Milena (bravissima Theresa Russell!) è una donna libera e disinibita, ha una storia indefinibile con un cecoslovacco ma vive a Vienna. Il dottor Alex Linden (sorprendente Art Garfunkel), americano, insegna psicanalisi all'università della stessa città.
Tra i 2 nasce un amore passionale da parte di Milena ed estremamente mentale da parte dell'algido, controllatissimo Alex. Una storia d'amore nella quale la lotta tra la libertà di Milena e la possessività porterà ad un epilogo assolutamente imprevedibile...
Quello che anzitutto vediamo è Milena che lotta con la morte in una sala di rianimazione. S'è impasticcata, un tentativo di suicidio sotto ogni aspetto. Piccoli dettagli però non quadrano, a cominciare dall'insofferenza di Alex durante la scrittura del verbale che supera le eventuali particolarità possibili caratterialmente. Un ispettore della polizia austriaca (un mio mito, Harvey Keitel, super come sempre!) comincia ad interrogare a lungo Alex, che appare impenetrabile tranne quando messo di fronte ad alcune illogicità: certe "tempistiche" non si spiegano. Lentamente, con continui flashback, pure nidificati, assistiamo al nascere ed evolversi della complicata storia d'amore. Il finale in ospedale come risultato che viene proposto in incipit indica il finale reale che poi si vedrà, ovvero Il Perché una donna giovane e bella, per quanto depressa e compulsiva, possa aver fatto un gesto simile.
I quadri di Klimt con pretesti ricorrono spesso ed è tutto il film ad essere tracciato "artisticamente" con linee nette e ritratti sfumati ed indefiniti, linee come i confini dell'incompatibilità reciproca che i due amanti cercano di superare. Milena cerca un amore spontaneo ed immediato, Alex cerca un rapporto di coppia stabile. Milena chiede un amore che sappia cogliere il momento senza diventare esclusività e senza alcun pregiudizio, Alex invece indaga su di lei e sul suo passato e considera anche le cose non dette delle bugie. E' una spirale dalla quale entrano ed escono: si attraggono e respingono in continuazione, non c'è soluzione.
La possessività maschile alla quale il pur acculturato e cerebrale Alex è soggetto ha dell'irrazionale. La donna allegra e piena di vita affascina, ammalia, esserne ricambiati è appagante, poi però se ne ha paura, la si vuole solo per sé, non si riesce a dargli fiducia, da qui l'incoerenza: se ingabbiata non potrebbe essere più la stessa.
Molto belle le musiche di grandi autori. Cito solo Koln Concert di Keith Jarrett, che accompagna due dei momenti più struggenti.
A mio parere è un film imperdibile! Mi ha colpito molto.
Recensioni di Film, SerieTV e Teatro di ogni genere, epoca e nazione
venerdì 30 aprile 2010
giovedì 29 aprile 2010
B13 - Banlieue 13
Nel 2010 a Parigi la Banlieu 13 per eccesso di criminalità viene chiusa da un alto muro di cinta. E' una zona socialmente franca, priva di ogni servizio compreso quello di polizia che si ferma nei posti di blocco ai punti d'ingresso.
Leito è un civile ma combatte la banda dominante, che per ricattarlo rapisce sua sorella.
La libera e consegna il capo banda alla polizia che invece d'arrestarlo arresta Leito e lo libera consegnandoli persino la sorella.
Demian invece è un agente speciale, che viene incaricato di andare in B13 per recuperare una bomba devastante che è stata rubata è portata lì. Si farà aiutare da Leito, condividendo lo scopo di combattere la banda anche se con obiettivi diversi...
Il finale conterrà persino un duro messaggio sociale, ma siamo di fronte ad uno spettacolare film d'azione che si poggia su due grandissimi stuntman qua attori in prima persona, nemmeno troppo male visto le parti che devono interpretare.
Leito è interpretato dall'inventore e fondatore del Parkour, il traceur (così si chiamano i praticanti) David Belle, una sorta di sport di acrobazia urbana estremamente spettacolare. Sarà protagonista subito in apertura di una scena d'inseguimento tra i palazzi ubriacante e garantisco che non c'è né trucco né inganno.
Demian è invece Cyril Raffaelli, anch'egli traceur di livello molto alto, esperto d'arti marziali ed amico anche nella vita di Belle.
La storia è finzione, il sangue certamente pure, ma le scene eccezionali d'azione interpretate dai 2 protagonisti no, e in questo risiede la quasi eccezionalità di questo film! Bisogna tornare ai tempi di Bruce Lee per trovare interpreti di pari capacità fisiche ed acrobatiche.
Ogni tanto un film di svago ci vuole. L'ho apprezzato molto e sicuramente non mi perderò il sequel "Banlieu 13 Ultimatum" appena uscito.
Leito è un civile ma combatte la banda dominante, che per ricattarlo rapisce sua sorella.
La libera e consegna il capo banda alla polizia che invece d'arrestarlo arresta Leito e lo libera consegnandoli persino la sorella.
Demian invece è un agente speciale, che viene incaricato di andare in B13 per recuperare una bomba devastante che è stata rubata è portata lì. Si farà aiutare da Leito, condividendo lo scopo di combattere la banda anche se con obiettivi diversi...
Il finale conterrà persino un duro messaggio sociale, ma siamo di fronte ad uno spettacolare film d'azione che si poggia su due grandissimi stuntman qua attori in prima persona, nemmeno troppo male visto le parti che devono interpretare.
Leito è interpretato dall'inventore e fondatore del Parkour, il traceur (così si chiamano i praticanti) David Belle, una sorta di sport di acrobazia urbana estremamente spettacolare. Sarà protagonista subito in apertura di una scena d'inseguimento tra i palazzi ubriacante e garantisco che non c'è né trucco né inganno.
Demian è invece Cyril Raffaelli, anch'egli traceur di livello molto alto, esperto d'arti marziali ed amico anche nella vita di Belle.
La storia è finzione, il sangue certamente pure, ma le scene eccezionali d'azione interpretate dai 2 protagonisti no, e in questo risiede la quasi eccezionalità di questo film! Bisogna tornare ai tempi di Bruce Lee per trovare interpreti di pari capacità fisiche ed acrobatiche.
Ogni tanto un film di svago ci vuole. L'ho apprezzato molto e sicuramente non mi perderò il sequel "Banlieu 13 Ultimatum" appena uscito.
mercoledì 28 aprile 2010
Nord
Jomar ha alle spalle un rapporto di coppia fallito, dal quale, e lo scopre proprio tramite il nuovo compagno della ex compagna, ha avuto un figlio che non ha mai visto.
In un periodo in cui è succube di un esaurimento nervoso, Jomar, custode di una piccola stazione sciistica dove vive come un eremita, dà casualmente fuoco al suo rifugio, provvede alle necessarie provviste di alcol, sigarette ed antidepressivi, e parte in sella ad una motoslitta per un viaggio di oltre 800 km sui paesaggi innevati e le terre imbiancate infinite della Norvegia. Il primo ostacolo sarà un tunnel asfaltato da percorrere coi cingoli, solo il primo di una serie di momenti esilaranti che intramezzano il suo dramma esistenziale...
Un off-road movie (fuoristrada, non strada) particolare, con ritmo lento e serafico, un viaggio che pare non poter aver fine ma una fine l'avrà, bella e non ben definita.
Un viaggio a tappe, intervallate da costruzioni che sembrano isole nel deserto di neve ed alberi dove è necessario fermarsi un attimo a riposarsi. Jomar incontrerà diversi personaggi che simbolicamente rappresentano la solitudine di quei luoghi, soprattutto il tipo di mentalità e personalità che quel tipo di vita può sviluppare. Tutto in realtà è metafora di una vita.
Un piccolo e grazioso film, divertente e rilassante, che incuriosisce.
In un periodo in cui è succube di un esaurimento nervoso, Jomar, custode di una piccola stazione sciistica dove vive come un eremita, dà casualmente fuoco al suo rifugio, provvede alle necessarie provviste di alcol, sigarette ed antidepressivi, e parte in sella ad una motoslitta per un viaggio di oltre 800 km sui paesaggi innevati e le terre imbiancate infinite della Norvegia. Il primo ostacolo sarà un tunnel asfaltato da percorrere coi cingoli, solo il primo di una serie di momenti esilaranti che intramezzano il suo dramma esistenziale...
Un off-road movie (fuoristrada, non strada) particolare, con ritmo lento e serafico, un viaggio che pare non poter aver fine ma una fine l'avrà, bella e non ben definita.
Un viaggio a tappe, intervallate da costruzioni che sembrano isole nel deserto di neve ed alberi dove è necessario fermarsi un attimo a riposarsi. Jomar incontrerà diversi personaggi che simbolicamente rappresentano la solitudine di quei luoghi, soprattutto il tipo di mentalità e personalità che quel tipo di vita può sviluppare. Tutto in realtà è metafora di una vita.
Un piccolo e grazioso film, divertente e rilassante, che incuriosisce.
martedì 27 aprile 2010
Accident
La Mente è il leader di un piccolo gruppo criminale che organizza incidenti apparentemente casuali, in realtà pianificati ed organizzati con millimetrica precisione. Sono omicidi spettacolari, ancora di più se si pensa alla caotica Hong Kong in cui avvengono e dove organizzare quel puzzle di eventi sembra impossibile.
Fila tutto liscio fino a quando un membro della banda, proprio durante un'azione, diventa lui stesso vittima di un rovinoso incidente causato da un pullman. Contestualmente l'appartamento della Mente viene svaligiato, la cassaforte piena dei soldi dei colpi effettuati svuotata. Immediatamente la Mente pensa di essere vittima di tradimenti da parte degli altri membri della banda, in accordo con un assicuratore. E' l'inizio di un delirio, di nessuno più ci si può fidare...
E' una trama che dopo l'incidente del pullman diventa decisamente complessa. La Mente vive il presente e continua a rivivere il passato come in una costante allucinazione, le relazioni fra gli eventi diventano complesse. Non è nemmeno del tutto chiaro se il presunto complotto ai suoi danni è reale o, come penso, immaginario.
Un bel thriller, da godere.
Non siamo ai livelli stratosferici di "Dog Bite Dog", film incredibile, ma Soi Cheang, qui prodotto da un certo Johnnie To, si conferma regista geniale.
Fila tutto liscio fino a quando un membro della banda, proprio durante un'azione, diventa lui stesso vittima di un rovinoso incidente causato da un pullman. Contestualmente l'appartamento della Mente viene svaligiato, la cassaforte piena dei soldi dei colpi effettuati svuotata. Immediatamente la Mente pensa di essere vittima di tradimenti da parte degli altri membri della banda, in accordo con un assicuratore. E' l'inizio di un delirio, di nessuno più ci si può fidare...
E' una trama che dopo l'incidente del pullman diventa decisamente complessa. La Mente vive il presente e continua a rivivere il passato come in una costante allucinazione, le relazioni fra gli eventi diventano complesse. Non è nemmeno del tutto chiaro se il presunto complotto ai suoi danni è reale o, come penso, immaginario.
Un bel thriller, da godere.
Non siamo ai livelli stratosferici di "Dog Bite Dog", film incredibile, ma Soi Cheang, qui prodotto da un certo Johnnie To, si conferma regista geniale.
lunedì 26 aprile 2010
American Splendor
Film biografico semi-documentaristico dedicato ad Harvey Peckar, autore della collana American Splendor di grande successo negli Stati Uniti.
Peakar, grandissimo appassionato e collezionista di fumetti underground e di musica in particolare jazz e blues, di mestiere è archivista all'ospedale di Cleveland. Solo, con 2 matrimoni fallimentari alle spalle, rimane con l'ossessione per le sue collezioni ed una situazione personale trasandata, perennemente distratta, disillusa in tutto. Poi un giorno coglie l'ispirazione per scrivere un fumetto sulla sua stessa vita. Non disegna, scrive solo i testi su immagini stilizzate e poi li dà ad un amico fumettista da illustrare. Riscuotono da subito un discreto successo, non sufficiente a dargli da vivere però abbastanza da renderlo noto.
Le sue storie hanno una caratteristica inedita: sono reali, privi di personaggi di fantasia. La biografia del quotidiano di un uomo privo di qualunque forma di successo che il Sogno Americano possa far immaginare, lo stesso titolo è estremamente ironico. Tutti gli amici, colleghi e conoscenti di Peakar si ritroveranno illustrati e nessuno di loro sentendosi maltrattato. Peakar ha curiose osservazioni sui fatti più banali, cose scontate ma espresse con un senso d'ironia e sarcasmo inoffensivo quanto divertente! L'Uomo Comune, circondato dal meglio/peggio degli Uomini Comuni, diventa una star del fumetto. E anche della tv. Littermann dopo un prima esilarante intervista lo invita regolarmente al suo famoso show e lui ci va, per fare qualche soldo ed anche pubblicità ai suoi fumetti, reggendo per un po' di tempo fino a quando sbroccherà in diretta tutto il suo astio per lo star-system televisivo, per il capitalismo selvaggio, per il servaggio di media e di uomini dello spettacolo: lui disprezza tutto ciò.
Una vita dedicata ad un fumetto dedicato a sé, un film dedicato al fumetto e quindi al personaggio, il film raccontato a striscie come un fumetto nel quale a rappresentare l'autore c'è un attore (bravissimo Paul Giamatti) e l'autore stesso che si racconta intervistato o come voce fuori campo o con immagini reali come quelle divertentissime del Littermann Show. Una matrioska a più livelli.
E' una storia estremamente discreta che è anche un ritratto della vita di "provincia" americana di quegli anni, tra i 60 ed i 90. Mai retorica, nemmeno quando racconta del cancro che colpì Peakar o dell'adozione, momenti molto commoventi ma raccontati col disincanto e la discrezione che accompagnano la vita del protagonista ed anche della sua compagna di vita, Joyce Brabner, che grande importanza ha avuto. Tanta splendida musica attinta dalla collezione di Peakar accompagna perfettamente il tutto.
Film adorabile per tanti aspetti, personalmente è tra i miei cult, mi sono divertito molto ed ho ammirato l'umiltà e la capacità di Peakar di riuscire a fare, alla fine, quello che desiderava restando sempre sé stesso.
Assolutamente da vedere!
Peakar, grandissimo appassionato e collezionista di fumetti underground e di musica in particolare jazz e blues, di mestiere è archivista all'ospedale di Cleveland. Solo, con 2 matrimoni fallimentari alle spalle, rimane con l'ossessione per le sue collezioni ed una situazione personale trasandata, perennemente distratta, disillusa in tutto. Poi un giorno coglie l'ispirazione per scrivere un fumetto sulla sua stessa vita. Non disegna, scrive solo i testi su immagini stilizzate e poi li dà ad un amico fumettista da illustrare. Riscuotono da subito un discreto successo, non sufficiente a dargli da vivere però abbastanza da renderlo noto.
Le sue storie hanno una caratteristica inedita: sono reali, privi di personaggi di fantasia. La biografia del quotidiano di un uomo privo di qualunque forma di successo che il Sogno Americano possa far immaginare, lo stesso titolo è estremamente ironico. Tutti gli amici, colleghi e conoscenti di Peakar si ritroveranno illustrati e nessuno di loro sentendosi maltrattato. Peakar ha curiose osservazioni sui fatti più banali, cose scontate ma espresse con un senso d'ironia e sarcasmo inoffensivo quanto divertente! L'Uomo Comune, circondato dal meglio/peggio degli Uomini Comuni, diventa una star del fumetto. E anche della tv. Littermann dopo un prima esilarante intervista lo invita regolarmente al suo famoso show e lui ci va, per fare qualche soldo ed anche pubblicità ai suoi fumetti, reggendo per un po' di tempo fino a quando sbroccherà in diretta tutto il suo astio per lo star-system televisivo, per il capitalismo selvaggio, per il servaggio di media e di uomini dello spettacolo: lui disprezza tutto ciò.
Una vita dedicata ad un fumetto dedicato a sé, un film dedicato al fumetto e quindi al personaggio, il film raccontato a striscie come un fumetto nel quale a rappresentare l'autore c'è un attore (bravissimo Paul Giamatti) e l'autore stesso che si racconta intervistato o come voce fuori campo o con immagini reali come quelle divertentissime del Littermann Show. Una matrioska a più livelli.
E' una storia estremamente discreta che è anche un ritratto della vita di "provincia" americana di quegli anni, tra i 60 ed i 90. Mai retorica, nemmeno quando racconta del cancro che colpì Peakar o dell'adozione, momenti molto commoventi ma raccontati col disincanto e la discrezione che accompagnano la vita del protagonista ed anche della sua compagna di vita, Joyce Brabner, che grande importanza ha avuto. Tanta splendida musica attinta dalla collezione di Peakar accompagna perfettamente il tutto.
Film adorabile per tanti aspetti, personalmente è tra i miei cult, mi sono divertito molto ed ho ammirato l'umiltà e la capacità di Peakar di riuscire a fare, alla fine, quello che desiderava restando sempre sé stesso.
