lunedì 28 febbraio 2011

Il cittadino si ribella

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Leggendo qua e là questo film sembrerebbe il primo poliziottesco a proporre il tema del cittadino che si fa giustizia da sé. Effettivamente, nella mia ancor breve rassegna di genere, viene un anno prima dell'altrettanto famoso "Roma violenta". In ogni caso, perlomeno a distanza di tanti anni, non è stato questo il motivo principale della visione, per quanto mi riguarda.

Il film parte rappresentando una serie di eventi criminosi di vario genere. Incipit veramente violento, ti cala con terapia d'urto in una italia dove c'è da aver paura ad uscire di casa.
L'ing. Antonelli, interpretato da un ottimo Franco Nero (film decisamente women-oriented, mi sa che facevano la fila per vederlo!) ha una vita abbastanza agiata ma tormentata negli ultimi tempi da un furto in casa con vandalismi e soprattutto da una rapina subita in posta, dove viene anche sequestrato come ostaggio e malmenato. Nella polizia non trova il sostegno che desidera. Risultato: s'incazza. Vuole a tutti costi trovare chi lo ha rapito... e il resto ve lo lascio godere.

Opera che è un trionfo di tecniche di ripresa per il genere d'azione! C'è un uso, anche piacevolmente iperbolico, di diversi espedienti filmici che vanno dai ralenty, persino fermoimmagine, ai suoni amplificati od ovattati a seconda. Poi truculenza, violenza fin gratuita. Non manca nulla, spettacolo garantito e tra i miei Cult obbligatoriamente. Almeno 2 scene sono da annuari: l'inseguimento di una macchina verso Antonelli che è a piedi in una specie di cava; quella finale con la sparatoria nel capannone semideserto e disadorno, con più di un momento da agorafobia angosciante. Ma è tutto bello, e potente, drammatico.

Ci sono 2 aspetti socio-politico-antropo-culturali che mi hanno incuriosito e vorrei sottolineare, e li titolo pure.

Imbarazzo politico.
E' palese, molto più che nella trilogia del Commissario Betti che gli seguirà, che si vuole a tutti i costi evitare un'attribuzione politica alla pellicola. Adesso, non conosco gli orientamenti di Castellari e dello sceneggiatore, però c'è poco da fare, i temi dei vigilante, della giustizia fai da te, della legge che non tutela a sufficienza i cittadini, sono decisamente di destra. E io dico pure "chemmefrega!", voglio vedere un film di spettacolo. Ma è il film stesso che mi costringe a ragionare politicamente, qua il paradosso. Sono stati inseriti pezzi di trama che spostano a sinistra il baricentro. Anzitutto la copia del giornale, più volte ripreso e risalente alla guerra durante l'occupazione, col titolo "Italiani ribellatevi!", frase attribuita al padre di Antonelli. Anche Antonelli stesso, quando parla con il non inquadrabile commissario, cita ancora le lotte partigiane. Non ultimo il citato commissario di polizia che non prende mai posizione in modo netto, condanna e lascia fare Antonelli, preoccupato solo di pararsi il culo più che di risolvere la questione.
Pacchiano e imbarazzante espediente, un paragone del genere tra partigiani e giustizieri è imperdonabile storicamente e politicamente, ma questo bizzarro aspetto rende il film una prova tangibile, reale, che nel 1974 non si scherzava mica e fare certe cose poteva costarti caro. Quindi un po' di prudenza poteva non guastare o perlomeno era comprensibile. Castellari in ogni caso tra i miei miti subito.

L'Antieroe borghese Antonelli.
Alla luce dei tanti vendicatori del cinema che si son visti questo è uno dei più malandati, almeno in primis, che mi sia capitato di vedere. E' per questo che mi è anche sembrato molto vero! Per quasi tutto il film becca mazzate ed umiliazioni da tutte le parti, il suo ingresso necessario nel mondo della malavita per le sue indagini è a dir poco maldestro, un misto di spavalderia ed imbranataggine. In ogni caso rimane lo spirito indomito e vendicativo, capace di riconoscere i punti senza ritorno, di andare fino in fondo. La figura del vendicatore fai da te ne esce male, molto male, ed è giusto così nel senso realistico: mettersi contro i criminali, parlo di quelli "seri", senza alcuna preparazione può produrre solo effetti nefasti.

Ho visto una pessima vhs. Peccato perché le numerose scene d'azione meritavano maggior valorizzazione.

Questa rece la voglio dedicare di cuore a Francesco, un amico che qua viene spesso e porta avanti, di suo, un interessante blog dal titolo parlante: Amare Produzioni Agricole. Anche per i fatti che spesso narra francesco, sarebbe bene che "il cittadino si ribellasse ogni tanto".

domenica 27 febbraio 2011

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22

Stefan è uno studente tedesco. Fresco di laurea intraprende un viaggio verso i luoghi che videro i natali dei grandi matematici. Un pretesto come un altro per girare il mondo, in autostop.
Tra varie persone che conosce alla fine incontrerà l'americana Estelle e con lei andrà ad Ibiza, dove si svolge gran parte del film. Lui non disdegna qualche canna, ma lei è un ex eroinomane, o almeno così dice a lui, di essere ex. A Ibiza un potente uomo tedesco, noto come Dr Wolf, è amico in modo strano di Estelle. Verrà fuori che in realtà lei è in sua balìa, in cambio della droga che Wolf le fornisce.

Scapperanno dall'albergo di Wolf ed andranno a vivere in una casetta isolata dell'isola, conducendo a lungo una vita essenziale ed isolata anche per evitare Wolf e suoi scagnozzi. Amore, pesca e raccolta, pare la felicità essere arrivata (ancora oggi a Formentera vive una comunità hippy totalmente priva di comodità moderne come luce, gas, ecc...). Però lei prima di arrivare lì s'era procurata una serie di dosi di eroina, e stavolta non solo ricadrà lei nell'uso, ma porterà anche Stefan a cominciare... epilogo drammatico.

Film tutto sommato non proprio entusiasmante, diciamo pure noiosetto, perlomeno visto oggi. Molte scene sono veramente belle da vedere però, bisogna dirlo. Si può vedere nel complesso, anche per la curiosità di conoscere cosa quei giovani intendevano come vita libera, senza farne però una bibbia dell'argomento.

All'epoca fu un film simbolo della generazione hippy e per me ancora oggi è splendida da sentire la o.s.t. dei Pink Floyd, che pubblicarono album omonimo. Una perfetta sintesi del loro stile drammatico. Proprio la loro musica è stata la motivazione prima per vederlo e, per chi ama il genere, è da non perdere.


sabato 26 febbraio 2011

Capriccio all'italiana

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Film ad episodi che vado ad elencare con brevissime sinossi:

La bambinaia (Mario Monicelli)
Una bambinaia tedesca (Silvana Mangano) in italia, scandalizzata dal fatto che i bambini leggono fumetti come Diabolik, Satanik e Kriminal, leggerà loro la fiaba di Pollicino. Fra orchi, lupi e mostri vari, tutto letto con un piglio terrificante, i bambini si metteranno a piangere disperati!

Il mostro della domenica (Steno)
Un benestante uomo anziano e tradizionalista (Totò) odia i capelloni moderni, pur non disdegnando le grazie di una giovincella. Attuerà un piano degno di Diabolik per rapirli e punirli, senza venire poi condannato più di tanto dall'autorità inquirente.

Perché? (Mauro Bolognini)
Un ingorgo stradale ed una coppia su una sportiva con lei isterica che incita il compagno "bauscia" a non farsi menare per il naso dalle altre macchine, a superare la coda e a fargli fare manovre azzardate, fino a provocare un litigio degno della cronaca dei giornali.

