Sordi al prete: "Non ci sono dubbi, i comunisti vinceranno e comanderanno". Vittoria della Democrazia Cristiana e lui subito ne diventa simpatizzante.
Alberto Sordi è stato uno degli attori italiani principali nella fase post la Seconda Guerra Mondiale, girando un film dopo l'altro, e apparendo in capolavori come "I Vitelloni" di Fellini, per citare solo un esempio dei più famosi, qui affrontato poco tempo fa da Roby, o apparire in splendide e incisivamente graffianti commedie del periodo come questa “L'Arte di arrangiarsi” diretta dal grande Luigi Zampa, e sceneggiata da Vitaliano Brancati, dalla riduzione di un suo romanzo. Uno dei film più famosi e rappresentativi della sua carriera per tutto il periodo degli anni '50. E pensare che pare egli non fosse mai stato molto esigente a riguardo dei film che faceva. Fortunatamente però, ha incontrato alcuni registi che lo hanno saputo dirigere e usare le sue abilità, con grande acume e maestria: non solo Fellini e Zampa, ma anche Risi, Rosi ... eccetera.
Colui che da questo film si aspetti solamente un altro veicolo per la stella Sordi, scoprirà dopo soltanto cinque minuti quanto questo film sia molto più sottile. Infatti, Sordi interpreta ancora una volta uno di quei personaggi meschini che ha interpretato spesso, ma che fortunatamente, non è stato tratteggiato soltanto in lode alla simpatia e al magnetismo irresistibile di un Sordi istrionico ma temperato, e veramente all'apogeo della forma, ma anche con crudeltà e sincerità. Con la storia di Sordi/Sasa Scimoni, personaggio di voltagabbana e disonesto per eccellenza, Zampa racconta ambiziosamente e con grande senso del ritmo, quarant'anni o giù di lì di storia italiana con acre e feroce ironia e un gustosissimo, ma anche salacissimo humour nero, ritraendo la società italiana con le unghie ben affondate in tutti i suoi patologici, e tarati, enormi difetti. Riuscendo efficacemente a tenersi in equilibrio tra l'approfondimento di personaggi mai superficiali (memorabile quello interpretato da Turi Pandolfini), la piacevolezza e la lievità d'intenti dell'intrattenimento, e come sempre per Zampa, senza rinunciare a cercare d'imbastire anche un discorso serio e una storia che vada a parare verso precisi, e importanti significati. E con una buona dose di moralismo doverosamente necessario. Il personaggio principale del film è sempre iperattivo ma alla fin fine perdente, un esperto nel restare sempre lontano dalle battaglie e dal fuoco dell'impegno in alcunchè e in prima persona, il cui unico interesse nella vita è di essere sempre non a corto di donne denaro, e potere. Insieme a tutte le prodi viltà commesse una dopo l'altra da Sasà, attraversiamo dal 1910 al 1950 quarantanni particolarmente travagliati della storia italiana. Impossibile sopravvivere attraverso un periodo così ricco di eventi senza ottenere di bruciarsi neanche un dito, come Sasà ben imparerà.
Zampa dimostra con questo che è giustamente considerato uno dei suoi film migliori, di essere stato un grande satirico dei malcostumi e dei peggiori vizi congeniti di un certo “Homo Italicus”, dallo sfrenato opportunismo,ovvero quasi un mostro, in un film appunto satirico e dall'impatto e dalla forza non da molto meno, di opere come quelle di Risi, o Fellini. Si può ben dire ciò anche all'evidenza di quanto “L'Arte di arrangiarsi” sia una commedia estremamente ben scritta, persino troppo, e nella quale Sordi è in una forma mattatoriale eccellente ma anche misurata e perfetta per il film, strepitoso come commentatore dalla voce off quando non è in scena, la quale rende il film estremamente pungente come oggi neppure si sognerebbero di concepire, gradevole e divertentissima, e non solo per gli appassionati di Sordi o per coloro che come me, amano le commedie italiane degli anni '50 -'60. E se Sordi pensi di averlo già visto diverse altre volte nel ruolo cucito apposta per lui di incrollabile e spregiudicato opportunista, -seppur raramente come qui impersonando un siciliano molto “romano”-, in questo film ti stupisce oltre che per i continui guizzi, anche per la sobrietà e il senso della misura che applica nella sua memorabile interpretazione.