Assolutamente da vedere!
domenica 25 aprile 2010
Aguirre, furore di Dio
Tratto dal diario del monaco Gaspar del Carvajal al suo seguito, narra di una spedizione spagnola nell'attuale Perù nel 1560, alla scoperta del mitico El Dorado, leggenda creata ad arte dagli indios. Alla guida Gonzalo Pizarro, fratello del noto e sanguinario conquistador Francisco Pizarro.
In una fantastica scena iniziale, prodromo di tregenda, vediamo la carovana scendere dalla cordigliera, in mezzo alle nubi e ad una foresta fittissima. La musica dei Popol Vuh che l'accompagna, come il resto del film, è ipnotica. Una discesa agli inferi.
Dopo pochi giorni Pizarro decide che non ci sono le condizioni per proseguire lungo la riva del fiume. E' necessario navigarlo (il fiume è l'Urubamba). Lo farà solo un gruppo ristretto di soldati comandati da Ursua, uomo della corte spagnola e suo vice un ufficiale, Aguirre.
Sarà un viaggio folle, senza speranza. Aguirre, un Klaus Kinski folle più che mai, ha uno sguardo sempre allucinato, è ambizioso e spietato. Appena Ursua mostrerà di voler tornare indietro lui s'opporrà, appoggiato dai soldati tutti desiderosi di ricchezza. Ursua sarà prigioniero, proclameranno un re fantoccio del nuovo "regno" nato indipendente dalla corte di Spagna. Il viaggio proseguirà in uno stillicidio di morti, su una zattera sempre al centro del fiume, costantemente seguita dagli indios quasi sempre invisibili...
Film girato a basso costo, sui luoghi reali del racconto e con non poche difficoltà, qualche recitazione un po' così. Ha però un fascino ed un pathos, grazie alla splendida fotografia, a Kinski ed alle musiche già citate davvero unico! La morte sempre presente rende tutto il viaggio di questi "naufraghi" del fiume come sospeso in bilico tra la vita e l'inferno, una sensazione quasi palpabile. Aguirre è il prodotto massimo del delirio causato dalla sete di potere insaziabile se non con la continua conquista.
Fa riflettere. Quanto accaduto 5 secoli fa non è completamente diverso da quanto accade ancora oggi, cambiano solo i mezzi e soprattutto le apparenze.
Assolutamente da vedere.
In una fantastica scena iniziale, prodromo di tregenda, vediamo la carovana scendere dalla cordigliera, in mezzo alle nubi e ad una foresta fittissima. La musica dei Popol Vuh che l'accompagna, come il resto del film, è ipnotica. Una discesa agli inferi.
Dopo pochi giorni Pizarro decide che non ci sono le condizioni per proseguire lungo la riva del fiume. E' necessario navigarlo (il fiume è l'Urubamba). Lo farà solo un gruppo ristretto di soldati comandati da Ursua, uomo della corte spagnola e suo vice un ufficiale, Aguirre.
Sarà un viaggio folle, senza speranza. Aguirre, un Klaus Kinski folle più che mai, ha uno sguardo sempre allucinato, è ambizioso e spietato. Appena Ursua mostrerà di voler tornare indietro lui s'opporrà, appoggiato dai soldati tutti desiderosi di ricchezza. Ursua sarà prigioniero, proclameranno un re fantoccio del nuovo "regno" nato indipendente dalla corte di Spagna. Il viaggio proseguirà in uno stillicidio di morti, su una zattera sempre al centro del fiume, costantemente seguita dagli indios quasi sempre invisibili...
Film girato a basso costo, sui luoghi reali del racconto e con non poche difficoltà, qualche recitazione un po' così. Ha però un fascino ed un pathos, grazie alla splendida fotografia, a Kinski ed alle musiche già citate davvero unico! La morte sempre presente rende tutto il viaggio di questi "naufraghi" del fiume come sospeso in bilico tra la vita e l'inferno, una sensazione quasi palpabile. Aguirre è il prodotto massimo del delirio causato dalla sete di potere insaziabile se non con la continua conquista.
Fa riflettere. Quanto accaduto 5 secoli fa non è completamente diverso da quanto accade ancora oggi, cambiano solo i mezzi e soprattutto le apparenze.
Assolutamente da vedere.
sabato 24 aprile 2010
Ostrov - L'Isola
Ho avuto un approccio diffidente, lo ammetto. Poi il film mi ha sorpreso subito con una scena d'azione, forte ed inattesa. Nel 1942 in Russia un peschereccio viene assalito da una motovedetta tedesca. Un giovane marinaio si vede promessa salva la vita ma deve sparare al suo comandante, e lo fa. Il comandante cade in mare. I tedeschi vanno via, lo lasciano sulla barca, che hanno riempito però d'esplosivo. Incredibilmente il ragazzo si salverà, raccolto dai monaci di un piccolo isolotto della baia.
Passano oltre 30anni e lo ritroviamo ancora sull'isolotto. Vive nel monastero ortodosso, si occupa del carbone per la caldaia, dei lavori più umili. La sua umiltà applicata è anche ricca di un saggio sarcasmo col quale ironizza, quando ne ha occasione, sulle contraddizioni comportamentali degli altri preti rispetto a quanto dicono i testi sacri che lui conosce benissimo. Un piccolo folle che in realtà ha reso famoso il monastero.
Pellegrini da ogni dove si recano da lui, per incontrare Anatoli, in cerca di grazie, guarigioni, benedizioni. Lui si rifugia dietro al suo ruolo di addetto al carbone e parla di Anatoli come di un altro, ma è lui stesso. Non vuole apparire, non vuole seguaci, non vuole fama, ma vuole fare del bene con la forza della sua preghiera che sempre scuote e commuove chi gli è vicino o lo cerca. Una vita intera dedicata a Dio per espiare un peccato che non riesce a risolvere, in cerca di una redenzione necessaria prima di morire... finale eccezionale!
Con una fotografia ed un'ambientazione stupende, ed una interpretazione sentitissima di Petr Mamonov nella parte del santo Anatoli, assistiamo ad un percorso religioso intenso, coinvolgente, ammirevole persino da un ateo come me. Anatoli è simpatico, bizzarro, fa sempre sorridere ma poi piazza immancabilmente, con gesti o parole, stoccate fatali. Un personaggio che rompe gli schemi non con ribellioni ma con comportamenti che seguono solo e sempre l'insegnamento, mai l'organizzazione religiosa, mai le regole degli umani o gli schemi. Ha mente aperta e profonda, orecchie sempre disponibili, poi quando ha capito come stanno le cose decide con sicurezza non ostinata, la sola certezza è la fede non il metodo o la liturgia.
Dicevo della recitazione sentitissima. Petr Mamonov è un attore che non lavorava però da molto e da 10 anni è andato a vivere su un'isola da eremita con piglio molto religioso. Una scelta di vita. Quando Lungin lo ha chiamato, regista col quale aveva già lavorato, in prima istanza voleva rifiutare poi lo stesso prete del paesino dove vive lo ha spinto ad accettare. Quella che ne è venuta fuori è un'interpretazione leggendaria!
In un'intervista ha fatto un'affermazione, del suo lavoro insieme al regista, che voglio fissare: "... Uno degli appellativi del diavolo è il Separatore e quando gli uomini sono divisi su qualche cosa, ognuno pensando di possedere la verità, be’ entrambi hanno torto su ciò che li divide. E questo film, in questo lavoro non c’è questa separazione. C’è forse incertezza: ‘cosa abbiamo prodotto?’ ‘com’è il risultato?’ Ma non c’è insistenza, lo spettatore ha spazio per vagare. Mi capisce? E’ molto importante per un artista esprimere la sua posizione ma anche lasciare qualcosa da dire, di non chiudere, lasciare lo spazio allo spettatore, al lettore di modo che avanzi."
Non mi dilungo oltre. E' un film bellissimo che Deve essere visto, non lascia indifferenti.
Passano oltre 30anni e lo ritroviamo ancora sull'isolotto. Vive nel monastero ortodosso, si occupa del carbone per la caldaia, dei lavori più umili. La sua umiltà applicata è anche ricca di un saggio sarcasmo col quale ironizza, quando ne ha occasione, sulle contraddizioni comportamentali degli altri preti rispetto a quanto dicono i testi sacri che lui conosce benissimo. Un piccolo folle che in realtà ha reso famoso il monastero.
Pellegrini da ogni dove si recano da lui, per incontrare Anatoli, in cerca di grazie, guarigioni, benedizioni. Lui si rifugia dietro al suo ruolo di addetto al carbone e parla di Anatoli come di un altro, ma è lui stesso. Non vuole apparire, non vuole seguaci, non vuole fama, ma vuole fare del bene con la forza della sua preghiera che sempre scuote e commuove chi gli è vicino o lo cerca. Una vita intera dedicata a Dio per espiare un peccato che non riesce a risolvere, in cerca di una redenzione necessaria prima di morire... finale eccezionale!
Con una fotografia ed un'ambientazione stupende, ed una interpretazione sentitissima di Petr Mamonov nella parte del santo Anatoli, assistiamo ad un percorso religioso intenso, coinvolgente, ammirevole persino da un ateo come me. Anatoli è simpatico, bizzarro, fa sempre sorridere ma poi piazza immancabilmente, con gesti o parole, stoccate fatali. Un personaggio che rompe gli schemi non con ribellioni ma con comportamenti che seguono solo e sempre l'insegnamento, mai l'organizzazione religiosa, mai le regole degli umani o gli schemi. Ha mente aperta e profonda, orecchie sempre disponibili, poi quando ha capito come stanno le cose decide con sicurezza non ostinata, la sola certezza è la fede non il metodo o la liturgia.
Dicevo della recitazione sentitissima. Petr Mamonov è un attore che non lavorava però da molto e da 10 anni è andato a vivere su un'isola da eremita con piglio molto religioso. Una scelta di vita. Quando Lungin lo ha chiamato, regista col quale aveva già lavorato, in prima istanza voleva rifiutare poi lo stesso prete del paesino dove vive lo ha spinto ad accettare. Quella che ne è venuta fuori è un'interpretazione leggendaria!
In un'intervista ha fatto un'affermazione, del suo lavoro insieme al regista, che voglio fissare: "... Uno degli appellativi del diavolo è il Separatore e quando gli uomini sono divisi su qualche cosa, ognuno pensando di possedere la verità, be’ entrambi hanno torto su ciò che li divide. E questo film, in questo lavoro non c’è questa separazione. C’è forse incertezza: ‘cosa abbiamo prodotto?’ ‘com’è il risultato?’ Ma non c’è insistenza, lo spettatore ha spazio per vagare. Mi capisce? E’ molto importante per un artista esprimere la sua posizione ma anche lasciare qualcosa da dire, di non chiudere, lasciare lo spazio allo spettatore, al lettore di modo che avanzi."
Non mi dilungo oltre. E' un film bellissimo che Deve essere visto, non lascia indifferenti.
venerdì 23 aprile 2010
Le dernier combat
Film d'esordio del noto regista, una curiosa storia non parlata, il film cioè non è muto, si sentono i rumori e soprattutto del gran jazz-rock composto da Eric Serra che ricorda molto per l'uso del basso il mitico Pastorius dei Weather Report, ma non c'è alcun uso della parola, in nessuna forma, come se tutti i personaggi fossero muti.
Il pianeta post guerra nucleare è una landa desolata. Pochi gli uomini sopravvissuti, retrocessi ad uno stadio primordiale e peggio che selvaggio nel cercare di accaparrarsi le poche risorse disponibili...
Ultimamente ne ho visti parecchi di film sul post-atomico e questo francamente è quello che brilla meno in quanto a trama originale, a parte la modalità narrativa. Si vede sicuramente nelle poche scene d'azione vera il chiaro talento di Bresson nelle riprese.
Non cercherei particolari sottintesi significati in questo film, non facciamoci ingannare dall'espediente narrativo che rientra in un discorso puramente estetico.
Per nulla entusiasmante ma si può guardare.
Il pianeta post guerra nucleare è una landa desolata. Pochi gli uomini sopravvissuti, retrocessi ad uno stadio primordiale e peggio che selvaggio nel cercare di accaparrarsi le poche risorse disponibili...
Ultimamente ne ho visti parecchi di film sul post-atomico e questo francamente è quello che brilla meno in quanto a trama originale, a parte la modalità narrativa. Si vede sicuramente nelle poche scene d'azione vera il chiaro talento di Bresson nelle riprese.
Non cercherei particolari sottintesi significati in questo film, non facciamoci ingannare dall'espediente narrativo che rientra in un discorso puramente estetico.
Per nulla entusiasmante ma si può guardare.
giovedì 22 aprile 2010
Vargtimmen - L'ora del lupo
L'ora del lupo secondo una tradizione è quella che precede l'alba e nella quale si fanno anche i peggiori incubi. Il pittore Johan però da molto tempo quell'ora la vive da desto, e non per questo si fa mancare gli incubi, anzi da tempo vive di spettri ed allucinazioni anche in pieno giorno, da quando non riesce più a dormire se non qualche ora la mattina dopo aver trascorso la notte in piedi.
Da tempo si è trasferito a vivere su un'isola insieme alla compagna Alma e in un romitismo di coppia consuma una malattia della quale è cosciente ma non è chiaro se è fisica o mentale. A parte Alma mal sopporta la compagnia di chiunque e chiunque diventa un personaggio ai suoi occhi maligno e malevolo.
La bellissima locandina originale rispecchia un film intimo e cupo, un male di vivere endogeno e patogeno, che emerge progressivo e fatale come qualcosa covato da tempo. Quelle notti insonni sono incubi ad occhi aperti nei quali medita sul significato degli spettri che solo lui vede e tocca, coi quali interagisce nelle passeggiate solitarie in cerca di soggetti da ritrarre, e in questa autoanalisi ripercorre fatti anche della sua infanzia apparentemente insignificanti. Gli spettri vengono solo descritti dallo stesso pittore, mai rappresentati, e questo li rende persino più misteriosi, allegorici.
Ermetico e particolarissimo. A me è piaciuto da morire! Ma mi rendo conto che è per amatori, sia del genere che dello stesso regista. Il più difficile di quelli che ho visto di Bergman, il che è tutto dire. Avrei voluto fosse durato di più! Vivere nell'angoscia del pittore, nel terrore di Alma ormai consapevole di vivere isolata ed affianco ad uno squilibrato imprevedibile, con quella tecnica illustrativa che ti fa vedere quello che non si vede, è stato straordinario.
Se l'avessi visto senza titoli di testa e coda, e se non fosse stato interpretato da un cast che più bergmaniano non potrebbe essere (il superbo Max Von Sidow su tutti) l'avrei scambiato per un film di Linch.
Da tempo si è trasferito a vivere su un'isola insieme alla compagna Alma e in un romitismo di coppia consuma una malattia della quale è cosciente ma non è chiaro se è fisica o mentale. A parte Alma mal sopporta la compagnia di chiunque e chiunque diventa un personaggio ai suoi occhi maligno e malevolo.
La bellissima locandina originale rispecchia un film intimo e cupo, un male di vivere endogeno e patogeno, che emerge progressivo e fatale come qualcosa covato da tempo. Quelle notti insonni sono incubi ad occhi aperti nei quali medita sul significato degli spettri che solo lui vede e tocca, coi quali interagisce nelle passeggiate solitarie in cerca di soggetti da ritrarre, e in questa autoanalisi ripercorre fatti anche della sua infanzia apparentemente insignificanti. Gli spettri vengono solo descritti dallo stesso pittore, mai rappresentati, e questo li rende persino più misteriosi, allegorici.
Ermetico e particolarissimo. A me è piaciuto da morire! Ma mi rendo conto che è per amatori, sia del genere che dello stesso regista. Il più difficile di quelli che ho visto di Bergman, il che è tutto dire. Avrei voluto fosse durato di più! Vivere nell'angoscia del pittore, nel terrore di Alma ormai consapevole di vivere isolata ed affianco ad uno squilibrato imprevedibile, con quella tecnica illustrativa che ti fa vedere quello che non si vede, è stato straordinario.
Se l'avessi visto senza titoli di testa e coda, e se non fosse stato interpretato da un cast che più bergmaniano non potrebbe essere (il superbo Max Von Sidow su tutti) l'avrei scambiato per un film di Linch.
mercoledì 21 aprile 2010
Comizi d'amore
Film del progetto "100 Film italiani da salvare".
E' un film documentario molto noto, compare spesso nelle tv ma sempre e solo a spezzoni. Considerato il primo esempio di cinema "reale" in Italia. Desideravo da tempo vederlo interamente.
Pasolini, per preparare un film, decide di capire meglio cosa pensano gli italiani del sesso inteso proprio come piacere sessuale, del rapporto uomo-donna, dei diritti reciproci, se è giusto o meno il diritto al divorzio, se la legge merlin appena varata è giusta o meno. Per farlo effettua una serie di interviste dal nord al sud, dagli operai e operaie delle fabbriche alle casalinghe, contadini, studenti universitari, anche delle prostitute. Diviso per capitoli, intervista poi a riguardo dei risultati delle interviste degli intellettuali, come Moravia, Ungaretti, Fallaci.