Che cosa sono le nuvole? (Pier Paolo Pasolini)
E' l'episodio che da solo vale l'intera visione del film, poetico e importante, ne parlo poi sotto.

Viaggio di lavoro (Pino Zac, Franco Rossi)
Presa in giro dei viaggi della regina d'Inghilterra in Africa, dove commette gaffe imperdonabili facendo discorsi in un paese scambiandolo per un altro e causando imbarazzi alla politica internazionale. Curioso perché mischia cartoni con persone.

La gelosa (Mauro Bolognini)
Folle gelosia di una donna (Ira Fürstenberg) nei confronti del marito (Walter Chiari). Non c'è soluzione dialettica che tenga con lei, ogni cosa detta da lui viene sistematicamente utilizzata per agitare sospetti. Situazione parossistica, ne so qualcosa nella vita personale.


Torno a parlare di "Che cosa sono le nuvole?" di Pier Paolo Pasolini.
Anzitutto una curiosità: questo episodio è anche l'ultima pellicola cinematografica in cui appare Totò. Visto come finisce e di che parla, devo proprio dire che è stato un degno e commovente commiato del più grande genio italiano della risata (e non solo di quella) di tutti i tempi.
E' una breve e ristretta versione dell'Otello di Shakespeare fatta interpretare da delle marionette. In realtà tutti gli attori protagonisti (Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Ninetto Davoli, Laura Betti, lo stesso Totò...) interpretano appunto delle marionette che incarnano i personaggi del dramma. Non è una scelta casuale quella delle marionette, perché i personaggi del dramma, che sul palco svolgono la loro parte come da copione, nelle quinte se ne dicono a riguardo, giudicando gli eventi stessi. Pure il pubblico, molto popolare, si accalorerà alla vicenda e non tollererà gli intrighi di Iago ed il gesto di Otello verso Desdemona. Il finale, dopo un contesto che mischia realtà e finzione, sarà un'amara riflessione sulla morte, con le marionette che solo in discarica potranno apprezzare la bellezza del cielo.

Film di satira sociale, con episodi dal valore altalenante, ognuno a modo suo divertente, mai noiosi.
Da Olimpo invece il pezzo di Pasolini.

venerdì 25 febbraio 2011

Thunder on the hill - La campana del convento

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In Inghilterra, in un momento di gravi alluvioni portatore anche di epidemie, un convento che funge da ospedale si ritrova ad ospitare numerosi rifugiati. Tra questi Valerie, una giovane donna che deve subire la condanna all'impiccagione per aver ucciso il fratello ed è in trasferimento verso il luogo dell'esecuzione.

Sorella Mary, direttrice dell'ospedale, con una cupa storia alle spalle, da subito capirà che Valerie è innocente e che la sua condanna non può che essere frutto di un errore giudiziario. Inizialmente col solo intento di rendere l'attesa del patibolo, prolungata dagli eventi, meno dolorosa, Mary si troverà quasi per caso ad indagare sulla vicenda...

Un giallo avvincente e rigoroso, con delle recitazioni "vecchia maniera" nel senso buono del termine, quelle da Scuola oltre che da talento, esemplari, in pieno stile teatrale. Forse oggi su questo genere siamo più abituati a scene d'azione, ad aspetti spettacolari e solo nel noir troviamo ancora i tempi lenti e le inquadrature indugianti quanto basta, l'attenzione allo sguardo come alle frasi concise e significative.

Eppure questo stile potrebbe avere ancora il suo bel Perché, così saturo com'è di situazioni sospese e drammi celati, da rivelare solo alla fine. Non sente il trascorrere del tempo e non penso che il suo fascino risieda nell'essere antico. Sarebbe bellissimo vedere qualcuno che, oggi, riproponesse un film con tutto il metodo ed il rigore di questo, senza dare spazio a personalismi od eccessi sia interpretativi che scenografici, mantenendo intatta la storia.

Cosa posso dire di più? Bello, molto bello, 80 min interessanti, avvincenti senza cercare fibrillazioni, e non di rado commoventi, pieni di buone maniere ed alti valori privi di retorica. Consigliato a tutti senza indugi.
Non posso proprio negarmi qualche frame del "mio" amato bianco e nero.

Uno dei tanti consigliati dall'amico Napoleone Wilson, ogni tanto un ringraziamento glielo devo proprio.
edit: anche il caro Harmonica mi ha parlato in più occasioni di questo regista.

giovedì 24 febbraio 2011

Zombi 2 - Zombie Flesh Eaters

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Proseguo con questa recensione 2 rassegne che ho in corso: quella del grande Lucio Fulci e quella sul genere zombesco. Premetto subito che si tratta di un film per diversi aspetti storico, la pagina wiki dedicata è ricca di fatti, aneddoti, curiosità, e doverosamente ne attingo.

Prendo proprio dalla pagina citata l'incipit, per ribadire il concetto: "È il primo horror diretto da Fulci, autore sino ad allora prevalentemente di commedie e thriller. Il grande successo ottenuto in tutto il mondo dalla pellicola convinse il regista a continuare sulla strada dell'horror, di cui verrà considerato un maestro. I critici cinematografici francesi coniarono per lui, grazie a questo film, l'espressione "poeta del macabro". Alla sua uscita fu accusato di essere una copia dello Zombi diretto da George Romero. In realtà le affinità con Zombi si fermano al titolo, poiché Fulci elimina la critica sociale presente nella pellicola di Romero per concentrarsi sulle origini haitiane degli zombi. Zombi 2 è oggi considerato un cult movie dagli amanti dello splatter. Il trucco e gli effetti speciali furono nominati ai Saturn Award, nel 1981".

Fulci era un uomo colto e sicuro del suo valore, mica un cazzaro qualsiasi. Merita la foto a destra. Sempre da wiki: "All'uscita del film, Fulci ricevette una lettera da Dario Argento e da George Romero, che lo accusavano di aver cavalcato l'onda del successo del film di Romero, e di aver impedito la realizzazione de Il giorno degli zombi (che Romero dirigerà nel 1985) [...] Fulci replicò alla lettera di Argento, con un'altra lettera nella quale elencò tutti i film di zombi della storia del cinema, precedenti a quello di Romero, aggiungendo un sarcastico e polemico: «Se ho copiato da voi, allora ho copiato anche da loro. Statevene zitti»".

Finito il copia-incolla, che spero sia stato sufficiente a rendere l'idea del valore del film e del regista. Preciso anche che ho visto la versione come da locandina, del dvd rimasterizzato e comprensivo delle scene tagliate all'uscita del film, cosa che per Fulci era abituale: ogni suo film per un motivo o per un altro, da quando aveva cominciato coi thriller e horror, fu sempre accompagnato da polemiche, censure, tagli, divieti ai minori, anche processi.

Qua Fulci esordisce nell'horror puro anche se, va detto, un po' di gore nei precedenti non è quasi mai mancato. Dice benissimo wiki: questo film è ispirato anzitutto ai 2 capostipiti del genere, "White Zombie" e "I Walked with a Zombie". Una barca naviga senza equipaggio di fronte a Manhattan. Un essere mostruoso assale, mordendolo, uno della guardia costiera salito per controllare, poi cade in mare. Da lì, per l'interessamento della figlia del proprietario della barca e di un giornalista, si andrà a finire su un'isola caraibica dov'è in corso un'epidemia che porta presto alla morte gli abitanti, i quali "rinascono" come zombie subito dopo. C'è un medico sull'isola che con un'assistente cerca di arginare il fenomeno, senza successo. Quando riesce spara in testa ai defunti, per evitare che diventino zombie, fino a quando la situazione gli scapperà di mano. Gli zombie continueranno a crescere di numero e in breve non saranno più un fenomeno circoscritto all'isola.

