“Gli spettatori potranno AMARLO! Tu potresti odiarlo! Ma non lo dimenticherete mai!”
“Questa è la storia più brutale dell'Africa di oggi!”
“Ogni scena ti guarda dritto negli occhi ... e ti sputa!”
Questa è l'Africa di oggi, grande come piccola ... dove il nome del gioco è il sangue ... e uccidere o essere ucciso!”
“Grosso! Nero! Brutto! Brutale!”
Frasi di lancio internazionali e americane per il film
Finalmente, affronto l'elettrizzante capo d'opera e il film più amato di Jacopetti e Prosperi, il controverso e innovativo (in ogni senso) “Africa Addio” (1966) (Goodbye, Africa o Africa, Blood & Guts, secondo i titoli internazionali per il mercato anglofono). Uno dei film visivamente più suggestivi e sconvolgenti tra quelli usciti negli anni sessanta. Un'opera dall'enorme ambizione in ogni inquadratura, e che raggiunge in ogni ambito cinico o meno che sia, anche nelle sequenze più grottesche, un'enorme quantità di bellezza cinematografica, -senza ovviamente dimenticare la potente e famosissima colonna sonora composta da Riz Ortolani-, per tutti i suoi ben 139 minuti di durata -nella lunga versione italiana originale-, 128 in quella inglese. Realizzato in oltre tre anni di riprese e viaggi in lungo e largo per il continente africano, oltre ad un lunghissimo periodo che vide Jacopetti impegnato al montaggio, convalescente dopo il gravissimo incidente d'auto negli Stati Uniti, dal quale egli uscì vivo miracolosamente e nel quale perì la sua compagna, l'allora famosa attrice Belinda Lee.
Finalmente uscito e distribuito nel 1966 con enorme successo in tutto il mondo, questo famosissimo documentario è uno sguardo profetico e anticipatore su ciò che avrebbe portato la fine del colonialismo in Africa e gli inizi dei disordini civili, offrendo uno sguardo fortemente anticipatore e senza compromessi -e per questo ancora oggi completamente frainteso e strumentalizzato da ogni parte- ai postumi della dominazione bianca e delle sue istituzioni. Vale a dire, l'avvio di continue, tradite e inconcludenti rivoluzioni, guerre tribali, la xenofobia, e il genocidio. Allo stesso tempo, Jacopetti e Prosperi compongono continui contrasti mozzafiato: splendidi tramonti con i loro ultimi bagliori, baluginano su schiere infinite di fosse comuni riempite fino all'orlo; animali in via di estinzione macellati nelle zone più umide e fertili. La tesi e il pensiero del film è chiara, ma completamente travisata e demonizzata, nel suo revanscismo apparente: la Gran Bretagna e la Francia hanno molto di cui rispondere. La loro ritirata e la mancanza di un piano d'aiuti ha portato alla devastazione delle popolazioni e delle nazioni che erano state precedentemente sfruttate. Per sottolineare il punto, in molti paesi tra cui ovviamente la Francia e la Gran Bretagna, il film fu pesantemente tagliato e rimaneggiato, nel montaggio oltre che nel commento, soprattutto nelle aggiunte scene di guerra e nei massicciamente presenti spargimenti di sangue, lungo il corso del "diario di viaggio" dei due autori lungo l'Africa. Tutte queste sequenze come detto furono originariamente censurate e cassate dalla versione in lingua inglese, solo dal 2003 in poi sono state reinserite grazie alla splendida edizione in dvd ad opera della Blue Underground inserita con una denominazione “Director's cut” nel cofanetto “Schockumentary collection -The Goodfathers of Mondo/Mondo Cane collection”. Titolo anche del documentario di David Gregory presente nel cofanetto e che da a Jacopetti e Prosperi la possibilità di difendersi dalle accuse parimenti assurde che si riversarono sui due, in particolare ed esclusivo modo sul primo, a riguardo della “ricreazione” di sequenze particolarmente cruente come le fucilazioni a Libreville, per rendere il proprio film più “esplosivo”, e la denuncia più bruciante. Queste celebri accuse avevano anche avuto un fondamento di verità certo, come nel caso di “Mondo cane 2” in cui erano presenti sì alcuni filmati “ricostruiti” come il monaco che si immola dandosi fuoco, che provenivano da una altro “stock footage”, poi venduto al duo di cineasti. Mentre in “Africa Addio”, come rimarca intervistato nello stesso documentario Giampaolo Lomi, il direttore della fotografia, è “tutto reale...,tutto vero.”
Ma ciò che ha determinato principalmente l'ostracismo dell'”intellighentzja” di sinistra del cinema italiano verso i due autori è stato il loro essere apertamente troppo scomodi e in contraddizione con l'imperante e conformistico movimento italiano legato ed espressione del cosìddetto neorealismo, non tanto con personalità così grandi come chi lo aveva praticamente guidato, quali De Sica e Rossellini, che non avevano niente contro Jacopetti e Prosperi e anzi ne erano interessati spettatori, quanto dai soliti critici cinematografici professorini della quasi totalità dei mezzi d'informazione giornalistica dell'epoca. Sarà utile ricordare per capire a cosa si era arrivati, che Jacopetti e in misura personalmente minore Prosperi vennero accusati di concorso in omicidio, durante le riprese sopra citate, con l'accusa di avere “aggiustato” una fucilazione, la quale sarebbe stata fatta ritardare per avere un muro scuro e non bianco dietro alle spalle del ragazzo fucilato, e poter quindi aspettare la migliore luce del tramonto. Accusa poi rivelatasi falsa e completamente smontata, quando furono proprio Jacopetti e Prosperi ad aver rischiato di essere messi davanti ad un plotone di esecuzione durante le riprese del film.