Il film uscito nel 1965 (anno importante, è nato il sottoscritto!) è stato interamente realizzato tra il 63-64. Ne viene fuori anzitutto un splendido ritratto dell'Italia dell'epoca, poi le opinioni delle persone, così naturali e spontanee, sono a volte commoventi altre spiritose e divertenti, ma sempre e comunque vere. Tra le cose che fanno sorridere il fatto che alcuni, a volte, chiedono se hanno risposto correttamente, come se fosse un esame, ma l'abilità e l'apertura mentale di Pasolini li portano poi a dire la loro vera opinione.
Certo, molte cose da allora sono cambiate, sono passati solo 45 anni, ma altre no. Mi limito a 2 considerazioni, ma tantissime se ne potrebbero fare.
Le Donne erano molto più consapevoli ed evolute degli uomini, più moderne, a tutti i livelli sociali e culturali. Personalmente penso che anche oggi le cose stanno così.
La legge Merlin era disapprovata dalla maggior parte delle persone, già sicure che la prostituzione, fenomeno inevitabile, era più pulita, sicura e persino più economica nelle case di tolleranza. Pasolini, pur con domande insidiose, si dovette arrendere a questa cosa. Io la penso come loro, il popolo fu molto lungimirante, basta guardare cosa c'è in giro da quando la prostituzione è finita sulle strade.
Bellissimo. Grande Pasolini, tra i più importanti intellettuali italiani del '900.
Pasolini, per preparare un film, decide di capire meglio cosa pensano gli italiani del sesso inteso proprio come piacere sessuale, del rapporto uomo-donna, dei diritti reciproci, se è giusto o meno il diritto al divorzio, se la legge merlin appena varata è giusta o meno. Per farlo effettua una serie di interviste dal nord al sud, dagli operai e operaie delle fabbriche alle casalinghe, contadini, studenti universitari, anche delle prostitute. Diviso per capitoli, intervista poi a riguardo dei risultati delle interviste degli intellettuali, come Moravia, Ungaretti, Fallaci.
Il film uscito nel 1965 (anno importante, è nato il sottoscritto!) è stato interamente realizzato tra il 63-64. Ne viene fuori anzitutto un splendido ritratto dell'Italia dell'epoca, poi le opinioni delle persone, così naturali e spontanee, sono a volte commoventi altre spiritose e divertenti, ma sempre e comunque vere. Tra le cose che fanno sorridere il fatto che alcuni, a volte, chiedono se hanno risposto correttamente, come se fosse un esame, ma l'abilità e l'apertura mentale di Pasolini li portano poi a dire la loro vera opinione.
Certo, molte cose da allora sono cambiate, sono passati solo 45 anni, ma altre no. Mi limito a 2 considerazioni, ma tantissime se ne potrebbero fare.
Le Donne erano molto più consapevoli ed evolute degli uomini, più moderne, a tutti i livelli sociali e culturali. Personalmente penso che anche oggi le cose stanno così.
La legge Merlin era disapprovata dalla maggior parte delle persone, già sicure che la prostituzione, fenomeno inevitabile, era più pulita, sicura e persino più economica nelle case di tolleranza. Pasolini, pur con domande insidiose, si dovette arrendere a questa cosa. Io la penso come loro, il popolo fu molto lungimirante, basta guardare cosa c'è in giro da quando la prostituzione è finita sulle strade.
Bellissimo. Grande Pasolini, tra i più importanti intellettuali italiani del '900.
martedì 20 aprile 2010
Life of Brian - Brian di Nazareth
La sconosciuta vita parallela dell'ebreo Brian non riportata nei vangeli, nemmanco in quelli apocrifi, ma ripescata dal noto gruppo di ricerche religiose Monty Python e proposta al grande pubblico.
Figlio di una ebrea stuprata da un centurione romano e gran mignotta professionista, il nasuto Brian ha vita sostanzialmente identica e parallela, in ogni aspetto, solo che è laico, al più illustre Gesù. Dopo aver ascoltato da lontano, troppo lontano per sentire, una sua predica ed aver assistito ad una lapidazione dedicherà la sua vita alla liberazione dal giogo romano della Palestina in un gruppo terrorista, si farà insegnare il latino da un centurione, verrà condannato da un Ponzio Pilato con una "tevvibile evve avvotata", predicherà per necessità trovando involontariamente un gran seguito di fedeli, s'innamorerà di una maddalena rivoluzionaria.
Istruttivo, educativo, film da non perdere.
Dichiarazione di uno degli autori, Michael Palin:
"La cosa più significativa del nostro lavoro è che sia riuscito a far arrabbiare gente di tutte le religioni, proprio tutte, cattolici, ebrei, protestanti, ortodossi, buddisti. E' stato magnifico!"
Figlio di una ebrea stuprata da un centurione romano e gran mignotta professionista, il nasuto Brian ha vita sostanzialmente identica e parallela, in ogni aspetto, solo che è laico, al più illustre Gesù. Dopo aver ascoltato da lontano, troppo lontano per sentire, una sua predica ed aver assistito ad una lapidazione dedicherà la sua vita alla liberazione dal giogo romano della Palestina in un gruppo terrorista, si farà insegnare il latino da un centurione, verrà condannato da un Ponzio Pilato con una "tevvibile evve avvotata", predicherà per necessità trovando involontariamente un gran seguito di fedeli, s'innamorerà di una maddalena rivoluzionaria.
Istruttivo, educativo, film da non perdere.
Dichiarazione di uno degli autori, Michael Palin:
"La cosa più significativa del nostro lavoro è che sia riuscito a far arrabbiare gente di tutte le religioni, proprio tutte, cattolici, ebrei, protestanti, ortodossi, buddisti. E' stato magnifico!"
lunedì 19 aprile 2010
Der Baader Meinhof Komplex - La banda Baader Meinhof
10 anni, se ho contato bene, di storia della RAF (Rote Armee Fraktion) a partire dalla cellula fondatrice, la banda Baader Meinhof appunto, fino all'ultimo omicidio del presidente della confindustria tedesca nel 1977 dopo la fine del processo.
Non me la sento di parlare della storia politica ed economica di quel periodo, discorso lunghissimo. Meglio leggersela altrove. Faccio solo qualche considerazione, a vario titolo.
Anzitutto mi ha colpito la nascita quasi casuale del gruppo terroristico tedesco. Dopo una manifestazione nel 1967, di pacifica protesta nei confronti dello scià di Persia in visita in Germania repressa dalla polizia sanguinosamente, viene arrestato Andreas Baader. Con la collaborazione della giornalista Ulrike Meinhof viene liberato. E' quello il momento in cui parte l'organizzazione. Chissà cosa sarebbe successo se invece di usare la forza per sedare il movimento giovanile si fossero cercate altre strade.
La determinazione e la convinzione di quei giovani disposti a tutto non lascia indifferenti. Indipendentemente dal condividere o meno determinate scelte, avevano una passione politica ed un senso di responsabilità nei confronti del destino del loro paese e del mondo incredibile. Chissà cosa sarebbe successo se tanta forza, grinta e rabbia avesse avuto i mezzi per sfogarsi democraticamente. Tutte le interpretazioni dei giovani attori, tutti tedeschi, sono da encomio, che diventa solenne per Moritz Bleibtreu che interpreta Baader e Alexandra Maria Lara che interpreta Gudrun Ensslin, compagna di Baader ed anch'essa leader del gruppo.
Il film, tratto da un romanzo storico, ha un andamento lineare privo di flashback, e mette in evidenza nella loro sequenza di cause ed effetti una serie di avvenimenti sia diretti che non. E' lo stesso intelligentissimo coordinatore delle forze antiterroristiche (grandissimo Bruno Ganz) a chiedersi continuamente qual'è la motivazione, la spinta morale che hanno quelli della RAF, e lo fa con lucidità. Nell'insieme degli eventi, tedeschi e non, e dei comunicati le risposte.
E' un'opera che indaga e mostra, non condanna né difende. In un certo senso il personaggio interpretato da Ganz incarna lo spirito del film.
Molto lungo, quasi 2 ore e mezza, non ci si annoia un solo istante. Eventi che si susseguono, scene d'azione fantastiche, non un attimo di tregua. Ricostruzione storica fedele e non facile, le scene di repertorio non si percepiscono quasi nel loro staccare.
Assolutamente imperdibile.
Non me la sento di parlare della storia politica ed economica di quel periodo, discorso lunghissimo. Meglio leggersela altrove. Faccio solo qualche considerazione, a vario titolo.
Anzitutto mi ha colpito la nascita quasi casuale del gruppo terroristico tedesco. Dopo una manifestazione nel 1967, di pacifica protesta nei confronti dello scià di Persia in visita in Germania repressa dalla polizia sanguinosamente, viene arrestato Andreas Baader. Con la collaborazione della giornalista Ulrike Meinhof viene liberato. E' quello il momento in cui parte l'organizzazione. Chissà cosa sarebbe successo se invece di usare la forza per sedare il movimento giovanile si fossero cercate altre strade.
La determinazione e la convinzione di quei giovani disposti a tutto non lascia indifferenti. Indipendentemente dal condividere o meno determinate scelte, avevano una passione politica ed un senso di responsabilità nei confronti del destino del loro paese e del mondo incredibile. Chissà cosa sarebbe successo se tanta forza, grinta e rabbia avesse avuto i mezzi per sfogarsi democraticamente. Tutte le interpretazioni dei giovani attori, tutti tedeschi, sono da encomio, che diventa solenne per Moritz Bleibtreu che interpreta Baader e Alexandra Maria Lara che interpreta Gudrun Ensslin, compagna di Baader ed anch'essa leader del gruppo.
Il film, tratto da un romanzo storico, ha un andamento lineare privo di flashback, e mette in evidenza nella loro sequenza di cause ed effetti una serie di avvenimenti sia diretti che non. E' lo stesso intelligentissimo coordinatore delle forze antiterroristiche (grandissimo Bruno Ganz) a chiedersi continuamente qual'è la motivazione, la spinta morale che hanno quelli della RAF, e lo fa con lucidità. Nell'insieme degli eventi, tedeschi e non, e dei comunicati le risposte.
E' un'opera che indaga e mostra, non condanna né difende. In un certo senso il personaggio interpretato da Ganz incarna lo spirito del film.
Molto lungo, quasi 2 ore e mezza, non ci si annoia un solo istante. Eventi che si susseguono, scene d'azione fantastiche, non un attimo di tregua. Ricostruzione storica fedele e non facile, le scene di repertorio non si percepiscono quasi nel loro staccare.
Assolutamente imperdibile.
From Paris with love
Sceneggiatura di Luc Besson che non per la prima volta ricorre a Morel alla regia. Film d'azione e di spie con un Travolta travolgente.
Inutile rivelare la trama, nulla di particolare. Anche l'idea della coppia di superagenti al lavoro, uno dei quali particolarmente violento e l'altro più mite nemmeno è nuova. Non è il Nuovo da cercare in questo film.
Ma l'azione è davvero di prima qualità, con un po' di tutto, qualche gag, una storia d'amore.
Divertente, merita la visione.
Piacevole vedere la "nostra" Kasia Smutniak in un cast internazionale. Ha fatto ruoli ben più complessi ma di poca vetrina, come nello splendido "Tutta colpa di Giuda", ora finalmente una ribalta col grande pubblico.
Inutile rivelare la trama, nulla di particolare. Anche l'idea della coppia di superagenti al lavoro, uno dei quali particolarmente violento e l'altro più mite nemmeno è nuova. Non è il Nuovo da cercare in questo film.
Ma l'azione è davvero di prima qualità, con un po' di tutto, qualche gag, una storia d'amore.
Divertente, merita la visione.
Piacevole vedere la "nostra" Kasia Smutniak in un cast internazionale. Ha fatto ruoli ben più complessi ma di poca vetrina, come nello splendido "Tutta colpa di Giuda", ora finalmente una ribalta col grande pubblico.
domenica 18 aprile 2010
Cella 211
A breve distanza dall'uscita dell'ottimo Il Profeta, è uscito in questi giorni un altro film ambientato in carcere, la storia di una rivolta. Non ambientato in America Latina, o chissà dove, ma in Spagna, terra natìa del regista.
Juan fresco sposo, presto padre, prende servizio nel carcere dove deve lavorare come guardia. Mentre visita proprio il braccio dei detenuti più pericolosi, viene colpito alla testa da dell'intonaco che si stacca dal plafone. I colleghi lo sdraiano temporaneamente nella cella 211 che è vuota, ed in quel preciso istante scoppia una rivolta. Le guardie scappano e non riuscendo a traspostare Juan lo abbandonano lì. Appena si riprende e realizza la situazione in cui si trova, si spaccia per un assassino appena imprigionato. Diventerà uno di loro, molto più di quanto avesse potuto immaginare...
Bel film duro, potente, con scene d'azione di notevole fattura.
Anche se con soggetto diverso, in comune col citato Profeta ha la denuncia dell'inutilità dell'istituzione carceraria così come concepita nella maggior parte del mondo, con le sue profonde disumanità che lo rendono un luogo molto più adatto ad incrementare il tasso di criminalità che non a, come dovrebbe essere, portare agli individui una possibilità di cambiamento e riscatto. Qua a subire questa influenza nefasta è addirittura una guardia, seppur in situazioni eccezionali che lascio scoprire.
Film d'esordio, altro regista spagnolo di grande talento e futuro, ormai ho perso il conto di quanti sono.
Assolutamente merita la visione.
Juan fresco sposo, presto padre, prende servizio nel carcere dove deve lavorare come guardia. Mentre visita proprio il braccio dei detenuti più pericolosi, viene colpito alla testa da dell'intonaco che si stacca dal plafone. I colleghi lo sdraiano temporaneamente nella cella 211 che è vuota, ed in quel preciso istante scoppia una rivolta. Le guardie scappano e non riuscendo a traspostare Juan lo abbandonano lì. Appena si riprende e realizza la situazione in cui si trova, si spaccia per un assassino appena imprigionato. Diventerà uno di loro, molto più di quanto avesse potuto immaginare...
Bel film duro, potente, con scene d'azione di notevole fattura.
Anche se con soggetto diverso, in comune col citato Profeta ha la denuncia dell'inutilità dell'istituzione carceraria così come concepita nella maggior parte del mondo, con le sue profonde disumanità che lo rendono un luogo molto più adatto ad incrementare il tasso di criminalità che non a, come dovrebbe essere, portare agli individui una possibilità di cambiamento e riscatto. Qua a subire questa influenza nefasta è addirittura una guardia, seppur in situazioni eccezionali che lascio scoprire.
Film d'esordio, altro regista spagnolo di grande talento e futuro, ormai ho perso il conto di quanti sono.
Assolutamente merita la visione.
Feast II - Sloopy seconds
Comincia da dove s'era interrotto Feast. I mostri tutt'altro che finiti, anzi in forma smagliante, massacrano un'intera cittadina. Solito gruppetto di sopravvissuti cerca di salvare la pellaccia e ne capiteranno di varie.
Rispetto al precedente:
- è più lungo e spietato, non riesco ad immaginare quale pretesto abbiano usato poi per il terzo.
- c'è una sovraesposizione di gnocca in look dark, devo dire, gradevole.
- si calca la mano su ciò che disgusta e fa vomitare, riuscendo in pieno nell'intento.
- simpaticissimi i 2 nani wrestler tra gli eroi.
- nota dolente: musica meno curata. nota positiva: si bada di più ai suoni d'effetto terrifico molto ben fatti.
Horror e commedia trash che si conferma di apprezzabile livello. Adeguata al sabato sera.
Stasera sono stato leggero: abbondanti nervetti in insalata molto ben abbinati agli sbudellamenti, peccato non avevo la trippa, e birra abbondante, troppa la sete per bere vino.
Rispetto al precedente:
- è più lungo e spietato, non riesco ad immaginare quale pretesto abbiano usato poi per il terzo.
- c'è una sovraesposizione di gnocca in look dark, devo dire, gradevole.
- si calca la mano su ciò che disgusta e fa vomitare, riuscendo in pieno nell'intento.
- simpaticissimi i 2 nani wrestler tra gli eroi.
- nota dolente: musica meno curata. nota positiva: si bada di più ai suoni d'effetto terrifico molto ben fatti.
Horror e commedia trash che si conferma di apprezzabile livello. Adeguata al sabato sera.
Stasera sono stato leggero: abbondanti nervetti in insalata molto ben abbinati agli sbudellamenti, peccato non avevo la trippa, e birra abbondante, troppa la sete per bere vino.
sabato 17 aprile 2010
Departures
Oscar 2009 come miglior film straniero, nelle sale italiane in questi giorni. Come spesso accade, non è un merito.
Daigo è un violoncellista, ma l'orchestra in cui suona chiude per mancanza d'incassi. Decide con la moglie di tornare a Yamagata nella casa dove viveva con la madre, che è morta di recente mentre il padre non lo vede da quando aveva 6 anni. Il primo lavoro che trova è di tanatoesteta, in giapponese nokanshi. Sono quelle persone che si occupano di preparare il morto prima dell'ultimo viaggio: pulitura, vestizione, rasatura, trucco. Le operazioni avvengono in una sorta di cerimonia alla presenza dei cari del defunto.