Diverse sono le scene memorabili. A partire proprio dall'amaro e irresistibile finale, già introdotto all'inizio del film, laddove esploderà tutta la sua rabbia tutta la vita trattenuta e non voglio svelare perché, o nei vari passaggi storici italioti strepitosamente attraversati dal Sordi in tutta la sua impavida ignavia, quasi in una testimonianza storica della viltà e dell'amoralità di un certo tipo di italiano “medio”, super trasformista e da egli così ben impersonato nel film. Come quando si fingerà ovviamente pazzo, o sempre malato e di cagionevole costituzione per evitare l'arruolamento alle armi e la partenza in guerra, e nel passaggio eccezionale della sua adesione dai socialisti al PNF con strepitoso sfoggio di ridicolissimi esercizi atletici ai Giochi Ginnici in una sequenza graffiante, e che si imprime nella memoria, salvo poi certo rifiutarsi di saltare nell'anello di fuoco; per poi subito dopo la liberazione come tanti passare ad indossare addirittura la camicia rossa, anche grazie alla quale diventerà un produttore cinematografico, per poi quella maggiormente utilitaristica del “Biancofiore” DC, sempre inutilmente ma sempre con estrema adesione e mimesi propagandistica per ognuno di questi partiti.
Grande e mai didascalica ma anzi complessa e narrativamente importante, la parabola del nostro protagonista sempre in cerca di lucrare con i suoi mulini fallimentari, attraverso un susseguirsi di scene esemplari che raffigurano i vari periodi storici decennio per decennio, del '900 italiano. Sordi attore è talmente bravo che fa sì che il suo personaggio non debordi mai, o si mangi il film e non faccia dimenticare con la sua simpatia la repellenza che il personaggio vuole emanare, seppur sempre con una luce di cristiana pietà, che è quella infusagli dalla regia di Zampa e dalla penna di Brancati.
Momento memorabile: La cena, costellata di goffi tentativi di corruzione, che Sasà/Sordi offre al tecnico del Comune che deve valutare due suoi progetti immobiliari.
Visto di censura italiana # 17853 in data 22-12-1954.
Alberto Sordi è stato uno degli attori italiani principali nella fase post la Seconda Guerra Mondiale, girando un film dopo l'altro, e apparendo in capolavori come "I Vitelloni" di Fellini, per citare solo un esempio dei più famosi, qui affrontato poco tempo fa da Roby, o apparire in splendide e incisivamente graffianti commedie del periodo come questa “L'Arte di arrangiarsi” diretta dal grande Luigi Zampa, e sceneggiata da Vitaliano Brancati, dalla riduzione di un suo romanzo. Uno dei film più famosi e rappresentativi della sua carriera per tutto il periodo degli anni '50. E pensare che pare egli non fosse mai stato molto esigente a riguardo dei film che faceva. Fortunatamente però, ha incontrato alcuni registi che lo hanno saputo dirigere e usare le sue abilità, con grande acume e maestria: non solo Fellini e Zampa, ma anche Risi, Rosi ... eccetera.
Colui che da questo film si aspetti solamente un altro veicolo per la stella Sordi, scoprirà dopo soltanto cinque minuti quanto questo film sia molto più sottile. Infatti, Sordi interpreta ancora una volta uno di quei personaggi meschini che ha interpretato spesso, ma che fortunatamente, non è stato tratteggiato soltanto in lode alla simpatia e al magnetismo irresistibile di un Sordi istrionico ma temperato, e veramente all'apogeo della forma, ma anche con crudeltà e sincerità. Con la storia di Sordi/Sasa Scimoni, personaggio di voltagabbana e disonesto per eccellenza, Zampa racconta ambiziosamente e con grande senso del ritmo, quarant'anni o giù di lì di storia italiana con acre e feroce ironia e un gustosissimo, ma anche salacissimo humour nero, ritraendo la società italiana con le unghie ben affondate in tutti i suoi patologici, e tarati, enormi difetti. Riuscendo efficacemente a tenersi in equilibrio tra l'approfondimento di personaggi mai superficiali (memorabile quello interpretato da Turi Pandolfini), la piacevolezza e la lievità d'intenti dell'intrattenimento, e come sempre per Zampa, senza rinunciare a cercare d'imbastire anche un discorso serio e una storia che vada a parare verso precisi, e importanti significati. E con una buona dose di moralismo doverosamente necessario. Il personaggio principale del film è sempre iperattivo ma alla fin fine perdente, un esperto nel restare sempre lontano dalle battaglie e dal fuoco dell'impegno in alcunchè e in prima persona, il cui unico interesse nella vita è di essere sempre non a corto di donne denaro, e potere. Insieme a tutte le prodi viltà commesse una dopo l'altra da Sasà, attraversiamo dal 1910 al 1950 quarantanni particolarmente travagliati della storia italiana. Impossibile sopravvivere attraverso un periodo così ricco di eventi senza ottenere di bruciarsi neanche un dito, come Sasà ben imparerà.