Richiami quindi al voodoo ma latenti, non una cerimonia verrà mostrata, nessuna stregoneria. Il film punta dritto a terrorizzare e inorridire. Questi zombie sono mostruosi, orribili, pieni di vermi, a malapena riconoscibili come umani. Lentissimi ma non per questo meno implacabili, mordono voracemente. Sicuramente, tra i film sul genere, il più violento e sanguinario nel mio carnet attuale. Altissimo a mio parere il livello di trucco e fotografia che ha sposato alla grandissima alcune trovate originali e altamente spettacolari di cui parlo nei frame.

Cult, Supercult o come dice "uno" che stimo moltissimo: STRACULT!

mercoledì 23 febbraio 2011

Mammuth

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Se l'è anche prodotto questo film Gerard Depardieu, insieme ai 2 registi, nel quale è protagonista assoluto e, a mio parere, molto ben riuscito. Una di quelle interpretazioni che trasmettono spontaneità, perché sentite e in qualche modo, pur nella metafora, autobiografiche.

Serge detto Mammuth è un gigantesco operaio in un macello di suini e lo incontriamo il giorno in cui va in pensione. Tutta la vita non ha fatto altro che lavorare ed ora trovare il modo d'impegnare le giornate non è un problema da nulla. Non particolarmente dotato intellettualmente, non ha hobby, non legge, non pratica sport, mai fatto nulla nel tempo libero. L'impegno verrà fuori dalla necessità di trovare alcuni documenti per le pratiche della pensione. Dovrà recarsi nei luoghi di lavoro dai quali non risultano versati i contributi. La moglie lo convincerà a tirare fuori dal garage, dopo tantissimi anni, la vecchia moto Munch modello Mammuth per il viaggio e lui partirà.

Un on-the-road per le campagne francesi veramente particolare, che se anche fa pensare spontaneamente ad "Easy Rider" se ne differenzia molto nella sostanza.
Serge è un "cavaliere solitario", solo lui e la moto senza compagni d'avventura. E' un particolare, e lo dico da motociclista incallito che ama moltissimo proprio viaggiare in quel modo, non da poco (avrei molto da dirne sui viaggi in solitaria, ma mi riservo l'argomento per un prossimo articolo su Fanfare dove citerò Mammuth). La ricerca dei documenti, causa prima del viaggio, diventerà poi solo pretesto. I luoghi sono cambiati, alcuni posti dove ha lavorato non esistono più e in realtà, in particolare quando viaggiando finirà da parenti che non vede da 20 anni, il viaggio sarà una ricerca d'identità, di senso a sé stesso. Una presa di coscienza, anche amara ma non triste e il senso di libertà che finalmente proverà, non soggetto ad obblighi di lavoro o di marito, gli regalerà un finale che anche se può apparire un po' retorico m'è piaciuto moltissimo!

Parabola al tramonto di un uomo comune, non potevo non amare questo film che metto tra i miei Cult, come motociclista e come uomo che vive la seconda metà del pomeriggio. Pieno di gag talvolta anche acide, dalle quali esce fuori sempre con simpatica poesia ed uno dei personaggi, tra i più stravaganti devo dire, è interpretato proprio da una poetessa ho scoperto, Miss Ming. Belli alcuni momenti "onirici", in particolare quando Serge ricorda un amore drammaticamente perso in gioventù, con flashback vissuti in tempo reale, ricordandone i dialoghi, i suoni, mischiando le belle e già terse immagini del viaggio con visioni sgranate da vecchia videocamera portatile.

Non voglio dilungarmi tanto. E' un film dolcissimo, che consiglio a tutti e per chi ama viaggiare in moto è una visione Obbligatoria.

Solo 2 parole sulla splendida moto utilizzata, vera rarità di valore oggi altissimo tra i collezionisti. Le riprendo da questo link, come anche l'immagine, e le fisso nella rece come compendio.
Non è l’unico caso di moto con motore automobilistico, ma è il più celebre. Quando nasce, nessun’altra stradale ha 4 cilindri. La Munch viene fondata nel 1965 a dorn-Assenheim da friedel munch. La moto si basa su di un motore della NSU 1000 e viene presentata al salone di col nome di Mammuth. La 4 cilindri teutonica rappresenta qualcosa di unico nellìintero panorama mondiale, una vera maxi in anticipo sui tempi. costosissima, costruita a amano con cura artigianale, monta gran parte della componentistica in pregiatissimo elektron. Come si può ben immaginare, ridurre il peso di ogni singolo componente è di primaria importanza per portare a livelli accettabili la bilancia della Mammuth. Per far questo, Munch impiega dove possibile un materiale speciale: l’elektron. Ritratta di una speciale lega di magnesio utilizzata sopprattutto nell’industria aeronautica, proprio per le sue noevoli proprietà di resistenza alle sollecitazioni in rapporto al peso. Nella Mammuth sono molte le parti realizzate in elektron AZ91: gruppo fanale/strumenti, gruppo codone/sella/parafango posteriore, cartella della distribuzione, coppa dell’olio, scatola del cambio, foderi forcella, forcellone oscillante, carter della catena e le ruote (a razze la posteriore, araggi l’anteriore) . La produzione si evolve attraverso 4 serie diverse, sempre mantenendo il motore NSU Prinz quale unità motrice. La potenza passa dai 55 cavalli dei primi esemplari ai 100 degli ultimi. La ciclistica passa invece dal telaio completamente in tubi a quello misto, tubi nella parte anteriore e monoscocca in magnesio al posteriore. La produzione termina nel 1979, per proseguire solo con esemplari costruiti su ordinazione e sempre più eccessivi in fatto di cubatura e prestazioni (da 1.400 a 2.000cc, turbocompressore).

martedì 22 febbraio 2011

Berlinguer ti voglio bene

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Ocio a non confondere i "bertolucci". Questo si chiama Giuseppe, fratello del più noto Bernardo, col quale pure ha collaborato a diversi film. Qui ha portato in film una commedia dallo stesso Giuseppe scritta per Roberto Benigni: "Cioni Mario di Gaspare fu Giulia".

Se qualcuno s'è abituato al Benigni edulcorato, oscarizzato e, scusate ma mi scappa proprio dirlo, imborghesito dei nostri giorni, farebbe meglio ad evitare questo film. Qua c'è il Benigni vero, quello che m'è sempre piaciuto, completamente fuori dagli schemi! Con un piglio grottesco degno dei miei miti Ciprì e Maresco si parla di gente disadattata, ai confini dell'umana decenza, incazzata abbestia con la propria situazione sociale.

Argomento costante in senso letterale: seghe, pompini, trombare (che è una specie di chimera), ma anche cacate e pisciate, non ci si fa mancare nulla.
Argomento costante in senso lato: la politica, il desiderio di rivoluzione, l'ateismo, la delusione per una mancata lotta di classe vera. Quest'ultimo punto ha una metafora fantastica a un certo punto, quando il Cioni confronta la polluzione notturna spontanea con le pippe successive fatte appositamente. Ebbene, una rivoluzione politica dovrebbe essere come quella polluzione, un fenomeno da cogliere al momento e sublimare ché quello che viene dopo risulta poi artefatto, e scema appunto in pippe, in tutti i sensi.

Molto divertente! Ma deve piacere l'umorismo dei toscani più veraci, acido e, in questo caso, fortemente sex-oriented. Pure un prete dirà una quasi-bestemmia e le campane della chiesa suoneranno Bandiera Rossa. Fa tenerezza che il Cioni, per pagare il debito di una partita a carte, offrirà le macilente carni della madre ai sollazzi sessuali del vincitore il quale, pago come non mai del piacere provato, si convincerà in virtù di questo che dio esiste. E quindi? E quindi nulla, è un film contro, anti-tutto, volgare, sporco e per ciò: da godere! Fiasco commerciale, pieno di tagli all'uscita, pure vietato ai minori, oggi si reperisce facilmente in versione integrale.

lunedì 21 febbraio 2011

Sorcerer - Il salario della paura

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Potente e violento remake di un famoso film che m'impressionò quando lo vidi molti anni fa: "Le Salaire de la Peur" (1953) di Henri-Georges Clouzot.
Cambia leggermente il pretesto dei 4 protagonisti, altri piccoli dettagli differiscono, ma la sostanza rimane quella: un viaggio assurdo con dei camion squinternati, in una giungla ospitale come un retto diarroico, e un carico che può esplodere per un nonnulla.