E' un lavoro che all'inizio lo spaventa ed imbarazza e lo accetta perché fa guadagnare bene. Poi ci si appassiona, scopre la bellezza della cerimonia di vestizione. E' un mestiere che tutti apprezzano quando occorre, ma che raccoglie pregiudizio, un po' come ovunque c'è per i becchini. E poi la moglie scopre che mestiere fa, se ne va offesa, ma ritorna, lo ama, poi in qualche modo rispunta il padre, ecc... ecc... 2 ore per 10 min di trama.
Su una bella tradizione giapponese, interessante, sofisticata e commovente ci hanno fatto un film strappamoccio occidentalizzato all'americana. Peccato. Storie false ed improbabili senza alcun pathos. Dialoghi e frasi ad effetto banali e scontate. Eccellente per gli oscar, indubbiamente.
Daigo è un violoncellista, ma l'orchestra in cui suona chiude per mancanza d'incassi. Decide con la moglie di tornare a Yamagata nella casa dove viveva con la madre, che è morta di recente mentre il padre non lo vede da quando aveva 6 anni. Il primo lavoro che trova è di tanatoesteta, in giapponese nokanshi. Sono quelle persone che si occupano di preparare il morto prima dell'ultimo viaggio: pulitura, vestizione, rasatura, trucco. Le operazioni avvengono in una sorta di cerimonia alla presenza dei cari del defunto.
E' un lavoro che all'inizio lo spaventa ed imbarazza e lo accetta perché fa guadagnare bene. Poi ci si appassiona, scopre la bellezza della cerimonia di vestizione. E' un mestiere che tutti apprezzano quando occorre, ma che raccoglie pregiudizio, un po' come ovunque c'è per i becchini. E poi la moglie scopre che mestiere fa, se ne va offesa, ma ritorna, lo ama, poi in qualche modo rispunta il padre, ecc... ecc... 2 ore per 10 min di trama.
Su una bella tradizione giapponese, interessante, sofisticata e commovente ci hanno fatto un film strappamoccio occidentalizzato all'americana. Peccato. Storie false ed improbabili senza alcun pathos. Dialoghi e frasi ad effetto banali e scontate. Eccellente per gli oscar, indubbiamente.
Man on Wire - Un uomo tra le Torri
Ha vinto "qualche" premio:
# Premi Oscar 2009 * Oscar al miglior documentario
# BAFTA Awards * BAFTA al miglior film britannico
# British Independent Film Awards 2008 * Miglior documentario
# National Board of Review Awards 2008 * Miglior documentario
# Chicago Film Critics Association Awards * Miglior film documentario
# Independent Spirit Awards 2009 * Miglior documentario
# Kansas City Film Critics Circle Awards 2009 * Miglior documentario
# Satellite Awards 2008 * Miglior documentario
# Sundance Film Festival * Audience Award World Cinema - Documentary * Grand Jury Prize World Cinema - Documentary
# Broadcast Film Critics Association Awards * Miglior documentario
# Premi Oscar 2009 * Oscar al miglior documentario
# BAFTA Awards * BAFTA al miglior film britannico
# British Independent Film Awards 2008 * Miglior documentario
# National Board of Review Awards 2008 * Miglior documentario
# Chicago Film Critics Association Awards * Miglior film documentario
# Independent Spirit Awards 2009 * Miglior documentario
# Kansas City Film Critics Circle Awards 2009 * Miglior documentario
# Satellite Awards 2008 * Miglior documentario
# Sundance Film Festival * Audience Award World Cinema - Documentary * Grand Jury Prize World Cinema - Documentary
# Broadcast Film Critics Association Awards * Miglior documentario
# Boston Society of Film Critics Awards * Miglior documentario
# Las Vegas Film Critics Society Awards 2008 * Miglior documentario
# New York Film Critics Circle Awards * Miglior film no-fiction
# Phoenix Film Critics Society Awards * Miglior documentario
# San Diego Film Critics Society Awards * Miglior documentario
# Toronto Film Critics Association Awards * Miglior documentario
E' la storia raccontata in stile Caper Movie di colui che può essere definito il più grande funambolo di tutti i tempi: il francese Philippe Petit. Il film è ricavato dal suo libro "Toccare le nuvole", scritto dallo stesso Petit che ha anche posto condizione per concedere i diritti a che lui partecipasse attivamente al film. Come se ce ne fosse bisogno! Petit è un artista istrione a tutto tondo, ancora adesso ha una vitalità ed un "pazza" visione della vita che lo rendono unico.
"... Divenuto famoso per le sue traversate clandestine sul cavo a grandi altezze, fanno parte del suo lungo curriculum la traversata che nel 1971 unisce i campanili di Notre Dame a Parigi, quella di Sidney, che nel 1973 unirà le cime dell’Opera House e dell’Harbour Bridge, il più grande ponte ad archi del mondo; e ancora la traversata delle Grandi Cascate di Peterson, quella delle cascate del Niagara, il Superdome a New Orleans, le guglie della cattedrale di Laon, in Francia..."
Un bel curriculum, non c'è che dire.
Ma è il 7 Agosto 1974 che compie un'impresa che è ancora leggenda: con un cavo di oltre 60 metri di lunghezza danza per 45 minuti tra le Twin Towers di New York a 450 metri d'altezza! Questa è la storia che viene raccontata.
Con un misto di interviste attuali ai protagonisti di allora, immagini ed anche video originali dell'epoca, qualche breve pezzo di fiction in bianco e nero (girati alla grande!) per raccontare momenti che non permisero allora di essere ritratti, viviamo tutta l'avventura. A parte il percorrere quel cavo, è un'impresa che richiede una preparazione e programmazione complessa. Non è che Petit ha goduto della collaborazione dei proprietari delle TT.
Tutto è avvenuto nell'illegalità, come una rapina in banca. S'è dovuto trasportare al 104esimo piano quasi una tonnellata di materiale, nascondendosi, in 2 edifici controllatissimi da guardie in ogni dove. 2 viaggio Parigi-NY con il primo tentativo fallito, poi andato in porto al secondo. Come stendere il cavo, che materiali usare, plastici, disegni, esercitazioni nel campo d'allenamento coi collaboratori a muovere il cavo per simulare il forte vento...
UN'AVVENTURA FANTASTICA! Ed anche il film lo è!
Quella faccia sorridente di Petit che percorre il vuoto come librata nell'aria ha qualcosa di magico. E' la faccia di un uomo che ha realizzato il suo più grande sogno, che ha fatto qualcosa di unico ed irripetibile, ha rotto il muro delle regole, sia fisiche e meccaniche che legali, sfidato ogni vincolo della paura. "Non c'è un perché" nel senso che in termini materiali non è spiegabile cosa porta un uomo a compiere una simile impresa. Te lo chiedi tutto il tempo, ma poi, quando lo vedi lì sopra, anche tu spettatore provi una strana e commovente sensazione di felicità, una cosa che non avevo mai provato prima.
ASSOLUTAMENTE DA OLIMPO!
Bellissime anche le musiche di Michael Nyman tratte dalle colonne sonore di alcuni film di Peter Greeaway che ho visto, qualche pezzo di quegli anni e la struggente Gnossienne No. 1 di Erik Satie.
# Las Vegas Film Critics Society Awards 2008 * Miglior documentario
# New York Film Critics Circle Awards * Miglior film no-fiction
# Phoenix Film Critics Society Awards * Miglior documentario
# San Diego Film Critics Society Awards * Miglior documentario
# Toronto Film Critics Association Awards * Miglior documentario
E' la storia raccontata in stile Caper Movie di colui che può essere definito il più grande funambolo di tutti i tempi: il francese Philippe Petit. Il film è ricavato dal suo libro "Toccare le nuvole", scritto dallo stesso Petit che ha anche posto condizione per concedere i diritti a che lui partecipasse attivamente al film. Come se ce ne fosse bisogno! Petit è un artista istrione a tutto tondo, ancora adesso ha una vitalità ed un "pazza" visione della vita che lo rendono unico.
"... Divenuto famoso per le sue traversate clandestine sul cavo a grandi altezze, fanno parte del suo lungo curriculum la traversata che nel 1971 unisce i campanili di Notre Dame a Parigi, quella di Sidney, che nel 1973 unirà le cime dell’Opera House e dell’Harbour Bridge, il più grande ponte ad archi del mondo; e ancora la traversata delle Grandi Cascate di Peterson, quella delle cascate del Niagara, il Superdome a New Orleans, le guglie della cattedrale di Laon, in Francia..."
Un bel curriculum, non c'è che dire.
Ma è il 7 Agosto 1974 che compie un'impresa che è ancora leggenda: con un cavo di oltre 60 metri di lunghezza danza per 45 minuti tra le Twin Towers di New York a 450 metri d'altezza! Questa è la storia che viene raccontata.
Con un misto di interviste attuali ai protagonisti di allora, immagini ed anche video originali dell'epoca, qualche breve pezzo di fiction in bianco e nero (girati alla grande!) per raccontare momenti che non permisero allora di essere ritratti, viviamo tutta l'avventura. A parte il percorrere quel cavo, è un'impresa che richiede una preparazione e programmazione complessa. Non è che Petit ha goduto della collaborazione dei proprietari delle TT.
Tutto è avvenuto nell'illegalità, come una rapina in banca. S'è dovuto trasportare al 104esimo piano quasi una tonnellata di materiale, nascondendosi, in 2 edifici controllatissimi da guardie in ogni dove. 2 viaggio Parigi-NY con il primo tentativo fallito, poi andato in porto al secondo. Come stendere il cavo, che materiali usare, plastici, disegni, esercitazioni nel campo d'allenamento coi collaboratori a muovere il cavo per simulare il forte vento...
UN'AVVENTURA FANTASTICA! Ed anche il film lo è!
Quella faccia sorridente di Petit che percorre il vuoto come librata nell'aria ha qualcosa di magico. E' la faccia di un uomo che ha realizzato il suo più grande sogno, che ha fatto qualcosa di unico ed irripetibile, ha rotto il muro delle regole, sia fisiche e meccaniche che legali, sfidato ogni vincolo della paura. "Non c'è un perché" nel senso che in termini materiali non è spiegabile cosa porta un uomo a compiere una simile impresa. Te lo chiedi tutto il tempo, ma poi, quando lo vedi lì sopra, anche tu spettatore provi una strana e commovente sensazione di felicità, una cosa che non avevo mai provato prima.
ASSOLUTAMENTE DA OLIMPO!
Bellissime anche le musiche di Michael Nyman tratte dalle colonne sonore di alcuni film di Peter Greeaway che ho visto, qualche pezzo di quegli anni e la struggente Gnossienne No. 1 di Erik Satie.
venerdì 16 aprile 2010
La Jetée - Il Molo
Siamo all'aeroporto parigino di Orly. Un uomo muore. Subito dopo ci troviamo dentro a catacombali sotterranei. E' il solo ambiente dove è possibile vivere, fuori il pianeta è stato distrutto e reso invivibile dal terzo conflitto mondiale, nucleare.
Nel sotterraneo avvengono esperimenti che sono la sola speranza di sopravvivenza per questo popolo di topi. Si scelgono persone che possano viaggiare nel tempo. Viene individuato un uomo che dispone nella propria mente di almeno un'immagine fissa. Dopo molti uomini sacrificati, o perché morti o completamente impazziti per aver percepito una loro seconda nascita, finalmente quest'ultimo anche se con grandi sofferenze riesce a viaggiare nel passato, restandoci, riuscendo a sostenere ripetute iniezioni.
Nel passato incontra una donna che conosce anche se non sa come né quando l'ha conosciuta. La frequenta, se ne innamora, lei s'innamora. Ma dovrà abbandonarla, è destinato ad un altro esperimento. Finalmente hanno trovato l'uomo che è in grado di viaggiare nel tempo essendo lo spazio a loro precluso. Però non è nel passato che devono chiedere aiuto, è nel futuro che dovrà andare il navigatore del tempo. Finale sconvolgente.
Metafore complesse, criptico ma molto interpretabile. E' una sequenza d'immagini in bianco e nero, tutte fisse tranne un paio di eccezioni con zoomata sull'immagine stessa. Un fotoromanzo, raccontato da una voce fuori campo.
Breve. In soli 26 min ci viene raccontato tutto.
Un denso concentrato di sensazioni agghiacciante e visionario.
Assolutamente imperdibile.
Nel sotterraneo avvengono esperimenti che sono la sola speranza di sopravvivenza per questo popolo di topi. Si scelgono persone che possano viaggiare nel tempo. Viene individuato un uomo che dispone nella propria mente di almeno un'immagine fissa. Dopo molti uomini sacrificati, o perché morti o completamente impazziti per aver percepito una loro seconda nascita, finalmente quest'ultimo anche se con grandi sofferenze riesce a viaggiare nel passato, restandoci, riuscendo a sostenere ripetute iniezioni.
Nel passato incontra una donna che conosce anche se non sa come né quando l'ha conosciuta. La frequenta, se ne innamora, lei s'innamora. Ma dovrà abbandonarla, è destinato ad un altro esperimento. Finalmente hanno trovato l'uomo che è in grado di viaggiare nel tempo essendo lo spazio a loro precluso. Però non è nel passato che devono chiedere aiuto, è nel futuro che dovrà andare il navigatore del tempo. Finale sconvolgente.
Metafore complesse, criptico ma molto interpretabile. E' una sequenza d'immagini in bianco e nero, tutte fisse tranne un paio di eccezioni con zoomata sull'immagine stessa. Un fotoromanzo, raccontato da una voce fuori campo.
Breve. In soli 26 min ci viene raccontato tutto.
Un denso concentrato di sensazioni agghiacciante e visionario.
Assolutamente imperdibile.
giovedì 15 aprile 2010
Il mnemonista
"Come faceva a vivere con quella mente così affollata, senza un angolo vuoto, in quelle strade piene di ricordi. Qualche volta, visitando le caverne incalcolabili della memoria rischiò di perdersi negli antri della follia."
Aleksandr R. Lurija
Inizia con questa citazione il film che avrei voluto vedere nel 1992-93, periodo in cui più volte ho letto "Un piccolo libro una grande memoria", piccolo effettivamente quanto denso, di Lurija al quale il film s'ispira. Ne ho saputo dell'esistenza ieri, nel 2000 ero distratto. Certo non ha ricevuto grande eco, prova anche che non si trova nel web il jpeg di una locandina di belle dimensioni...
L'argomento è chiaro: la storia di un mnemonista. Una persona che ricorda tutto in modo totale quanto involontario. Non è una storia spettacolare, di quelle che si fa "oohhhh" per lo stupore dei prodigi dei quali S. (è anonimo anche nel libro) è capace. E' una storia di non facilmente comprensibile sofferenza umana. Tutti chi più chi meno, io sempre!, ci lamentiamo della nostra memoria, che ha sempre la falla giusta al momento giusto. Questo può far nascere persino invidia verso un uomo con tali proprietà. Invece siamo di fronte ad un dramma.
S. non è in grado di vivere nessuna esperienza senza che tutti i suoi sensi vengano coinvolti. Per esperienza dobbiamo scendere ad un livello molto basso: è sufficiente per lui sentire una parola ed il suo cervello parte in una serie di collegamenti pressoché infinita. Più passa il tempo, gli anni, più i collegamenti aumentano. Non ha la facoltà di dimenticare: un fatto anche banalissimo avvenuto anni e anni addietro nella sua mente è sempre vivo. Ricorda persino il momento della nascita, quando è stato espulso dal ventre di sua madre.
Quella di S. è una Memoria Sinestetica, una fortuna di cui molti sono dotati in forma tollerabile. In S. raggiunge l'apogeo ed è patologica. Nulla delle sue percezioni è esente dall'attivazione sinestetica. Ogni singola parola ha un odore, peso, sapore, colore, immagine. Una formula diventa un racconto.
Le sue sofferenze cominciano a rendergli la vita invivibile, al punto da chiedere aiuto psichiatrico, quando non riesce più ad esercitare la sua professione di musicista. Una nota, il Re-diesis, gli attiva delle immagini insopportabili di colori che lo bloccano. Dovrà smettere di suonare...
Il resto della storia, incredibile e vera, ve la lascio godere.
Il film è molto bello, fatto con stile sobrio e rigoroso ma con attenzione a tenere il fulcro sempre su S., spesso in primo piano. Ci mostra la sua mente più che la realtà che lo circonda, quindi la Sua realtà, che era Diversa. La sua sarà anche una vita particolarmente avventurosa, la sua memoria gli permetterà di eccellere in molte cose anche se non potrà più suonare. Il finale è estremamente catartico.
