Incredibile parto di Polselli in zona thrilling con Rita Calderoni e Mickey Hargitay.
Eccolo, finalmente, quell'incredibile personaggio che risponde al nome di Renato Polselli alias Ralph Brown, nome de plume con il quale ha firmato sovente i suoi micidiali titoli, richiamo epocale per tutti gli appassionati di Bis italico. Si, perchè Polselli è un tipo di cinematografaro che solo l'amato genere/degenere poteva crescere e ospitare, professionista di lungo corso, sceneggiatore, regista, produttore con la sua G.R.P. Cinematografica (Gruppo Renato Polselli) pure attivo nel doppiaggio in seno alla Fono Roma, era uomo tanto amante della pellicola tanto quanto delle scommesse all'ippodromo, con le quali spesso si giocava i film, ma sempre e comunque pronto a investire e girare in barba ad ogni steccato imposto dai generi. Parliamo dunque di questo "Delirio caldo", e ci sia concesso di dire che mai titolo sia stato più azzeccato. Un thrilling anomalo, financo balordo, in cui il Dr. Herbert Lyutak (Mickey Hargitay), esperto di indagini "metereopsichiche", nonché maniaco sessuale impotente, gira per la città a caccia di giovini donne da denudare ed uccidere, mentre a casa lo aspetta ansiosa la bella consorte, ancora vergine, Marzia (Rita Calderoni) a sua volta non completamente sana di mente. Tra omicidi telefonati, indagini condotte da una polizia tra le più inette mai apparse sugli schermi nostrani, e i siparietti interpretati dal grande Tano Cimarosa (caratterista siculo per eccellenza del cinema italiano, pure regista del cult "Il Vizio ha le Calze Nere"), nel ruolo del "Crocchetta", il plot procede in stato lisergico, fino allo scioglimento finale, straordinario nella sua follia, in cui non si capisce neanche più chi siano le vere vittime di tutta quanta la vicenda. Difficile parlare con senso critico dei film di Polselli, sono film che vanno visti e vissuti, per poter godere degli squarci onirici gentilmente offerti dal Nostro, delle scene di omicidio con colonna sonora psycho-beat in sottofondo (di Gianfranco Reverberi), dei dialoghi assurdi e implausibili messi in bocca ai doppiatori, esempio calzante verso il finalissimo, quando arriva la polizia alla villa dei Lyutak chiedendo di entrare, e Mickey Hargitay si affaccia dalla balconata rispondendo con un incredibile "tra due minuti scendo e vi vengo ad aprire", sublime, inarrivabile, cialtrona genialità italiana.
Impianto thrilling, quindi, a sostenere l'impalcatura del plot, in cui i personaggi principali si muovono come in stato di trance, slegati totalmente dalla realtà messa in scena dal regista, disperati e impossibilitati a soddisfare le proprie esigenze sessuali. Il Dottore che vorrebbe possedere/uccidere la moglie, la stessa, che sogna al parco una relazione idilliaca con il marito, subisce il fascino dell'amica lesbica Joaquine (Christa Barrymore, altra sodale di Polselli). L'unico personaggio apparentemente normale, si fa per dire, risulta essere proprio il "Crocchetta", non a caso l'unico sospettato degli omicidi dalla polizia, rozzo, manesco, impagabile con il giubbotto aperto sul petto villoso e protagonista della scena di lotta con Mickey Hargitay che, avendolo immobilizzato con una catena, lo copisce di taglio sul collo con dei farlocchi colpi di Karate. Follia e omicidio secondo il vangelo di Polselli, il cui universo psicotronico difficilmente prevedeva la costruzione di una tensione costante o di un ritmo martellante tanto da sfiancare lo spettatore, tutt'altro, ai quali preferiva senza dubbio l'andamento ondivago della condizione onirica e, soprattutto, l'esposizione della "carnassa" delle sue amate attrici, tanto che amava ripetere che "quando hai una donna in un film, non ti serve altro".
E che donna, la bella Rita Calderoni, che esordì giovanissima con Petri in "Un Tranquillo Posto di Campagna" (1969), poi con Prandino Visconti ne "La Monaca di Monza" (1969) e pure ne "Il Commissario Pepe" (1969) di Ettore Scola con Tognazzi, anche se i catecumeni del bis la ricorderanno sicuramente in altre uscite strepitose, sovente alla corte di Polselli, come "La Verità Secondo Satana" (1972) del Nostro, lo scomparso "Questa libertà di avere le ali bagnate" (1971) di Alessandro Santini, l'immortale "Nuda Per Satana" (1974) di Luigi Batzella alias Paolo Solvay, circolato pure in versione hard, e "Il Trafficone" (1974) di Bruno Corbucci, con Enzo Cannavale, Carlo Giuffrè, Elio Zamuto e Tina Aumont.
