive, sono decisamente simili.

SUPERFILM !

Soffio al cuore

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Siamo a Digione nel 1954. Un adolescente d'alta borghesia vive quella fase critica dei primi passi nel sesso, una fase in cui si è particolarmente "vulnerabili". I 2 fratelli più grandi non lo aiutano di certo, lui poi ha particolari attitudini intellettuali, legge molti libri, ama il jazz... un ragazzo molto bello ma particolare.

La madre di origini italiane (una brava e bella Lea Massari in formissima) è particolarmente affascinante e giovanile, molto allegra, lo coccola in modo troppo infantile, troppi baci e carezze, che dati a un bambino veramente piccolo sono una cosa, mentre dati a un adolescente generano a dir poco imbarazzo.
Al ragazzo verrà diagnosticato un soffio al cuore e la cosa richiederà periodiche cure termali. Alla prima di queste madre e figlio si ritroveranno soli, insieme...

Un bel film, elegante e ben sviluppato.

sabato 18 agosto 2007

L'albero degli zoccoli

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Film del progetto "100 Film italiani da salvare".

Non si può nemmeno definire una trama per questa monumentale opera, gran vincitore della Palma D'oro nel 1978.

Il film è un ritratto d'impressionante bellezza della durissima vita che conducevano i mezzadri alla fine del 1800, ambientato e girato nelle campagne bergamasche con tutti attori non professionisti e campagnoli per l'appunto. La sola storia "aggiunta" è proprio quella legata ad un piccolo albero, abbattuto per produrre un paio di zoccoli necessari ad un bambino altrimenti scalzo, e alle conseguenze che questo abbattimento produrrà.
Per il resto, tutto altro non è che un anno di vita, un ripercorrere le stagioni all'interno di una cascina dove vivevano 4-5 famiglie, tutti gli eventi legati alla coltivazione della terra, all'allevamento del bestiame, alla crescita dei figli, negli episodi tipici ed anche nei piccoli e grandi imprevisti.

Visto da ragazzino con la scuola appena uscito (avevo 13 anni), ne conservavo ricordi confusi e qualche battuta fatta con gli amici. La lingua bergamasca, un vera e propria lingua più che un dialetto, ce lo rese ai più incomprensibile. Rivisto oggi, con un po' più di esperienza, qualcosa sono riuscito a capire, molto poco per la verità.
Però le parole contano davvero poco, e se ne usano pochissime. Molto contano i gesti, gli sguardi, gli avvenimenti, scanditi dalla solennità della musica di Bach (in giusta misura), e tutto è più che chiaro e comprensibile.

E' un film che ispira una compassione ed una emozione enormi.
Ho letto che le sole critiche che gli furono mosse riguardavano appunto "... l'eccessiva 'pietas', un rappresentazione idealizzata del mondo contadino ..." che ha dimenticato le piccole bassezze, avidità, odio, altri fenomeni comunque legati alla miseria ed alla povertà. A me non è parsa questa cosa più di tanto, o meglio ritengo che fossero un po' fuori argomento. Più di una volta questi aspetti "cattivi" emergono, solo che non diventano mai catalizzatori dell'attenzione. Olmi sicuramente ha voluto evidenziara la grande lotta per vivere di quelle famiglie, la loro fede come ultimo appiglio alla vita, la loro umile dignità, e a mio parere c'è riuscito benissimo.

CAPOLAVORO ASSOLUTO !

Comandante

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Gli attori sono loro 2 ed i loro entourage: Il comandante Fidel Castro, leader della rivoluzione cubana tuttora in carica, ed Oliver Stone, famoso regista ed anche pluridecorato del Vietnam, cosa, quest'ultima, che ho scoperto guardando il film.

Si tratta ovviamente di un lungometraggio documento che riporta una lunga intervista, sviluppata in più giorni, fatta da Stone a Castro, che abbraccia, senza una sequenza temporale precisa, tutta la vita di Castro e più in generale la storia di Cuba dalla Rivoluzione in poi.
Stone non risparmia le domande più scomode e potenzialmente "urtanti", ma Castro risponde sempre e con grande calma, tranne a quelle sulla vita privata e soprattutto sui suoi amori, tiene molto a mantenere distinte vita privata e pubblica, e a questo proposito ad un certo punto afferma, riguardo alla moda imperante delle first lady sempre al seguito dei leader politici, che "... è una cosa davvero ridicola...". Quando ha fatto questa affermazione, ed anche per come l'ha fatta, mi sono cappottato dal ridere!


Indipendentemente dalle proprie convinzioni politiche, si tratta d'un documento davvero interessantissimo su uno degli uomini più discussi del XX secolo ed anche del XXI. Viste le condizioni attuali di salute di Fidel, probabilmente sarà anche l'ultimo.

