sabato 1 settembre 2012

Tirano Banderas - Il tiranno Banderas

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Tratto dall'omonimo romanzo del 1926 di Ramón María del Valle-Inclán, rispettato poeta e drammaturgo spagnolo. Tiranno Banderas è una distopia ambientata in una non ben definita repubblica Sud Americana degli anni '20; come tutte le storie di questo genere possiede molti elementi allegorico-allusivi di facile decifrazione, testimonia l'aspetto ciclico della storia. Non a caso questa storia non è affatto lineare perché il suo finale suggerisce l'inesorabile ripetersi della commedia del potere nel cambiamento dei costumi. Insomma, tutto deve cambiare perché niente cambi.

Santos Banderas è un caudillo caratterizzato magistralmente da Gian Maria Volonté, che gli da una profondità impressionante, una interpretazione che oscura tutti gli altri membri del cast. Il Banderas-Volonté è un insieme di comportamenti nevrotici ed ossessivi, un istrionico che si commuove della sua bontà mentre manda a morire gli ultimi amici rimastigli in nome dello stato. Il caudillo è ormai circondato da mediocri, militari e funzionari, che chiama a sé schioccando la lingua, come fossero cani. Un misantropo ormai vicino alla fine, ossessionato a tal punto dalla minaccia del comunismo da dover scendere a compromessi con l'opposizione ottenendo un'alleanza. Non mancano nella sua vicenda alcuni brevi intermezzi di umanità, nei confronti della figlia malata di mente, che a discapito della sua bellezza non potrà mai dare le soddisfazioni che tutti i padri si aspettano.

Sostenuto in passato dalla classe dei banchieri e dai capitani d'industria di una fantomatica "colonia spagnola", Banderas vede il loro appoggio farsi sempre più debole, la sua solitudine sempre più inesorabile. Di tutti gli amici che lo abbandonano uno riesce a sfuggire alla sua giustizia, (Domiciano Gandara, interpretato da Ignazio Lopez Tarso) ed assume la guida della rivolta popolare, animata dagli indios e dai radical chic americani e creoli. I capitalisti bianchi che un tempo lo inneggiavano ricevendo da lui protezione ora tifano per Gandara. Il senso di tutto questo è reso bene nell'ultimo monologo di Banderas, mentre osserva il suo regime crollare:
«Popolo di animali, tanto umili apparentemente, ma così governabili. Non è affatto sbagliato il ragionamento di chi sostiene che l'originaria organizzazione indigena è stata fottuta dall'individualismo spagnolo. Vedi me. Il potere dei creoli, l'indifferenza degli indios, la grapula del meticcio e la teocrazia coloniale sono soltanto luoghi comuni che ci denigrano; inventati dall'imperialismo yankee e dalle scimmie della diplomazia europea, la cui unica occupazione sarà sempre esaltare i bucanieri della rivoluzione, per poter rubare gomma, miniere, petrolio».

Tiranno Banderas non è una tragedia monodimensionale; vi si intreccia la storia del indios che perde suo figlio e abbraccia la rivoluzione per vendicarlo, ma alla fine non fa altro che chinarsi sempre davanti allo stesso padrone; Javier Gurruchaga interpreta il Barone di Benicarles, un ricco esponente della diplomazia spagnola, di cui incarna i vizi e le devianze, tra queste spicca senza dubbio l'omosessualità – aspetto del film che deve farci storcere il naso, tenendo presente comunque che Valle-Inclàan è un drammaturgo della prima metà del '900; Ana Belen interpreta benissimo Lupita, un po' medium e un po' puttana, sorta di Mata Hari per caso, che alla fine sarà l'unica a uscire candida, coerente e innocente da questo dramma. Poi ci sono i caratteristi di contorno, come Juan Diego, che interpreta Nacho Veguillas, un funzionario governativo senza spina dorsale, il quale spera ingenuamente nell'amore del suo leader fino alla fine.

Sebbene i banchieri ed i capitani d'industria rimangano imperterriti al loro posto, spettatori dai loro balconi delle vicissitudini popolari, che loro controllano e sfruttano, il film ci da almeno la soddisfazione di vederne uno, preso col lasso al collo, trascinato a morte per le strade della capitale. Questo per gli amanti del lieto fine.