Quello che il film non dice, se non indirettamente, è quanto sia stato un grandissimo uomo Lurija, conosciuto quasi esclusivamente da professionisti del settore. Consiglio lettura della pagina wiki linkata all'inizio sul suo nome. Io l'ho conosciuto con questa sequenza: guardando il film Risvegli, scoprendo che era tratto da omonimo libro di Oliver Sacks, che Sacks aveva scritto altri splendidi libri tra cui il famosissimo "L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello" che subito ho letto, che Sacks pioniere in patria del metodo clinico in neuropsichiatria era amico, e da esso ispirato, di un neuropsichiatra russo che stava portando un nuovo approccio alla materia, fino ad allora legata al riduzionismo, alla chimica del cervello, e non alla "architettura" delle sue funzioni. Quel grande scienzato russo era proprio Lurija. Allora cosa fai? Compri il libro, consigliato dallo stesso Sacks, e scopri che è facilissimo da leggere, coinvolgente, illuminante! E poi? Cos'altro ha scritto Lurija? Tanto, ma soprattutto un altro caso clinico, diametralmente opposto: la storia di un uomo che per una lobotomia non era in grado di ricordare nulla. Ogni giorno doveva ricominciare ad imparare. Spero faranno un film anche su questo, o magari l'hanno già fatto e non lo so.
Ho letto solo questi 2 libri di Lurija, 2 piccole bibbie che con le loro situazioni estreme ogni tanto devo riprendere in mano per mantenere a cielo aperto il mio di cervello. Il secondo si intitola "Un mondo perduto e ritrovato" ed è una storia d'epica gladiatoria: si lotta col cervello.
Film decisamente da vedere, prima o dopo o senza leggere il libro, ha valore assoluto.
Curiosità: nei titoli di coda si nominano 3 aiuti-regista ed una di essi è Alina Marazzi. La mia ammirazione per lei continua a crescere...
Aleksandr R. Lurija
Inizia con questa citazione il film che avrei voluto vedere nel 1992-93, periodo in cui più volte ho letto "Un piccolo libro una grande memoria", piccolo effettivamente quanto denso, di Lurija al quale il film s'ispira. Ne ho saputo dell'esistenza ieri, nel 2000 ero distratto. Certo non ha ricevuto grande eco, prova anche che non si trova nel web il jpeg di una locandina di belle dimensioni...
L'argomento è chiaro: la storia di un mnemonista. Una persona che ricorda tutto in modo totale quanto involontario. Non è una storia spettacolare, di quelle che si fa "oohhhh" per lo stupore dei prodigi dei quali S. (è anonimo anche nel libro) è capace. E' una storia di non facilmente comprensibile sofferenza umana. Tutti chi più chi meno, io sempre!, ci lamentiamo della nostra memoria, che ha sempre la falla giusta al momento giusto. Questo può far nascere persino invidia verso un uomo con tali proprietà. Invece siamo di fronte ad un dramma.
S. non è in grado di vivere nessuna esperienza senza che tutti i suoi sensi vengano coinvolti. Per esperienza dobbiamo scendere ad un livello molto basso: è sufficiente per lui sentire una parola ed il suo cervello parte in una serie di collegamenti pressoché infinita. Più passa il tempo, gli anni, più i collegamenti aumentano. Non ha la facoltà di dimenticare: un fatto anche banalissimo avvenuto anni e anni addietro nella sua mente è sempre vivo. Ricorda persino il momento della nascita, quando è stato espulso dal ventre di sua madre.
Quella di S. è una Memoria Sinestetica, una fortuna di cui molti sono dotati in forma tollerabile. In S. raggiunge l'apogeo ed è patologica. Nulla delle sue percezioni è esente dall'attivazione sinestetica. Ogni singola parola ha un odore, peso, sapore, colore, immagine. Una formula diventa un racconto.
Le sue sofferenze cominciano a rendergli la vita invivibile, al punto da chiedere aiuto psichiatrico, quando non riesce più ad esercitare la sua professione di musicista. Una nota, il Re-diesis, gli attiva delle immagini insopportabili di colori che lo bloccano. Dovrà smettere di suonare...
Il resto della storia, incredibile e vera, ve la lascio godere.
Il film è molto bello, fatto con stile sobrio e rigoroso ma con attenzione a tenere il fulcro sempre su S., spesso in primo piano. Ci mostra la sua mente più che la realtà che lo circonda, quindi la Sua realtà, che era Diversa. La sua sarà anche una vita particolarmente avventurosa, la sua memoria gli permetterà di eccellere in molte cose anche se non potrà più suonare. Il finale è estremamente catartico.
Quello che il film non dice, se non indirettamente, è quanto sia stato un grandissimo uomo Lurija, conosciuto quasi esclusivamente da professionisti del settore. Consiglio lettura della pagina wiki linkata all'inizio sul suo nome. Io l'ho conosciuto con questa sequenza: guardando il film Risvegli, scoprendo che era tratto da omonimo libro di Oliver Sacks, che Sacks aveva scritto altri splendidi libri tra cui il famosissimo "L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello" che subito ho letto, che Sacks pioniere in patria del metodo clinico in neuropsichiatria era amico, e da esso ispirato, di un neuropsichiatra russo che stava portando un nuovo approccio alla materia, fino ad allora legata al riduzionismo, alla chimica del cervello, e non alla "architettura" delle sue funzioni. Quel grande scienzato russo era proprio Lurija. Allora cosa fai? Compri il libro, consigliato dallo stesso Sacks, e scopri che è facilissimo da leggere, coinvolgente, illuminante! E poi? Cos'altro ha scritto Lurija? Tanto, ma soprattutto un altro caso clinico, diametralmente opposto: la storia di un uomo che per una lobotomia non era in grado di ricordare nulla. Ogni giorno doveva ricominciare ad imparare. Spero faranno un film anche su questo, o magari l'hanno già fatto e non lo so.
Ho letto solo questi 2 libri di Lurija, 2 piccole bibbie che con le loro situazioni estreme ogni tanto devo riprendere in mano per mantenere a cielo aperto il mio di cervello. Il secondo si intitola "Un mondo perduto e ritrovato" ed è una storia d'epica gladiatoria: si lotta col cervello.
Film decisamente da vedere, prima o dopo o senza leggere il libro, ha valore assoluto.
Curiosità: nei titoli di coda si nominano 3 aiuti-regista ed una di essi è Alina Marazzi. La mia ammirazione per lei continua a crescere...
Viola di mare
Angela (bravissima Valeria Solarino) e Sara (brava anche Isabella Ragonese) crescono insieme da bambine in una imprecisata isola siciliana. Per anni a cavallo dell'unità d'Italia si perderanno per poi ritrovarsi giovani donne quando Sara tornerà sull'isola. Angela è sicura da sempre di amarla, non ha fatto altro che aspettarla. Sara all'inizio è un po' sconcertata, ma poi ricambierà.
Il padre di Angela, Don Salvatore (grandissimo Ennio Fantastichini!), è il principale imprenditore dell'isola, proprietario delle cave di tufo dove lavorano in molti. Già scontento dalla nascita della figlia ché voleva un maschio, quando Angela confessa il suo amore per Sara la rinchiude in uno scantinato. Sarà la moglie a farlo "ragionare": possono farla diventare Angelo...
Una relazione certamente non facile per l'epoca alla quale si aprono sbocchi e possibilità. La trama è tratta dal libro "Minchia di Re" di Giacomo Pilati, a sua volta dichiaratamente ispirato da una storia vera.
Storia coraggiosa in Italia visti i tempi che tendono a tornare a quegli anni invece che progredire, basti pensare cosa continua a dire la chiesa a riguardo dell'omosessualità e poi quanto la chiesa influenzi malamente, "educando" all'intolleranza ed alla emarginazione, il suo gregge di seguaci. E' girato bene e con cura, duro a volte, dolce e romantico in altre, sempre ottimamente interpretato.
Musiche originali di Gianna Nannini, scelta non casuale. Merita la visione.
Brava Donatella Maiorca! Mi permetti? ... se ti "spogli" di qualche pudore che ancora ti resta puoi arrivare molto in alto, la cinepresa la sai usare, gli attori anche, ma il timore di urtare la sensibilità, o la suscettibilità, di qualcuno ti frena. L'amore delle 2 donne, così sofferto, l'avrei visto carnalmente più passionale e chi se ne frega se gli attori faticano, zitti e muti devono obbedire e fare il loro mestiere! Il lavoro nella cava, anche quello, avrei voluto vedere, respirare il sudore, la polvere, quella fatica che i siciliani conoscono bene. Non hai letto Rosso Malpelo? Quando li vedevo lavorare quei ragazzi ci pensavo continuamente al racconto di Verga. Anche se non era il tema principale del film, soprattutto quando Angelo diventa il capo, delle scene importanti di lavoro avrebbero contribuito sia alla qualità storica del film che alla sua fisicità.
Qualche osservazione, da uno che vorrebbe vedere del Grande Cinema Italiano, e ci sei vicina, molto.
Siccome voglio concludere con dei complimenti, che ti meriti davvero!, devo dire che il finale è bellissimo, struggente, mi sono emozionato.
Il padre di Angela, Don Salvatore (grandissimo Ennio Fantastichini!), è il principale imprenditore dell'isola, proprietario delle cave di tufo dove lavorano in molti. Già scontento dalla nascita della figlia ché voleva un maschio, quando Angela confessa il suo amore per Sara la rinchiude in uno scantinato. Sarà la moglie a farlo "ragionare": possono farla diventare Angelo...
Una relazione certamente non facile per l'epoca alla quale si aprono sbocchi e possibilità. La trama è tratta dal libro "Minchia di Re" di Giacomo Pilati, a sua volta dichiaratamente ispirato da una storia vera.
Storia coraggiosa in Italia visti i tempi che tendono a tornare a quegli anni invece che progredire, basti pensare cosa continua a dire la chiesa a riguardo dell'omosessualità e poi quanto la chiesa influenzi malamente, "educando" all'intolleranza ed alla emarginazione, il suo gregge di seguaci. E' girato bene e con cura, duro a volte, dolce e romantico in altre, sempre ottimamente interpretato.
Musiche originali di Gianna Nannini, scelta non casuale. Merita la visione.
Brava Donatella Maiorca! Mi permetti? ... se ti "spogli" di qualche pudore che ancora ti resta puoi arrivare molto in alto, la cinepresa la sai usare, gli attori anche, ma il timore di urtare la sensibilità, o la suscettibilità, di qualcuno ti frena. L'amore delle 2 donne, così sofferto, l'avrei visto carnalmente più passionale e chi se ne frega se gli attori faticano, zitti e muti devono obbedire e fare il loro mestiere! Il lavoro nella cava, anche quello, avrei voluto vedere, respirare il sudore, la polvere, quella fatica che i siciliani conoscono bene. Non hai letto Rosso Malpelo? Quando li vedevo lavorare quei ragazzi ci pensavo continuamente al racconto di Verga. Anche se non era il tema principale del film, soprattutto quando Angelo diventa il capo, delle scene importanti di lavoro avrebbero contribuito sia alla qualità storica del film che alla sua fisicità.
Qualche osservazione, da uno che vorrebbe vedere del Grande Cinema Italiano, e ci sei vicina, molto.
Siccome voglio concludere con dei complimenti, che ti meriti davvero!, devo dire che il finale è bellissimo, struggente, mi sono emozionato.
mercoledì 14 aprile 2010
Dog Bite Dog
Ingabbiati ancora cuccioli in Cambogia, senza un nome, un tatuaggio con un numero. Si esce dalla gabbia per entrare in un arena, sfida a 2 ed alla fine uno esce da solo, l'altro giace a terra. Poi il cucciolo cresce, può compiere imprese più importanti, lo metti in una gabbia su un peschereccio e lo mandi ad Hong Kong, pagano bene.
Sono cuccioli d'uomo, cresciuti come cani da combattimento. Lui è un lupo solitario di ferocia infernale. Giovanissimo, è cresciuto dovendo uccidere, l'alternativa era morire. Ad Hong Kong esegue quanto deve, ma la polizia lo bracca immediatamente e nella loro squadra c'è l'Altro, lupo figlio di poliziotto in coma, d'un poliziotto di dubbia onestà, il suo mito da giovane, il suo eroe che lo ha prima generato poi distrutto...
L'Altro è il solo che gli sta dietro, inizia un inseguimento che lascia morti che come la bava d'una lumaca indicano un percorso. Lui è incatturabile, l'Altro diventerà spietato come lui, anzi già lo era o forse, in determinate condizioni, lo siamo tutti, lo possiamo diventare.
Un finale epico da Storia del Cinema, denso di ogni sentimento possibile. Ho pianto. E' il condensato perfetto di tutta la sofferenza, violenza, amore che a livelli altissimi pervade l'intero film. Non lo descrivo come evito di parlare dei tanti singoli eventi, ognuno denso di tensione violenta altissima! Quando finisce devi tirare il fiato...
Capolavoro polar, thriller, noir, d'azione, drammatico... mille generi in uno.
CAPOLAVORO! e stop. Olimpo senza indugiare.
C'è tutto: trama, tecnica, interpretazioni, fotografia. Uso delle musiche ruggenti ma non invasive, e quella "You are my sunshine" acustica nel finale è colpo di genio. Dalla steadicam alla ripresa in spalla, o camera ed obiettivo fisso, zoomate o fish-eye, non manca niente del meglio che si può fare con le cineprese. Il ritmo è intensissimo! Anche nei momenti di "pausa" la tensione e l'ansia proseguono per quello che sta accadendo là dove non vedi ma percepisci.
Cane che azzanna, morde cane. Titolo azzeccato, perfetto. E' il mondo dei lupi.
Non ci sono effetti particolari, non siamo di fronte ad una trama distaccata dalla realtà ed anzi il realismo del film spaventa, le terribili verità dalle quali prende spunto inquietano. Ti interroghi su qualcosa? No, è fin troppo chiaro cosa ha generato quelle situazioni e quegli individui. Alcuni dicono che l'uomo è il solo animale ad uccidere senza motivi. Qua appunto la spietata violenza è appunto animale, necessaria, ha ragioni profonde oltre che immediate.
A parte l'abilita cinematografica, ci vuole coraggio ed un profondo senso dell'Umanità per fare cose come questa. Il film prende spunto da fatti di cronaca, ce li mostra in fiction. Ci mancano in Europa o in Italia temi non uguali ma ugualmente Animali? No, è solo che siamo ipocriti, giriamo la faccia e non vogliamo guardare e così abbiamo i film che ci meritiamo. Tranne il riuscitissimo Gomorra, che infatti ha scandalizzato più di un "patriota", non ricordo nulla di paragonabile.
ASSOLUTAMENTE IMPERDIBILE.
Sono cuccioli d'uomo, cresciuti come cani da combattimento. Lui è un lupo solitario di ferocia infernale. Giovanissimo, è cresciuto dovendo uccidere, l'alternativa era morire. Ad Hong Kong esegue quanto deve, ma la polizia lo bracca immediatamente e nella loro squadra c'è l'Altro, lupo figlio di poliziotto in coma, d'un poliziotto di dubbia onestà, il suo mito da giovane, il suo eroe che lo ha prima generato poi distrutto...
L'Altro è il solo che gli sta dietro, inizia un inseguimento che lascia morti che come la bava d'una lumaca indicano un percorso. Lui è incatturabile, l'Altro diventerà spietato come lui, anzi già lo era o forse, in determinate condizioni, lo siamo tutti, lo possiamo diventare.
Un finale epico da Storia del Cinema, denso di ogni sentimento possibile. Ho pianto. E' il condensato perfetto di tutta la sofferenza, violenza, amore che a livelli altissimi pervade l'intero film. Non lo descrivo come evito di parlare dei tanti singoli eventi, ognuno denso di tensione violenta altissima! Quando finisce devi tirare il fiato...
Capolavoro polar, thriller, noir, d'azione, drammatico... mille generi in uno.
CAPOLAVORO! e stop. Olimpo senza indugiare.
C'è tutto: trama, tecnica, interpretazioni, fotografia. Uso delle musiche ruggenti ma non invasive, e quella "You are my sunshine" acustica nel finale è colpo di genio. Dalla steadicam alla ripresa in spalla, o camera ed obiettivo fisso, zoomate o fish-eye, non manca niente del meglio che si può fare con le cineprese. Il ritmo è intensissimo! Anche nei momenti di "pausa" la tensione e l'ansia proseguono per quello che sta accadendo là dove non vedi ma percepisci.
Cane che azzanna, morde cane. Titolo azzeccato, perfetto. E' il mondo dei lupi.
Non ci sono effetti particolari, non siamo di fronte ad una trama distaccata dalla realtà ed anzi il realismo del film spaventa, le terribili verità dalle quali prende spunto inquietano. Ti interroghi su qualcosa? No, è fin troppo chiaro cosa ha generato quelle situazioni e quegli individui. Alcuni dicono che l'uomo è il solo animale ad uccidere senza motivi. Qua appunto la spietata violenza è appunto animale, necessaria, ha ragioni profonde oltre che immediate.
A parte l'abilita cinematografica, ci vuole coraggio ed un profondo senso dell'Umanità per fare cose come questa. Il film prende spunto da fatti di cronaca, ce li mostra in fiction. Ci mancano in Europa o in Italia temi non uguali ma ugualmente Animali? No, è solo che siamo ipocriti, giriamo la faccia e non vogliamo guardare e così abbiamo i film che ci meritiamo. Tranne il riuscitissimo Gomorra, che infatti ha scandalizzato più di un "patriota", non ricordo nulla di paragonabile.