Per tutti questi aspetti, è da vedere il documentario intervista dell'Istituto Luce recentissimamente uscito in dvd “Gualtiero Jacopetti -L'Importanza di essere scomodo” (2008) di Andrea Bettinetti, nel quale un fenomenale Jacopetti a quasi novant'anni (è morto l'anno scorso a quasi 92) esce fuori da tutti questi fatti e disavventure quasi come una visionaria e controversa figura herzoghiana, dalle tante ombre, sconfitto ma mai domo, forse utopista e in Italia dimenticato per lungo tempo, ma sempre coraggioso e sfacciato con un suo perchè nelle idee quanto nei suoi eccessi, un vero cronista d'altri tempi, anticipatore del giornalismo sensazionalistico che sarebbe stato.
“Africa Addio” è certo la Magnus Opera del duo Jacopetti -Prosperi, che mai come qui è riuscito ad ottenere qualcosa di così unitario, e soprattutto compatto, in un'alternarsi abbagliante di immagini tetre e veriste, con altre di blasfema bellezza naturale, sempre perseguendo nella loro particolarissima e ben precorritrice dei tempi, ricerca di un certo tipo di “verità”.
Un capolavoro del sensazionalismo come detto troppo avanti sui tempi e completamente incompreso (ma dall'enorme e duraturo successo di pubblico, secondo SOLAMENTE alla Trilogia del Dollaro di Sergio Leone) nell'Italia ipocrita e democristiana, oltre che della piena e incontrastata egemonia culturale socialista-comunista, degli anni '60. Perdurante, se solo si va a vedere certi giudizi ostracizzanti sul film e l'opera di Jacopetti/Prosperi, che purtroppo sopravvivono ancora fino ad oggi nei Dizionari dei film di soliti certi imperituri e immutabili soloni alla Morandini, o alla Mereghetti.
David di Donatello Awards Anno 1966 HaVintoil David per la Miglior Produzione (Migliore Produzione) (Rizzoli Film).
Ex-aequo con “La Bibbia” (1966) e "Signore e Signori” (1966).National Board of Review Anno 1967 HaVintol'NBR Award come Miglior Film straniero
Il ministro socialista della cultura, non volle farsi ritrarre mentre consegnava il David di Donatello a Jacopetti e Prosperi, perciò andò via dalla premiazione. La cerimonia venne ripresa dallo stesso Jacopetti con la medesima cinepresa a mano dei suoi famosi servizi per i cinegiornali di “Cronache”, come si vede in alcune foto in presenza anche di Fellini, Gassman e De Sica.
Prima di ricevere un certificato della censura UK cinema il film è stato scorciato di oltre 12 minuti e mancavano tutti i filmati di putrefazione dei cadaveri umani e di uccisioni degli animali.
Pur avendo quasi la metà del materiale originale rimosso, la versione inglese successiva del film con il titolo “Africa Blood & Guts” si nota come più raccapricciante di quella originale, in quanto le scene tagliate paradossalmente, furono tutte le scene di piacevolezza o della storia, lasciando quindi solo quelle più violente e tutti i filmati inquietanti intatti.
In una scena dove Gualtiero Jacopetti e la sua troupe incontrano un soldato a Dar es Salaam, Jacopetti (con la camicia blu scuro) si vede per qualche secondo dopo che lui e il suo operatore sono stati trascinati fuori dalla macchina. Si nota Jacopetti sanguinante da un taglio alla testa, dopo che il soldato ha sfondato con il calcio del fucile un finestrino della macchina.
Tre personalità reali appaiono accreditate in questo documentario. La prima è Julius Nyerere, primo presidente della Tanzania (ex Tanganika). La seconda persona è Richard Gordon Turnbull, l'ultimo governatore coloniale della Tanzania. La terza persona è Moises Ciombè, un politico congolese che tornò in Congo per "fermare la ribellione" e poi morì 3 anni dopo la realizzazione di “Africa addio”.
Due nuove scene sono state aggiunte nella versione inglese di “Africa addio”. Una era un ritratto del popolo bianco degli “afrikaneer”, mentre un altra è stata la sequenza con gli africani bianchi ricchi con le loro infermiere anch'esse bianche Circa 12 minuti del film originale sono stati però tagliati.
Napoleone Wilson
T'è garbato er firme, Roby...?
RispondiEliminacaro Napoleone, m'è garbato tantissimo! poi commento meglio...
RispondiEliminaBelushi, Roby, Keoma, Arwen, Andreottiano, Martelli, tutti assieme che ne dite, più tardi ci facciamo una bella seduta spiritica...?
RispondiEliminaOk, io porto i ceri...AHAHAAHAA, nun avevo capito, mò ho capito chi e Martelli, ahhahhah...grande
RispondiEliminafilm sbalorditivo, recensione pure, cavolo si può dire ancora?
RispondiEliminaMartelli ciòò sò pur'io chi è, ahah! Io però vengo co' Er Gobbo, devo da richiamà lo spirito der canaro pe' famme sistemà du cosucce...
Finalmente una bella (e per niente ipocrita) recensione di un capolavoro!!!
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