giovedì 31 gennaio 2013

Bloody Sunday

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Il 30 gennaio del 1972 a Derry, nell'Irlanda del Nord una pacifica manifestazione in difesa dei diritti civili si trasforma in carneficina, da parte di un reparto dei paracadutisti britannici, che irrompono durante un comizio alla presenza di donne vecchi e bambini uccidendo quattordici persone e ferendone altrettante. Paul Greengrass con questo film per la televisione fa un lavoro molto onesto. Ricostruisce i fatti senza romanzare, forte di una sceneggiatura ch'è l'adattamento del saggio Eyewitness Bloody Sunday, di Don Mullan.

Ivan Cooper (James Nesbitt) è un deputato al parlamento del Regno Unito eletto nell'Irlanda del Nord; con la manifestazione non violenta di Derry vuole dimostrare ch'è possibile ottenere attenzione per la causa indipendentista senza abbracciare la lotta armata. Riesce persino ad accordarsi coi capi dell'IRA che infatti non interverranno durante la manifestazione. Il corteo si avvale di un buon servizio d'ordine e segue un percorso ben preciso delimitato dalle forze di polizia, con l'appoggio dei paracadutisti, i quali intimidiscono i manifestanti puntando loro contro le armi. Si tratta per lo più di persone che sono scese in strada con la famiglia, non si lasceranno innervosire. Un gruppo di ragazzi si stacca dal corteo poco prima che Cooper inizi il suo comizio. Cercano di sviare altri membri del corteo verso un blocco dei militari. Dovrebbero essere sufficienti gli idranti a disperderli, tanto che lo stesso Cooper, tornato indietro a scusarsi coi militari, può riprendere tranquillamente il suo comizio. I paracadutisti, che si trovano molto vicini alla piazza in cui si sono radunati i manifestanti, rispondono ad una provocazione identica da parte di pochi ragazzini, armati di sassi, caricando con l'appoggio dei blindati. Nonostante riescano con disinvoltura a mandarli in fuga continuano l'attacco, finendo contro il resto della folla; esauriti i proiettili di gomma proseguono con quelli veri, sparando praticamente a caso contro chiunque si muova. Vengono colpiti a morte padri di famiglia e ragazzini inermi. 

Nonostante sia lapalissiana la condotta criminale dei militari, non saranno mai condannati per questo, nemmeno per aver inquinato le prove inserendo dell'esplosivo sul corpo di un manifestante. I loro ufficiali saranno decorati dalla regina. La stessa Elisabetta Windsor che nominerà baronetti i membri del gruppo U2, la cui canzone Bloody Sunday costituisce l'unica traccia della colonna sonora (Sic!).

Questa tragedia, come sosterrà Cooper in conferenza stampa «non è una vittoria degli inglesi, ma dell'IRA», l'Esercito Repubblicano Irlandese otterrà infatti un incremento dei suoi aderenti, organizzando nuovi attentati. Quando alla fine un giornalista chiede a Cooper cosa pensa di un eventuale inasprimento della lotta armata, risponde senza condannarli né incoraggiarli; esprime le parole di un pacifista convinto che ha perso ogni speranza nel dialogo con interlocutori capaci di sparare ad altezza d'uomo contro una folla di inermi cittadini. 

L'intento di creare un film-inchiesta limita molto questa pellicola, specialmente per quanto riguarda il montaggio. Inoltre il regista si è attenuto totalmente ai fatti evitando – coscientemente o meno – di dare spessore ai personaggi, così che non si crea una sufficiente immedesimazione, né per le vittime, né – ovviamente – per i carnefici inglesi.

Voto: 3 stelle.

Giovanni Pili







mercoledì 30 gennaio 2013

Milano rovente

19

Qualche nota e un po' di trama da wiki:
Si tratta del primo poliziottesco diretto da Lenzi, in seguito considerato uno dei maestri del genere. Il film uscì sulla scia del successo dell'ultimo film della trilogia del milieu Il boss, diretto da Fernando Di Leo.

