“La popolazione rivuole indietro Harlem. Hanno Shaft ...qui. L'unico che può riuscirci.”
“SHAFT è il suo nome. SHAFT è il suo personaggio.”
, il protagonista è costretto a prendere un appuntamento con un razzista gangster italiano. Il gangster telefona a
per chiedergli dove si potrebbero incontrare. La risposta di
è uno dei motivi innumerevoli per cui questo film è sempre così gratificante da rivedere, come adesso grazie al recentissimo
. Con un elenco enorme di locali possibili tra cui scegliere,
. La decisione è così conclusa dal protagonista del film: se io,
dovrò fare i conti con le tue stronzate, almeno potrò anche avere un cappuccino.
Una cosa è chiara fin dai titoli di testa di un film oramai parte realmente della cultura popolare:
John Shaft è un duro. Passeggiando per
Times Square e le vie del centro di
Manhattan del 1971, in una sequenza di titoli di testa tra le più belle che musica e immagini abbiano mai creato in così sublime e perfetta fusione, il detective privato
Shaft passa attraverso una routine quotidiana che apparentemente coinvolge lo schivare i taxi che ti stanno per investire, mentre si attraversa un po' irresponsabilmente la strada per andare da un lustrascarpe (ancora esistevano!) amico . Questi momenti idiosincratici sono sparsi, in tutto un film che ha riconfigurato il ruolo del detective privato attraverso la rappresentazione del suo afro- americano protagonista.
Come molti altri film polizieschi, la trama e il suo svolgimento non sono facili da seguire.
Shaft è inizialmente contattato dal capo mafia di
Harlem Bumpy Jonas (lo splendido attore di colore
Moses Gunn, che non abbisognerebbe proprio di presentazioni), la cui figlia è stata rapita dalla mafia italiana di
Brooklyn.
Shaft arruola quindi l'aiuto di
Ben Buford/Christopher St. John e la sua
posse attivista e politicizzata per salvare la figlia di
Bumpy, e cercando anche di mantenere a bada l'intromissione della polizia di
New York del
N.Y.P.D.. Shaft, nella tradizione dei detective privati, rimane indipendente da qualsiasi tipo di fedeltà a chicchessia per tutto il film, mediando tra conflitti e scontri razziali, fazioni più o meno legalizzate, e comunque politicamente divise. Lavorando per se stesso, come distaccato dalle motivazioni principali degli altri interpreti della trama come in genere lo è dalle donne che giacciono con lui.
Il regista G
ordon Parks, eccellente fotografo anch'egli, e il suo direttore della fotografia,
Urs Furrer, donarono al film quel look grintoso e iperrealista che ha giustamente fatto la storia del cinema poliziesco d'ambientazione metropolitana, di quel periodo, e creato così tanti emuli anche per i decenni successivi. Oltre ad avere trovato un esordiente protagonista ex-modello ed insossatore,
Richard Roundtree, quanto mai adatto ed efficace e che da qui avrebbe iniziato una buona carriera, che contribuisce molto ad innalzare l'alto livello di confezione della pellicola. La colonna sonora funziona a meraviglia per smussare tutti i bordi volutamente grezzi di una realtà
newyorkese come detto ripresa quasi documentaristicamente, e che il film impiega visivamente molto bene. Il tema iconico dei titoli, uno dei dieci più belli mai composti per il cinema ad opera del sommo
Isaac Hayes, è stato fondamentalmente un appello per i primi spettatori del film, a lasciarne paradossalmente la visione per tornare a casa a fare sesso con la propria donna. I ritmi seducenti della sua partitura musicale iniettano al film quella sua particolare irriproducibile energia, e fungendo essa stessa da legante, elemento di coesione di una narrazione che può essergli invece a volte da meno.
Mi ricordo una recensione dell'epoca apparsa sul
New York Times, la quale vedeva un continuo richiamo ai
crossover che sarebbero stati applicati nel film, come parte determinante del suo enorme successo. E' doveroso citarne una parte in quanto fu una delle più famose e significative scritte
“a caldo”: "Riflettendo la sua essenza come un veicolo commerciale,
“Shaft”.[...] è in grado di negoziare con successo le tensioni razziali provocate in un mondo dominato dai bianchi, nel cui funzionamento e nelle cui consolidate dinamiche si intromette la figura raffigurante un nero aggressivo, dotato di un'immagine da
macho dall' evidente
sex appeal, servito per il consumo dei giovani, e del pubblico urbano nero. " La recensione fornisce e ben rileva le istanze diverse contenute nella narrazione del film, e in cui questa "strategia intermedia" da parte dei realizzatori del film, è accentuata. In primo luogo,
Shaft nel film non si limita ad operare ad
Harlem. Ha un ufficio nel centro in piena
Broadway, contatti nei quartieri alti, e un dolce appartamento da scapolo, con annesso
“scannatoio” di topa, nera, ma anche della più valutata bionda e bianca.