Zampa dimostra con questo che è giustamente considerato uno dei suoi film migliori, di essere stato un grande satirico dei malcostumi e dei peggiori vizi congeniti di un certo “Homo Italicus”, dallo sfrenato opportunismo,ovvero quasi un mostro, in un film appunto satirico e dall'impatto e dalla forza non da molto meno, di opere come quelle di Risi, o Fellini. Si può ben dire ciò anche all'evidenza di quanto “L'Arte di arrangiarsi” sia una commedia estremamente ben scritta, persino troppo, e nella quale Sordi è in una forma mattatoriale eccellente ma anche misurata e perfetta per il film, strepitoso come commentatore dalla voce off quando non è in scena, la quale rende il film estremamente pungente come oggi neppure si sognerebbero di concepire, gradevole e divertentissima, e non solo per gli appassionati di Sordi o per coloro che come me, amano le commedie italiane degli anni '50 -'60. E se Sordi pensi di averlo già visto diverse altre volte nel ruolo cucito apposta per lui di incrollabile e spregiudicato opportunista, -seppur raramente come qui impersonando un siciliano molto “romano”-, in questo film ti stupisce oltre che per i continui guizzi, anche per la sobrietà e il senso della misura che applica nella sua memorabile interpretazione.
Diverse sono le scene memorabili. A partire proprio dall'amaro e irresistibile finale, già introdotto all'inizio del film, laddove esploderà tutta la sua rabbia tutta la vita trattenuta e non voglio svelare perché, o nei vari passaggi storici italioti strepitosamente attraversati dal Sordi in tutta la sua impavida ignavia, quasi in una testimonianza storica della viltà e dell'amoralità di un certo tipo di italiano “medio”, super trasformista e da egli così ben impersonato nel film. Come quando si fingerà ovviamente pazzo, o sempre malato e di cagionevole costituzione per evitare l'arruolamento alle armi e la partenza in guerra, e nel passaggio eccezionale della sua adesione dai socialisti al PNF con strepitoso sfoggio di ridicolissimi esercizi atletici ai Giochi Ginnici in una sequenza graffiante, e che si imprime nella memoria, salvo poi certo rifiutarsi di saltare nell'anello di fuoco; per poi subito dopo la liberazione come tanti passare ad indossare addirittura la camicia rossa, anche grazie alla quale diventerà un produttore cinematografico, per poi quella maggiormente utilitaristica del “Biancofiore” DC, sempre inutilmente ma sempre con estrema adesione e mimesi propagandistica per ognuno di questi partiti.
Grande e mai didascalica ma anzi complessa e narrativamente importante, la parabola del nostro protagonista sempre in cerca di lucrare con i suoi mulini fallimentari, attraverso un susseguirsi di scene esemplari che raffigurano i vari periodi storici decennio per decennio, del '900 italiano. Sordi attore è talmente bravo che fa sì che il suo personaggio non debordi mai, o si mangi il film e non faccia dimenticare con la sua simpatia la repellenza che il personaggio vuole emanare, seppur sempre con una luce di cristiana pietà, che è quella infusagli dalla regia di Zampa e dalla penna di Brancati.
Momento memorabile: La cena, costellata di goffi tentativi di corruzione, che Sasà/Sordi offre al tecnico del Comune che deve valutare due suoi progetti immobiliari.
Visto di censura italiana # 17853 in data 22-12-1954.
Napoleone Wilson
la domanda è sempre quella-..perchè non si vedono più commedie "all'italiana" di questo livello?..perchè i film italiani,in genere, al massimo sembrano prodottini da vedere in tv fra uno spot e l'altro?..la televisione e lamentalità dell'omino di arcore han davero distrutto tutto'creatività,voglia,fantasia,talento'..parrebbe...
RispondiEliminasì Brazzz, non si può evitare ogni volta di pensarlo...
RispondiEliminacondivido in toto la rece di Napoleone. curiosi certi aspetti che rendono attuale questo film, come quando esce finalmente di galera il "buon" Sasà e pensa subito che proprio il carcere gli ha fornito gli attributi per far politica.
grandissima la capacità narrativa. condensa in una durata media un lunghissimo periodo storico cogliendo per ognuno di essi aspetti emblematici.
a Sordi dovranno intitolare una scuola di recitazione prima o poi.
Sordi mi lascia sempre basito. L'altra notte ho rivisto "La Più Bella Serata della Mia Vita" (1972) di Scola, mi ha colpito come una roncolo, non lo ricordavo affatto così amaro. Bellissimo questo film di Zampa, thanks!!!
RispondiEliminaGrazie per il sempre prezioso e pertinente contributo, Belushi. "La Più bella serata della mia vita" bellissimo e anche molto sottovalutato, per anni.Raramente inserito tra i migliori film di Scola e di Sordi, di quel felicissimo e fecondo periodo. Eppure lo è, uno dei film più riusciti e significativi di Ettore Scola, ancora oggi dopo quarant'anni. Grandissimo l'apporto dei "grandi vecchi" e mostri sacri del cinema e della comèdie francaise
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