Salvatore Cangemi è un siciliano trapiantato a Milano, proprietario di una società di Ortofrutta, che è in realtà una copertura alla sua vera attività: la prostituzione. Si sente il padrone assoluto di Milano, fino a quando non trova la sua migliore "ragazza" affogata nel suo club. L'omicidio è stato commeso da Roger Daverty, detto il francese, che vorrebbe mettersi in società con lui per far spacciare droga dalle sue prostitute. Inizia così una guerra senza esclusione di colpi tra i due, in cui la Polizia è solo spettatrice. La situazione è in stallo fin quando il compare di Cangemi gli dice di rivolgersi ad un boss mafioso italoamericano tornato in Sicilia. Il boss accetta, ma i suoi metodi troppo "ragionati", non vanno bene a Salvatore...

Attinge a madrepatria sanguigni Umberto Lenzi per questo suo ottimo esordio nel genere poliziottesco, film certo anche d'azione ma soprattutto di cupi ambienti e forte tensione, proprio come i migliori noir e dice bene "Il barone", Milano "... è una piccola Chicago".
Il palermitano Antonio Sabàto e il parigino Philippe Leroy interpretano con naturalezza i due boss antagonisti e rappresentano le sponde di una frontiera che in quegli anni la malavita stava valicando, quella del grosso traffico di stupefacenti. Cangemi, a modo suo, è legato alla "sana" attività tradizionale, mentre Daverty ha già fatto il salto di qualità e viene persino in Italia a dettar legge. Cangemi può sopportare facilmente d'essere chiamato "terrone" dalla nordica prostituta Jasmina (Marisa Mell, incantevole come sempre), tanto lui ha il potere e se la tromba, e gli basta; in questo senso Jasmina rappresenta la definitiva scalata affrancante del povero che non solo si dimostra capace di arricchirsi in un territorio che lo discrimina, ma può anche farsene le migliori donne. Quello che non può sopportare è che un forestiero gl'imponga condizioni, questo proprio no. Daverty però è molto più avanti in astuzia, agganci a poteri più alti, e non solo lui, anche "Il barone" (Alessandro Sperli), italo-americano, ha capito come gira il fumo perché non vede altro che un paese indirizzato come la mafia americana...

Più che piacevole visione! Girato con una perfezione "scolastica" dal grande Lenzi, per trama e inquadrature. Chiaramente ispirata alla trilogia di Fernando Di Leo ("furbetta" nella locandina la rappresentazione di uno che somiglia molto a Henry Silva, protagonista de "Il boss"), è opera propedeutica del capolavoro che seguirà dopo solo un anno, "Milano odia: la polizia non può sparare".
In ogni caso c'è tutto quello che ancora oggi uno, io in particolare, si aspetta da questi film: che rimesti nel torbido delle città, che faccia vedere le stesse com'erano ai tempi, con inseguimenti, sparatorie, scazzottate e qualche cenno alla situazione politica (pochissimo in questo caso) e sociale, qualche intrigo e tanta grinta e cattiveria da parte di chi deve.
Oltre ai citati attori, ci sono Tano Cimarosa e un ottimo Antonio Casagrande nei panni di Caruso, che darà forma a un melò potente nel finale con Cangemi, del quale è migliore amico e fidato braccio destro.

Ogni tanto un bel tuffo tonificante nelle terme di questo Cinema ci vuole
Visione decisamente consigliata. Obbligatoria per gli amanti del genere.
Robydick
Giudizio breve di Remo Proietti
Me piacciono sempre questi film robbé, te metti a guardalli e dopo 'n po' te movi pure tu daa sedia a tirà cazzotti e pizze 'n faccia, te fanno immedesimà!






























martedì 29 gennaio 2013

Lincoln

16


Non solo un film storico, ma anche un eccellente political drama. Il film racconta gli ultimi quattro mesi di vita del celebre presidente americano. La paura di trovarsi di fronte ad una pellicola dai connotati retorici è stata forte, ma passa presto. La sceneggiatura di Tony Kushner, adattamento del libro Team of rivals: Il genio politico di Abraham Lincoln, di Doris Kearns Goodwin, ci mostra in modo nudo e crudo come e perché si arrivò alla fatidica approvazione del Tredicesimo Emendamento della Costituzione Americana. Quello che abolì la schiavitù negli Stati Uniti d'America.

