mercoledì 6 giugno 2012

Un Bianco vestito per Marialè

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Scavolini
è certo noto internazionalmente principalmente come regista di “Nightmare in a Damaged Brain”, l'estremo slasher realizzato negli Stati Uniti nel 1981, da me qui precedentemente affrontato, il quale divenne una delle tante, celebri nella loro “infamità” "Video Nasties" nella Gran Bretagna degli anni '80. Molta meno attenzione è mai stata rivolta ai suoi precedenti film in Italia, i quali come ho avuto modo di dimostrare con “Cuore”, non sono certo privi di interesse. In particolare, proprio questo giallo dal forte spirito mortifero, “Un Bianco vestito per Marialè”, è da molti considerato -e anche da me- in assoluto il suo migliore lungometraggio, tra quelli “commerciali” . Un giallo-thriller dalla forte componente exploitativa per la gioia di ogni vero appassionato del filone.

La trama prende il via nel 1940,quando una bella donna vestita di bianco (la celeberrima icona del cinema italiano anni '70 Evelyn Stewart/Ida Galli) e il suo nudo amante (Gianni Dei, il celebre culetto ardente) hanno un segreto appuntamento scopereccio, in una suggestiva foresta. Purtroppo, gli amanti sono colti in flagrante dal geloso marito della donna, che spara ad entrambi, uccidendoli. Si rivolta poi l'arma contro se stesso, portando a compimento una triplice tragedia. Tutto questo è testimoniato dalla figlia della coppia sposata, Marialè, che urla e grida di terrore a ciò che accade davanti ai suoi occhi ...
Siamo adesso a trenta anni dopo, nel 1972. Marialè è diventata una bella donna (anche lei, interpretata da Evelyn Stewart) ed è sposata con Paolo Bellaria (Luigi Pistilli, non necessita di presentazioni), un ricco marchese. La coppia vive insieme in un grande castello, ma l'esistenza di Marialè è tutto fuorchè felice. Paolo la sta tenendo virtualmente prigioniera, rifiutandosi di farle lasciare la proprietà. Lui e l'inquietante maggiordomo, Osvaldo (Gengher Gatti), anche con la forza somministrano a Marialè dei sedativi per mantenerla più calma e collaborativa. Tutto questo è apparentemente fatto per proteggere Marialè in quanto mentalmente instabile.

Desiderosa di contatto con il mondo esterno, Marialè è però in grado di inviare segretamente dei telegrammi a un gruppo di vecchi amici, invitandoli a venire da lei per una festa nel castello di Paolo. E all'improvviso, sei persone raggiungono effettivamente la tenuta, sorprendendo un infastidito Paolo il quale non ha altra scelta che far entrare tutti. Gli ospiti sono costituiti da Massimo (Ivan Rassimov, il GRANDE), un bell'uomo simpatico, che è anche un vecchio, buon amico di Marialè, la bella e e civettuola Mercedes (Pilar Velazquez, spagnola, una delle attrici più belle ed arrapanti di tutto il cinema di genere europeo anni '70) e suo marito Sebastiano (Ezio Marano), pesante e di mezz'età, compreso pure Jo (Giancarlo Bonuglia), così come l'apparentemente dal temperamento indisponente Gustavo (Edilio Kim) e la sua bizzarra, sensibile fidanzata nera Semy (Shawn Robinson).
Ognuno è desideroso di esplorare il grande castello e il gruppo concludedunque finalmente la sua visita in cantina, dove si trovano alcuni vecchi e inquietanti manichini vestiti in costume d'epoca. Marialè trova un manichino vestito con lo stesso abito bianco, che la madre indossava quando fu uccisa tanti anni prima, e decide di volerlo indossare per la cena. Il resto degli ospiti si veste in costumi bizzarri e si trucca con un sacco di inquietante make-up sui volti. Non ci vuole molto tempo prima che la cena si orienti verso un orgia-trip fatta di acidi, di cibo, alcool, e di tanti scandalosi comportamenti. Alla fine, una delle ospiti viene trovata brutalmente assassinata e più vittime seguiranno in rapida successione... Scavolini avrebbe in seguito continuato a rifiutare interamente “Un Bianco vestito per Marialè”, ritenendolo come quasi tutti i suoi lungometraggi non “underground”, "Un film che merita solo di essere dimenticato", quando venne intervistato da Luca M. Palmerini e Gaetano Mistretta nel loro imprescindibile libro ''Spaghetti Nightmares'' nel 1994. Un giudizio molto duro del proprio lavoro e, francamente, la valutazione di Scavolini è molto ingiusta, anche se è vero che il suo film non sia proprio esente da difetti.