Ce n'è da dire su questo costosissimo remake di Friedkin, regista maniacale, ma questo è uno degli Incolti scelti da Wilson, e gli lascio con piacere la parola.

Scanlon [“Juan Dominguez”]/Roy Scheider: “Dov’è che sto andando?”
Vinnie/Randy Jurgensen (l’”amico” di Scanlon che gli trova i soldi per fuggire e il posto in cui andare a nascondersi, Jurgensen è un vero ex-detective dell’N.Y.P.D., già attore che fa sé stesso e consulente tecnico di Friedkin, in “The French Connection”):”tutto quello che ti posso dire è che è buon posto per starsene tranquilli”.
Scanlon: “Perché?”
Vinnie:”E’ il genere di posto che nessuno vorrebbe dover mai andare a cercare.”

Scanlon: “Hai letto di questo posto negli opuscoli di viaggio?”
“Serrano”[Victor Manzon]/Bruno Cremèr:”Ho sentito che aveva un clima sano.”
Scanlon: “Non è quello previsto però?”
“Serrano”:”Era esattamente quello che mi aspettavo.”

Scanlon/Roy Scheider:”Stiamo portando tre casse ciascuno. Una è sufficiente per spegnere l’incendio. Sei farebbero saltare in aria l’intero campo. Questo significa che non credo che tutti i camion ce la faranno. Uno dei camion è di riserva.”

“Serrano”[Victor Manzon]/Bruno Cremèr: “Vogliamo il doppio, e il diritto di soggiorno…O noi non guideremo.”
Corleone [Corlette]/Ramon Bieri: “D’accordo, partirete tra quattro ore.”

Carlo Ricci/Gus Allegretti [Cosmo Allegretti]: “Ha rapinato la mia chiesa, colpito mio fratello. Non mi importa dove si trova e quanto costerà. Voglio il suo culo.”

Corleone [Corlette]/Ramon Bieri: “Sai che c’è un lavoro qui che potrebbe essere una sorta di botta di fortuna per un tipo nella tua situazione. Mai pensato di poter andare a Managua?”
Scanlon/Roy Scheider: “Managua…Merda, non c’è modo che io possa andarmene a Managua.”

[Discutendo dell’elicottero per il trasporto della nitro]
Corleone: “Beh, cosa ne pensi?”
Billy White/Richard Holley:”Beh, il problema principale sono le vibrazioni. Qualsiasi cosa potrai fare, con un elicottero avrai sempre una grave vibrazione laterale.”
Corleone: “Ho pensato che forse si poteva mettere le casse su una piattaforma tenuta all’elicottero da dei cavi d’acciaio.”
Billy White:”Una ventina di metri più in basso certo non ci sarebbe più nessuna vibrazione, ma allora il problema saranno le turbolenze, si potrebbe trasportare per un mezzo miglio in quel modo, ma non per 200, e non hai mai avuto un volo qui intorno senza qualche turbolenza.”
Corleone: “Quindi cosa intendi Billy?”
Billy White:”Non le puoi portare con un elicottero, non c’è modo.“
Corleone:”Ti pago il doppio se riesci a trovare un modo.”
Billy White:”Non è il denaro Mr. Corleone. No, è solo che per entrare intenzionalmente in un elicottero con quella merda, avreste bisogno di un fottuto aspirante suicida.”

[dopo che ha ucciso “Marquez”/Karl John]
Nilo/Francisco Rabal:”Quando c’è da guadagnare dei soldi, io sono bravo come nessuno di voi, qui.”

Padre Ricci:”Ma voi sapete di chi è questa parrocchia?”
Donnelly/Gerard Murphy: “Vai a fare in culo te e il tuo padrone!”

Scanlon: “Vuoi dirmi dove sto andando?”
Vinnie: “Giuro su Dio, non lo so.”

Nilo:”Di dove sei?”
Scanlon:”Ascolta Pancho, ti ho tenuto a stretto controllo ogni secondo che sei stato in questo posto. Se si vuole infilare il naso in questo camion, è meglio esser chiari, altrimenti prendo te e questa nitro e vi butto direttamente in un fosso!”

Scanlon: [Nilo sta morendo]”Ma che stai andando a fare con tutti quei soldi, che quella poi magari c’ha la gobba!Parla con me! Ma che hai intenzione di fare!”
Nilo:”Prendila…è lei. La miglior puttana a Managua.”
Scanlon:”due puttane! Due delle migliori puttane di Managua!”
Nilo:”Lo farai tu. Per me.”

Corleone[Corlette]: [Seduto nella cabina del camion sta osservando come Scanlon guidi il camion con grande tecnica] “Eri un’autista?”
Scanlon: “Sì, lavoravo per la Greyhound.”


“Sorcerer” dal titolo in inglese, “Il Salario della paura”(Sorcerer/aka Wages of fear)(Usa’77), dal titolo italiano com’era quello originale di “Vite vendute”, ovvero “Le Salàire de la Pèur”(Francia 1953) di Henri Georges Clouzot,con Yves Montand che già fu un film fantastico ed avvincente, tratto dal romanzo di Georges Arnaud del quale è il remake, anche se più che altro sfrutta le premesse dal romanzo di partenza, non essendo proprio un remake “classico”.
Un remake talmente coraggioso come pochi altri nella storia del cinema –qui non possono non venire in mente “The Thing/La Cosa”(’82)di John Carpenter, e “Scarface”(’83) di Brian De Palma, rispetto agli originali- e che è stato talmente un capolavoro, da riuscire quasi ad offuscare nella memoria il ricordo dell’illustre modello a cui si è rifatto.
All’epoca, il 1977, William Friedkin che aveva pressoché carta bianca da parte di qualsiasi casa di produzione ad Hollywood, ebbe per questa nuova versione de “Il Salario della paura”una visione talmente ampia e grandiosa che dovettero mettercisi in tre, oltre alla Universal e alla 20th Century fox sotto citate, infatti anche la Paramount dovette collaborare per il suo finanziamento, e tutto questo enorme dispiegamento di mezzi finanziari fu stanziato per un film girato in vari paesi ma in gran parte nella giungla, tutto ciò facendo molto anche “Apocalypse Now” e Friedkin come Francis Ford Coppola, di cui difatti “Sorcerer” è un po’ definibile il suo “Apocalypse Now” personale….
Tanto che per produrre “Il Salario della paura” come detto, dato anche l’alto costo (22 milioni di $) ci si misero addirittura in altre due Major: la Universal, che avrebbe poi curato la distribuzione nel continente americano, e la 20th Century Fox per la distribuzione all’estero.
Friedkin poteva ottenere ciò perché veniva dai successi enormi –e non solo per gli anni’70- di “Festa per il compleanno del caro amico Harold”(The Boys in the Band)(’70), “Il Braccio violento della legge”(The French Connection)(’73) ,dagli Oscar per Miglior Film 1971 e Miglior Regista oltre che a Gene Hackman come Miglior Attore Protagonista per il suo celebre Jimmy “Popeye” Doyle, enorme successo in tutti i sensi, per finire infine addirittura con “L’Esorcista”(The Exorcist)(’73) , che è stato e continua ad essere un film epocale sotto tutti gli aspetti oltre che uno dei maggiori incassi di tutti i tempi, il quale ancora oggi fa guadagnare alla Warner Bros milioni e milioni di $ ogni anno solo con i dvd e i BluRay, facile capire quindi i tanti motivi per i quali Friedkin godesse di tale e tanta reputazione d’infallibilità commerciale.
“Il Salario della paura” fu per Friedkin la fine di tutto ciò.
Ma una fine comunque molto gloriosa e coraggiosa.
Nessun altro avrebbe potuto concepire e portare a compimento un’opera del genere, avvincente dall’inizio alla fine, con ottime performance da parte di tutti e grandissimo lavoro della cinepresa. Il “look” generale del film è talmente efficace che non si insinua mai il minimo dubbio che i luoghi siano reali come in effetti sono, forse solo Herzog, l’unico che avrebbe potuto dirigere questo film come venne concepito, per le molte scene in cui alla natura è ovviamente permesso fare di tutto e nelle quali il Dipartimento artistico (diretto dal grande e pluripremiato con l’Oscar, John Box) è diretto con enorme stile e personalità, forse solo Herzog avrebbe appunto potuto dirigere un “ Salario della paura”del genere, oltre Friedkin.