Abraham Lincoln (Daniel Day-Lewis) è un presidente pragmatico: non si batte tanto per l'uguaglianza tra razze, quanto per l'uguaglianza di fronte alla legge. Avendo confiscato gli schiavi dei Confederati arruolandoli nell'esercito dell'Unione, con il conflitto che volge al termine si trova in una situazione alquanto spinosa. Cosa sarà di loro alla fine della guerra? Restituirli ai loro "legittimi proprietari" sarebbe una infamia. Seguendo il film tutto appare molto diverso da come ce lo immaginavamo. Dopo quattro anni di guerra il Congresso americano non sembra essersi accorto che la guerra civile sia scoppiata proprio per abolire la schiavitù. Ecco allora che scopriamo la natura meramente economica del conflitto, in un Congresso dove i voti si comprano, il Presidente mente e i politici si insultano pesantemente durante le assemblee. Fernando Wood (Lee Pace) rappresentante del Partito Democratico, simpatizza per la schiavitù, è un oratore di razza che sostiene l'importanza di conservare la “cultura” razzista degli stati del Sud, oltre a questo può sfruttare il malcontento per una guerra civile che si protrae da molti anni mietendo migliaia di vittime; Lincoln è accusato di esserne il principale responsabile. Nonostante sia stato da poco rieletto, il Presidente si trova contro l'approvazione dell'emendamento anche membri del suo stesso partito, non ultimo il leader dell'ala radicale, Thaddeus Stevens (Tommy Lee Jones) fervente abolizionista, che voleva un emendamento a favore del riconoscimento dei pieni diritti ai neri, non una semplice abolizione della schiavitù, la quale non li avrebbe garantiti.

La politica non è fatta da poeti, in questo film Steven Spielberg lo fa capire molto bene. Lincoln era un politico, non una statua di marmo. I voti necessari per approvare l'emendamento furono ottenuti usando metodi alquanto discutibili, il Presidente infatti assolderà un trio di simpatiche canaglie – che alleggeriscono la pellicola con momenti di sano umorismo – allo scopo di individuare i rappresentanti Democratici più malleabili, offrendo loro denaro e posti di rilievo nell'amministrazione. Certo non è degno di un Presidente, ma d'altra parte, siamo ben lontani dal negare un rapporto improprio con la propria stagista o appoggiare un golpe in Cile, no?

Difficile rendere appassionante un film dove i conflitti principali si svolgono nell'aula di un parlamento, specialmente per gli italiani, ed in questo periodo. Eppure anche se tutti noi sappiamo come andarono le cose, la pellicola riesce a farci stare sulle spine quando comincia il conteggio dei voti. Le scene di combattimento sono ridotte all'osso. La crudezza di Salvate il soldato Ryan si trasferisce dalle carni alle menti. Nulla, proprio nulla, in questo film è scontato o retorico – se non quando i personaggi stessi devono esserlo – questo serve soprattutto a coglierne l'ipocrisia. Per chi non è esperto della storia di quegli avvenimenti saranno in serbo anche dei piccoli colpi di scena. 

Davvero splendido il lavoro di Daniel Day-Lewis, che raggiunge il suo apice soprattutto in coppia con Sally Field (Mary Todd Lincoln, la First Lady) mostrandoci il Lincoln privato; padre di famiglia con moglie mentalmente instabile e figlio ansioso di arruolarsi.

Molto bella la fotografia di Janusz Kaminski, viene subito in mente la tecnica messa a punto da Stanley Kubrick per riprendere gli interni con la luce delle candele in Barry Lyndon. Gli effetti sono molto suggestivi. I costumi e le scenografie, perfette.

 Voto: 5 stelle.

Giovanni Pili
(facebook)







lunedì 28 gennaio 2013

Magnolia

8

“Rispetta il cazzo e doma la fica…”
Frank TJ Mackey declama così l’inizio di ogni sua convention, come una specie di guru dove insegna agli uomini a essere uomini, ad avere coraggio contro le donne che hanno preso potere nel mondo…aspettate, forse ci sono andata un po’ pesante, ricominciamo.