ASSOLUTAMENTE IMPERDIBILE.
martedì 13 aprile 2010
Feast
La festa è qui, quelli hanno fame e tu sei la cena. La locandina mi pare abbastanza esplicita e contiene la sostanza della vicenda.
In un bar di notte in mezzo al deserto americano c'è una combriccola di gente "ben assortita" (e chi vuoi che ci sia in un bar del genere?). Ci vengono presentati con dei fermo immagine uno ad uno, con didascalie del tipo: "Nome: Mamma Harley, Fatto : Rapinera' il bar tra 10 minuti. Aspettativa di vita: Gioca il Jolly" oppure
"Nome: Tizio delle birre - Occupazione: Stessa cosa . A.d.v: Perdenti e coglioni crepano primi, lui è entrambi.". Quella che mi ha fatto piegare è: "Nome: La nonna . Fatto: Ha spompinato Mick Jagger....di recente! A.d.v: Potrebbe gia' essere morta.".
Un bell'incipit: fuori incombono dei mostri e lo si capisce, ma dentro si muore dal ridere!
Bloccati nel bar assediati da questi incubi, divoratori e verminosi, un'ora e passa così! Lotte furibonde, squartamenti, masticamenti, infezioni, nemmeno troppo splatter. L'incubo ancestrale dell'essere divorati viene punzecchiato bene.
Cos'altro si può dire? Niente, è svago puro, terrificoso al punto giusto che però non dimentica di ficcare una battuta qua e là, tutte ben riuscite, con musica metallara ben assestata.
Primo di una trilogia che merita d'essere completata.
Al solito, ricetta per accompagnare la visione:
Il sangue non domina. Il colore che più affascina è il verdastro tendente al polpa di mandorla di una poltiglia catarropiccicosa che gli esseri spruzzano a getti come fontane. Ho pensato, visto che disponevo di un ottimo Marsala e di crostoso pane cotto a legna, di gustare Rochefort casualmente disponibile con un altro formaggio di capra francese che non ricordo, di quelli a tubo di gran puzza e sapore. Mostarda di ciliege a completare il tagliere.
p.s.: bravo vitone, era un po' che aspettavo una dritta come si deve :)
In un bar di notte in mezzo al deserto americano c'è una combriccola di gente "ben assortita" (e chi vuoi che ci sia in un bar del genere?). Ci vengono presentati con dei fermo immagine uno ad uno, con didascalie del tipo: "Nome: Mamma Harley, Fatto : Rapinera' il bar tra 10 minuti. Aspettativa di vita: Gioca il Jolly" oppure
"Nome: Tizio delle birre - Occupazione: Stessa cosa . A.d.v: Perdenti e coglioni crepano primi, lui è entrambi.". Quella che mi ha fatto piegare è: "Nome: La nonna . Fatto: Ha spompinato Mick Jagger....di recente! A.d.v: Potrebbe gia' essere morta.".
Un bell'incipit: fuori incombono dei mostri e lo si capisce, ma dentro si muore dal ridere!
Bloccati nel bar assediati da questi incubi, divoratori e verminosi, un'ora e passa così! Lotte furibonde, squartamenti, masticamenti, infezioni, nemmeno troppo splatter. L'incubo ancestrale dell'essere divorati viene punzecchiato bene.
Cos'altro si può dire? Niente, è svago puro, terrificoso al punto giusto che però non dimentica di ficcare una battuta qua e là, tutte ben riuscite, con musica metallara ben assestata.
Primo di una trilogia che merita d'essere completata.
Al solito, ricetta per accompagnare la visione:
Il sangue non domina. Il colore che più affascina è il verdastro tendente al polpa di mandorla di una poltiglia catarropiccicosa che gli esseri spruzzano a getti come fontane. Ho pensato, visto che disponevo di un ottimo Marsala e di crostoso pane cotto a legna, di gustare Rochefort casualmente disponibile con un altro formaggio di capra francese che non ricordo, di quelli a tubo di gran puzza e sapore. Mostarda di ciliege a completare il tagliere.
p.s.: bravo vitone, era un po' che aspettavo una dritta come si deve :)
lunedì 12 aprile 2010
Čelovek s kinoapparatom - L'uomo con la macchina da presa
E' un film Storico. Vado su Wiki a prenderne qualche info:
"Il film è forse il compimento massimo (e finale) del movimento kinoglaz (cineocchio), nato negli anni venti per iniziativa di Vertov e propugnatore della superiorità del documentario sul cinema di finzione che, in sostanza, deve essere bandito perché inadatto a formare una società comunista.
Vertov raccoglie l'esperienza di anni di documentari propagandistici, le sue radici futuriste, le sue teorie secondo le quali il cinema deve essere uno strumento a servizio del popolo e della sua formazione comunista, e sublima il tutto in un'opera tecnicamente all'avanguardia e che ancora oggi colpisce per originalità e vivacità."
Completamente muto e privo di didascalie, la versione che ho visto è quella che è stata presentata al Pordenone Silent Film Festival nel 1996 rimusicata da un incredibile trio, The Alloy Orchestra , dichiaratamente composte secondo quanto dettato a suo tempo dall'istrionico Vertov.
Il film è di un dinamismo stupefacente! Vertov con un montaggio che per buona parte del film è parossistico, ci mostra la vita lavorativa di un cameraman, mostrandoci le riprese che lo stesso effettua e poi in sequenza non sempre lineare le immagini che riprendono il cameraman stesso mentre le ha riprese: appeso ad un treno in corsa oppure in una buca tra le traversine per vedere il treno che passa sopra; in piedi sulla portiera di una macchina che affianca una carrozza per riprendere gli occupanti; sulla cima di palazzi; appeso a gru o teleferiche...
Vertov è chiaramente un entusiasta della professione e del suo paese. Non c'è limite a quello che va a ritrarre, persino una precisa inquadratura di un parto. Innumerevoli i dettagli della vita comune di operai, minatori, cittadini, donne ed uomini parimenti, anche nello sport, in ogni ordine di contesti, mai individuali.
L'effetto più Potente che vuole ottenere è di valorizzare ogni persona ed ogni mestiere alla stessa stregua e ci riesce benissimo! 2 inquadrature in sequenza che passano sfumando dal dattilografo al pianista sono l'apogeo, ma tutto il film è così. Il cineasta è operaio e fatica, fisicamente, al pari degli altri. Tutte le professioni sono particolarmente sottolineate nella loro fisicità. Questo aspetto, questo dare ad ognuno pari dignità livellando verso l'alto, secondo me, per come la penso io ideologicamente e filosoficamente, è BELLISSIMO! Ero incantato...
Oltre alle professioni sono rappresentati gioie e dolori: il parto citato e la maternità, matrimoni, divorzi, malattia, vecchiaia, miseria, gioventù. Un ritratto a 360° della Unione Sovietica (Vertov non avrebbe mai detto Russia). In questo c'è proprio la volontà di mostrare la forza della cinepresa al servizio della rappresentazione del reale, un servizio che prevede anche il non-protagonismo di chi riprende: è il mondo reale il più grande soggetto esistente.
Un finale gioioso. Il film parte all'interno di una sala di proiezione e ci fa ritorno nel finale. Cinema nel Cinema, tra i primi a farlo, curioso e divertente. Il treppiede animato che saluta e s'inchina al pubblico è simpatico e significativo, coerente: il cineasta svanisce e rimane il suo prodotto, proprio come l'operaio non esiste più una volta terminato il manufatto. Antidivismo totale.
Difficile immaginare un film più futurista di questo. Le musiche degli Alloy sono azzeccatissime, moderne con chiari richiami alle musiche dell'epoca, Internazionale compresa, e sincronizzate alla perfezione.
Sono quasi 70 minuti di emozione, un galoppo sfrenato!
Capolavoro da Olimpo senza alcun dubbio.
"Il film è forse il compimento massimo (e finale) del movimento kinoglaz (cineocchio), nato negli anni venti per iniziativa di Vertov e propugnatore della superiorità del documentario sul cinema di finzione che, in sostanza, deve essere bandito perché inadatto a formare una società comunista.
Vertov raccoglie l'esperienza di anni di documentari propagandistici, le sue radici futuriste, le sue teorie secondo le quali il cinema deve essere uno strumento a servizio del popolo e della sua formazione comunista, e sublima il tutto in un'opera tecnicamente all'avanguardia e che ancora oggi colpisce per originalità e vivacità."
Completamente muto e privo di didascalie, la versione che ho visto è quella che è stata presentata al Pordenone Silent Film Festival nel 1996 rimusicata da un incredibile trio, The Alloy Orchestra , dichiaratamente composte secondo quanto dettato a suo tempo dall'istrionico Vertov.
Il film è di un dinamismo stupefacente! Vertov con un montaggio che per buona parte del film è parossistico, ci mostra la vita lavorativa di un cameraman, mostrandoci le riprese che lo stesso effettua e poi in sequenza non sempre lineare le immagini che riprendono il cameraman stesso mentre le ha riprese: appeso ad un treno in corsa oppure in una buca tra le traversine per vedere il treno che passa sopra; in piedi sulla portiera di una macchina che affianca una carrozza per riprendere gli occupanti; sulla cima di palazzi; appeso a gru o teleferiche...
Vertov è chiaramente un entusiasta della professione e del suo paese. Non c'è limite a quello che va a ritrarre, persino una precisa inquadratura di un parto. Innumerevoli i dettagli della vita comune di operai, minatori, cittadini, donne ed uomini parimenti, anche nello sport, in ogni ordine di contesti, mai individuali.
L'effetto più Potente che vuole ottenere è di valorizzare ogni persona ed ogni mestiere alla stessa stregua e ci riesce benissimo! 2 inquadrature in sequenza che passano sfumando dal dattilografo al pianista sono l'apogeo, ma tutto il film è così. Il cineasta è operaio e fatica, fisicamente, al pari degli altri. Tutte le professioni sono particolarmente sottolineate nella loro fisicità. Questo aspetto, questo dare ad ognuno pari dignità livellando verso l'alto, secondo me, per come la penso io ideologicamente e filosoficamente, è BELLISSIMO! Ero incantato...
Oltre alle professioni sono rappresentati gioie e dolori: il parto citato e la maternità, matrimoni, divorzi, malattia, vecchiaia, miseria, gioventù. Un ritratto a 360° della Unione Sovietica (Vertov non avrebbe mai detto Russia). In questo c'è proprio la volontà di mostrare la forza della cinepresa al servizio della rappresentazione del reale, un servizio che prevede anche il non-protagonismo di chi riprende: è il mondo reale il più grande soggetto esistente.
Un finale gioioso. Il film parte all'interno di una sala di proiezione e ci fa ritorno nel finale. Cinema nel Cinema, tra i primi a farlo, curioso e divertente. Il treppiede animato che saluta e s'inchina al pubblico è simpatico e significativo, coerente: il cineasta svanisce e rimane il suo prodotto, proprio come l'operaio non esiste più una volta terminato il manufatto. Antidivismo totale.
Difficile immaginare un film più futurista di questo. Le musiche degli Alloy sono azzeccatissime, moderne con chiari richiami alle musiche dell'epoca, Internazionale compresa, e sincronizzate alla perfezione.
Sono quasi 70 minuti di emozione, un galoppo sfrenato!
Capolavoro da Olimpo senza alcun dubbio.
domenica 11 aprile 2010
Los Cronocrimenes (aka Timecrimes)
Un uomo con la moglie ha appena preso possesso di una casa in montagna. In un momento di relax scorge nel bosco antistante la recinzione una giovane donna che si spoglia. Esce e la va a cercare. Quando la trova è nuda e distesa vicino ad un masso. Ha perso i sensi, o è morta, non ho capito. Mentre s'avvicina viene aggredito con una forbice da un uomo con la testa completamente fasciata da una garza rosso-rosa. Fugge. Finisce in una casa vicino. Sfonda una vetrata ed entra. Trova apparecchiature tecnologiche il cui scopo è indefinibile ed un walkie-talkie acceso. Parla ed un uomo gli risponde. Gli consiglia di fuggire fino all'altro edificio dove lui si trova perché l'inseguitore. Hector, l'inseguito, raggiunge l'uomo, una specie di scienziato, che lo invita ad entrare in una vasca piena di un liquido bianco per nascondersi dal "garzato" che sta arrivando. E' notte, la vasca si chiude, potrebbe annegare, ma ne esce vivo solo che ora è giorno. Ma è giorno precedente, non successivo! Ha viaggiato nel tempo...
Troppo un peccato rivelare il resto della trama. Scopriremo che ci sono un Hector 2, anche un terzo, che viaggiano in un tempo circolare e che ci faranno rivivere più volte tutta la parte iniziale più o meno descritta da diverse angolazioni, con diversi ruoli giocati, con aspetti visibili quando prima non lo erano. Cose che spesso si fanno nei film ricorrendo a flashback e che qui invece procedono avanzando nel tempo.
Non è una banale ricostruzione di fatti secondo causa ed effetto nella quale, agendo nel passato, si può modificare il futuro a cui tornare. I vari Hector coesistono sul tempo lineare che diventa in realtà virtuale rispetto a quello circolare perché i fatti si spiegano solo se si accetta il triplicamento dello stesso.
Una trama che affascina, diverte. Coinvolge anche per l'attenzione che richiede nel memorizzare ogni situazione che si ripete, con la solita morbosa voglia di cercare l'incoerenza che però non c'è.
Si può girare con quattro soldi un film molto originale? Sì.
Continuo a pensare che anzitutto devono esserci le Idee, che io chiamo sempre e genericamente Contenuti, poi vengano, anzi ben-vengano, effetti, pure 3 e 4 D, tutto quello che si vuole.
Bravissimo Vigalondo! Anche sceneggiatore e attore (interpreta lo scienziato). Un altro talentuoso spagnolo, paese che ormai definire emergente è molto riduttivo. Ne sentiremo ancora parlare.
Troppo un peccato rivelare il resto della trama. Scopriremo che ci sono un Hector 2, anche un terzo, che viaggiano in un tempo circolare e che ci faranno rivivere più volte tutta la parte iniziale più o meno descritta da diverse angolazioni, con diversi ruoli giocati, con aspetti visibili quando prima non lo erano. Cose che spesso si fanno nei film ricorrendo a flashback e che qui invece procedono avanzando nel tempo.
Non è una banale ricostruzione di fatti secondo causa ed effetto nella quale, agendo nel passato, si può modificare il futuro a cui tornare. I vari Hector coesistono sul tempo lineare che diventa in realtà virtuale rispetto a quello circolare perché i fatti si spiegano solo se si accetta il triplicamento dello stesso.
Una trama che affascina, diverte. Coinvolge anche per l'attenzione che richiede nel memorizzare ogni situazione che si ripete, con la solita morbosa voglia di cercare l'incoerenza che però non c'è.
Si può girare con quattro soldi un film molto originale? Sì.
Continuo a pensare che anzitutto devono esserci le Idee, che io chiamo sempre e genericamente Contenuti, poi vengano, anzi ben-vengano, effetti, pure 3 e 4 D, tutto quello che si vuole.
Bravissimo Vigalondo! Anche sceneggiatore e attore (interpreta lo scienziato). Un altro talentuoso spagnolo, paese che ormai definire emergente è molto riduttivo. Ne sentiremo ancora parlare.
sabato 10 aprile 2010
Tokyo Gore Police
Buon titolo non mente.
Se l'horror gore ipersplatter vi è ostico fuggitene.
Se altrimenti... CORRETE A GUARDARLO!
In una Tokyo del futuro la funzione pubblica della polizia è stata privatizzata. Appaltatrice la Tokyo Police Corporation, con divise medioevali e metodi brutali. I criminali più pericolosi da combattere sono gli Engineer, umani geneticamente modificati da un tumore a forma di chiave. Praticamente invincibili, le loro parti del corpo si ricostruiscono da sé in modo imprevedibile se mutilati; sola maniera di ucciderli è estirpargli la "chiave".
Ruka, quel gran pezzo di figliola che vedete in locandina, è la migliore cacciatrice di Engineer...
Un incredibile fumetto-film che strizza l'occhio anche all'amato cyberpunk. Scene di una fantasia impressionante, cose inimmaginabili nella deformazione e devastazione dei corpi. Agevolo in fondo alla recensione un paio di frame. Il primo è una donna chiocciola, s'intravede il carapace. Il secondo, con quella specie di donna ragno, è l'inizio di una scena di combattimento spaventosa.
Nonostante lo scopo risieda interamente nella spettacolarizzazione di ogni situazione, il film ha contenuti. C'è una forte presa in giro (con non pochi momenti di sadica ilarità) di una società che tende al liberismo più selvaggio che porta inevitabilmente all'anarchia nel senso animalesco. Tutta la narrazione è frammentata da assurde pubblicità delle tv locali dove si incita all'uso di lamette per polsi, all'acquisto di katana mostrando come funziona. Tormentone gli spot della stessa Police Corporation dove, ad esempio, mostrano come ammazzano un presunto killer o fanno giocare a pallone dei bambini con la testa di un assassino appena catturato! Dopotutto il prodotto che vendono è quello.
Premiato come miglior film al Fant-Asia Film Festival di Montreal nel 2008.