Parigi, il banchiere Victor Manzon (Bruno Cremer, grandissimo) deve fuggire per bancarotta fraudolenta, il suo socio in affari addirittura si spara in una Porsche, (straordinaria tutta la parte parigina, allorquando incontriamo Victor al lavoro e nella sua lussuosissima casa. L’ultima drammatica scena in particolare, che si svolge in un elegante ristorante talmente stilé come quasi solo in Francia riescono a raggiungere, ornato da fiori recisi freschi, bicchieri di vino d’ornamenti con preziosi monogrammi, tovaglie di seta bianche e piatti decorati alla perfezione a servire piatti di lumache e arrosti di manzo con aglio, per essere poi rapidamente, incredibilmente, da questa epitome dell’agio e dell’abbondanza, trasportati, o sarebbe meglio dire scaraventati, nel totale squallore e nella miseria infernale di un villaggio nelle viscere del sottosviluppo, della giungla ecuadoregna.).
L’autista di rapine Jackie Scanlon (Roy Scheider, ah che attori tutti), si deve anche lui dare anche lui alla fuga dopo un colpo non per colpa sua conclusosi catastroficamente; Kassem (Amidou) “terrorista“ palestinese, deve fuggire da Gerusalemme dopo un attentato andato male, appena prima di essere raggiunto dalle forze speciali israeliane; il killer professionista Nilo (Francisco Rabal,l’eccellente attore spagnolo) si dilegua subito dopo un suo “lavoro” in Messico.
Victor, Jackie, Kassem e Nilo finiscono “esiliati” , lavorando come braccianti nel piccolo villaggio di “Porvenir”(nome di fantasia), nella giungla amazzonica dell’Ecuador. Quando l’esplosione di un pozzo petrolifero a Poza Rica per via di un attentato della guerriglia rivoluzionaria, provoca un incendio che non può essere spento se non con un’esplosione provocata dalla nitroglicerina che lo soffochi, la compagnia petrolifera –ovviamente americana- rappresentata da Corleone (Ramon Bieri) ha bisogno di trasportare l’esplosivo sufficiente a riprendersi il controllo della situazione.
Ma la nitroglicerina disponibile è vecchia e racchiusa in candelotti così malridotti che ne fuoriesce, talmente volatile che al minimo sobbalzo può far esplodere tutto e quindi non può essere certo trasportata in elicottero, date le vibrazioni. Si decide quindi di reclutare quattro conducenti esperti disposti a rischiare la vita, promettendo 10’000$ per ognuno e la residenza nel paese senza più essere vessati dalla polizia. Sarà ovviamente un viaggio pericolosissimo attraverso 200 chilometri di giungla impenetrabile, ponti di corda fatiscenti sopra fiumi in piena e in mezzo ai tifoni, sentieri di montagna desertici e stretti sullo strapiombo.
“Il Salario della paura” di Friedkin, a differenza dell’originale di Clouzot, come accennato già prima, poté godere per la realizzazione di un budget veramente notevole, girando nei luoghi veri, amazzonici, in cui è ambientato il romanzo, a differenza dell’originale che dovette ricostruire tutto lo scenario naturale sudamericano, minimalisticamente, in Costa Azzurra, e a differenza di Clouzot, Friedkin riesce anche a mostrarci e comprendere la vita dei protagonisti e gli avvenimenti disperati che gli costrinsero alla fuga dai rispettivi paesi, all’inizio del film, con un’abile, grandioso utilizzo dei flashback, modificati nel montaggio dell’edizione nordamericana rispetto a quella europea.
Tutti i personaggi protagonisti, quattro uomini, si ritrovano dai più disparati luoghi del mondo (Parigi, l’elegantissimo ottavo arrondissemènt, dal Medio Oriente di Gerusalemme e dei Territori Palestinesi occupati, da Elizabeth nel New Jersey, dove anche una chiesa è un obiettivo sacrosanto per una rapina) per finire poi tutti confluiti in uno dei classici posti definibili da “buco del culo del mondo”, un posto infernale, squallido e senza speranza, in cui gli oppositori politici vengono ammazzati per strada e i loro cadaveri lasciati lì ad essere divorati dai cani, ricostruito e girato nella Repubblica Dominicana ma che dall’ambientazione (anche se senza nome) parrebbe proprio essere in Ecuador.
Come detto,un’infernale, degradatissimo e fatiscente villaggio nella giungla amazzonica chiamato Alto Gracia, schiacciato come tutto il paese da una dittatura militare che poi assomiglia moltissimo a quella vera del periodo in cui venne girato il film nella Repubblica Dominicana, del figlio di Trujillo.
Gli scenari naturali del film –lontani dalla civiltà più di quanto si possa quasi immaginare- sono però talmente estesi che ben presto la troupe dovette trasferirsi, per l’esplodere di violenti tumulti (ripresi in una sequenza del film) quando Trujillo annullò le elezioni in cui aveva perso con il candidato liberale. La rivolta fu fatta soffocare con la forza da Trujillo anche nei villaggi vicini a quello in cui si girava il film.