Sogni

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Non è l'opera più importante del grande regista nipponico, ma merita assolutamente una visione.
Film ad episodi, non strettamente legati tra loro, può essere goduto anche in una visione "a tappe", e come tutti i films di questo tipo contiene episodi più o meno riusciti.

Sicuramente belli sono "il pescheto" per le sue coreografie, "il tunnel" per la sua trama, il simpatico "corvi" dove un appassionato di Van Gogh percorre idealmente le tele del famoso pittore incontrandolo pure ed infine l'orientalissimo "Villaggio dei mulini", ultimo episodio che conclude anche il film.

Le feu follet - Fuoco fatuo

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Film pesantissimo, intimo, per amanti del genere, quasi un monologo ininterrotto del protagonista alle prese col suo male di vivere.

Dopo 4 mesi di cura per disintossicarsi dall'alcol sorge il problema di motivare la propria esistenza. Una vita piena di donne e di bottiglie, scrittore, prima dell'inevitabile epilogo va ad incontrare gli amici a Parigi ed instaurerà con loro una serie di brevi dialoghi, ma il disagio permane fortissimo.

Come detto, un film per palati forti.
A me è piaciuto molto.

venerdì 17 agosto 2007

Laviamoci il cervello - RoGoPaG

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I 4 registi appaiono nell'ordine coi loro rispettivi 4 episodi che vanno a comporre il film. In tutta franchezza, i primi 2 si possono anche saltare a pié pari senza patemi: insignificanti e pretestuosi.

Il discorso cambia molto con Pasolini. Il suo episodio è famoso, "La ricotta", e da solo merita la visione, anzi dico pure che l'ho guardato apposta il film, proprio per vedere Orson Welles interpretare il registra d'un improbabile film sulla crocefissione di gesù, episodio divertente e satirico. Il film fu sequestrato per "vilipendio alla religione di stato", e leggete bene il virgolettato, non vorrei si fraintendesse, che la dice tutta ma proprio tutta! Secondo un teorema collaudato personalmente, tutto ciò che non piace alla religione, sia a quella dello stato italiano che alle altre, di stato e non, è moderno, intelligente, satirico, progressista, e mi fermo qui. Quindi... "la ricotta" DEVE essere visto.

Carino anche l'ultimo episodio di Gregoretti, una presa in giro del consumismo, con un, al solito, bravissimo Tognazzi.

Before the rain - Prima della pioggia

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Conoscevo da tempo la bellissima colonna sonora di questo film, uno degli album più belli di musica etnica della mia piccola collezione. Album che consiglio, perché contiene brani che nel film appaiono solo citati.

Il regista macedone ambienta proprio in Macedonia questa storia, divisa in 3 parti con uno strano andamento circolare nel quale la 3° parte si chiuderà all'inizio della prima. Bellissimi ritratti di personaggi ed ambienti, sul triste momento della guerra nella ex-jugoslavia, in un'area dove lo scontro etnico è tra macedoni-slavi e macedoni-albanesi, laddove essi convivevano pacificamente e dove invece ora, senza una ragione reale se non riflessa dalla guerra in corso in Serbia, c'è odio reciproco al punto da dividere in 2 un paesino contadino, i suoi abitanti e i loro sentimenti.

Leone d'oro nel 1994, film semplicemente stupendo.

The Funeral - Fratelli

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Un grande cast d'attori per un film davvero particolare... o non lo è?

Uno dei 3 fratelli, italiani, muore assassinato. E' una "famiglia" molto unita.
Con una serie di flashback si ripercorrono le tappe fondamentali della vita del morto e dei fratelli, che si occupavano di pizzo, estorsioni, del cosidetto "sindacato"... solite cose d'un film che parla di mafiosi italoamericani.

E dov'è allora la particolarità?
Di mafia vera ce n'è poca ed il film si sviluppa soprattutto negli episodi, nei dialoghi che da una parte danno l'esatta dimensione criminale del fenomeno, dall'altra ne mettono in risalto l'ipocrisia religiosa ed etica. Il film, senza retorica, costituisce una durissima condanna della mafia, dei suoi falsi miti, della sua falsa religiosità, della falsissima umanità dei suoi protagonisti. Solo un breve monologo della bravissima attrice Annabella Sciorra (già ammirata in Jungle Fever si Spike Lee) costituisce una condanna esplicitamente verbale. Notevolissima anche l'interpretazione di Chris Penn.
Non era semplice concludere questo film, eppure il finale non poteva essere più azzeccato e coerente.

giovedì 16 agosto 2007

Quo vadis baby

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Salvatores annunciò un sequel, forse una fiction, sul personaggio interpretato (molto bene) da Angela Baraldi. Giorgia Cantini è una detective privata, si occupa delle solite cose in quel mestiere: pedinamenti, tradimenti, ecc... . Poi un giorno riceve da un amico una serie di videocassette girate dalla sorella Ada, maggiore di lei e morta 16 anni prima suicida. Comincia a comprendere che qualcosa non quadra con la versione ufficiale dei fatti, come lei la conosceva, e quindi le investigazioni iniziano a scavare nel suo passato, in quello della sorella, della sua famiglia...