Eccoci, è l’inizio di Magnolia, opera corale di Paul Thomas Anderson, uscita 13 anni fa e che ha rivelato il suo talento. Un film che è stato paragonato a America Oggi di Robert Altman e che in un certo senso è diventato un opera di culto rivelando il suo talento.
La cosa fondamentale, che escludendo l’incipt piuttosto ardito farebbe pensare a una sorta di nuovo film sul mondo del porno, non è così; innanzitutto Magnolia è un film completamente diverso, sono storie di tanti personaggi, che vanno dal presentatore tv di un programma per bambini, che ha un orrendo segreto nascosto dentro il cuore, alla figlia tossicodipendente che si innamora di un poliziotto, una donna che scopre la morte del marito quando lui è ormai prossimo alla morte, un figlio sfruttato dal padre per le sue doti di piccolo genio che vuole il suo affetto.
E poi c’è Frank (Tom Cruise per la prima volta in un film di Anderson che dopo aver visto Boogie Nights ha voluto lavorare con lui) che non parla con suo padre da dieci anni, il padre sta per morire e un infermiere si mette sulle sue tracce e tenta di fare riavvicinare il giovane con suo padre e non sarà facile perché esistono ancora dei rancori nascosti nel cuore del giovane che l’anziano deve farsi perdonare.

Tutto qui? No assolutamente, il film è uno spaccato di vita incrociata di tante persone, l’inizio è travolgente, si comincia con delle coincidenze legate tra loro, questo per sottolineare l’imprevedibilità della vita, e la sua follia; poi il film continua con i nostri protagonisti, Linda che ha sposato il padre di Frank per i soldi, ma ora si scopre innamorata di quell’uomo e vuole rinunciare ai suoi soldi, bellissima la scena della farmacia dove il dottorino non fa che ridacchiare quando lei chiede le medicine, la sfuriata finale è di quelle che tolgono il respiro, bravissima Julianne Moore che gliela canta a dovere soprattutto quando controllano la ricetta legale del medico, è una scena che toglie il respiro per l’intensità con cui è stata girata.
E che dire dell’ex bambino prodigio ora ridotto a lavorare in un negozio che sta per licenziarlo? Donnie Smith – un bravissimo William h Macy – che progetta di rubare al negozio per cui lavora per conquistare il barista di cui si è innamorato.
Paul Thomas Anderson comincia a far vedere una maturità con questo spaccato di vita vera, con una sincerità e una passione uniche; la stessa maturità esploderà nell’epico Il petroliere, che sarà il film della svolta.
In tutto questo poi avviene quella pioggia di rane, che pulisce i dolori dell’umanità e avviene per togliere tutti i mali…ma è davvero così?
Un film immenso, che rappresenta esseri umani senza sfaccettature, e senza i soliti lacrimoni facili e fasulli, che edulcolorano la realtà e sono artificiosi.

Un film onesto che racconta la vita come realmente è, l’amore, il dolore, la passione, famosissima la frase di lancio, se tu chiudi con il passato, è il passato che non chiude con te, che sottolinea che non bisogna cancellare nulla della nostra vita; dobbiamo accettarla per come è, con i suoi dolori e le sue gioie.
I momenti migliori? Più di uno, c’è la scena della confessione in cui la madre di Claudia capisce il perché sua figlia non vuole più parlare con suo padre, c’è l’intervista di Frank con la giornalista che smaschera la sua vita dopo aver fatto ricerche a sua insaputa, c’è il bambino prodigio che rifiuta di giocare perché deve sempre portare la responsabilità del gioco nelle sue spalle quando è solo un bambino, e il suo posto non è in uno studio televisivo, ma fuori a giocare, c’è Frank che deve fare i conti con suo padre e riappacificarsi con lui, c’è il poliziotto che trova l’amore in Claudia e forse l’aiuterà anche ad uscire dalla droga.
Un film corale e bellissimo, che alla sua uscita fu ingiustamente sottovalutato, ma che vi consiglio di guardare.

Bellissima la colonna sonora composta da John Brion con brani di Aimee mann, che accompagnano i nostri protagonisti per tutta la durata del film.

