“Il Giudice e la minorenne” è l'ultimo film che affronteremo in questa piccola e doverosa rassegna dedicata alla carriera cinematografica del grande Mino, in questo caso non attore ma solamente compositore della bella colonna sonora, assieme al fido fratello Franco.
Unico film diretto da Franco Nucci, è una stravagante e velleitaria commistione dei diversi filoni del cinema popolare italiano, che in quel periodo stavano riscuotendo notevole successo: ondivagando senza un baricentro preciso tra il poliziesco, l'erotico-drammatico coniugato all'elemento maladolescenza, quindi falsamente moralista, solamente pruriginoso e scollacciato, e persino lambeggiando il thriller politico-terroristico sempre in voga in quegli anni. Era anche un film molto raro fino ai recenti e recentissimi passaggi tv su Italia7 Gold, in una buona copia ma purtroppo dal formato molto scannato, anch'esso come “Tara Pokì” esistendo prima solamente in una vhs australiana in lingua italiana.
Chris Avram, il noto attore di origine rumena del B-bis italico anni '70, interpreta un giudice di mezza età, il dott. Serra, il quale dai suoi soliti casi è chiamato a doversi occupare di un fascicolo apparentemente semplice in realtà scottante, riguardante un presunto caso di violenza carnale ai danni di una ragazzina. Piero Mazzarella, irresistibile e bravissimo come sempre, interpreta il sagace idraulico Mariani, il presunto colpevole. Il quale però si difende, accusando la minorenne di avere fatto di tutto per provocarlo, adescandolo in cambio di 100'000£ -che neppure gli darà, è pur sempre un idraulico-. In effetti, ella è già una bella e impudente mignotta, che sfruttata dalla madre vedova, procura a marchette i soldi che mancano in casa dalla morte del padre. La quale ragazza, conferma però l'accusa di essere stata violentata. Da qui in avanti il film vorrebbe diventare anche una generica inchiesta sulla diffusa immoralità del mondo d'oggi, soprattutto tra le minorenni. Distaccandosi da quelle che possono sembrare le coordinate di un genere preciso, ma non riuscendovi fino in fondo perchè troppo didascalico e semplicistico in troppi passaggi, senza apparente capo né coda in altri, costruiti sbrigativamente e buttati lì. In quanto alla diffusione di quest'immoralità in un mondo di cui non aveva conoscenza, il giudice Serra avrà modo di averne esperienza in prima persona, allorquando diverse sedicenni lo troveranno inspiegabilmente irresistibile : dalla compagna di banco di sua figlia Mirella, la quale sarebbe subito disponibile, dopo essersi scoperta voluttuosamente le gambe mentre è intenta a studiare nella poltrona del suo salotto, fino alla sedicente giovane vittima dell'idraulico, vera seduttrice per bisogno.
Ma questo non è tutto, una disillusione decisiva gliela dà proprio la molto ambigua figlia Mirella, la quale lei no, non fa proprio la zoccola ma sarebbe addirittura una giovane estremista facente parte di un'organizzazione eversiva, e partecipando seppur indirettamente anche ad un pestaggio di giovani fascisti. Alla fine, il prevedibile colpo di grazia ad un già periclitante equilibrio personale, glielo dà la moglie perchè il nostro giudice ovviamente ha pure le corna, infatti è sposato con Laura che però non chiava più come una volta, ed essendo lei una gran topona interpretata dalla nota super passerona spagnola Susan Scott/Nieves Navarro, ella “con tanto rammarico” lo tradisce. Indovinate con chi? Ma con un giovane pilota di linea aerea, con tanto di Citroen DS color argento, interpretato da un'esordiente Teo Teocoli, curiosamente chiamato “Theo”. Che bisogna dire, da ragazzo pareva un bel pischello super pugliese e dai peli nel naso perfettamente pettinati(chissà come si vedrebbero bene se questo film fosse mai riversato in HD!), certo meglio del nostro giudice Serra-Chris Avram, dai capelli Rockabilly alla Tony Renis. Sorpresi insieme nella suddetta DS argento, Serra da un costone sovrastante si scaraventa assurdamente con la propria macchina contro la loro, provocando tre morti nel rogo conseguente delle auto. Qualcuno ha trovato questo finale anche coerente con il tono drammatico e gravemente negativo del protagonista.