Un bel noir, sviluppato con eleganza. Salvatores salta a pié pari da un genere all'altro mantenendo inalterata la sua bravura e anche se non sempre raggiunge livelli eccelsi devo francamente dire che questo film stramerita una visione.

Gatto nero, gatto bianco

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Kusturica è noto come "ritrattista" degli ambienti zingari e di quelli slavi in particolare. Questo film si svolge, nel caos più totale, sulle rive del Danubio sloveno.

C'è di tutto un po': il truffatore, il grande affarista superladro cocainomane, il capoclan, le giostre, le feste di matrimonio, matrimoni combinati, casini d'ogni genere a ripetizione, uomini e donne belli ed altri d'una bruttezza felliniana, pieno d'animali da cortile dapertutto, musica in continuazione suonata dalle più improbabili orchestrine...
un andazzo pazzesco con un finale che a tratti m'ha ricordato hollywood party

UNO DEI FILM PIU' DIVERTENTI CHE ABBIA MAI VISTO !

La battaglia di Algeri

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Film del progetto "100 Film italiani da salvare".

Regista impegnato politicamente, non sempre ha fatto centro, a quanto pare, ma questo film è giustamente famosissimo. Film documento, in un bianco e nero perfetto, racconta passo passo quella che è stata una battaglia di popolo nata con piccoli attentati e diventata poi feroce.

Grande coraggio, da parte di Pontecorvo. L'Algeria conquistò l'indipendenza nel 1962 e presentarlo a Cannes solo 4 anni dopo, dove avrebbe sbaragliato qualunque film, forse era troppo... Vinse a Venezia ed in molte altre mostre cinematografiche.

Il film parte da un epilogo: l'uccisione, Agosto 1957, da parte della brigata paracadutisti francese mandata a sedare la rivolta armata organizzata dall'FLN (Fronte Liberazione Nazionale) iniziata solo un anno prima, di Alì La Pointe, l'ultimo leader rivoluzionario rimasto in vita. Poi ripercorre la storia di questa rivolta, che venne sì repressa, ma fu la svolta definitiva dei rapporti tra i francesi e i "topi neri" (così li chiamavano i francesi delle colonie agli arabi) e gli algerini della capitale. La rivolta nelle montagne era in atto da tempo, ma mancava appunto quella della capitale, dove vivevano realmente i civili francesi nella cosidetta "città europea" e gli arabi nella casbah in un clima pacifico solo in apparenza.

Raccontare la storia sarebbe quasi come rivivere, in parte e per molti aspetti, fatti recenti. Vi lascio la visione, molto istruttiva. Se fossero fatti inventati potremmo dire che si tratta di una sceneggiatura fantastica, e lo è, ma ha soltanto riportato, con grandissima franchezza quanto avvenuto realmente, ed allora si può davvero dire un luogo comune, una volta tanto: "la realtà supera, sempre e di gran lunga, l'immaginazione".

Cinematograficamente parlando...
Film grandioso, un colossal, con scene persino utilizzate nei documentari talmente sono realistiche e vere. Tutto è perfetto, la struttura della storia, la rispondenza storica, la fotografia, le musiche curate dallo stesso Pontecorvo e Morricone.
C'è una scena da brividi: dopo i primi attentati alcuni poliziotti francesi in borghese si recano di notte nella casbah sotto coprifuoco e fanno un attentato dinamitardo uccidendo a caso, che darà poi il "la" alle rappresaglie contro i civili francesi. Il momento della raccolta dei morti e feriti nella casbah è cinema puro, le immagini sono devastanti, il silenzio totale e solo una leggera musica rende lo stato d'animo degli arabi. Me la sono rivista 4 volte.

Cul-de-Sac

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2 delinquenti un po' male in arnese finiscono nel castello di una strana e paranoica coppia appena sposata. Siamo in Francia, costa ovest, dove le maree sono incredibili ed il castello dove si trovano rimane spesso isolato in mezzo al mare.

C'è una continua tensione e si crea una strana convivenza... soprattutto emerge il "nero" di tutto e di tutti.

Un film molto particolare, Orso d'Oro.
Merita la visione.

mercoledì 15 agosto 2007

Jungle Fever

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Quinta opera di Lee dopo "mo' better blues" (non certo entusiasmante) e devo dire che stavolta ha fatto davvero centro, ha tirato fuori il meglio di sé: questo film è bellissimo.