Le impossibili e amplissime location del film furono ciò che costò di più (moltissimo) alla Universal che si dovette partnerariare a quel punto con la Paramount per far fronte alle spese del film.
Comunque, l’ambientazione e quel che riesce a ricavarne dallo scenario naturale in termini quasi fantastici e metafisici , l’estro visivo di Friedkin, è avvincente, assecondato superbamente dalla fotografia di Dick Bush e John M. Stephens che cattura così bene l’atmosfera umida dell’ambientazione, lo stress e lo spessore stesso della storia, facendone dal punto di vista visivo uno dei film più belli che io abbia mai visto, meraviglioso è tutto il lungo ed articolato inizio del viaggio, con la preparazione elaborata dei camion, le selezioni alla guida dei pretendenti alla disperata missione mercenaria, mentre la portentosa colonna sonora dei Tangerine Dream porta a compimento un risultato stilistico inarrivabile, e i quattro uomini usciti dalle “selezioni” per l’incarico di trasportare il pericolosissimo carico iniziano appunto, il loro viaggio con due camion che paiono quasi usciti da una trasposizione nel fantastico, attraverso la devastante “impenetrabilità” della giungla strade che definire “di fortuna” è dire poco.
Perennemente attraverso la pioggia e il fango, nel profondo delle mangrovie, la tensione raggiunge il culmine e il punto di rottura mentre da spettatori guardiamo le enormi ruote dei camion sfilare fuori controllo, i mastodontici corpi meccanici dei camion scorrere involontariamente lungo strade divenute torrenti in piena. I precipizi come detto sempre più stretti, e la già citata, famosa sequenza di quando il camion si fa strada con la massima tensione e temerarietà, lentissimamente, su un ponte decrepito di legno e liane, precarissimamente appollaiato sopra di un tumultuoso torrente, e la musica dei Tangerine, a compiere una sequenza che rimane indelebilmente stampata nella memoria. E nella quale i camion diventano quasi anch’essi dei personaggi. E superato anche quest’ostacolo, un altro ancora arriva inevitabilmente, quasi con aria di sfida.
Stupendo come già detto tutto il cast, soprattutto Scheider e Cremer, ma anche il famoso attore maghrebino -francese Amidou, e il Nilo di Francisco Rabal, che nella suddetta sequenza del ponticciolo sul fiume in piena, seduto a gambe penzolanti tra le assi macilente del ponte, sotto un torrenziale diluvio e un vento da tifone, guida il lento incedere del camion nell’estrema manovra di attraversamento del ponte. Il tutto come detto, mentre la colonna sonora forse più emozionante e potente che i Tangerine Dream abbiano mai composto, ci catapulta in una frenetica ed esplosiva bellezza.
Sequenza iconica del film che è anche sulla copertina della colonna sonora e sulle locandine della prima uscita.
Roy Scheider nel ruolo di Scanlon ci trasmette il calvario del personaggio con un’interpretazione magistrale, e alla fine assomiglia al fantasma in piedi di sè stesso. Naturalmente, non voglio rovinare a nessuno che non l’abbia ancora visto, il finale del film. Che ha un senso maggiore solo se lo vediamo nella versione con il prologo intatto, dei flashback sulla vita precedente dei protagonisti. Versione che è quella europea che conosciamo noi, più lunga di mezz’ora rispetto a quella americana.
Di certo ripeto, non voglio descrivervi il bellissimo finale che è quasi un vero risveglio in un incubo, e nel quale vengono riportate in flashback scene presenti nel prologo scorciato e rimontato della versione americana.
Così come è stato lasciato nella versione europea, il finale è dunque molto più impressionante e come esperienza, indelebile.

“Il Salario della paura” di William Friedkin ci restituisce dunque grandezza cinematografica in ogni momento, in un continuo accumulo di tensione che tiene costantemente e con magistrale padronanza in pugno lo spettatore, come un recensore dell’epoca ben sintetizzò.
Bellissimo anche l’utilizzo di rapidissimi flash-forward che anticipano il destino dei personaggi nel loro pericoloso viaggio, in cui la posta in gioco è ben più alta di quello che alla fine potrebbero ottenere. Anche la combinazione delle varie personalità ed estrazioni sociali e culturali di questi personaggi in fuga è ottima, e non si può non simpatizzare per loro, data anche la merda in cui si ritrovano, e l’infernale trappola che gli ha portati in un’avventura dai rischi mortali ad ogni minuto.
Il film è semplicemente superbo, grazie anche all’entusiasmante musica dei Tangerine Dream, anche in questa scelta per la colonna sonora si dimostrò una volta di più, perché William Friedkin sia sempre stato il regista venerato che è.
Anche come narratore, Friedkin riesce a mantenere costantemente la nostra attenzione sulla trama del film e il suo svolgersi, come sui personaggi, dirige l’azione con senso infallibile per ciò che riguarda l’unità e i tempi di esecuzione di essa oltre che per il ritmo, sa sempre come accrescere la tensione attraverso di essa, riesce ad essere sempre imprevedibile e sorprendente, mostrando una padronanza totale di ogni strumento e tecnica cinematografica.
Basti ricordare la sequenza della gigantesca esplosione che incendia l’impianto di perforazione petrolifera. Tutta realizzata senza l’uso di effetti di miniatura, sembra assolutamente reale, perché lo è.
Così come sono veri gli enormi camion, anche quando li si vedono attraversare ponti mezzi crollati, canyon rocciosi, e giganteschi alberi che gli bloccano in mezzo alla giungla.
Certo, il ponte mezzo crollato non era veramente di legno e corda come appare nel film, ma accuratamente costruito con cavi d’acciaio. Questo non impedì alla produzione di perdere vari camion nel fiume, che era vero.
“Sorcerer” è in definitiva, certamenteuno dei film più entusiasmanti e affascinanti film degli anni’70.
Il cui titolo, che volutamente era fuorviante, lasciando pensare a qualcosa di mistico o comunque ad una storia di magia o di stregoneria, è invece quello di un’avvincente dramma, molto potente, nel quale le risonanze si fanno sentire molto tempo dopo che i titoli di coda siano terminati.

Quando il film uscì originariamente in Australia, fu stranamente tagliato arbritariamente di quasi mezz’ora, per bizzarre esigenze delle sale in cui veniva proiettato rispetto agli orari dei loro spettacoli.

Tutti gli attori che finirono per interpretare i quattro ruoli dei protagonisti erano anche persino quarte o quinte scelte, in quanto tutte le prime e le seguenti, per un motivo o l’altro avevano rifiutato i ruoli o erano decaduti dalla selezione. Lo stesso Roy Scheider/Scanlon venne dopo Steve McQueen e Paul Newman, il primo aveva accettato il ruolo ma a una sola condizione, che la sua moglie di quel periodo, Ali McGraw, avesse avuto un ruolo da co-protagonista che non esisteva nel film. Friedkin ovviamente non accettò questa condizione, e McQueen si chiamò fuori dal film, rifacendosi vivo poco prima dell’inizio della lavorazione del film, ma Friedkin continuò a rigettare le sue condizioni.
Friedkin tentò anche di avere Clint Eastwood o Jack Nicholson, ma entrambi non vollero volare così lontano, almeno a quel tempo. Friedkin stesso ha sostenuto che la scelta di casting di avere Roy Scheider come protagonista sia stata la decisione più sbagliata che abbia mai preso.
Questo perché indubbiamente Scheider è stato un eccellente attore che ha offerto una grande interpretazione, che però –“rende più interessante un film se è il secondo, o il terzo attore, non il protagonista, perché non è mai stato una vera star.”-(opinione di Friedkin, ma molto opinabile).

L’attore francese di origini maghrebine Amidou, che interpretò il palestinese Kassem/alias “Martinez”, fu l’unica vera prima scelta, mentre tutti gli altri tre attori accordatisi con Friedkin come detto, furono –“La quarta, quinta e anche sesta scelta.”

In una scena poi tagliata si vede Nilo (Francisco Rabal) guidare quando il camion incomincia a percorrere una strada veramente sconnessa e piena di dossi giù per una larga collina, allora Scanlon (Roy Scheider) salta velocemente dalla parte in cui siede Nilo per aiutarlo a tenere la guida del camion che sta discendendo troppo velocemente la strada e sbandando violentemente. Questa scena venne tagliata dal film ma una piccola clip di essa rimane come immagine ferma verso la fine della sequenza in cui Scanlon ha un suo momento di crollo emotivo guidando attraverso una landa desolata e lunare, di notte, dove incomincia ad essere aggredito dai ricordi.

Nel libro “William Friedkin: Films of Aberration, Obsession and Reality” di Thomas D. Clagett, Friedkin svela che il titolo “Sorcerer” (che poi è il “nome” di uno dei camion nel film) è “il favorito fra tutti i titoli che i miei film abbiano avuto. Ed è uno dei miei soli film che io possa vedere, grazie al fatto che è venuto fuori quasi esattamente come lo intendevo.”

Il film venne originariamente titolato “The Wages of Fear” dall’originale francese del film e del romanzo. Friedkin optò almeno per il mercato nordamericano per lo strano titolo di “Sorcerer”, che si può riferire ai malefici influssi del fato.

