lunedì 13 febbraio 2012

Banco Live, 1980

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Una breve descrizione dalla ricca pagina del sito ufficiale:
Erano anni di grandi sperimentazioni sensoriali e linguistiche. Il Banco aveva fatto per il mio film Garofano rosso (1975) la prima vera ed intenzionale colonna sonora rock del cinema italiano. Con loro avevo imparato a vedere con le orecchie, loro impararono da me ad ascoltare con gli occhi. Fu uno scambio vivido, che ci riempì di gioia creativa. Dopo aver lavorato insieme anche per il mio film Nella città perduta di Sarzana (1979) proseguimmo attraverso una serie di concerti che ripresi “live” nell'inverno del 1980, tra i quali quello magnifico di Viterbo. Luci tagliate e metalliche di Charles Rose, quattro telecamere, bellissimo suono dal mixer e i suggestivi trampoli di Assemblea Teatro. Il concerto è corredato di una preziosa conversazione con Vittorio Nocenzi, vero e proprio capitolo iniziale di una storia etica del rock italiano.
Queste le parole dello stesso Faccini.

I brani eseguiti nel dvd sono: Di Terra, Garofano rosso, E mi viene da pensare, R.I.P., Interno città, Capolinea, Il ragno, Non mi rompete, Circobanda.
Extra: La verità darwiniana del rock è una conversazione di Luigi Faccini con Vittorio Nocenzi.

Io ero un "robydick" nemmeno quindicenne nel 1980, muovevo i primi passi nella conoscenza della musica rock. La mia passione per la Progressive esplose intorno ai 16 anni, quindi un anno dopo questo concerto di cui ignoravo l'esistenza fino a pochi giorni fa. Trascorsi mesi a mettere esclusivamente LP dei Genesis sul mio giradischi, li sapevo a memoria. Poi cominciai a conoscere altri gruppi fino al mio amore massimo e mai sopito, gli Emerson Lake & PalmerNemmeno mi sognavo potessero esistere dei gruppi italiani su questo genere. Devo quindi ringraziare questo film per la scoperta! Chi non conosce i Banco del Mutuo Soccorso in questa loro veste iniziale e si guarderà questo film farà altrettanto, se un minimo apprezza il genere. Aggiungo: il gruppo stesso deve ringraziare Faccini per questa esclusiva perché mi pare che a quella data siano stati i soli a godere di un Regista di Cinema per ritrarre un concerto, nessun'altra band italiana ebbe questo privilegio.

Le immagini sono suggestive, con quei mimi e trampolieri sul palco e tra il pubblico. Il pubblico non viene dimenticato e che bello vedere donne giovani col bambino in braccio, tanta gente composta ad ascoltare! E' bello vedere questo, chi suona la musica e chi l'ascolta contenti di farlo. Il luogo non ha dimensioni oceaniche, c'è un che di umano, nel senso di relazione, tra gruppo e pubblico. Sicuramente tra i Banco, come in qualsiasi gruppo, c'erano i piccoli attriti che sono fisiologici, ma guardando il film, e probabilmente in quel momento era vero, appaiono come un'affiatata squadra che rifiuta solisti dominanti, sembra quasi non avere nemmeno uno a dirigere. Si divertono. Suonano, vedono gente soddisfatta di fronte a loro, e ne provano piacere. Dovrebbe essere sempre così, e sono molto, molto bravi.

La faccio breve: una visione che è un piacere e che consiglio tantissimo.
Consiglio anche l'interessante intervista a Vittorio Nocenzi. Molti i passaggi interessanti. Mi ha colpito quando parla della scelta sofferta di passare dalle composizioni libere in termini di stile e durata alle canzoni più consumabili da 3-4 minuti che il commercio richiedeva. Fu anche il momento in cui passarono a chiamarsi solamente "Banco", persino il nome andava accorciato evidentemente. Nocenzi parla del bivio davanti al quale si trovarono: proseguire con ostinazione nel loro stile rischiando di chiudersi in una nicchia oppure adeguarsi in qualche modo al mercato ed al tipo di prodotto che chiedeva. I Banco fecero la scelta che sappiamo. Nocenzi non si sbilancia a dire se fu giusta o sbagliata, e nemmeno io che scrivo nei suoi panni saprei prendere posizione. Per me è facile dire: guardo e ascolto solo quel che mi aggrada in barba a mode e modernità, senza patemi. Non devo camparci con quelle cose, vivo di altro.