Come già detto, prerequisiti compresi, è IMPERDIBILE.
Se l'horror gore ipersplatter vi è ostico fuggitene.
Se altrimenti... CORRETE A GUARDARLO!
In una Tokyo del futuro la funzione pubblica della polizia è stata privatizzata. Appaltatrice la Tokyo Police Corporation, con divise medioevali e metodi brutali. I criminali più pericolosi da combattere sono gli Engineer, umani geneticamente modificati da un tumore a forma di chiave. Praticamente invincibili, le loro parti del corpo si ricostruiscono da sé in modo imprevedibile se mutilati; sola maniera di ucciderli è estirpargli la "chiave".
Ruka, quel gran pezzo di figliola che vedete in locandina, è la migliore cacciatrice di Engineer...
Un incredibile fumetto-film che strizza l'occhio anche all'amato cyberpunk. Scene di una fantasia impressionante, cose inimmaginabili nella deformazione e devastazione dei corpi. Agevolo in fondo alla recensione un paio di frame. Il primo è una donna chiocciola, s'intravede il carapace. Il secondo, con quella specie di donna ragno, è l'inizio di una scena di combattimento spaventosa.
Nonostante lo scopo risieda interamente nella spettacolarizzazione di ogni situazione, il film ha contenuti. C'è una forte presa in giro (con non pochi momenti di sadica ilarità) di una società che tende al liberismo più selvaggio che porta inevitabilmente all'anarchia nel senso animalesco. Tutta la narrazione è frammentata da assurde pubblicità delle tv locali dove si incita all'uso di lamette per polsi, all'acquisto di katana mostrando come funziona. Tormentone gli spot della stessa Police Corporation dove, ad esempio, mostrano come ammazzano un presunto killer o fanno giocare a pallone dei bambini con la testa di un assassino appena catturato! Dopotutto il prodotto che vendono è quello.
Premiato come miglior film al Fant-Asia Film Festival di Montreal nel 2008.
Come già detto, prerequisiti compresi, è IMPERDIBILE.
Crank 2 : High Voltage
Sequel dell'adrenalinico Crank, dove l'indistruttibile Chev alla fine precipita da un elicottero rimbalzando come gomma sul tetto di una macchina. Si ritrova faccia a terra, ma gli occhi si muovono ancora.
Questo riparte da quella scena, poi in una sala operatoria dove improbabili chirurghi cinesi gli asportano il cuore e glie ne mettono uno artificiale: intento è di asportargli tutti gli organi per trapiantarli all'anziano boss della mala cinese che deve rifarsi il corpo a nuovo e vuole pezzi di pregio. Chev ovvio che scapperà, ma c'è il problema, prima che riesca a ritrovare il suo cuore per reimpiantarselo, di fornire corrente elettrica a quello di cui ora dispone...
Caccia ai ladri di organi e continua ricerca di corrente elettrica per non collassare. Come per il precedente, film ad altissima velocità, 1h30' di videoclip praticamente: sparatorie, inseguimenti, botte, sesso, di tutto. Altra esibizione di riprese della coppia Taylor & Neveldine. Tutto da godere per svago puro.
Il film uscì 3 anni dopo il primo, un tempo ragionevole. Visti così, nell'arco di pochi giorni, inevitabilmente il sapore non gradevolissimo del repetita annoiant si fa un po' sentire, è un problema che sento spesso nelle mie "sbobinate" di registi a tema e ne sono consapevole.
Paragonato al primo Crank perde qualcosa, e in termini di originalità, e in termini di livello.
A prescindere da ciò, in termini assoluti è sicuramente un film divertente.
N.B.: nonostante il finale distruttivo, gli occhi ancora si muovevano, ergo...
Questo riparte da quella scena, poi in una sala operatoria dove improbabili chirurghi cinesi gli asportano il cuore e glie ne mettono uno artificiale: intento è di asportargli tutti gli organi per trapiantarli all'anziano boss della mala cinese che deve rifarsi il corpo a nuovo e vuole pezzi di pregio. Chev ovvio che scapperà, ma c'è il problema, prima che riesca a ritrovare il suo cuore per reimpiantarselo, di fornire corrente elettrica a quello di cui ora dispone...
Caccia ai ladri di organi e continua ricerca di corrente elettrica per non collassare. Come per il precedente, film ad altissima velocità, 1h30' di videoclip praticamente: sparatorie, inseguimenti, botte, sesso, di tutto. Altra esibizione di riprese della coppia Taylor & Neveldine. Tutto da godere per svago puro.
Il film uscì 3 anni dopo il primo, un tempo ragionevole. Visti così, nell'arco di pochi giorni, inevitabilmente il sapore non gradevolissimo del repetita annoiant si fa un po' sentire, è un problema che sento spesso nelle mie "sbobinate" di registi a tema e ne sono consapevole.
Paragonato al primo Crank perde qualcosa, e in termini di originalità, e in termini di livello.
A prescindere da ciò, in termini assoluti è sicuramente un film divertente.
N.B.: nonostante il finale distruttivo, gli occhi ancora si muovevano, ergo...
venerdì 9 aprile 2010
Le Locataire (aka The Tenant) - L'inquilino del terzo piano
Un uomo di origini polacche, Trelkovski, affitta un appartamento dopo una curiosa trattativa col proprietario che lo inonda di divieti. L'inquilina attuale, Simon Chule, è in fin di vita all'ospedale dopo essersi gettata dalla finestra. Incuriosito la va a trovare in ospedale, restandone particolarmente colpito. La ragazza morirà e Trelkovski prenderà possesso della casa, solo che dovrà rendersi conto che più che un condominio è una specie di Regno. Tra i condomini vige un regime, dominato dal locatore dispotico, la portinaia pretoriana ed altri: o stai con loro o sei contro. Una situazione di vita angosciante, anche perché i condomini manifestano altri comportamenti bizzarri...
La cosa lentamente produce nel brav'uomo una condizione di persecuzione che diventa sindrome, comincia ad immaginare anche situazioni non reali, percepisce da parte dei condomini e persino da persone esterne il progetto di ucciderlo o meglio di portarlo al suicidio, proprio come Simon ha fatto prima di lui. All'inizio la situazione è persino relativamente comica, poi il film cresce, fino alla fine, in continua angoscia. E non c'è soluzione.
Film misterioso e per questo affascinante, sia per quanto accade che per un finale che "accerchia" la trama. Tante le domande e le possibili interpretazioni: è tutto immaginato o Trelkovski ha realmente vissuto quelle esperienze? cosa rappresentano i geroglifici egizi che trova nel bagno comune? che senso hanno i denti nel muro? MA la domanda irrisolvibile è: quanto della perfidia dei vicini è reale o immaginata?
Non ho risposte proponibili.
Cito solo un curioso momento in cui il protagonista, parlando di fatti di cronaca riguardo a mutilazioni, si chiede se ogni singola parte del corpo contiene il nome della persona che la possedeva o meno, davvero interessante e qua il discorso può sconfinare nel religioso. Fatto sta che un braccio non ha diritto a sepoltura se non quando viene tumulato insieme a tutto il resto del corpo. Mi ha fatto ridere parecchio!
Scritto, diretto e interpretato da protagonista dallo stesso Roman Polanski, BRAVISSIMO in tutti i ruoli, tratto dal romanzo "Le locataire chimérique" di Roland Topor. Non capisco con che logica un polacco naturalizzato francese diventi nel doppiaggio un francese naturalizzato italiano, a riguardo dell'accento, ma devo dire che la cosa rende benissimo, soprattutto nel tono di voce dimesso.
Ho letto che è stato fatto uso, tra i primi film in assoluto a farlo, della Louma. Alcune riprese hanno effettivamente angolazioni da vertigine, in particolare quelle all'interno del cortile sono notevolissime.
IMPERDIBILE! Non stancherebbe se visto più volte.
Con "Rosemary's Baby" Roman aveva già rasentato l'Olimpo. Con questo ci entra a pieno titolo, anche per accumulo di meriti.
Non posso non citare, per affinità anche se ben diverso, un altro splendido film d'horror condominiale: La Comunidad - Intrigo all'ultimo piano.
La cosa lentamente produce nel brav'uomo una condizione di persecuzione che diventa sindrome, comincia ad immaginare anche situazioni non reali, percepisce da parte dei condomini e persino da persone esterne il progetto di ucciderlo o meglio di portarlo al suicidio, proprio come Simon ha fatto prima di lui. All'inizio la situazione è persino relativamente comica, poi il film cresce, fino alla fine, in continua angoscia. E non c'è soluzione.
Film misterioso e per questo affascinante, sia per quanto accade che per un finale che "accerchia" la trama. Tante le domande e le possibili interpretazioni: è tutto immaginato o Trelkovski ha realmente vissuto quelle esperienze? cosa rappresentano i geroglifici egizi che trova nel bagno comune? che senso hanno i denti nel muro? MA la domanda irrisolvibile è: quanto della perfidia dei vicini è reale o immaginata?
Non ho risposte proponibili.
Cito solo un curioso momento in cui il protagonista, parlando di fatti di cronaca riguardo a mutilazioni, si chiede se ogni singola parte del corpo contiene il nome della persona che la possedeva o meno, davvero interessante e qua il discorso può sconfinare nel religioso. Fatto sta che un braccio non ha diritto a sepoltura se non quando viene tumulato insieme a tutto il resto del corpo. Mi ha fatto ridere parecchio!
Scritto, diretto e interpretato da protagonista dallo stesso Roman Polanski, BRAVISSIMO in tutti i ruoli, tratto dal romanzo "Le locataire chimérique" di Roland Topor. Non capisco con che logica un polacco naturalizzato francese diventi nel doppiaggio un francese naturalizzato italiano, a riguardo dell'accento, ma devo dire che la cosa rende benissimo, soprattutto nel tono di voce dimesso.
Ho letto che è stato fatto uso, tra i primi film in assoluto a farlo, della Louma. Alcune riprese hanno effettivamente angolazioni da vertigine, in particolare quelle all'interno del cortile sono notevolissime.
IMPERDIBILE! Non stancherebbe se visto più volte.
Con "Rosemary's Baby" Roman aveva già rasentato l'Olimpo. Con questo ci entra a pieno titolo, anche per accumulo di meriti.
Non posso non citare, per affinità anche se ben diverso, un altro splendido film d'horror condominiale: La Comunidad - Intrigo all'ultimo piano.
The Poughkeepsie Tapes
La storia vera o presunta di un serial killer soprattutto di donne, mai acciuffato, sadico e necrofilo, col vizietto di filmare tutto delle sue imprese, dall'appostamento alle violenze. Film dedicato a Cheryl Dempsey, ragazza ridotta in schiavitù per 8 anni che ne ha subite di ogni, un caso limite della follia del personaggio.
Pochi giorni dopo l'esecuzione a morte di James Foley, ritenuto colpevole, si scopre non chi è ma dove risiede il vero killer. L'incursione porta alla liberazione di Cheryl, che però ha il cervello in poltiglia come il corpo se non peggio, la scoperta d'innumerevoli resti di cadaveri e il rinvenimento di molte e catalogate vhs...
Il film è fiction ma interamente girato come un documentario: interviste ad esperti del settore, investigatori, profiler, parenti delle vittime, testimoni, immagini di repertorio.
La parte del leone, quella che più intriga il voyeur, la fanno ovviamente i pezzi in cui vengono riprodotte le cassette, sgranatissimi al limite del vedibile, ma decisamente tosti. Purtroppo non ci viene mostrato il core: vivisezioni, amputazioni, compressioni, ci vengono negate. Pazienza, sono scene molto arrapanti ugualmente.
Tanto di cappello allo sputtanamento della pena di morte. E' un film prodotto in america, la cosa va notata.
Quello che però è quasi irrisolvibile è: ma i fatti narrati sono davvero accaduti? possibile che di un personaggio così efferato non esista uno straccio di articolo o documento nell'infinito mare del web? Oh, io ho googleato a lungo, ma dei nomi citati, o di fatti simili, non ho trovato nulla! Tranne infiniti link che portano a recensioni od info del film in questione. Quindi? E' un grande fake a mio parere, una fiction totale spacciata come storia reale. Con un solo Ma possibile e cioè che si sia utilizzata una storia vera in modo completamente distorto. Diciamolo poi che quei vhs sono assolutamente falsi e in molti momenti è evidente che non si potevano realizzare certe riprese senza essere visti dalle vittime ancora ignare, lì ha peccato d'ingenuità la regia, e siamo indulgenti sull'opera prima.
Ha senso un film così? Non ne guarderei un altro, però nella misura in cui mettiamo in discussione il potere persuasivo di cinema, o di tv soprattutto perché le cose appaiono come in una trasmissione serale d'approfondimento, dico Sì. Non guasta tenere sempre a mente che non è che siccome una cosa viene mostrata sul video allora è certamente autentica. Un concetto banale per chi sta attento al fenomeno, trascuratissimo invece da molti ed il fatto che possedere tv è così importante per il Potere lo dimostra. Se l'attenzione, il senso critico, la mancanza di fede cieca nel mezzo televisivo fosse un'abitudine a larga diffusione certi personaggi dovrebbero porre le loro mire da altre parti.
Pochi giorni dopo l'esecuzione a morte di James Foley, ritenuto colpevole, si scopre non chi è ma dove risiede il vero killer. L'incursione porta alla liberazione di Cheryl, che però ha il cervello in poltiglia come il corpo se non peggio, la scoperta d'innumerevoli resti di cadaveri e il rinvenimento di molte e catalogate vhs...
Il film è fiction ma interamente girato come un documentario: interviste ad esperti del settore, investigatori, profiler, parenti delle vittime, testimoni, immagini di repertorio.
La parte del leone, quella che più intriga il voyeur, la fanno ovviamente i pezzi in cui vengono riprodotte le cassette, sgranatissimi al limite del vedibile, ma decisamente tosti. Purtroppo non ci viene mostrato il core: vivisezioni, amputazioni, compressioni, ci vengono negate. Pazienza, sono scene molto arrapanti ugualmente.
Tanto di cappello allo sputtanamento della pena di morte. E' un film prodotto in america, la cosa va notata.
Quello che però è quasi irrisolvibile è: ma i fatti narrati sono davvero accaduti? possibile che di un personaggio così efferato non esista uno straccio di articolo o documento nell'infinito mare del web? Oh, io ho googleato a lungo, ma dei nomi citati, o di fatti simili, non ho trovato nulla! Tranne infiniti link che portano a recensioni od info del film in questione. Quindi? E' un grande fake a mio parere, una fiction totale spacciata come storia reale. Con un solo Ma possibile e cioè che si sia utilizzata una storia vera in modo completamente distorto. Diciamolo poi che quei vhs sono assolutamente falsi e in molti momenti è evidente che non si potevano realizzare certe riprese senza essere visti dalle vittime ancora ignare, lì ha peccato d'ingenuità la regia, e siamo indulgenti sull'opera prima.
Ha senso un film così? Non ne guarderei un altro, però nella misura in cui mettiamo in discussione il potere persuasivo di cinema, o di tv soprattutto perché le cose appaiono come in una trasmissione serale d'approfondimento, dico Sì. Non guasta tenere sempre a mente che non è che siccome una cosa viene mostrata sul video allora è certamente autentica. Un concetto banale per chi sta attento al fenomeno, trascuratissimo invece da molti ed il fatto che possedere tv è così importante per il Potere lo dimostra. Se l'attenzione, il senso critico, la mancanza di fede cieca nel mezzo televisivo fosse un'abitudine a larga diffusione certi personaggi dovrebbero porre le loro mire da altre parti.
giovedì 8 aprile 2010
Crank
Parte con la telecamera in un appartamento che deforma tutto, sbatte a destra e a manca, e già si pregusta che questo film l'ha fatto qualcuno che sa usare lo strumento, che si diverte ad usarlo.
Poi scopri che sei nella testa di Chev, killer "pentito" che vuole uscire dal giro ma glie l'han fatta pagare l'ultima missione e gli hanno iniettato una micidiale droga sintetica cinese per ucciderlo. Dovrebbe essere già morto, ma... perché? Chiama il suo dottore e scopre che tenendo alto il livello di adrenalina combatte l'effetto mortale della droga. Chev vuole almeno il tempo per vendicarsi....
E che espediente vuoi più di questo? Condannato ad agire in fretta, sempre in corsa, velocità da jet che ogni tanto rompe anche il muro del suono, con qualche rarissimo momento di pausa per vedere se il cuore batte ancora. Riprese da ogni angolazione, musiche in prevalenza metal ma c'è di tutto anche in questo campo, e per non farsi mancare nulla anche non poche scene da ridere di gusto.
In breve: intrattenimento alla grande, godimento puro. L'ex tuffatore Jason Statham è un grande hard-to-die, tra i migliori del momento.
Ho apprezzato molto che nonostante le tecniche grafiche permettano "numeri" impressionanti negli action movie moderni, questo film mantiene ancora una prevalente fisicità reale, le immagini sono frutto di riprese e non post-prodotte (certo, poi al montaggio s'è lavorato abbestia), e questo mantiene il film nella dimensione umana e non extra-tale. Una scelta vincente, il "realismo" rende il tutto ancora più coinvolgente.