Il tutto ha un inizio molto promettente, con la sequenza pre- titoli di testa nella quale la povera Marialè bambina è testimone dell'uccisione della madre e del suo amante da parte del padre - molto classica nell'impianto da immaginario giallo, ma naturalmente molto bella. In contrasto al contenuto inquietante della scena vi è la bellezza lussureggiante dei dintorni, catturata eccellentemente dalla cinematografia di Scavolini, oltre ad essere accompagnata dall' indimenticabilmente bello tema principale della colonna sonora del film, composta dal bravissimo e sempre sottovalutato Fiorenzo Carpi, insieme a Bruno Nicolai, e non so se è abbastanza. Si tratta di un'apertura veramente eccezionale, ma impostando un livello così elevato già in questa fase iniziale, Scavolini si lancia una bella sfida su come continuare il film senza sentirsi deludente.
A dire il vero, non ci riuscirà pienamente. Certo, le scene introduttive che mostrano come Paolo mantenga prepotentemente Marialè prigioniera in casa propria sono ben gestite, e potenziano la domanda centrale: Paolo è un geloso tiranno che vuole il controllo totale della propria moglie, o sta davvero cercando di proteggere Marialè perché è lei ad essere la pazza? E' una buona premessa, ma, purtroppo, Scavolini perde un po' la presa sulla vicenda non appena tutti gli ospiti arrivano al castello. Una quantità incredibile di tempo è spesa nell'esplorazione del castello, nel vestirsi in costumi bizzarri e ad indulgere in un' orgia deformatamente felliniana, visto che siamo in tema, o nei folli comportamenti, tra altre orge di cibo, e balli nudi. Tutto questo è reso in sequenze anche impressionanti, ma non fa nulla per accrescere né arricchire davvero lo svolgimento la trama. Al contrario, il film si ferma di colpo e in alcuni momenti francamente scade un poco nella noia. Sotto tutto ciò vi è l' intrigante trama che riguarda Paolo e Marialè, ei suoi sentimenti verso il vecchio amico Massimo, ma è quasi dimenticata, mentre cose irrilevanti come la ragazza nera Semy che a volte si mette ad agire istericamente o balla in giro nuda, si prendono il centro della scena.

Piuttosto che distribuire le scene di omicidio nel corso del tempo di svolgimento del film, Scavolini trattiene le uccisioni fino a quasi un'ora dall'inizio. Dopo di che, le morti si accumulano molto rapidamente e il film torna finalmente ad essere interessante, in tempo per un finale eccellente, in cui il film trova il compimento del cerchio e risolve il suo mistero in un modo piuttosto ambiguo, rendendolo ancor più memorabile.
L'ottimo inizio e la fine di “Un Bianco vestito per Marialé” costituiscono quasi, ma non del tutto, il riscatto del film per la sua parte centrale piuttosto noiosa. La maggior parte della colpa per la metà del film non dovrebbe probabilmente essere attribuita che agli sceneggiatori, Giuseppe Mangione e Remigio Del Grosso, la cui trama perde completamente la messa a fuoco a favore di particolari irrilevanti. A suo merito, è Romano Scavolini a salvare come altre volte il film dal disastro, indirizzando queste scene in una maniera molto elegante. Scavolini è stato anche direttore della fotografia del film e ha impaginato il film con delle bellissime immagini, impiegando un sacco di inquadrature dense di atmosfera. Le sequenze di omicidio sono anch'esse piuttosto ben gestite, piuttosto brutali, e veloci. Il film è inoltre coadiuvato da una colonna sonora eccezionale e giustamente ben conosciuta dagli appassionati e dai veri cultori collezionisti, composta dallo scomparso Fiorenzo Carpi (con l'orchestra diretta dal più noto Bruno Nicolai. La partitura di Carpi è a dir poco eccellente e migliora davvero l'atmosfera e l'umore del film, in particolare l'indimenticabilmente bello tema principale, che è completato pur senza parole dalla splendida voce femminile dall'onnipresente Edda Dell'Orso.