Rimane una riflessione che alla mia età uno fa, soprattutto quando ha figli. Già durante la visione mi sono chiesto se una cosa del genere poteva piacere alla mia progenie, ci proverò a fargliela vedere anche se la vedo dura, sembra lontana secoli dalla musica che loro ascoltano. Ma posso dire che loro Ascoltano la musica? Io mi chiudevo in camera, mettevo su il disco e non esisteva altro per 45'. Adesso è molto diverso e io ancora oggi rifiuto l'ascolto della musica mentre mi occupo di altro. Con lettori portatili o altro quasi mai vedo consumare musica in contemplato trasporto, ammesso che un pezzo hip-hop possa permettere ciò. Una modalità di consumo che nemmeno contemplo. C'è una distanza fra me e loro enorme in questo senso e non solo in questo. E' una distanza più generale, sul linguaggio e sulla ricettività, cioè sul tipo di linguaggio e di espressione, verbale o artistica, che attira la nostra attenzione. Sono un matusa... passo dal profano al sacro, dai Bronski Beat di "The Age of Consent" ai Penguin Café Orchestra senza sdegnare la Quinta di Mahler o le Variazioni Goldberg di Glenn Gould, e quando ascolto la "mia" musica, quale che essa sia, nulla e nessuno deve disturbarmi.

Questo film/concerto resterà per sempre come una testimonianza importante, piovuta in un anno, il 1980, che salutava una concezione della musica già allora tenacemente resistente e legata più all'opera e alla classica che non ai tambureggiamenti in arrivo. E' come se fosse stato girato sul crine di un'alta montagna che ancora nella valle percorsa vedeva paesaggi eterogenei, prima di scollinare nella pianura dell'omologazione.
Una testimonianza che impegna occhi e orecchie, in questo senso educativa.

Robydick


7 commenti:

  1. eh, vabbè capolavoro. Sai, forse, quanto io ami la musica in generale e soprattutto quella italiana di quegli anni. Vera sperimentazione, avanguardia pura. ;)

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  2. ah, rispondo alla tua domanda sui giovini.. per quel che riguarda la mia esperienza: no! E non voglio dire che noi eravamo migliori.. so solo che anch'io quando volevo isolarmi, non mi sedevo davanti a uno schermo, ma infilavo delle cuffie (isolanti) e 'partivo'.. *

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  3. Quto petrolio ...mitico il Banco, mitici questi film, che purtroppo si è persa la voglia di fare.

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  4. cara Milena, tu hai gusti raffinati come il tuo scrivere. il mordente Alligatore pure. mi fido più di voi che di me in materia. :)

    io sono tra gli "ottimisti" che pensa che il mondo migliora sempre, visto nel suo globale. sul modo di consumare la musica, non su Quale musica, mi pare invece ci sia un peggioramento, e quindi anche nel Ruolo che la musica stessa può avere nella qualità della vita delle persone.

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  5. posso uscire un attimo dal coro? visto e amato il Banco nella prima metà dei 70,..nel 1980 siamo un pò,come dire,fuori tempo massimo per quel genere di prog..c'era ben altro da sentire,altro che aveva spazzato via proprio il prog(fra le altre cose)...

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  6. brazzz, non mi è parso di leggere "cori". come anche ho scritto, questo film è arrivato sul bordo di un'epoca. Faccini (ti faccio un'indiscrezione), che ha curato anche il montaggio e lo ha fatto a suo gusto, ha scelto con cura quali pezzi inserire nel film, con qualche disappunto dei Banco che han visto fuori dalla pellicola i pezzi più "leggeri". è un film testimonianza. un genere poi può essere spazzato commercialmente, ma quel che ha dato rimane in eterno quando di qualità.
    a mio parere :)

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  7. Grandissimi Banco, all'epoca, ma senza gli AshRaTemple, Klaus Schulze, Manuel Gottsching (ascoltare "Inventions for electric guitar", per capirsi)e tanti altri del Kraut-rock o elektronische prima, forse, non sarebbero esistiti. Anche se, non erano soltanto dei virtuosi, ma anche dei creativi. Vedo che si stava già riproponendo qui nei commenti, l'infinita contrapposizione tra la musica elettronica o comunque progressive, ancora "elettrica", e fatta realmente con gli strumenti e i sintetizzatori dai suoni distorti dell'epoca, e quella digitale contemporanea, fatta perlopiù di campionamenti al computer e di suoni molto meno "acidi" e psichedelici...E' la naturale prosecuzione dell'altra non c'è da temere, tanta splendida sperimentazione lontano dai gusti delle masse si fa ancora oggi e anche più di prima, echi ne ha le capacità artistiche, ha anche molti più mezzi offerti dalla tecnologia di quelli che si potevano avere negli anni'70. Detto questo, ci sono eccome tanti ragazzi ancora oggi che di musica di ricerca sono appassionati come lo sono io,ci capiscono, e sanno come ascoltarla.

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