martedì 14 agosto 2012

The Terminal Man - L'Uomo Terminale

8

Harry Benson è un brillante scienziato informatico. Per tre minuti al giorno, è pura violenza omicida.”
Frase di lancio originale del film

[Benson sta descrivendo gli odori che sente prima che abbia un attacco] Benson/George Segal :- “C'è come un'odore di merda e di maiale in trementina.” [Ultime battute] Primo uomo dietro la porta :- “Vogliono * voi * dopo.” Secondo uomo dietro la porta :- “Dovrebbero smettere di mettere questi scherzi a giro!”

Secondo uomo dietro la porta :- “Prendono ancora Benson?”
Primo uomo dietro la porta :- “Questa mattina.”
Secondo uomo dietro la porta:- “Hanno veramente intenzione di mettere i fili nel suo cervello?”
Primo uomo dietro la porta :- “Certo.”
Secondo uomo dietro la porta :- “No merda!”

[il piccolo spioncino si apre nella porta per quello che sembra essere una stanza in isolamento dal punto di vista al suo interno; si vede l'occhio del primo uomo che sbircia dentro]
Primo uomo dietro la porta :- “E' tranquillo ora.”
[Si fa da parte, l'occhio di un secondo uomo appare]
Secondo uomo dietro la porta :- “Come si chiama?”
Primo uomo dietro la porta :- “Benson.”
Secondo uomo dietro la porta :- “Sembra a posto per me. Cosa c'è di sbagliato in lui?”
Primo uomo dietro la porta :- “Ahh, è pazzo.”
Secondo uomo dietro la porta :- “Quando lo porteranno fuori?”
Primo uomo dietro la porta :- “Questa mattina.”
[Chiude lo spioncino]

Benson :- [borbotta] Dr. John Ellis/Richard Dysart :- [Dopo l'operazione a Benson] “Come sta?” Dr. Robert Morris/Michael C. Gwynne :- “Paziente.” Dr. John Ellis :- “Tutto bene, signor Benson?” Benson :- [intontito] “Molto ... bene ...”Dr. John Ellis :- “Qualche dolore?” Benson :- “No. ..” Dr. John Ellis :- “Buono. Si rilassi ora.” Benson :- “Anche tu dottore ...”

Harry Benson (George Segal) è un brillante scienziato informatico che inizia a soffrire di black-out epilettici dopo aver ricevuto un trauma cranico in un incidente d'auto. Durante questi blackout gli si provocano delle terrificanti esplosioni di violenza, che includono le percosse della moglie e dei figli. Per aiutarlo a controllare la propria condizione un gruppo di medici elabora una procedura sperimentale per l'impianto di un chip di computer all'interno del suo cervello, che farà scattare un segnale atto a alleviare questi impulsi quando essi cominciano. Purtroppo le cose non vanno come previsto e le condizioni di Harry peggiorano terribilmente, in questa memorabile realizzazione cinematografica del quasi omonimo romanzo di Michael Crichton.
 
Lo stile registico di Mike Hodges in questo film risalta al massimo. Ogni scena ripresa dalla cinepresa si inserisce in un insieme senza soluzione di continuità. La prima ora è piena di scene e fondali che mostrano un quadro uniforme, grigio, come quello di un ambiente futuristico, mentre la seconda metà offre interni più bianchi, pur mantenendo l'aspetto modernista. Hodges mostra una consapevolezza terrificante di ogni dettaglio del film e rende anche il suono più piccolo come ogni dettaglio apparentemente più insignificante, parte integrante della storia. Dal punto di vista visivo è un'opera davvero brillantemente gestita e un capolavoro che avrebbe da sempre necessitato di maggiore attenzione. Il suo uso della musica classica di Johann Sebastian Bach (eseguita da Glenn Gould) è ugualmente efficace, all'utilizzo che ne compierà quasi contemporaneamente Norman Jewison in “Rollerball” ('75), altro capolavoro della fantascienza pessimista settantesca. Una scena in particolare, è unica, cioè quando Harry accoltella violentemente a morte Jill Clayburgh durante una delle sue crisi epilettiche, ma invece di sentire della musica martellante, ascoltiamo la morbida musica per piano di Bach attraverso i tasti delicati di Glenn Gould, mentre il sangue della vittima crea un labirinto di colore rosso tra le scanalature delle piastrelle bianche sul pavimento.
Le sequenze del film incentrate sull'operatività tecnologica, sono quello su cui esso è costruito, e sono particolarmente accattivanti, oltre a occupare la maggior parte della durata. E' assolutamente da apprezzare la grande cura che è stata presa per rendere il tutto seguente ad una logica molto credibile. La stessa complessa procedura dell'intervento chirurgico al cervello, diventa affascinante e avvincente da guardare, ed è difficile rendere attraente il praticare dei piccoli fori nella testa del paziente George Segal, e utilizzare piccoli tubi metallici per girare letteralmente dei granuli meccaniche in punti strategici del cervello.