Friedkin originariamente voleva solo un prologo per il personaggio principale di Jackie Scanlon/”Dominguez” di Scheider. Quando lui e lo sceneggiatore Walon Green si misero assieme per il lavoro, quello che decisero di voler fare fu di rimanere lontani da ciò che poteva apparire troppo ovvio e che chi può alla fine sopravvivere, sempre al termine del film debba avere a scelta dei “prologhi” con la sua storia. Originariamente Friedkin e Green supposero di poter mostrare i flashback in questa forma, ma l’idea venne stracciata in favore dei quattro prologhi consecutivi durante l’apertura del film.

La rapina nella chiesa ad Elizabeth, N.J. del prologo, è basata su una vera rapina in chiesa che ebbe luogo a tre isolati da dove la rapina del film venne filmata. L’autore del vero colpo fu Gerard Murphy, un vero ex-condannato in seguito divenuto un attore. Friedkin dette a lui la parte del capo dei rapinatori, Donnelly.

Friedkin volle che l’incidente automobilistico nel prologo a Elizabeth, N.J. sembrasse il più reale possibile. Dodici auto vennero praticamente distrutte prima che gli stunt fossero soddisfatti del risultato.

Le location del film vennero stimate dalla Universal studios come troppo costose, e seppur in partnernariato con la Paramount pictures, sempre troppo dispendiose. Friedkin e il produttore David Salven (che già furono produttori associati per “L’Esorcista” nel ’73) ebbero frequentemente scontri riguardanti le varie estese location delle riprese. Friedkin eventualmente avrebbe rilevato Salven e accorpato a sé il suo ruolo di produttore.

Il film fu originalmente supposto di girarlo in Ecuador per le scene nella giungla ma questo venne valutato troppo dispendioso e allora ci si mosse verso la Repubblica Dominicana, in quel periodo una dittatura militare ben poco “virtuale”. Il villaggio del film è Alto Gracia.

L’incendio della stazione petrolifera venne creato pompando oltre duemila galloni di carburante diesel da due diverse pompe, e un brutale gas propano nell’aria impregnata. Una volta che l’incendio venne fatto divampare diventò così rovente che nessuno poteva avvicinarsi a meno di 25 metri da esso.

Conservando bene il suo look, il ponte di corde fu creato al momento della lavorazione, con calma elaborazione e costruito contenendo numerose misure di sicurezza come un ascensore idraulico in utilizzo ai tecnici degli effetti speciali per poter mettere mano su di esso durante il movimento. Il tutto per essere costruito costò un milione di dollari. Dopo che venne completato, il fiume originale nella scena (in Repubblica Dominicana) venne quasi completamente prosciugato per la prima volta nella sua storia per mezzo di una piccola deviazione. Il ponte dovette poi essere trasferito a Tuxpetec in Messico, dove aveva luogo una nuova location e lì fu perduto. Si dovette quindi procedere alla costruzione di un nuovo ponte al costo di un altro milione di dollari. Ogni volta che ci fu la necessità ancora di una nuova location, il fiume veniva rilasciato dal suo prosciugamento nella sua profondità naturale. La crew del film pose una guardia intorno al ponte 24 ore su 24 a causa delle superstizioni dei locali, i quali tentarono di abbattere il ponte a causa della credenza che lui e i suoi “intrusi” avrebbero creato un prosciugamento perenne del fiume. Ma al tempo delle riprese l’acqua era profonda solo 180 cm. e assolutamente non dall’aspetto minaccioso. La crew del film non aveva però più soldi per cercare ancora un’altra location e quindi Friedkin decise di utilizzare in aggiunta una corrente artificiale e una tempesta di pioggia (usando elicotteri e macchine per il vento su delle torri con tubi giganteschi.) Il ponte d’altro canto si dimostrò troppo instabile per poter ospitare tutte i dispositivi precauzionali per la sicurezza del camion (oltretutto con gli attori al suo interno), che s’inclinava su di un lato, e per ben cinque volte durante le manovre e le riprese finì nell’acqua. L’intera sequenza prese tre mesi per essere girata. Friedkin ha constatato che essa è stata la più lungamente difficoltosa sequenza che abbia mai girato nella sua carriera.

Friedkin era sicuro di avere il final cut per l’uscita “domestica” del film, ma che questo non era specificatamente richiesto per la distribuzione all’estero. Conseguenza di ciò, il prologo d’apertura venne interamente tagliato, grandemente scorciato o incorporato nel corpo film attraverso dei flashback, per l’uscita nei paesi esteri.

Il film ebbe molta sfortuna alla sua apertura in America, il 24 giugno, del 1977. La prima settimana, la coda intorno al Mann’s Chinese Theater era tutt’intorno all’isolato. Ma durante quel periodo, un film chiamato “Star Wars” (il quale inizialmente era stato distribuito solo in pochi cinema sparsi nella nazione) iniziò ad avere una più larga distribuzione e il fenomenale successo di questo film iniziò a prendersi tutto. Alla seconda settimana dalla sua uscita, “Sorcerer” vide le code di fronte al Mann’s Chinese Theater divenire completamente dissipate o quasi nulle. Un sala cinematografica di San Francisco battè ogni record cittadino al box-office quando incominciò a proiettare “Star Wars”, da quel momento prese talmente piede il successo del film che “Sorcerer” non potè fare più nulla e quasi ovunque venne rimpiazzato proprio da “Star Wars”, in una sola settimana. Alla fine, “Sorcerer” recuperò solo 9 milioni di dollari dei suoi originari 21 milioni di budget, finendo per diventare finanziariamente un disastro.

Dato le parti con i sottotitoli all’inizio del film molti esercenti delle sale presero un’iniziativa, credendo questa utile per chi non essendone a conoscenza, non aveva pagato il biglietto per vedere un film straniero. Insomma, per alleviare l’impatto dell’inizio del film parlato solo in lingue straniere, poster speciali vennero velocemente stampati e posizionati nelle Sale in cui seguivano le proiezioni di “Sorcerer”. “LA VOSTRA ATTENZIONE GRAZIE. Per drammatizzare le diverse origini dei personaggi principali di “Sorcerer”, due delle sequenze d’apertura sono filmate nelle appropriate lingue straniere- sottotitolate in inglese. Oltre queste scene d’apertura, tutte le altre del film “Sorcerer” sono in lingua inglese.

Friedkin parlò sia con Gene Hackman che con Kris Kristofferson per cercare di averli come attori nel film. Hackman declinò l’interesse dicendo che lo script del film era troppo violento. Kristofferson anche declinò, perché non era molto convinto di essere l’attore giusto per caricarsi interamente su di sé un film di questa portata e di questo budget.
L’anno dopo (1978) Kristofferson fu il protagonista di “Convoy-Trincea d’asfalto” di Sam Peckinpah, in cui apparentemente dimostrò di saperlo fare benissimo, ma era una scelta dettata dall’essere sicuramente un film di minor costo e ambizioni.

Nick Nolte, relativamente sconosciuto all’epoca se non per il famoso sceneggiato tv “Il Ricco e il Povero”(1976), tentò di ottenere il ruolo di protagonista quale andò poi a Scheider. Successivamente, avrebbe fatto il protagonista di “Basta vincere”(Blue Chips)(1994) di William Friedkin.

Paul Newman rifiutò il ruolo da protagonista.

A causa del temperamento esplosivo di Friedkin e delle scene in cui venne usato un elicottero per creare la tempesta durante la sequenza del ponte di corde, fece sì che durante la lavorazione del film egli si fosse guadagnato il soprannome di “Hurricane Billy”.

Oltre a Steve McQueen come protagonista nel progetto originario erano intesi anche Marcello Mastroianni e Lino Ventura che avrebbero dovuto interpretare i due ruoli di supporto poi interpretati da Bruno Cremer e Francisco Rabal. Oltretutto,dopo che McQueen si chiamò fuori dal film, Mastroianni e Ventura praticamente si tirarono fuori anche loro da fare il film con qualunque attore fosse la seconda scelta rispetto a McQueen.