Shaft si muove quindi liberamente attorno alla città e non si limita al confine invisibile ma segregante della
110a strada, così ben descritto un paio di anni dopo in
“Rubare alla mafia è un suicidio”(Across the 110th Street) (1973) di
Barry Shear, bellissimo poliziesco metropolitano il quale anch'esso molto deve alla
blaxploitation. No,
Shaft si muove liberamente anche tra le fazioni in lotta del film, mediando una guerra tra le gang della mafia bianca e quella nera senza avere alcuna “fidelizzazione” di parte né parteggiando per nessuna di loro.
Shaft è quindi politicamente "sicuro" come un individuo che rinunci a qualsiasi tipo di azione collettiva o politica fondata sulla propria razza, o si direbbe classe, di appartenenza. Infine, questa posizione ben individualista in ultima analisi, è mantenuta anche nella sua vita sentimentale. Sempre allora si osservò molto acutamente che, per una ragazza nera e quindi per il pubblico dei neri
Shaft doveva pur soddisfare "le aspettative di nazionalismo culturale," ma rimane ancora libero di andare in giro a "fare sesso casuale con belle donne bianche" (e beato lui
“The Super Strenght Black Velvet Cock”, aggiungeremo noi).
Un errore da evitare è pensare che
“Shaft” all'epoca in cui uscì la prima volta si sia così distinto solo perché è stato una svolta razziale in un genere letterario (i romanzi di
Ernest Tidyman da cui poi venne tratta l'intera serie, tv compresa) e poi cinematografico, il cui sfondo è stato sempre dominato da protagonisti bianchi. Sebbene romanzi polizieschi con eroi bianchi potrebbero essere stati più popolari, è importante sottolineare il lignaggio e la profonda tradizione di tanta narrativa poliziesca
afro-americana, quando si parla di
“Shaft”. Uno studio da parte di uno dei massimi critici britannici del
soul cinema anni '70 in suo omonimo imprescindibile libro,
Stephen P. Soitos, analizza la materia e ripercorre il genere alle sue radici letterarie, risalenti all'inizio del 20 ° secolo con romanzi seriali come
“Hagar Daughter” di
Pauline Hopkins (1901-1902) e
The Black Sleuth” di
J.E. Bruce (1907-1909).
Soitos esplora la storia del romanzo poliziesco nero rispetto a quello bianco e ne delinea i suoi quattro
topòi principali: il personaggio del detective, la doppia coscienza rivelata nei personaggi protagonisti, il particolare
“slang” parlato dai neri, e il tema onnipresente della
“scalogna”. I
topòi stessi sono revisioni delle modalità tradizionali nella narrativa poliziesca più dura e realistica, la creazione di un diverso e unico marchio di letteratura poliziesca.
Per la trasposizione di un certo numero di questi
topòi al cinema (con la notevole eccezione della
“scalogna” o sfortuna che dir si voglia, che non ha un ruolo in questo film),
“Shaft” può quindi essere considerato come una narrazione revisionista nei suoi termini più propriamente evidenti: il primo film poliziesco a incorporarla nella sua storia indipendentemente dalla letteraria più congeniale ad un genere già stabilito da
Hollywood. In “
Shaft”, la razza del protagonista è infatti di vitale importanza per l'indagine e il proprio lavoro. Il racconto funziona perchè s
oltanto un detective nero sarebbe in grado di risolverne la trama, l'identità del personaggio gli dà l'accesso culturale necessario per i suoi contatti e le risorse necessarie a risolvere il caso. In altre parole,
Shaft non riesce
soltanto perché è un duro detective dalla solida determinazione, ma in particolare perché è un detective
nero, come allora evidenziava il sottotitolo italiano dell'uscita al cinema. La trama concede al protagonista nero una caratteristica narrativa assente in tutte gli altri contemporanei caratteri
afro-americani. Invece di diventare un ostacolo da superare, l'antagonismo nero è una componente fondamentale ed essenziale per questa concezione stessa dell'
eroe anti-eroe” protagonista, e della sua esistenza in primo luogo.