Segal, per lo più conosciuto come attore protagonista di commedie leggere, (l'anno prima era stato il protagonista anche di “Una Pazza storia d'amore”[Blume in love] ['73] di Paul Mazursky) si prende qui una piacevole pausa all'interno del dramma. Svolgendo un ottimo lavoro e ottenendo di far sì che lo spettatore lo veda come un essere umano provando empatia per la sua situazione, anche quando ha la testa rasata che lo fa apparire esattamente come Howie Mandel.
La parte dove urla "Fallo smettere! Fallo smettere! ", come egli passa attraverso un'altra delle sue esplosioni di violenza è particolarmente dinamica e inquietante. Il bravissimo regista inglese Mike Hodges, che tre anni prima aveva diretto il grandioso film di gangster “Carter”(Get Carter) con Michael Caine, ha qui prodotto, diretto e adattato per lo schermo questo sci-fi thriller di rara declinazione clinico- fanta chirurgica, basato sul romanzo di Michael Crichton. “Il Terminale uomo” (così si intitolava il romanzo) era una mossa di carriera strana per Hodges, e, dopo che questo film si rivelò purtroppo un flop, non avrebbe più lavorato di nuovo negli States fino a sei anni più tardi con l' ancor più imprevedibile e sorprendente “Flash Gordon” prodotto da Dino De Laurentiis e in precedenza progetto non portato a compimento addirittura da Fellini, al quale comunque lavorò (nel frattempo Hodges era stato licenziato dalla direzione di “La Maledizione di Damien” [Damien: Omen II] ['78]). Anche se registicamente nel complesso “The Terminal Man” non è all'altezza in confronto al suo capolavoro massimo “Get Carter”, la direzione di Hodges è anche qui assolutamente brillante e aiuta a trascendere il materiale da ogni insorgente routine.

Come quasi tutti i film basati sui romanzi di Michael Crichton (che avrebbe anche dovuto dirigerlo, avendo esordito da regista l'anno prima e con grande riscontro di critica e commerciale, con l'eccellente adattamento cinematografico del suo romanzo “Il Mondo dei Robot”[Westworld] con Yul Brynner, James Brolin, Richard Benjamin), “L'Uomo terminale” soffre dalla sua fonte in quanto i libri del Crichton anni '70 erano già talmente perfetti che non era affatto facile trasporli sullo schermo, ma questo è senza dubbio il miglior adattamento della sua opera trasposto al cinema nel periodo (ancora di più sia di “Westworld” che “Andromeda” [The Andromeda Strain] ['71] firmato da Robert Wise, e comunque bellissimi). Purtroppo, è anche uno dei suoi meno conosciuti. Infatti “L'Uomo terminale” è una delle cose più rare di quel periodo in molti sensi- un vero e proprio film d'arte di Hollywood. E' anche uno dei film realizzati dagli Studios nei '70, tra i più freddi e “insensibili”, da questo lato quasi e con convinzione kubrickiano, dal lento, strisciante senso di orrore che ricorda sia 2001” che “Shining”. E' un' opera incentrata su una disamina di scienzo-fobia, nella quale questo brillante scienziato informatico interpretato da Segal si fa come detto impiantare un microcomputer nel proprio cervello (tutto questo immaginato da Crichton già nei primi anni settanta!) per prevenire gli attacchi violenti di cui soffre a causa di una lesione alla testa. Inutile ripetere, le cose vanno terribilmente storte e la cura è peggiore del male. Mentre, come in tutta l'opera di Crichton, gli sviluppi della trama sono ben annunciati, Hodges evita di sfidare le aspettative del pubblico. Questo può essere il motivo per cui certo consenso critico ha etichettato il film come noioso. Invece che a un thriller standard, Hodges è infatti maggiormente interessato alla creazione di un futuro distopico e ravvicinato, attraverso la creazione di un ambiente fortemente stilizzato che è così volutamente artificiosa, da risultare praticamente soffocante. Ogni momento è decentrato e stranamente incorniciato da alcuni altri incredibilmente forti, mentre le scene sono quasi sempre girate su sfondi bianchi. Con già il notevole “California Split” ('74) di Robert Altman, uno dei suoi film migliori, all'attivo nello stesso anno, Segal colpì tutti con la sua interpretazione inventiva e solidissima al contempo, offrendoci una prestazione fantastica. Un film in definitiva sottovalutato che solamente dl 2011 ha potuto godere di un'edizione in dvd R1, remasterizzata, sempre per la benemerita e sterminata collana della Warner Archive.

