Trama da wiki: Il film prende spunto da un episodio della vita di Friedrich Nietzsche. All'uscita dalla sua abitazione di Torino, il 3 gennaio 1889, il filosofo tedesco vede un vetturino frustare il suo cavallo ostinato che rifiuta di muoversi. Nietzsche rimane impressionato dalla violenza dell'uomo e dalla sua volontà di dominare il mondo. Si precipita a fermare il vetturino e singhiozzando abbraccia il cavallo. Il proseguimento del film si collega con questo aneddoto chiedendosi quale possa essere stato il destino dell'animale.
Un vetturino con un cavallo torna nella sua abitazione di campagna dove lo aspetta la giovane figlia. Il vento incessante tormenta le loro giornate, che passano tra la monotonia e la pesantezza della loro misera esistenza. Sembra che i protagonisti siano rassegnati, non arriverà mai qualcosa che possa cambiare la loro vita.
Un conoscente passa per la loro abitazione e dichiara che la città vicina è in rovina. Denuncia che gli uomini meschini e subdoli hanno corrotto il mondo con le loro azioni e hanno avvelenato la terra. Gli uomini nobili e eccellenti si sono estinti, la loro esistenza non ha senso in un mondo in cui l'avidità umana non ha limiti.
Un gruppo di zingari si avvicina alla casa, attinge dell'acqua dal pozzo e vorrebbe portar via la ragazza con loro. Rappresentano la voglia di libertà, il desiderio di fuga verso un mondo migliore. Ma non vi è speranza e il lento deperire di tutto quello che li circonda è una specie di ribellione della natura nei confronti dell'immoralità dell'uomo. Il cavallo smette di nutrirsi, il pozzo si secca, la brace finisce, la luce del sole si spegne.
Sempre dalla pagina wiki prendo queste citazioni "illuminanti", leggete che roba. Potremmo titolarle con un detto popolare milanese: Alégher! alégher!, che il bùs del cul l'è negher!
Secondo il regista Béla Tarr il tema centrale del film è “la pesantezza dell'esistenza umana”. Non si concentra sulla mortalità ma sulla vita quotidiana: «Volevamo vedere quanto è difficile e terribile quando ogni giorno devi andare a prendere l'acqua al pozzo, in estate, in inverno … sempre. La ripetizione giornaliera delle stesse azioni ci dà la possibilità di mostrare che c'è qualcosa di sbagliato nel loro mondo. È molto semplice e puro». Tarr descrive anche Il cavallo di Torino come l'ultimo passo di uno sviluppo che ha attraversato la sua carriera: «Nei miei primi film sono partito dalla mia sensibilità sociale e volevo cambiare il mondo. Poi ho dovuto capire che i problemi sono più complicati. Ora posso solo dire che è molto pesante e non so cosa succederà, ma vedo qualcosa di molto vicino. La fine. Prima di girarlo sapevo sarebbe stato il mio ultimo film»
S'è già capito ormai che ne parlerò malissimo, mi pare. Quindi se la cosa può seccare a qualcuno meglio evitare di leggere quanto segue. Avevo molte aspettative. Dopo aver visto e goduto lo strabiliante "Satantango" (1994) per me il cinema ha assunto altre dimensioni possibili. Mi tocca però dire che, se questo doveva essere l'andazzo, la notizia che siamo di fronte all'ultimo film dell'ungherese non è certo disgrazia per cui disperare.
Sempre stupendi i piani sequenza, e la musica ossessiva. L'incipit lascia sperare moltissimo, l'incedere del carretto col cavallo, in quel vento spazzante, e la mdp che ci gira intorno, sono epici, ma poi... 2 abbondanti ore a ripetere sempre le stesse cose senza o quasi variazioni sono davvero troppe, a meno di non volersi far piacere la cosa a tutti i costi perché "...è di Béla Tarr, cazzo, un suo film è bello per forza!".
Trama: Porta il carretto, smonta il carretto, metti il cavallo nella stalla, cuoci le patate, mangia le patate, sempre le patate, spogliati, va a dormire, svegliati, rivestiti, vai al pozzo, torna dal pozzo, vento, sempre vento negli esterni, silenzio negli interni, e ripeti tutto sempre da capo. Diversivo: t'arriva 'no 'mbriacone che ti piazza un discorso da pessimismo esistenzialista d'accademia, grottesco; altro diversivo: una banda di scalcagnati zingari, un libro senza senso letto senza ritmo e senza comprensione, e via! si riparte! prendi il carretto, prendi il cavallo... Finale: morte d'inedia. Non scherzo, finisce proprio così.
Quindi? Che ce frega di 'sti disgraziati meschini ma soprattutto che c'entra col famoso episodio di Torino nel quale il filosofo, pare per la prima volta, percepì la sua follia? Secondo me l'amato Friedrich Nietzsche un po' tocco sì', lo era e non lo negava, ma era anche vitale ed energico, era Vivo! Questo mortorio deprimente con Lui non ha nulla a che vedere, Lui non si limitava a sparare alzo-zero sulla situazione dell'umanità come fa lo 'mbriaco, che è privo di speranza e pervaso di negatività senza rimedio; Lui era propositivo e, nonostante tutto, aveva fiducia negli uomini. Quello che viene mostrato è una estremizzazione del pessimismo (di Tarr, non del filosofo), che scade nell'immobilismo. Quale il nesso con l'episodio di Torino, con quel meraviglioso slancio d'amore, quella manifestazione d'empatia? Nessuno, non perché mi sfugge, perché proprio non c'è alcun nesso.
