sabato 4 maggio 2013

Sinister

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Gli hanno voluto tutti bene, a Scott Derrickson, ma non era certo l'ammirazione per un talento né manifesto né latente, ma proprio illusorio, a determinare elogi ed encomi nei suoi confronti, bensì quel sentimento venato di tenerezza che si concede a un fratellino scemo; quel bamboccio che devi imboccare quando mangia, a cui devi sistemare le coperte e raccontare le fiabe, e che soprattutto devi magnificare quando fa il mattatore nella recita scolastica. D'altronde riservare un trattamento normale a una persona che di normale non ha niente, né l'intelletto né il conto in banca, sarebbe impresa ardua e tutto sommato persino sbagliata, anche considerando che dal nostro mestierante finora non abbiamo visto nulla più di qualche pellicola rincretinita e brutalmente stitica. Un esempio? Hellraiser 5: Inferno (2000), The Exorcism of Emily Rose (2005), Ultimatum alla Terra (2008), e nelle vesti di sceneggiatore il capolavoro al contrario di Wim Wenders, La terra dell'abbondanza (2004). Film orripilanti che, non si capisce per quale ragione, tutti noi siamo stati costretti a vedere.

Ma di che parla questo Sinister, salutato a destra e manca come una meraviglia delle meraviglie? Non parla proprio di niente, tanto che ci si addormenta dopo mezzora, ci si sveglia dinnanzi a una ragazzetta mezza nuda che sbuca da uno scatolone in preda al sonnambulismo (vedasi photo gallery in basso), ci si assopisce di nuovo, quindi ci si desta ai titoli di coda. La storia è una variazione trita e ritrita sulle case infestate, c'è questo Carlo Lucarelli a stelle e strisce, Ellison Oswalt, interpretato da Ethan Hawke, che nel tentativo di riacciuffare le glorie passate del suo bestseller ormai dimenticato, Kentucky Blood, si trasferisce con moglie e figlie in una casa teatro di un inenarrabile massacro. Solo lui conosce il macabro segreto dell'abitazione, e più che deciso a reperire prove, indizi ed elementi forse a suo tempo scartati dall'accorta lente di ingrandimento della polizia, si imbatte in curiosi filmini in super 8 stipati in soffitta. Messi lì, sotto gli occhi di tutti. O forse proprio sotto i suoi. Le pellicole, una volta proiettate, mostrano i delitti compiuti in quella e altre case, apparentemente slegati l'uno dall'altro, ma in verità tutti precisamente interconnessi fra loro. Com'è ovvio, al nostro non passa nemmeno per l'anticamera del cervello di denunciare il ritrovamento alla polizia, né di avvisare la consorte della raccapricciante scoperta. Improvvisatosi detective, preferirà infatti sciogliere da solo il bandolo della matassa, speranzoso di poter così scrivere il libro del decennio e tornare all'apice del successo. Il gioco sfugge però di mano, quando sulla scena dei numerosi delitti, intrappolato in un riflesso o nascosto tra le ombre, appare il tremendo Mr. Boogie, questo essere mezzo uomo, mezzo demone e pagliaccio che, come un'entità preternaturale, finirà presto per incombere sulla famiglia del criminologo.

Sinister si esaurisce nella banalità delle sue premesse, parte come un filmetto d'atmosfera garbato ma già visto, e si inalbera presto in effettacci stupidi, sonnolenti e improvvisati, come porte che si aprono, apparizioni subitanee e rivelazioni che non rivelano un bel niente. Forse qualche brivido qua e là riesce anche a strapparlo, ma si tratta di momenti talmente isolati da un più coerente contesto di riferimento che si perdono nelle trame di una storia sciocca e inutile. Purtroppo il film di Derrickson ricade nella griglia impietosa del blockbuster stagionale e leggero, prodotto dai magnati dell'industria cinematografica e destinato, com'è nella natura delle cose, a un pubblico altrettanto stagionale e leggero. Non si salva niente,  una particolarità registica, una scena di specifico impatto, nemmeno un'intuizione capace di risollevare le sorti di un film che avrà di sicuro fatto cassa (quale opera americana non ne fa?), ma che nella storia del cinema non ci entra se non in postilla. Certo, un semiologo potrebbe imbastirci un saggio accademico sull'autoriflessività del mezzo cinematografico, sul valore eidetico delle immagini, sul rapporto metaforico tra subconscio e rappresentazione dello stesso, ma a noi poveri spettatori, già vessati a sufficienza dagli epigoni di The Ring, di tutto questo non ce ne può fregare di meno: le più contorte disamine sullo scontro dialettico tra significati e significanti restino appannaggio dei cattedratici, dei professorini, dei ricercatori, teorici e illuminati alla Paolo Bertetto, pagati coi soldi pubblici per fracassare gli zebedei a generazioni di studenti. Noi chiediamo soltanto paura, stupore, divertimento. E a proposito di illuminati e illuminazione, ma perché Ethan Hakwe girovaga per la casa, in piena notte, rischiarando vani e corridoi con lo schermo del cellulare? Non poteva premere l'interruttore della corrente?

Marco Marchetti







6 commenti:

  1. eh sì, me l'aspettavo questa tua strigliata, ahah!

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  2. il film in effetti è leggero, forse troppo, ma rispetto ad altre squallide pellicole del filone fantasmi/diavoletti/case infestate, il film di Derrickson è, a mio avviso, un po più interessante, il cast è valido, la regia ben solida e curata e il demoniaccio non mi dispiace.
    Il film per me è sufficente, non di più, ma paragonato a tutte quelle porcate come i vari Ring, Grudge, Paranormal activity, "Sinister" ne esce sicuramente vincitore

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  3. da me l'ho fatto proprio a la julienne...l'unica cosa che ho salvato sono i filmati in stile found footage...

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  4. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  5. l'ho evitato come la peste... quando c'è troppo tam-tam attorno c'è puzza di manovra commerciale... mi compariva persino come "post consigliato" su facebook per android. non avevo dubbi sulla sua insignificanza. c'è bisogno di qualcosa di nuovo nei ghost movies... l'unico davvero bello degli ultimi anni è Insidious

    by simocyberpunk

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  6. uhm, secondo me insidius è stato tutto fumo e poco arrosto, per me arriva alla sufficenza, ma a fatica.
    Il film di Derrickson l'ho trovato più interessante e più accattivante.

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