A me però è dispiaciuto tanto solamente per la DS.
Eh sì, non c'è più morale in questo mondo dell'irresistibile 1974, il protagonista giudice dovrebbe appunto mantenerci in sintonia con la visione di questo tramonto generale dei valori, quale ci troviamo ad assistere, per non dire della giustizia, mai apparentemente limpida nella sua applicazione. A parte il suo suicidio, era chiaro che il protagonista era un uomo comunque vicino a quel che si chiama il famoso “punto di rottura”, così moralista ma attratto e cedevole verso le sedicenni che lo attorniano nel film, compresa senza suggerire, forse la figlia. L'incarico sarà la classica miccia che lo farà deflagrare.
Ciò è forse esplicato già nella prima sequenza la quale fa il paio con l'ultima, che si conclude sempre con un incidente d'auto. Come quello in cui viene coinvolto il nostro giudice all'inizio, quando viene speronato in pieno ad un incrocio dalla macchina di alcuni banditi, in fuga dopo una rapina in banca. Prontamente arrestati.
Purtroppo, soprattutto il finale ma anche i diversi svolgimenti della trama sono quanto mai inverosimili, se non proprio esagerati, eccessivi. Il finale sarà stato pensato da Nucci sicuramente come liberatorio, e catarticamente ricco di pathos, ma così com'è è solamente molto insensato, ridicolo, non stando né in cielo né in terra.
E' un po' il classico film scandalistico con una punta di accennata violenza, senza sfumature e ad uso e consumo di un pubblico da “maggioranza silenziosa” di quegli anni, moralista per l'assunto allarmisticamente inquietante e per certi enunciati declamatori, in verità con una scena di nudo dopo l'altra, con le giovani e poco vestite protagoniste a dire battute ammiccanti e maliziosette, in alcune sequenze di seduzione anche ben orchestrate e girate, non ridicole, ma avanzate tra un discorso moraleggiante e l'altro, seguito subito dopo da uno spogliarello. Certo, rispetto a quello che si vede oggi non è nulla di minimamente sorprendente, e anzi l'unico aspetto veramente spiazzante rispetto all'oggi potrebbe essere un certo fondo di maschilismo che pervade l'intero film, del tipo di “ne ho conosciute tante di mignotte, ma mai come le donne”. O lo sfruttamento realizzato anche con una certa perizia, dell'efficace descrizione di quanta spudoratezza e ambiguità avanzino queste giovani scostumate, anche se poi, successivi momenti piuttosto trascurati e caotici non mancano, facendo sì che il film non funzioni tutto a dovere.
Funziona abbastanza invece, la insolita per quei tempi struttura a flash-back, ma non gli sbrigativi accenni alle storture e ai malfunzionamenti della magistratura, troppo raffazzonati e semplicistici.
Chris Avram, attore solitamente bravino, e che conosciamo già anche da queste parti (almeno per il ruolo del commissario che viene come Calabresi ucciso in strada a Milano, all'inizio di “Milano trema: La Polizia vuole giustizia” (1974) di Sergio Martino), nel ruolo qui di protagonista è un po' monotono, ma forse a causa del ruolo che non lo convinceva fino in fondo, e come dargli torto. Susan Scott/Nieves Navarro, nei panni della moglie, era già nella fase discendente della carriera, con le bocce comunque splendidamente rifatte, che la porterà/nno di lì a pochi anni (1977) a diventare la sfacciata beniamina di tante rimembrate seghe settantesche, come nelle da lei interpretate scene semi-porno del supercult “Emanuelle e gli ultimi cannibali” der nostro D'Amato/Massacesi.