Il grande Mickey (Myclòs) Hargitay, marito di Jayne Mansfield, uomo mite e gentile, a detta della Calderoni, molto attivo nelle produzioni italiane, "La Vendetta dei Gladiatori" (1964) di Luigi Capuano, ma anche e soprattutto "Il Boia Scarlatto" (1965) di Massimo Pupillo, ci ha lasciato nel 2006. Gran personaggio il vecchio Mickey, pure lui "irretito" da quel marpione di Polselli, uomo colto e preparato, ma anche cinematografaro pratico e veloce, che, quando gli americani gli chiesero un prologo ambientato in Vietnam proprio per l'incipit di "Delirio Caldo", lui se lo andò a girare nel prato di casa sua ad Arce. Grande Renato, personaggio già ampiamente riscoperto e celebrato dagli addetti ai lavori, fortunatamente anche per i primi lavori come "Ultimo Perdono" (1952), "L'Amante del Vampiro" (1960) e "Avventura al Motel" (1963) con Franchi e Ingrassia, ma, ci sia concesso in questa sede di rimarcare la geniale capacità di sfornare titoli inimitabili, che già da soli introducono lo spettatore all'effetto Polselli; impossibile non citare "Riti, Magie Nere e Segrete Orge nel Trecento" (1973) sempre con la Calderoni, la Barrymore e Hargitay, in origine un decamerotico poi trasformato in sexy-horror, oppure il celeberrimo "Casa dell'Amore...la Polizia Interviene" (1978), per non parlare di "Oscenità" (1979) e di "Torino Centrale del Vizio" (1979) accreditato a Bruno Vani (con il quale si produrrà anche in produzioni dichiaratamente hard), anche se l'epitaffio unico e insostituibile a cotanta carriera rimane e rimarrà per sempre, negli annali del bis ma anche oltre, l'immortale "Rivelazioni di uno Psichiatra sul Mondo Perverso del Sesso" (1973). Un titolo, un universo. Ciao Renato.
Renato Polselli 24 febbraio 1922 - 1 ottobre 2006
Belushi
Robydick:
Frameshow accompagnato dalla canzone dei titoli di coda del film, autore il citato Gianfranco Reverberi.
il frameshow mi inquieta un po....
RispondiEliminaAh ah! Ciao Cri! Te credo! Sempre mejo li frameshow de Roby Er Gajardo! Ha centrato in pieno il "Polselli Style" Un grande saluto! Però il pezzo non é male.
RispondiElimina..L'edizione americana o "Delirium", con il prologo assurdo in Vietnam, e un montaggio di scene molto più "spinte" e alternative, oltre ad un finale completamente diverso, ne fa un film assai differente. Posseggo il bel dvd con entrambe le versioni edito in R1 dalla benemerita Blue underground di William lustig, e soltanto perchè in questo caso lo trovai da Bloodbuster in una incredibile offerta a 2,90 euri, segno evidente della richiesta...Film assurdo come pochi e che poteva essere realizzato solo dal delirante Polselli, per tutti gli attratti dal misterioso eppure alquanto mai affascinante "brutto con una anima se non con del genio",Raul Lovecchio, o come è ben più famoso, "Raoul", che interpreta l'Ispettore Edwards, il più improbabile poliziotto credo mai visto al cinema, con le sue sgargianti camicie hawaiiane, e la zazzera bionda color polenta da showman di balere di liscio,era il celebre Raoul cantante delle versioni vocali di molti dei più famosi temi degli spaghetti western,nelle varie colonne sonore di Morricone, Nicolai, De Masi, Ortolani,ecc., e chi più ne ha, più ne metta.Come anche qui, per il tema del film composto dal maestro Reverberi, autore di rimarchevoli colonne sonore "psicotroniche", come anche questa. E c'è pure il grande Tano "No alla violenza" Cimarosa.
RispondiEliminaAh Ah Ah Ah! "Zazzera color polenta"!!! Proprio un ispettore stile Enrico Maria Salerno, il vecchio Raoul. Polselli era particolarmente dotato pure nello scegliere 'ste facce, qui però manca il sodale Isarco Ravaioli, ma si vede Stefano Oppedisano nel ruolo del giornalista, mi pare.
RispondiEliminaDi questo film ricordo proprio il ritmo e la grande faccia di Mickey Hargitay, decisamente da folle. Hai detto bene, un Polselli si deve vivere, è un trip onirico/weird, particolare, diverso da questioni prettamente psichedeliche.
RispondiEliminaQuesto mi piacque meno di "Riti...", che aveva degli spunti grotteschi sensazionali! :D
L'"Amante del vampiro", nonostante qualche polsellata è un gran bel gotico!
Ciao Occhio! Polselli è esperienza che un vero appassionato non può farsi mancare. Apprezzo pure io "L'Amante del vampiro" che comprai in dvd No Shame, sempre delirante e assurdo nei dialoghi, vero fiore all'occhiello di Polselli, che, lavorando nel doppiaggio mi pare che indicò ai nocturniani il titolo del porno con la voce di Renato Cigoli, il doppiatore del Duca in persona!
RispondiEliminagrande belushi! ero in ferie a passeggio, scusa i tardivi complimenti :)
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