Era trascorso solo un anno dal famoso discorso di Nikita Krusciov al "XX Congresso del PCUS" dove disse: "Ci interessa sapere come il culto della persona di Stalin sia andato continuamente crescendo e sia divenuto, a un dato momento, fonte di tutta una serie di gravissime deviazioni dai principi del partito, dalla democrazia del partito e dalla legalità rivoluzionaria". Troppo poco tempo per poter dire che questo film, Russo come uno dei tanti meravigliosi romanzi dell'800 di quel paese, e quasi per nulla sovietico, poté uscire grazie a questa sorta di "nuovo corso". Fu quindi un'opera che non poté che suscitare stupore. Capolavoro d'immensa bellezza, per contenuti ed estetica.
Boris (Aleksej Balatov) e Vera (Tat'jana Samojlova) sono giovani e innamoratissimi, a Mosca. Quando l'Unione Sovietica viene attaccata, nel 1941, Boris parte volontario contro i tedeschi e non farà più ritorno. Vera a lungo coltiverà il sogno di rivederlo, anche negando le testimonianze di reduci, anche se nel frattempo si è unita in un infelice matrimonio col fratello di Boris il quale invece, si capirà alla fine, ha evitato la chiamata alle armi corrompendo funzionari di partito. Solo il ritorno dal fronte al termine della guerra di tutte le truppe, unico e riconoscibile momento (è comprensibile) di patriottismo del film, non lascerà più speranze a Vera... ma le gru voleranno alte a indicare l'inizio della nuova primavera.
Un film romantico, semplice, popolare, meravigliosamente girato con espedienti visivi, di montaggio e narrativi diretti, immediatamente percepibili e talmente netti che si poteva anche fare muto con le didascalie. Faccio qualche esempio narrando alcuni episodi.
All'inizio la macchina è spesso più bassa a riprendere i 2 innamorati, in un paesaggio urbano luminoso dove non compare nessun altro, con un montaggio rapido ma non frenetico. Chiarissimo no? L'amore innalza i protagonisti e lo puoi ammirare solo a testa in su; quando c'è quella condizione vitale magica anche un luogo affollato diventa deserto, pieno solo del tuo sogno. Gli occhi dietro una finestra raccolgono luce e brillano.
Vera deve correre, deve cercare al più presto una cose, e c'è una sequenza frenetica, i fotogrammi sono tachicardici, la ragazza sembra correre più del treno che affianca.
La guerra entra nelle vite anzitutto quando chi si ama parte per combattere. Se poi quella perdita diventa opportunità per altri di approfittarsi di te ancora peggio. Gli stessi luoghi percorsi con Boris perdono luce quando percorsi con l'opportunista fratello, e diventano più grigi, si addobbano di cavalli di frisia e ci si cammina con palpebre basse, in sequenze lente.
Può brillare anche l'occhio di un giovane appena colpito a morte? Sì se nei suoi ultimi istanti sogna la vita che poteva essere insieme all'amata, lo scendere le scale con lei avvolta nei veli di un abito bianco etereo. C'è una delicatissima sovrapposizione d'immagini, una straordinaria musica (come in tutto il film) e l'effetto melò è irresistibile.
Nero con tracce di bianco trancianti nella potente scena del bombardamento, di notte, quando Vera cederà alla corte del fratello di Boris. Un bacio che non si dovrà vedere, coperto dalle tende, e un camminare sui vetri trasmetterà tutto lo scricchiolare di una situazione torbida.
Ce ne sono tante, ma proprio tante di scene che meriterebbero ognuna una descrizione approfondita. In un bianco e nero sempre stupendo si ammira, nella trama, un uso della macchina da presa che per i tempi penso di poter dire fosse veramente funambolico, senza per questo risultare autocompiacente. Questa continua variabilità rende poi il film molto vivo, mantenendo sempre su alti livelli la soglia d'attenzione.
Dentro questo trionfo estetico ci sono, come dicevo, contenuti che non ti aspetti da un film sovietico di quell'epoca. Anzitutto l'alto tasso di romanticismo con l'Amore elevato a grande valore e aspirazione umana. Corollario: massima attenzione per i singoli individui, pur all'interno di una situazione storica di collettiva mobilitazione. L'abito bianco della sposa è un'altra cosa che mi ha stupito, e anche se non conosco bene le tradizioni russe "laiche" è un evidente simbolo religioso di purezza virginale, penso universalmente riconosciuto. Ancora, la rappresentazione di "debolezze", come quelle dei feriti degenti (curati da Vera come infermiera e dal suocero come medico) che si lasciano andare a lamentele egoistiche, così anche la figura del fratello di Boris e di chi l'ha aiutato a non partire, pessimo esempio di imboscati pavidi e di funzionari corrotti.
Palma d'oro al Festival di Cannes nel 1958.
Visione da non perdere.
Curiosità: Il titolo italiano è una traduzione letterale di quello francese. Il titolo russo si traduce in "Volano le gru" ma in Francia la parola "gru" ha assonanza con quella che indica le prostitute, e per questo la tramutarono in "cicogna". Poco male, la cicogna da noi è uccello più comune, si perde "fedeltà" ma non il senso.
Robydick
Eccellente Kalatozov. Bello anche "La Tenda rossa"('70), sua prima importante coproduzione, e prima coproduzione interamente italo-sovietica della Vides di Cristaldi, sulla disgraziata vicenda del Dirigibile Italia.Con Peter Finch/Umberto Nobile e Sean Connery/Comandante Amundsen. Ovviamente, c'è imbuzzata pure la Cardinale.
RispondiElimina"Quando volano le cicogne" ce l'ho pure nel dvd General Video uscito ca. 10 anni fa.
Ti consiglio "Viburno rosso"('74)di Vitali Schuskijn
grazie dei consigli caro Napoleone, li vedrò sicuramente!
RispondiEliminaNon l'ho visto ma direi decisamente ottimo!
RispondiEliminaguardalo Ernest, è veramente una meraviglia di film
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