Certo, se lo scopo, come dice lo stesso regista, era mostrare la pesantezza dell'esistenza umana allora possiamo dire che è stato centrato in pieno: questo film è una delle più colossali rotture de cojoni mi sian mai capitate. Il mondo fa schifo?, la vita è ripetitiva?, manca un senso alle cose? applausi a scena aperta per la banalità. Caro Tarr, ci scrivevi 2 righe in una letterina per i fan con questa "mirabile" intuizione e noi continuavamo a sopravvivere al nostro tran-tran come prima.
Probabilmente ho "oggettivamente" torto nel mio giudizio, visto che "Il cavallo di Torino" ha vinto l'Orso d'Argento e non so cos'altro. Si legge scritto di tutto su questo film, ovunque definito un capolavoro, con elogi smisurati, citazioni dottissime e sperticate che purtroppo leggo come a consacrare il nulla, l'inutile, il film del quale non se ne sentiva proprio il bisogno perché di motivi per suicidarsi a molti già non ne mancano ed è fin crudele aggiungerne altri.
Considerate quanto letto uno sfogo 'gnorante. Mi sono sentito un po' come Remo e Augusta Proietti alla mostra d'arte moderna. Ho chiesto a Remo un parere, e m'ha detto: robbé, scusa eh, nun so come la pensi te e li amici tua, ma sai, per me un muro è un muro, 'na sedia serve pe' sedesse mica è 'na scultura, quattro schizzi de colore s'un fojo bianco li faccio anch'io e pure mejo, la merda nun po' esse arte manco se 'a metti in scatola e se anche ce scrivi su un trattato fillosofistico sempre 'mmerda è, e se un filme me fa' vedé du morti de fame e un cavallo che nun fann'altro che magnà lavorà e dormì dico: "ho visto du morti de fame e un cavallo che nun fann'altro che magnà lavorà e dormì", che'ccazzo ce se deve 'nventà? - ma Remo, e gli zingari? - ah già, gli zingari, che prendevano l'acqua... e ci avranno avuto sete no?
Chi scrive la pensa come Remo. Questo è cinema segamentalico, a-popolare, infruibile, privo di sesso in potenza, senza orgasmi d'alcun genere, bromuro per sensi e intelletto. Sterile.
Mi viene un dubbio. Più che un dubbio una visione.
Non è che Tarr si gode la vita alla grande, scopa come un bonobo, beve, fuma, va a feste e festini, mentre a noi ci propina 'sta roba? Non è un'ipotesi affascinante? Lui che conduce vita godereccia e libertina e noi qua, coglionati con gli occhi sbarrati, genuflessi davanti a questa sublime opera, colpiti da una estemporanea encefalite letargica. Chissà le grasse risate che si fa prendendoci per il culo, mentre ringrazia Agnes per il suo impagabile contributo con bagni di preziosa rugiada e pensa, in barba alla promessa, al prossimo film: uno stronzo fumante in esterno umido e gelido, piano sequenza di 4 ore con zoomate ed arrotate mentre viene divorato da nugoli di mosche dalla testa bianca, nessun protagonista umano perché sono morti tutti nel film precedente e lo stronzo è quanto rimane de L'ultimo Uomo, ecco servito anche il titolo e scontata, tranciante recensione di Remo Proietti a descriverlo: 'na cagata.
Robydick
p.s.: se volete vedere un film esistenzialista bellissimo dove un quadrupede è veramente protagonista, non perdetevi, se non lo conoscete, questo capolavoro di Robert Bresson, "Au Hasard Balthazar" (1966). tenete presente però che ai festival che contano non ha vinto un ca... cioé, non un orso, una palma, un leone, un pardo, un pupazzo qualsiasi che sia uno.
p.p.s.: se, oltre che col mondo animale, voleste riconciliarvi anche col nome della città savoiarda, allora ecco un altro ottimo film, stavolta di Clint Eastwood, "Gran Torino" (2009).
Se è ripetitivo forse si riferisce all'eterno ritorno. Sta diventando un po' come il prezzemolo Nietzsche. Secondo me sarebbe una palla anche un film sulla vita del filosofo. Avendo letto la biografia... I libri invece sono pura dinamite, solo che vanno capiti, altrimenti si capisce tutto il contrario e si finisce per invadere la Polonia.
RispondiEliminaahah! giova', quanto dici denuncia un'insana influenza wudialleniana, nel citare una delle battute più dimmerda della sua vita riguardo ad un altro dei miei miti, in questo caso musicali, Wagner. appena l'ho sentita ho spento il player e cestinato :D
RispondiEliminaStorpiata da Bonolis anche.