Una delle principali eredità che gli anni settanta avrebbero introdotto per il cinema americano era una nozione riconfigurata dell'eroe americano. Un protagonista non era più vincolato da uno studio rinforzato in fase di creazione e scrittura della personalità del protagonista, essendo un'epoca in cui
l'anti- eroe come detto sopra, è potuto fiorire. Forte, nero e ammaliante,
Shaft è diventato un nuovo tipo di protagonista che gli
studios già prevedevano il pubblico avrebbe abbracciato. E 'difficile dire se
“Shaft” sarebbe ancora rilevante per un pubblico come quello di oggi. Dato che l'immagine e la rappresentazione degli uomini di colore sono cambiate notevolmente nei media fin dai primi anni '70. L'allora sfacciata sfida lanciata da J
ohn Shaft, la virilità e l'individualismo mitigato dal proprio rigore personale sono passati da essere un modo innovativo e progressista della loro rappresentabilità, quasi ad un cliché culturale. Personaggi come
Shaft non verrebbero più sentiti freschi o neanche plausibili? Diventando forse una sorta di residuo arcaico di un epoca, gli anni settanta della
blaxploitation, vincolata all'ultra- mascolinità del “
Big Digger of the Black Man”, e al regno del kitsch imperante degli anni '70 e così ben ironizzato o finanche parodiato in film come “
Undercover Brother” (2002) di
Malcolm D. Lee e
“Black Dynamite” (2009) di
Scott Sanders (?). Un tentativo di far rivivere il
franchise della serie di film di
“Shaft” nel 2000, il “
proto-remake” diretto da
John Singleton con
Samuel L. Jackson protagonista nell'impegnativo ruolo , ha prodotto risultati poco brillanti, soprattutto al
box -office. Sebbene
“Shaft” non possa oggi probabilmente avere la stessa potenza, come invece ebbe nella sua prima versione, l'unica cosa che si oramai può tranquillamente affermare è che nel 1971,
Hollywood e la
MgM per prima, trovarono la loro gallina dalle uova d'oro, con il nascente filone
“All Black”, e colui che
Isaac Hayes descrisse come "
A son of bad mother..."
Academy Awards, USA Anno 1972
Ha Vinto l' Oscar per la Migliore, canzone originale ad
Isaac Hayes
Per la canzone
"Theme from Shaft". Nomination all'Oscar per la Miglior Colonna Sonora Originale in un film drammatico a
Isaac Hayes
BAFTA Awards Anno 1972
Nomination Anthony Asquith Award per la Musica da Film ad
Isaac Hayes Golden Globes, USA Anno 1972
Ha Vinto il Golden Globe per la Migliore Colonna Sonora Originale a
Isaac Hayes
Nomination al Golden Globe per la Miglior canzone originale a
Isaac Hayes
Per
"Theme from Shaft".
Miglior Esordiente - Uomo
Richard Roundtree
Grammy Awards Anno 1972
Ha Vinto il Grammy come Migliore colonna sonora scritta per un film
Isaac Hayes
MTV Movie Awards Anno 1994 Ha Vinto MTV Movie Award alla Carriera
Richard Roundtree
Per la serie intera di film tra cui
“Shaft colpisce ancora” (Shaft's Big Score) (1972) e
“Shaft e i mercanti di schiavi”(Shaft in Africa) (1973).
National Film Preservation Board, Stati Uniti d'America Anno 2000
Ha Ottenuto il National Film Registry
La CBS ha modificato 28 minuti di questo film per la sua prima messa in onda televisiva nel 1975.
La maggior parte delle versioni video del Regno Unito, compresa la versione in widescreen dell'etichetta
Maverick, sono di una versione del film ridoppiata, per rimuovere il linguaggio troppo forte. Le versioni DVD
sono completamente tagliate.
Le donne
vocalist di sottofondo nel tema musicale del film sono
Telma Hopkins e
Joyce Vincent Wilson dai
Tony Orlando & Dawn.
Isaac Hayes originariamente fu provinato per interpretare il ruolo del titolo. I produttori lanciarono
Richard Roundtree, ma rimasero così colpiti da
Hayes che gli chiesero di scrivere la leggendaria colonna sonora del film.
Ron O'Neal (“Super Fly”) sostenne l'audizione per il ruolo di
John Shaft, ma venne respinto in quanto i produttori videro la sua carnagione come troppo poco nera.