Ma meglio di tutti sono le tre lascive ninfette interpretate da Flora Saggese, Caterina [Ketty] Barbero, e la più famosa come i nocturniani ben conoscono, Antiniska Nemour, però la meno bbòna delle tre e già centralinista di quell'assurdo programma del Tortora lì, il Portobello. Le prime due in seguito sono state ben poco viste ed è un peccato, essendo coloro che danno maggiore senso e ricordo al film, a parte il come detto e per inciso, sempre splendido Piero Mazzarella. Ma lui si sa, è comunque un grande attore.
Parlando per appunto della colonna sonora firmata dai Reitano Brothers, molto ritmica e piena di percussioni nelle fasi più concitate, e in quelle in cui il protagonista viene assalito dallo sgretolarsi di tutto il suo mondo, fatto di false certezze. Bella ed efficace nei momenti più enfatici del film, come l'inizio e la fine al Cimitero Monumentale.
Come detto, il film non è brutto solo non completamente riuscito, ma è apprezzabile soprattutto per la curiosa singolarità con cui commistiona i vari generi e filoni, una certa amarezza e disincanto di fondo, assieme all'azione (come nell'abbastanza bello e ben girato inseguimento iniziale) e all'intento di denuncia moralistica del malaffare, la quale però funziona a corrente alternata, anche perchè sono troppo scoperte certe assurdità della trama quali la magistrato donna collega ed innamorata del giudice, che vorrebbe nascondere l'inchiesta sul gruppo eversivo perchè coinvolge sua figlia, e la forte componente cochòn del film.
In fondo, alla fine l'unica cosa che rimane del film a cui appigliarsi, peraltro irrisolto in molte altre cose, è che semplicisticamente le donne di oggi sarebbero tutte propositive ed offerenti sé stesse, fin dall'età nella quale dovrebbero essere ancora e soltanto delle bambine, come dirà difendendosi nell'interrogatorio, l'idraulico di mezza età, paccianesco-meneghino, Mariani/Piero Mazzarella.
E soprattutto dietro la promessa di soldi come le 100'000£ a lui chieste, che queste adolescenti solo di età e per bene solo di nomea, donne adulte di fatto, perlopiù di buona famiglia, non fanno altro che provocare gli uomini per delle sane trombate no-stop. Ma dove? Nella Milano anni '70 in cui è ambientato -anche bene- il film. Ma che appunto, è solo un film, per di più infarcito di approssimativi luoghi comuni maschilisti, da sempre molto in voga, in Italia.
Magari 'ste lolite fossero tutte “maiale”, ma purtroppo non è mai stato proprio così. O forse si profetizzava senza saperlo le ben più spregiudicate Papi-girl delle “notti di Arcore”,in cerca addirittura di un posto in Parlamento, o ne L'Isola dei famosi?
Fantastico il manifesto originale dell'epoca, con la “minorenne” inginocchiata a beba e con i piedi nudi, che di culo si prospetta dinanzi al “Giudice”, più che suggerendocela impegnata nell'eseguirli un pompino.
Napoleone Wilson
Mi hai fatto venire voglia di recuperarlo Napoleone...
RispondiEliminaGrazie Keoma. Li frame...?
RispondiEliminaCurioso che il finale del film sia stato girato in quella cava-cantiere (ancora c'erano degli spazi verdi e vuoti, a Milano) contorniata da campi verdi e palazzoni che si stagliano poco lontano, nella quale lo stesso anno venne girato il finale di un altro film ben più famoso, d'ambientazione meneghina.
"Milano trema: la polizia vuole giustizia", già citato nella rece. Quando il mitico Commissario Caneparo/Luc Merenda fa precipitare giù con l'auto (come qui) e dal medesimo dirupo, l'infame collega traditore impersonato da Silvano Tranquilli.
Napoleone, non sono ancora riuscito a vederlo, e la rece volevo uscisse...
RispondiEliminaMilano trema è davvero un grande capolavoro poliziesco fin dal nome del suo protagonista, Caneparo...
RispondiEliminaChe giornata veramente orrenda. Tra le peggiori, dal 1975.
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