RispondiEliminafinora me l'ero sempre risparmiato perché mi sapeva di rottura de cojoni. pure gigantesca. adesso mi sa che continuerò a risparmiarmelo ancora un po'...
RispondiEliminaeh ma prima o poi te tocca Marco, te devi da rassegna' :D
RispondiEliminaallora lo salto a piè pari, anche perchè non mi ispira parecchio ^_^
RispondiEliminaArwen, salta senza indugi... ma può anche essere un'esperienza fantozziana volendo :)
RispondiEliminaroby che ti devo dire? per me questo è un capolavoro cinque stelle extralusso come quasi tutti i film di Bela Tarr però capisco le riserve: è un modo altro di fare cinema che a molti fracasserà i gabbasisi mentre altri saranno lì adoranti( e io sono tra quelli), per me The Turin Horse è di una forza espressiva unica.
RispondiEliminaeh lo so bradipo... questa è una rece blasfema, ma sono convinto, anzi pure di più!, di quel che penso.
RispondiEliminaCiao Roby, devo dire non condivido per niente la tua opinione, però mi son fatto veramente quattro matte risate nel leggere la recensione, troppo simpatico:D Sono d'accordissimo invece su Au Hasard Balthazar, uno dei finali più commoventi della storia del cinema. A presto!
RispondiEliminaciao wizjoner! non ricordo, è la prima volta forse che commenti? mi spiace sia proprio in questa occasione, ahah!
RispondiEliminafai bene a non condividere, ma grazie soprattutto per il grande senso umoristico che dimostri. pensa che non sapevo nemmeno se pubblicarla, perché volevo essere sincero e molto ironico, come hai letto, ma non mi garbano per nulla le polemiche, cosa che queste rece possono produrre. bravissimo, davvero, onorato della tua visita.
Si, è la prima volta che ci sentiamo, solitamente sui blog lascio commenti molto di rado, non dispiacerti, le occasioni migliori sono proprio queste :) Comunque è già un pò di tempo che ti seguo e quando trovo qualche titolo che rientra nelle mie preferenze leggo sempre volentieri le recensioni. E a tal proposito colgo l'occasione anche per farti i complimenti su quanto hai scritto riguardo a Diario di una Schizofrenica, penso che in rete al momento nessun'altro ne abbia parlato così dettagliatamente come hai fatto te! Sarebbe veramente ora per una versione restaurata in digitale come si deve cavolo! Grazie a te Roby, anche per aver ricambiato il seguito al mio secondo blog, ciao!
RispondiEliminacaspita, che film mi vai a citare... Diario di una schizofrenica è "morto" nella mani di chi ne detiene di diritti purtroppo, come ho scritto in quella rece. ma non disperiamo :)
RispondiEliminaciao!
Ommerd, bella gente! Vi dico subito che se qualcuno si legge il mio profilo su Facebook, alla voce "idee politiche" ho messo "Nietzschiana di sinistra". Per cui aspettatevi pedanteria e faziosità. 1) Il concetto di eterno ritorno dell'identico è davvero tutt'altro che una pallosità soffocante e insensata come quella descritta nella rece. 2) Mi pare di ricordare che "Al di là del bene e del male" della Cavani, quello sulla Lou Andres Salomè che tiene bellamente per le briglie Nietzsche a Paul Ree, fosse un film piacente. Ma non posso giurarci, l'ho visto in adolescenza quando magari si è un po' ingenui. 3) Posso consigliare un paio di libri, anche se è OT in un blog di cinema? Uno è "La tragedia di Nietzsche a Torino", di Anacleto Verrecchia, che ricostruisce gli ultimi anni del grande in modo rigoroso e molto godibile, appena appena romanzato ma documentatissimo. Mi pare che gli abbiano cambiato titolo. L'altro è "E Nietsche pianse", di Irvin Yalom, romanzo proprio che immagina Nietzsche che va da Freud. Mi piacque da morire. Ah, mi pare che abbiano cambiato titolo anche a questo. Non capisco tale mania. Solo per farmi sentire "superata"? ;-) 3) Molte grazie, starò alla larga da questo film.
RispondiEliminaaccidenti Anna, non sapevo di questo tuo (dis)orientamento politico! m'iscrivo al partito, non ho mai saputo come collocarmi e la tua definizione mi piace molto
RispondiEliminaaltro che OT, i libri sono sempre in argomento in un blog di cinema, anzi grazie mille. vista la competenza mi pare proprio che sul grande tedesco concordiamo appieno. lo conosco poco e da profano ma le sensazioni che mi ha dato son sempre state quelle, fin dalla prima lettura de "L'Anticristo". lo Zarathustra è come una bibbia, ogni tanto lo apro su una pagina a caso di quelle che mi son segnato e leggo.
non sconsiglio mai i film, anche quando ne parlo male. ognuno si deve fare la sua idea. se ti capiterà, anche per sbaglio una notte con la tele fissa su rai3 (Ghezzi sicuro farà repliche) guardalo, magari un pezzo. vedrai che roba, vedrai...