Il cast di supporto è solido a partire da Donald Moffat del quale in originale si può ascoltare il forte accento irlandese. Richard Dysart è memorabile come il luminare chirurgo che conduce l'operazione. Ha due delle migliori battute del film. Una è quando lui sta inserendo i chip per computer nel cervello di Segal affermando: "Questo è l'unico lavoro che può essere sia noioso che snervante allo stesso tempo." Un altra grande linea di dialogo si verifica quando un giornalista gli chiede se lui ritenga che questa procedura possa essere un tipo di controllo mentale e lui gli risponde: "Come si chiama l'istruzione obbligatoria fino al liceo?"
Joan Hackett, attrice molto brava e anche sottovalutata come bellezza fisica ed estetica, dà la sua interpretazione al solito solida come la Dott.ssa Janet Ross, medico che è più interessato al benessere del paziente che alle implicazioni della sperimentale procedura. Jill Clayburgh, in un ruolo degli inizi di carriere interpreta qui il tipo contrario a quello suo solito del tempo di ragazza e poi donna bionda un pò svampita, e nella parte della ragazza di Harry offre un cambio di marcia interessante. Sono presenti anche Victor Argo nei panni di un loquace infermiere, e il grande James “Howard Hunter di Hill Street Giorno e Notte” B.Sikking, nei panni di un sempre più preoccupato dirigente dell'ospedale, Ralph Friedman, i bravi e attivissimi caratteristi del cinema americano anni '70 Michael C. Gwynne, il Dr. Robert Morris, William Hansen, il Dr. Ezra Manon, e il super attivo tra cinema e tv Norman Burton, il Det. Capitano Anders che da la caccia al “Frankenstein” fuggito Segal.

Chi è attento e conoscitore dei volti della tv e del cinema americani anni '70, potrà riconoscere anche Robert Ito di sfuggita nei panni di un'anestesista, Lee DeBroux di un reporter, e il bravissimo Jack Colvin della serie storica di “Hulk”, nella breve apparizione di un detective della polizia, e infine anche di Steve Kanaly nel breve ruolo di un certo Edmonds.

Il film anche offre certamente una dichiarazione forte contro i potenziali pericoli della scienza medica, sempre attualissimi, e come il personale medico possa essere molto intelligente in un settore, ma molto immaturo e densamente egoista in altri. L'elemento di disumanizzazione è calcato in maniera approfondita per lo spettatore e in questo senso riesce magnificamente, ma non si può fare a meno di sentire che possa rivelarsi un po' ingiusto. Negli anni dal momento che questo film fu distribuito, i progressi in campo medico hanno migliorato la vita e la salute dei pazienti e della società nel suo insieme. La preponderanza degli aspetti negativi nel film sembra essere un po' troppo conforme ai sentimenti pessimistici della sua epoca e il suo punto di vista è decretato inesorabilmente in maniera un po' dogmatica. Anche se, non bisogna dimenticare che Crichton (in anni di molto successivi creatore e scrittore della serie tv forse più famosa e di successo, d'argomento e ambientazione medico-ospedaliera, naturalmente “E.R. -Medici in prima linea”) prima di divenire scrittore di grande successo è stato medico d'urgenza e come tale ha esercitato per anni, quindi sapeva bene di cosa stava parlando.

Michael Crichton aveva originariamente intenzione di scrivere e dirigere il film.

Il film non ha mai avuto una versione cinematografica nel Regno Unito.

Crichton venne licenziato dalla scrittura della sceneggiatura per il fatto che il suo script non aveva seguito il romanzo (che aveva scritto) abbastanza da vicino.

Il nome dell'ospedale, anche se nel film non viene mai menzionato, è "Babel". Esso è appena visibile in un basso contrasto (beige su bianco) sullo stemma sulle divise. Il logo è un cerchio, contenente il nome stampato orizzontalmente e verticalmente condividendo la centrale "B", simile alla croce Bayer.

Le uniformi ospedaliere indicano la professione di chi le indossa con una singola lettera sul colletto: "D" per il medico, "N" come nurse per l'infermiera, "T" per il tecnico, ecc. Esse sono altamente spersonalizzanti nello stile, con solo il personale "dissenziente" (il Dr . Manon e il dottor Ross) che mostra ancora un accenno di individualità nell'abbigliamento lavorativo.

Napoleone Wilson



























8 commenti:

  1. sai che poi l'ho trovato in italiano?
    film veramente notevolissimo e al solito rece stupenda. sei il top nel web, napoleone...
    avrei messo 200 frame

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  2. PS: vi lascio una simpatica clip http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=DO7ULu5Fpko

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  3. Eh grazie Roby. Ormai, mi basterebbe essere ma il top-A nell'antico gioco della lippa.

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  4. la top-A la vorrei Avere e non Essere, ahah!

    scherzi a parte, sei il top gun delle rece nel web. qua poi dove ti puoi esprimere con la massima libertà penso sei, probabilmente, persino meglio che dove scrivi "seriamente" per professione. con Belushi e Keoma formate una triade impressionante. io, se posso, mi vanto di aver permesso a questo gruppo di essersi formato.

    con l'occasione ti/vi dico una cosa: ho smesso di iscrivermi a siti-aggregatori, da alcuni mi sono persino cancellato, perché mi arrivavano mail che dicevano che, causa testo/immagini pubblicate da noi, loro avevano problemi con motori di ricerca, censure varie, ecc... inizialmente ho ridimensionato, poi ho detto Basta, non possiamo né dobbiamo aver alcun condizionamento. e infatti, se ricordi, nella rece de "L'impero dei Sensi" non mi sono per nulla risparmiato in fatto di illustrazioni

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  5. Grazie ancora Roby. Davvero. Una volta ho conosciuto il top gun degli aperitivi.

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