Si diceva che il film venisse scritto come un qualsiasi altro film poliziesco, con un detective bianco protagonista, ma, dopo il successo di
“Baadasssss Sweet Sweetback Song”, il film è stato riscritto e concepito come un film
blaxploitation. Questa storia è stata raccontata più volte dal regista del primo film
Melvin Van Peebles. Tuttavia, è probabilmente apocrifa. Il romanzo di
Ernest Tidyman che è stato alla base del film parla di un detective nero, e non di un bianco.
Durante la scena in cui
Bumpy Jones visita
Shaft nel suo ufficio, una porta adiacente all'ufficio dice
"Assicurazioni Skloot" - prende il nome da
Steven P. Skloot, un direttore di produzione del film.
I tabelloni luminosi enormi dei film proiettati nei cinema di
Tomes Square, visti molte volte nelle inquadrature esterne di
Shaft in giro per
NYC includono la pubblicità di :
“Patton, Generale d'acciaio”, “Carter”, “Love Story”, e
“Il Gufo e la gattina”.
Fu il primo ruolo cinematografico per
Rex Robbins.
L'indelebile riff di chitarra "wah-wah" sulla canzone premio Oscar di
Isaac Hayes -
"Theme from Shaft" - è stato interpretato da
Charles “Pitts Skip”.
Gran parte dell'azione cinematografica si svolge nel centro di
New York, di tutto
Harlem, a partire dalla
125a strada. L'appartamento di
Shaft (la vista dall'esterno), si trovava nel
Greenwich Village di
Manhattan al 55 di
Jane Street, dall'altra parte della strada dal (reale)
"No Name Bar" al 621 di
Hudson Street. L'ex bar è stato infine trasformato in un negozio di gastronomia.
Il personaggio di
Moses Gunn è chiamato
Bumpy Jonas dopo il reale
Bumpy Johnson, un mafioso afro-americano degli anni '30.
Nel film è presente in uno dei suoi tanti ruoli cinematografici e televisivi, nel personaggio di
Willy il guardia spalle di
Bumpy Jonas, Drew Bundini Brown, famoso “braccio destro” e “motivatore” di
Muhammad Alì, interpretato in
“Alì” (2001) di
Michael Mann, da
Jamie Foxx.
Cameo del regista
Gordon Parks : impersona un padrone di casa quando
Shaft è alla ricerca di
Ben Buford.
Marchio del regista
Gordon Parks [
Ebony Magazine] : Si vede
Shaft che sta leggendo una copia della rivista
Ebony nell'appartamento della sua ragazza.
Parks è un co-fondatore della famosa
Ebony . La rivista è ben inquadrata anche quando
Shaft è impegnato in una conversazione con un venditore di edicola cieco durante la sequenza di apertura.
Lista brani della colonna sonora:
"Theme from Shaft"
(Non accreditata)
Composto da
Isaac Hayes
Interpretato da
Isaac Hayes
“
Bumpy's Lament”
(Non accreditata)
Composta da
Isaac Hayes
Interpretata da
Isaac Hayes
"Walk from Regio's"
(Non accreditata)
Composta da
Isaac Hayes
Interpretata da
Isaac Hayes
"Ellie's Love Theme"
(Non accreditato)
Composta da
Isaac Hayes
Interpretata da
Isaac Hayes
"Shaft's Cab Ride"
(Non accreditata)
Composta da
Isaac Hayes
Interpretata da
Isaac Hayes
"Cafe Regio's"
(Non accreditata)
Composta da
Isaac Hayes
Interpretata da
Isaac Hayes
“
Early Sunday Morning”
(Non accreditata)
Composta da
Isaac Hayes
Interpretata da
Isaac Hayes
"Be Yourself"
(Non accreditata)
Composta da
Isaac Hayes
Interpretata da
Isaac Hayes
“
A Friend's Place”
(Non accreditata)
Composta da
Isaac Hayes
Interpretata da
Isaac Hayes
"Soulsville"
(Non accreditata)
Composta da
Isaac Hayes
Interpretata da
Isaac Hayes
"No Name Bar"
(Non accreditata)
Composta da
Isaac Hayes
Interpretata da
Isaac Hayes
"Bumpy's Blues"
(Non accreditata)
Composta da
Isaac Hayes
Interpretata da
Isaac Hayes
"Shaft Strikes Again"
(Non accreditata)
Composta da
Isaac Hayes
Interpretata da
Isaac Hayes
"Do Your Thing"
(Non accreditata)
Composta da
Isaac Hayes
Interpretata da
Isaac Hayes
“
The End Theme”
(Non accreditata)
Composta da
Isaac Hayes
Interpretata da
Isaac Hayes
Napoleone Wilson