Lui è un architetto afroamericano di buon successo, lei è di origini italiane e diventa la sua segretaria. Nasce un amore e con esso una marea di problemi.
Un bel pretesto per mettere a confronto due comunità "reali e vive" in quanto tali e in quanto orgogliose di esserlo, quella afroamericana e quella italoamericana, reciprocamente razziste in una battaglia tra gente storicamente emarginata dai "veri bianchi" che sono gli anglo-irlando-scozzesi-...-americani.

Eh, ci sarebbe davvero tanto da dire riguardo la "multirazzialità" americana, dalla convivenza non certo semplice perché, per quanto ci si sforzi, decenni o secoli di emarginazione, dalla schiavitù agli sfruttamenti più recenti, non sono così facili da cancellare.
Ma consiglio la visione del film, spiega benissimo la situazione, senza moralità e senza falsi messaggi.

GRANDE SPIKE LEE !!!

Mo' better blues

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E' la storia, fin troppo stereotipata, di un jazzista nero, della sua band, della sua fame di sesso... il nome del mitico John Coltrane compare spesso, persino una frase del suo famosissimo disco "A love Supreme" compare nei titoli di coda, ma nel film manca la droga e l'alcol, quelli che uccisero Coltrane e che forse avrebbero ulteriormente esagerato l'esibizione di stereotipi.

La sola cosa che si apprezza, al solito, è la incommensurabile bravura di Spike Lee di ritrarre la comunità afroamericana con dramma e comicità.

Per il resto, davvero, questa quarta opera di Lee non m'è parsa un granché, ma se si ama il jazz si può goderne la visione.

Taxisti di notte

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Come in Coffe & Cigarettes, non esiste una trama, sono 5 episodi, in 5 città (Los Angeles, New York, Parigi, Roma ed Helsinki).
Questi 5 episodi hanno un fil rouge, avvengono tutti nella stessa notte, e tutti coinvolgono un tassista che svolge il suo lavoro.

Impossibile dare un genere all'interezza del film, tutti gli episodi sono molto diversi tra loro, alcuni fanno ridere (quello con Benigni in particolare), altri fanno pensare, altri commuovono, l'unica cosa che li lega è il fatto che comunque in tutti si crea un rapporto umano, a volte anche relativamente profondo, tra estranei, con protagonisti, sempre, un taxi e la notte.

martedì 14 agosto 2007

America Oggi

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Me lo sono appena rivisto, per la seconda volta. Ricordavo solo che, quando lo vidi appena uscì nelle sale, io ne fui entusiasta mentre mia moglie pagò il biglietto per una gran dormita in poltrona. D'altronde, per reggere 3h e spicci di film in 2 tempi, con una pausa appena sufficiente a strabuzzare le palpebre, ci vuole che il film sia davvero bello.
E questo film non è bello, no. E' UN CAPOLAVORO DEGNO DEGLI DEI !

Altman ha preso una serie di racconti di Raymond Carver e li ha ambientati tutti a Los Angeles. Non solo: ha poi fatto in modo che in qualche modo questi racconti s'incrociassero tra loro seppure per un attimo solo, per un fatto comune, per una qualsiasi assonanza o affinità. Mentre guardi una persona che esce da una porta la scena si sposta su un'altra che entra da una porta in altri luoghi e situazioni, con metafore dirette ed esplicite o solo come pretesto, e questa tecnica ha fatto scuola, non perché fosse nuova, ma proprio per come Altman ha fatto tutto ciò, sia nel montaggio che nella sceneggiatura, incredibilmente bene.

Allora 3 ore di film sono poche, perché è come guardare 9 film contemporaneamente. Ogni storia rappresentata sarebbe sufficiente per fare un film a sé ! Però, e qui sta il bello che stupisce, nessuna di queste storie assurge a primaria o decade a comprimaria, e tutte, commedia e tragedie, alla fine, appaiono legate non solo dall'espediente cinematografico ma da un significato più preciso, più sottile, che si percepisce come universale. Sarebbe davvero un grave errore pensare che questo film si limita a ritrarre la vita borghese americana.

Jazz, tanto jazz, un bellissimo jazz accompagna tutte le vicende. Poteva essere altra musica? Secondo me no. Proprio come nel jazz - e penso a quello che amo e che ascolto, quello di New York e New Orleans, melodico e virtuoso con impronte di blues - la trama della musica ha una melodia fondamentale che costantemente viene contaminata da variazioni, da interventi magari in assolo che paiono fini a sé stessi e che invece ritornano sempre al tema principale, senza perderlo.

Forse potrei definire così quest'opera: UN FILM JAZZ.