CAPOLAVORO.
ArwenLynch

domenica 27 gennaio 2013

The Fast and the Furious: Tokyo Drift

3

Trama (in parte) da wiki:
Sean Boswell (Lucas Black) è un adolescente con la passione per le corse clandestine con auto elaborate (la sua, all'inzio del film è una Montecarlo, Chevrolet, non Lancia!) che distrugge nella prima gara imbastita all'uscita dal college con un figlio di papà che guida una ben più performante Dodge Viper seconda serie, la corsa finisce con un paio di incidenti gravi, Sean cappotta, il bamboccio con la Viper, in auto con la ragazza, va ad infrociare dritto dritto contro un pilone di cemento (bella la sequenza delle capocce affondate negli opportuni airbag). Sean rischia l'arresto in quanto recidivo e per evitare il riformatorio si trasferisca a Tokyo...

Tokyo Drift è un prodotto che si stacca nettamente dai 2 precedenti capitoli (il primo) del franchise F&F per cui se anche avete perso i primi due, potrete vederlo senza alcun problema in quanto i personaggi in questione e la storia in sé, peraltro notevolmente prevedibile se avete più di 15 anni, non hanno nulla a che fare con gli abituali Vin Diesel e Walker. Inutile a tal proposito il cameo di Vin Diesel negli ultimi secondi del finale.

Ha i suoi pregi: Una scelta non banale dei colori e soprattutto la miglior fotografia in assoluto di tutti gli F&F passati, presenti e futuri. La regia di Justin Lin non è da Oscar ma è sempre puntuale e molto curata, anche qui, quasi quasi, sembra di qualità superiore rispetto ai primi 2, meno incasinata, soprattutto, dicasi lo stesso per la sceneggiatura. Gli attori, nota un pò dolente, non brillano, ma neanche fanno troppo schifo, insomma, Lucas Black e Sung Kang, i 2 veri protagonisti del film se la cavano egregiamente, soprattutto il coreano (che io all'inizio credevo essere giapponese), assai carismatico e, a salvare il tutto, ci pensa anche lo zio "Yakuza", Kamata interpretato nientemeno che da Sonny Chiba, un mostro sacro del cinema giapponese, ben conosciuto anche da noi (Il Teppista, Il Ritorno del Teppista, La Sorella del Teppista, La Vendetta del teppista, Kill Bill vol.1 e tanta roba ancora).

La trama è di una semplicità e prevedibilità notevoli, posso riassumerla in 3 parole: EROE, COMPETIZIONE, STORIA D'AMORE. Ma è indubbiamento un prodotto riuscito, curato sotto l'aspetto tecnico, la scelta delle auto (attenti, dopo averlo visto potreste fiondarvi in un concessionario Toyota firmando un contratto per una una fiammante GT86 senza neanche sapere come sia accaduto il tutto).
Le scene sono state girate tutte da stunt man professionisti, primo fra tutti, il vero re del drift mondiale, quel Keichii Tsuchiya, che fa anche un cameo nel film, apparendo nelle vesti di un pescatore che osserva divertito il protagonista Sean Boswell/Lucas Black, esercitarsi (sbattendo contro i muri diciamo) con la Mitsu Evo donatagli da Han/Sung Kang (ma quanto mi è simpatico sto tizio, questo è il coreano che mi piace, non PSY!)

Max Bramante

Han trova la morte nella sua RX-7



L'incredibile sequenza dello scontro frontale tra la Nissan FairladyZ guidata da Morimoto e una Lexus GS430, praticamente un crash test in puro stile EURONCAP






la leggendaria Toyota AE86 Sprinter Trueno che Han vincerà grazie alla prima gara vinta da Sean contro Morimoto




La Mitsu Lancer EVO IX guidata da Sean Boswell. Memorabile la battuta di Han mentre gliela mostra 'tu rappresenti me adesso, non avrai pensato che ti facessi correre su una Hyundai

La Nissan Silvia S15 che Han presta a Sean per farlo correre appena arrivato a Tokyo




L'indiscussa protagonista a 4 ruote del film,la Mazda RX-7 tunizzata con il body kit della Veilside chiamato 'Fortune'

L'epica battaglia finale, Sean sfida DK con una Mustang ricevuta in dono da suo padre equipaggiata del motore Nissan SR20 prelevato dalla Silvia che lo stesso Sean aveva distrutto nella prima gara disputata appena arrivato a Tokyo