Nonostante si tratti di una coproduzione tra Messico, Cuba e Spagna sembra quasi un film di serie B, per le poche location e comparse, gli attori non sono sempre eccellenti, fatta eccezione per la performance di Volonté, di cui non si discute proprio, anche solo per la superlativa gestualità; non interpreta Banderas … è proprio lui in persona. Come già accennato anche l'interpretazione di Ana Belen merita. Oltre a questo il livello del film è tenuto alto dai costumi di Andrea D'Odorico e dalla fotografia di Fernando Arribas. Poco di buono si può dire invece della sceneggiatura di Rafael Azcona e José Sànchez – liberamente ispirata da un capolavoro del '900 – nessuno dei personaggi evolve, ed è un vero peccato perché l'intera storia comincia prima e finisce dopo un evento carico di speranze, opportunismi ed emozioni come solo una rivoluzione può essere. Solo il personaggio di Volonté ha una sua profondità – merito senz'altro dell'attore, noto per la creatività; tutti gli altri invece sono estremamente piatti.

Ultimo film interpretato da Gian Maria Volonté, il cui genio è stato riconosciuto persino da maestri del cinema come Ingmar Bergman; morirà l'anno dopo durante le riprese de Lo Sguardo di Ulisse, sappiamo che rinunciò a parti che avrebbero potuto renderlo ricco e portarlo agli altari del cinema mondiale, preferendo sempre quelli che gli piacevano soprattutto per il messaggio politico e sociale. A prescindere dalla sceneggiatura dava ai personaggi da lui interpretati delle modifiche in corso d'opera che soddisfacevano a pieno i registi, tanto che definirlo solo attore sarebbe riduttivo. Per tanto ci piace pensare a Tiranno Banderas come il suo testamento, un messaggio nella bottiglia di quasi 20 anni fa, che visti i tempi sembra essere stato spedito ieri.

Caldamente consigliato a chi non ha ancora capito il concetto di primavera araba.

Giovanni Pili


























9 commenti:

  1. io l'ho visto, e m'è pure piaciuto, ma sulla primavera araba ancora ho molte incertezze lo stesso! :)

    il film ha palesi buchi di sceneggiatura, temi non trattati come meriterebbero, e va be'... però rimane interessante, e poi la prestazione di Volonté è al solito MAIUSCOLA

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    1. Forse avrei dovuto concludere "a chi pensa di aver capito tutto sulla primavera araba"

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  2. a partire da questo film ho deciso di taggare i 3 più grandi monumenti dell'arte attoriale italiana. ce n'è molti eccezionali, ma questi 3 hanno inciso su ogni pellicola alla quale han partecipato: Totò, Sordi e Volonté.

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  3. Purtroppo però il film è veramente brutto. E' stato un peccato che diventasse il film del commiato di Volontè. Consiglierei a tutti di riscoprire un film televisivo americano della HBO -quindi una garanzia- e misconosciutissimo in Italia, nel quale Tomas Milian interpreta magistralmente Trujillo della Repubblica Dominicana. Infatti venne anche candidato al Golden Globe, per questo ruolo- "La Fiesta del Chivo". Ma è bello anche "Noriega"(1997)con un Bob Hoskins bravissimo, diretto da Roger Spottiswode, che già di sud e centro america dimostrò di sapervisi approcciare benissimo, con lo splendido "Sotto Tiro"(Under Fire)(1983), con Gene Hackman, Nick Nolte, Joanna Cassidy, Ed Harris, Jean-Louis Trintignant, splendidi protagonisti anch'essi,nel Nicaragua della caduta di Anastasio Somoza.

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  4. Questo Giovanni sicuramente. In pratica è stato l'unico film veramente sbagliato dell'intera filmografia di Volontè, assieme all'insulso e televisivo "Tre Colonne in cronaca" di Carlo Vanzina(!!), che ancora rimane un mistero come abbia potuto fregiarsi della sua partecipazione. Anche se pure Anghelopoulos che conosco bene e ho conosciuto un tempo personalmente, l'ho sempre amato ben poco. Poi quella incommensurabile mattonata -scusate il termine- de "Lo Sguardo di Ulisse" la portò al termine come protagonista Harvey Keitel.

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  5. Effettivamente non ricordo una distopia di un certo rilievo nel cinema. Per esempio anche Queimada non è un gran che, sebbene anche lì ci sia un attore di spessore come Marlon Brando che salva la situazione, il regista poi è Pontecorvo, le musiche di Morricone ... eppure non convince.

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  6. Fahrenheit 451,No blade of grass,Planet of the Apes,Rollerball,Soylent Green, A Boy and His Dog a me m'hanno convinto eccome :)

    Ma ho il dubbio che tu ti riferisca ad altro..

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    1. Sì, praticamente intendo una sorta di fanta-politica. Una storia che poteva benissimo essere accaduta nel passato, ricostruendo determinate dinamiche sociali.

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