Da non perdere.
Poi scopri che sei nella testa di Chev, killer "pentito" che vuole uscire dal giro ma glie l'han fatta pagare l'ultima missione e gli hanno iniettato una micidiale droga sintetica cinese per ucciderlo. Dovrebbe essere già morto, ma... perché? Chiama il suo dottore e scopre che tenendo alto il livello di adrenalina combatte l'effetto mortale della droga. Chev vuole almeno il tempo per vendicarsi....
E che espediente vuoi più di questo? Condannato ad agire in fretta, sempre in corsa, velocità da jet che ogni tanto rompe anche il muro del suono, con qualche rarissimo momento di pausa per vedere se il cuore batte ancora. Riprese da ogni angolazione, musiche in prevalenza metal ma c'è di tutto anche in questo campo, e per non farsi mancare nulla anche non poche scene da ridere di gusto.
In breve: intrattenimento alla grande, godimento puro. L'ex tuffatore Jason Statham è un grande hard-to-die, tra i migliori del momento.
Ho apprezzato molto che nonostante le tecniche grafiche permettano "numeri" impressionanti negli action movie moderni, questo film mantiene ancora una prevalente fisicità reale, le immagini sono frutto di riprese e non post-prodotte (certo, poi al montaggio s'è lavorato abbestia), e questo mantiene il film nella dimensione umana e non extra-tale. Una scelta vincente, il "realismo" rende il tutto ancora più coinvolgente.
Da non perdere.
mercoledì 7 aprile 2010
Le genou de Claire - Il ginocchio di Claire
Jerome è in vacanza al lago. Scorazza con un piccolo motoscafo e scopre che vicino, in un'altra villa sul lago, è in vacanza una sua amica scrittrice ospite di un'amica e Jerome comincia a frequentarli.
Laura, 16enne figlia della proprietaria, s'innamorerà di lui. Jerome è in procinto di sposarsi, ma sta al gioco, più spinto dalla scrittrice che da reali intenzioni. Portata Laura vicina alla realtà del rapporto irrealizzabile di fatto l'allontanerà.
Sarà invece attratto da Claire, sorella acquisita di Laura che li raggiungerà qualche giorno dopo.
Il corpo e le movenze di Claire, soprattutto quel ginocchio che ha visto sfiorato dal ragazzo di lei, lo affascinano, però in questo caso, pur non desiderando un rapporto completo con lei, desidera affascinarla, in qualche modo conquistarla. Toccare quel ginocchio diventerà una sfida. Ancora una volta la scrittrice sarà determinante...
Penultimo dei 6 Racconti Morali di Rohmer, affronta con la consueta eleganza il tema della maturità sessuale, sia negli adolescenti che desiderano diventare adulti, sia degli adulti che faticano ad abbandonare la libertà spensierata e piena d'opportunità dell'adolescenza. Il giovane sa che diventerà adulto e capirà meglio determinati "comportamenti" anche se nel contingente vive i suoi disagi; l'adulto, maturo ed intelligente, vorrebbe poter godere della sua "sapienza" con un corpo ed una vita sociale giovanile che non gli appartiene più.
Dialoghi semplici e sofisticati, con poche ma dosate e pesate parole, come in un grande romanzo. Tanta dolcezza, che trova nel paesaggio lacustre uno sfondo perfetto.
M'è piaciuto molto.
Laura, 16enne figlia della proprietaria, s'innamorerà di lui. Jerome è in procinto di sposarsi, ma sta al gioco, più spinto dalla scrittrice che da reali intenzioni. Portata Laura vicina alla realtà del rapporto irrealizzabile di fatto l'allontanerà.
Sarà invece attratto da Claire, sorella acquisita di Laura che li raggiungerà qualche giorno dopo.
Il corpo e le movenze di Claire, soprattutto quel ginocchio che ha visto sfiorato dal ragazzo di lei, lo affascinano, però in questo caso, pur non desiderando un rapporto completo con lei, desidera affascinarla, in qualche modo conquistarla. Toccare quel ginocchio diventerà una sfida. Ancora una volta la scrittrice sarà determinante...
Penultimo dei 6 Racconti Morali di Rohmer, affronta con la consueta eleganza il tema della maturità sessuale, sia negli adolescenti che desiderano diventare adulti, sia degli adulti che faticano ad abbandonare la libertà spensierata e piena d'opportunità dell'adolescenza. Il giovane sa che diventerà adulto e capirà meglio determinati "comportamenti" anche se nel contingente vive i suoi disagi; l'adulto, maturo ed intelligente, vorrebbe poter godere della sua "sapienza" con un corpo ed una vita sociale giovanile che non gli appartiene più.
Dialoghi semplici e sofisticati, con poche ma dosate e pesate parole, come in un grande romanzo. Tanta dolcezza, che trova nel paesaggio lacustre uno sfondo perfetto.
M'è piaciuto molto.
Sin City
FUMETTI IN TIVVU', FUMETTI IN TIVVU-U-U-UUUUU!!!
'Mmazza che robba aho! Teste che volano, mani mozzate, mignotte strafighe che te sparano o te pijano e te fanno a fette colla katana, eroi invincibili che manco se je metti 'na bomba a mano nelle mutande moiono, 'tacci loro se so' fforti! O famo strano 'sto filme? E famolo va'! ...
Facevano bene Nick Carter e soci. I fumetti in tivvù sempre fumetti restavano. E me li godevo. Quando ci fai il film possono venire fuori delle gran cose oppure delle insensate boiate.
Peccato che questo film non l'han fatto Tsukamoto o Miike, 2 nomi così a caso, che ti fanno scorrere i brividi su tutta la spina dorsale, altro che 'sta roba da educande!
Qua il vero "regista" è Rodriguez. Miller, autore di culto del fumetto di culto omonimo, partecipa a sceneggiatura e regia. Tarantino serve al botteghino, non fa praticamente un beato C, poco male, ma è Doveroso citarlo.
Con una voce monotona fuori campo, amusica e spaccagonadi, entriamo nella testa di 3 "eroi" di questa città perennemente notturna, disumana e violenta. 3 episodi che prima della fine intrecciano le loro storie (oooohhhhh, che stuporeeee!!) in un miserrimo tentativo di continuità. Bon, sulla trama detto pure troppo.
Cast iperspaziale, qualche nota sui protagonisti eroici principali:
- Bruce Willis è un duro nato, il suo pezzo non è male, forse il più noir, ma quante chiacchiere inutili!
- Eccezionale, ed è quello che salva la pellicola dal più profondo del mio Ade, il pezzo di Mickey Rourke. Molta azione, personaggio sadico e sanguinario con senso dell'onore, deforme nel viso e nella mente. Attore eccezionale che manco 'sto trio medusa è riuscito a smerdare.
- Clive Owen, e tutto il suo pezzo, sono patetici.
Mi spiace trattare così un film (non il fumetto, il film!) che ha devoti sostenitori, lo dico sinceramente. Solo che se lo raffronto a quello che i 2 registi che ho nominato sopra sono in grado di fare... che altro posso dire?
C'è gente che dice "... 2 ore di adrenalina!..." Mha... dopo il pezzo di Mickey Rourke ho sbadigliato per 1h20', a prendermi a pugni sui "gioielli" intorpiditi per non addormentarmi.
Sono convinto che se mi capiterà di leggere il fumetto proverò ben altre sensazioni. La lettura è cosa molto diversa, la narrazione avviene nella tua mente, è un pensiero incanalato.
Non capisco come Miller abbia potuto apprezzare questo scempio. Meglio che si occupi di fumetti e lasci fare il Cinema ad altri. Oppure, caro Miller, vai in Corea o in Giappone, dai registi coi registri cerebrali giusti per fare questo genere di cose, e ne vedrai, ma soprattutto ne vedremo, delle belle!
'Mmazza che robba aho! Teste che volano, mani mozzate, mignotte strafighe che te sparano o te pijano e te fanno a fette colla katana, eroi invincibili che manco se je metti 'na bomba a mano nelle mutande moiono, 'tacci loro se so' fforti! O famo strano 'sto filme? E famolo va'! ...
Facevano bene Nick Carter e soci. I fumetti in tivvù sempre fumetti restavano. E me li godevo. Quando ci fai il film possono venire fuori delle gran cose oppure delle insensate boiate.
Peccato che questo film non l'han fatto Tsukamoto o Miike, 2 nomi così a caso, che ti fanno scorrere i brividi su tutta la spina dorsale, altro che 'sta roba da educande!
Qua il vero "regista" è Rodriguez. Miller, autore di culto del fumetto di culto omonimo, partecipa a sceneggiatura e regia. Tarantino serve al botteghino, non fa praticamente un beato C, poco male, ma è Doveroso citarlo.
Con una voce monotona fuori campo, amusica e spaccagonadi, entriamo nella testa di 3 "eroi" di questa città perennemente notturna, disumana e violenta. 3 episodi che prima della fine intrecciano le loro storie (oooohhhhh, che stuporeeee!!) in un miserrimo tentativo di continuità. Bon, sulla trama detto pure troppo.
Cast iperspaziale, qualche nota sui protagonisti eroici principali:
- Bruce Willis è un duro nato, il suo pezzo non è male, forse il più noir, ma quante chiacchiere inutili!
- Eccezionale, ed è quello che salva la pellicola dal più profondo del mio Ade, il pezzo di Mickey Rourke. Molta azione, personaggio sadico e sanguinario con senso dell'onore, deforme nel viso e nella mente. Attore eccezionale che manco 'sto trio medusa è riuscito a smerdare.
- Clive Owen, e tutto il suo pezzo, sono patetici.
Mi spiace trattare così un film (non il fumetto, il film!) che ha devoti sostenitori, lo dico sinceramente. Solo che se lo raffronto a quello che i 2 registi che ho nominato sopra sono in grado di fare... che altro posso dire?
C'è gente che dice "... 2 ore di adrenalina!..." Mha... dopo il pezzo di Mickey Rourke ho sbadigliato per 1h20', a prendermi a pugni sui "gioielli" intorpiditi per non addormentarmi.
Sono convinto che se mi capiterà di leggere il fumetto proverò ben altre sensazioni. La lettura è cosa molto diversa, la narrazione avviene nella tua mente, è un pensiero incanalato.
Non capisco come Miller abbia potuto apprezzare questo scempio. Meglio che si occupi di fumetti e lasci fare il Cinema ad altri. Oppure, caro Miller, vai in Corea o in Giappone, dai registi coi registri cerebrali giusti per fare questo genere di cose, e ne vedrai, ma soprattutto ne vedremo, delle belle!
martedì 6 aprile 2010
Raining stones - Piovono pietre
Colmo una lacuna nella mia filmografia di "Ken il rosso".
"Quando piove sui poveri piovono pietre" è un proverbio inglese che ispira il titolo. Di proverbi italiani analoghi non ne mancano.
Bob vive a Manchester gli anni della deregulation liberista attuata da margaret thatcher.
E' disoccupato, moglie e bimba piccola che deve fare la comunione a carico. Insieme all'amico Tom cerca ogni espediente possibile per racimolare denaro, compreso piccoli furti.
Molto cattolico, è fissato che la figlia deve avere per la cerimonia un vestitino degno d'una principessa. Rifiuta ogni compromesso, ma la cifra da sborsare è per lui altissima. Finirà in mano ai cravattari...
Un'area degradata quella ritratta, dove di "bob" ce n'è in ogni angolo si guardi. Persone oneste e perbene che, perso il lavoro, hanno un'età che non gli permette alcuna opportunità. Per i giovani le prospettive non sono più rosee. A tratti divertente, in sostanza una escalation di problemi dei quali il finire col chiedere soldi agli strozzini ne rappresenta l'apice, quasi il punto d'arrivo finale.
Curioso che sia proprio la fede cattolica e non quella anglicana a costituire il solo punto fermo del povero Bob, o forse al posto di curioso bisognerebbe dire significativo.
Girato con molti attori non professionisti, ha il solito e mai noioso realismo tipico del regista. Il dramma che precede il finale, quando l'usuraio va a casa di Bob a minacciare moglie e figlia essendo lui assente, è una scena fortissima.
Merita decisamente la visione. Per chi ama il vero Ken Loach è obbligatorio.
"Quando piove sui poveri piovono pietre" è un proverbio inglese che ispira il titolo. Di proverbi italiani analoghi non ne mancano.
Bob vive a Manchester gli anni della deregulation liberista attuata da margaret thatcher.
E' disoccupato, moglie e bimba piccola che deve fare la comunione a carico. Insieme all'amico Tom cerca ogni espediente possibile per racimolare denaro, compreso piccoli furti.
Molto cattolico, è fissato che la figlia deve avere per la cerimonia un vestitino degno d'una principessa. Rifiuta ogni compromesso, ma la cifra da sborsare è per lui altissima. Finirà in mano ai cravattari...
Un'area degradata quella ritratta, dove di "bob" ce n'è in ogni angolo si guardi. Persone oneste e perbene che, perso il lavoro, hanno un'età che non gli permette alcuna opportunità. Per i giovani le prospettive non sono più rosee. A tratti divertente, in sostanza una escalation di problemi dei quali il finire col chiedere soldi agli strozzini ne rappresenta l'apice, quasi il punto d'arrivo finale.
Curioso che sia proprio la fede cattolica e non quella anglicana a costituire il solo punto fermo del povero Bob, o forse al posto di curioso bisognerebbe dire significativo.
Girato con molti attori non professionisti, ha il solito e mai noioso realismo tipico del regista. Il dramma che precede il finale, quando l'usuraio va a casa di Bob a minacciare moglie e figlia essendo lui assente, è una scena fortissima.
Merita decisamente la visione. Per chi ama il vero Ken Loach è obbligatorio.
lunedì 5 aprile 2010
Gli onorevoli
Franca Valeri interpreta una candidata DC, femminista con moderazione, essenzialmente arrivista, si muove con agilità fra intrighi orditi ai suoi danni. Gino Cervi è Rossani Breschi candidato del PLI ed editore dello scrittore Saverio Fallopponi attivista del PCI, ha un elettorato d'alta borghesia. Peppino De Filippo è candidato del MSI e viene ridicolizzato da Walter Chiari che, suo regista per la tribuna politica televisiva, lo trucca come un trans di strada.
Film sostanzialmente ad episodi, solo che vengono proposti in più riprese alternativamente. Intorno ai personaggi citati tutto l'entourage tipico, tra strilloni, comizi, aperitivi, propagande varie... tanti luoghi comuni oggi che allora sputtanarli così non era proprio banale.
Il pezzo forte che ha reso celebre questo film è, occorre dirlo?, il mitico ANTONIO LA TRIPPA, candidato dell'inesistente Partito della Restaurazione, interpretato da Totò.
Tromba con la sveglia da caserma alle 7 di mattina anche di domenica per tutto il condominio, tappezzato coi suoi manifesti. Poi dalla finestra del bagno con un enorme imbuto ad urlare ITALIANIIIIII !! VOTATE ANTONIO LA TRIPPA !! ed il tormentone "votantonio-votantonio-votantonio" che ripete in continuazione. TOTO' E' UN GENIO e qui sono io che urlo.
Il povero La Trippa quando si recherà a Roccasecca per il suo comizio, paese dove riceverà quasi certamente un plebiscito, scoprirà le macchinazioni che ci sono dietro la politicaccia infame che ancor non ci difetta. Povero perché, per quanto insopportabile e anacronistico nei modi, era animato da un sano ed onesto spirito di mettersi al servizio del popolo, e invece... Durante il suo discorso sarà encomiabile.
Il film nel complesso non è proprio una meraviglia, ma Antonio La Trippa è e sarà sine die una Leggenda.
Film sostanzialmente ad episodi, solo che vengono proposti in più riprese alternativamente. Intorno ai personaggi citati tutto l'entourage tipico, tra strilloni, comizi, aperitivi, propagande varie... tanti luoghi comuni oggi che allora sputtanarli così non era proprio banale.
Il pezzo forte che ha reso celebre questo film è, occorre dirlo?, il mitico ANTONIO LA TRIPPA, candidato dell'inesistente Partito della Restaurazione, interpretato da Totò.
Tromba con la sveglia da caserma alle 7 di mattina anche di domenica per tutto il condominio, tappezzato coi suoi manifesti. Poi dalla finestra del bagno con un enorme imbuto ad urlare ITALIANIIIIII !! VOTATE ANTONIO LA TRIPPA !! ed il tormentone "votantonio-votantonio-votantonio" che ripete in continuazione. TOTO' E' UN GENIO e qui sono io che urlo.
Il povero La Trippa quando si recherà a Roccasecca per il suo comizio, paese dove riceverà quasi certamente un plebiscito, scoprirà le macchinazioni che ci sono dietro la politicaccia infame che ancor non ci difetta. Povero perché, per quanto insopportabile e anacronistico nei modi, era animato da un sano ed onesto spirito di mettersi al servizio del popolo, e invece... Durante il suo discorso sarà encomiabile.
Il film nel complesso non è proprio una meraviglia, ma Antonio La Trippa è e sarà sine die una Leggenda.
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