Un Bianco vestito per Marialè” beneficia anche di un cast eccellente composto da alcuni degli interpreti più ricoradti, e ricorrenti nei thriller gialli italiani degli anni '70. La versatile e molto glamorous Evelyn Stewart (o Ida Galli, come detto il suo vero nome) potrebbe svolgere entrambi i ruoli di empatica o respingente con grande facilità ed è perfettamente calata nel ruolo della fragile Marialè. Dopo aver visto le sue interpretazioni nei ruoli di supporto, in film del calibro de “Il Dolce corpo di Deborah” (1968) di Romolo Guerrieri, “La Coda dello Scorpione” (1971) di Sergio Martino, e “Il Coltello di ghiaccio” (1972)di Umberto Lenzi, è meraviglioso vederla in un giallo dove ella è arrivata sino a svolgere il ruolo di primo piano. Luigi Pistilli è anche'esso ben in risalto come l'intimidatorio marito (una tipologia di personaggio che ha ritratto molto, in numerosi altri gialli del periodo), mentre il solitamente malvagio e sinistro Ivan Rassimov assume qui un ruolo più simpatico del solito. Gli attori di supporto sono lasciati con poco da fare, ma in generale svolgono bene il loro ristretto compito, in particolare Gengher Gatti dall'”ultra-weirdo” “Il Plenilunio delle vergini” (1973) di Luigi Batzella e chi sennò, e poi presente anche nel mezzo capolavoro zombesco “Non si deve profanare il sonno dei morti”(The Living Dead at Manchester Morgue/Let Sleeping Corpses Lie) (1974) di Jorge Grau, che sembra molto inquietante come il sospetto maggiordomo,Osvaldo, mentre un altro “regular” di Luigi Batzella, Edilio Kim, impersona l'egoista, collerico Gustavo, e Shawn Robinson attira l'attenzione e tira la fava come la sua eccentrica fidanzata, e bella ficona di colore.

Un Bianco vestito per Marialé”(da alcune fonti anche conosciuto come “Un Abito bianco per Marialè”) riemerse per la prima volta in paratica alla fine degli anni novanta, dopo essere stato condannato ad un lungo destino di relativa oscurità. Fortunatamente, grazie ad una vhs della sempre benemerita Shendene & Moizzi/Nocturno, e in una versione widescreen molto bella, con la quale tutti gli appassionati hanno potuto godere di questo film per troppo tempo dimenticato. E il quale, pur non essendo propriamente un giallo, ha talmente molti buoni momenti e un cast che offre un bel lavoro e un buon risultato, che lo hanno reso un must per gli appassionati di thriller italiani anni '70 a dispetto del suo atto centrale deludente.

Gianni Dei, nella sanguinosa e cruda sequenza iniziale del massacro dei due amanti, sorpreso, sfoggia un nudo frontale integrale, mostrandoci così per la prima volta la sua “mitica” fava, con la quale in tanti anni di frequentazioni del buon “generone” romano, si è guadagnato bene il “pane”, tra ricche e attempate signore dell'alta borghesia e dell'aristocrazia. Oltre che “fashion designer” grandi estimatori di frementi culetti maschili. In rete, si può leggere da diverse parti, egli è abbastanza ridicolizzato in quanto nella suddetta sequenza, colpito alle spalle, si premunisce di stramazzare a terra morto,prima coprendosi con la mano alla cinepresa il suddetto fallo d'oro.

Arduino Sacco, in seguito come Dudy Steel (celebre per le sue future produzioni hard-core) ha collaborato a questo film in qualità di aiuto regista.

Il vestito indossato da Marialè è una creazione di Angelo Litrico.

Girato nella villa dei Principi Borghese ad Artena, tra Roma e Latina.
Napoleone Wilson


3 commenti:

  1. All'epoca non mi piacque moltissimo, ma dovrei rivederlo... C'era un altro Scavolini che fece un film molto carino dal titolo "amore e morte nel giardino degli dei", lento, sepolcrale, ma con un certo fascino. Do Romano mi piacque a livello solo registico un film sul Vietnam, scritto malissimo e verboso, ma bello da vedere.

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  2. "Dog Tags-Il Collare della vergogna, lo trovi qua. Sì, registicamente, e per serietà di messa in scena ed ambientazioni, si mangia anche tutti i ben più ricordati viet-film di Margheriti.
    "Amore e morte[...]"lo doveva dirigere anch'esso Romano, ma invece fu soltanto prodotto dalla sua società, co-scritto, e diretto dal fratello. Registicamente comunque, Romano ha salvato -quasi- tutti i film che abbia firmato, sconciati, tagliati e rimontati o meno, da produttori/distributori, e censori. Uno su tutti, ovviamente il celebrato e non a torto, "Nightmare in a Damaged Brain".

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  3. P.S.: Maestoso manifesto pittorico postato da Roby. Da esposizione.

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