Il display dell’orologio sul quale guarda l’uomo della squadra demolizioni lo stato di pericolosità e di tempo rimanente della dinamite, è un Bulova Accuquartz “Big Block”, orologio a LED. Molto in anticipo sui contemporanei segnatempo digitali, i numeri erano visualizzati sul display nel tipico rosso luminescente. Come nel mitico timer di Jena Plissken in “1997:Fuga da New York”.

Gli incidenti vari che capitarono durante le riprese nella giungla (incluso un uragano il quale praticamente spazzò via un set), fecero sì che l’originale costo del film di 15 milioni di $ lievitasse fino a 21 milioni.

L’ingegnere del suono della produzione mixò in sopratono il ruggito di una tigre per il suono del camion “Sorcerer”, e il barrito di un coguaro per quello dell’altro camion “Lazaro”. Una viola e un violone sono stati utilizzati per alcuni dei suoni dei gemiti del ponte di corde. La nomination all’Oscar per il Miglior Suono (Robert Knudson, Robert Glass, Richard Tyler, Jean-Louis Ducarme) fu l’unica del film.


Napoleone Wilson

domenica 20 febbraio 2011

La vita agra

35

Film del progetto "100 Film italiani da salvare".

Oggi festeggio la recensione numero 1000 del blog !
Anzitutto quindi un brindisi virtuale con tutti gli amici che mi onorano sempre di splendidi commenti. Per festeggiare ho scelto un Capolavoro ambientato a Milano, la città che amo più di ogni altra al mondo e dove vivo da sempre, anche se nell'immediata periferia.

Prima di cominciare questa atipica recensione, che sarà un foto-racconto, un piccolo inno d'amore proprio per Milano lo voglio spendere. A dispetto di tutti i miti che la circondano, sulla freddezza, la abnegazione al lavoro e chi più ne ha più ne metta, io mai, e dico Mai, mi sono sentito solo in questa città, che come tutte le metropoli da vivere è complessa, confusionaria, inquinata. C'è tutto a Milano, tutto, e lo Spirito Milanese, quello che coloro che la vivono amandola incarnano, immigrati compresi, è fatto di altruismo, generosità e grande umorismo anche, Sì è così! Io sono un solitario che ama la compagnia. Sembra un ossimoro? Non lo è. Di Milano ho questo, la capacità in una marea umana di stare da solo senza sconfortarmi e quando le condizioni lo permettono viva la compagnia! Quando però sento il bisogno di starmene per conto mio sono in un posto che mi permette di farlo. Ci si gode il momento e si va avanti, si guarda sempre avanti. Non potrei rinunciarci a questa città che sento Mia, come irrinunciabile è la mia bastarditudine: fiero di essere milanese e fiero delle mie origini salernitane.

Oggi è così, voglio vedere solo il bicchiere mezzo pieno, anzi pieno per tre quarti. Siccome è una specie di compleanno, un dì di festa, prego tutti di sottolineare se li conoscono solo i pregi di questa città d'infinite risorse, procrastinando discorsi sui suoi problemi (dove non ce ne sono?) ad altre occasioni.

... Il bellissimo transatlantico nel salone d'ingresso ai binari della Stazione Centrale. Oggi non c'è più. Ho fatto in tempo a vederlo da bambino, mi rapiva gli occhi.
Inizia qua la storia dopo un commiato classico al binario: Anna (Giovanna Ralli) sul treno in partenza e Luciano Bianchi (Ugo Tognazzi) sulla banchina. Lei, giornalista romana, ne è stata a lungo l'amante-compagna. Lui era venuto a Milano da Guastalla, dove viveva e aveva famiglia, con l'intenzione di far saltare in aria il grattacielo della CIS, società proprietaria della miniera dove aveva lavorato, prima di essere licenziato, come direttore culturale.

... I bagni pubblici. Per molti erano luogo obbligato d'igiene. Come detto in altre recensioni, a Milano come altrove non erano rare le case prive di bagni interni. Se per i bisogni il bagno comune al piano poteva bastare, per lavarsi non era sempre il massimo, meglio i bagni pubblici, mediamente ben curati e che ti davano tutto, dal sapone all'asciugamano.

... Il famigerato grattacielo della CIS in primo piano. In realtà è la Torre Galfa, per molti anni sede della Banca Popolare di Milano, ora inutilizzato e da ristrutturare. Sullo sfondo il famoso Pirellone, sede della Regione Lombardia. Bisogna riconoscerlo: i grattacieli sono come delle piramidi moderne, danno un senso di forza, potenza, di moderno alle città. Milano non è New York, ce ne sono pochi, ma sono tutti importanti e conservano pezzi di storia. La Torre Galfa (costruita tra il 1956 ed il '59) è tra i più antichi, simbolo del Boom Economico italiano che è il soggetto primo del romanzo e del film.

... Luciano, licenziato tempo addietro, chiede un colloquio col presidente della CIS. Vuole rientrare in azienda a lavorare, col solo scopo di trovare tempi e modi giusti per far saltare in aria l'edificio. Il presidente è irraggiungibile e persino parlare con le segretarie è possibile solo tramite videochiamata. Uno dei tanti momenti amaramente esilaranti del film, anche per la ricca dialettica ironica di Luciano.

... Uno scorcio della bassa padania, una cartolina. Guastalla, in provincia di Reggio Emilia. Questo è uno squarcio del meraviglioso Grande Fiume, il Po, durante una scena di caccia a fagiani.

... Scena d'antologia! Giampiero Albertini, bravo attore milanese, è Libero, un nome che dice tutto. Rappresenta i minatori e chiede al rappresentante della CIS venuto da Milano di sistemare un grave problema di sicurezza. Alla risposta negativa, con un espediente geniale, gli rifilerà una sonora e meritatissima pernacchia.

... I funerali dei 43 minatori morti per la mancata attuazione delle più elementari norme di sicurezza da parte della CIS. Argomento fin troppo attuale mentre non dovrebbe.

... La decisione di vendicarsi. Non è solo una vendetta, è volontà di far capire ad un sistema che fagocita tutto in nome di regole affaristiche che esiste qualcuno che non ci sta!

... Inutile. Una mansione inutile, con una segretaria inutile a leccare le buste, inutile ma zelante, che le lecca e le chiude anche quando sono vuote. E' tutta una parte sui ruoli aziendali, gli status symbol, esilarante. Il bello è che durante il film ogni tanto Luciano guarda in camera e si rivolge direttamente agli spettatori, come per dire: notate anche voi queste cose?

... Qui c'è tutto un discorso, tra amici di una specie di circolo in un bar, sull'influenza dei media sulle nostre ambizioni, aspettative, molto anni 70, veramente illuminante ed esposto con passione, senza banalità. Da risentire più volte, è una specie di trattato sulla felicità, o meglio su come evitare di farsi ingabbiare dalle felicità presunte che la pubblicità ci propina.

... Bowling at Columbine ante litteram. Entra in un negozio a comprare kg e kg di tritolo, più micce, inneschi, e tutto questo con un commesso entusiasta che nemmeno si pone il problema: che ci deve fare co' 'sta roba?

... Sono tempi grami, soldi ce n'è pochi. E' un piccolo momento del film, ma ho amato quel gesto di Luciano. 2 mezze porzioni di taleggio, e tolta la carta dalla buccia si rosicchia anche quella, fino a godere di ogni parte edibile. Quanti ne ho visti nella mia vita mangiare così! (tra parentesi, salvo rare eccezioni, io mangio sempre la scorza dei formaggi se commestibile)

... Luciano farà inizialmente carriera come traduttore di romanzi esteri. Ha solo il problema che traduce usando un linguaggio molto popolare, in particolare per certe esclamazioni o modi di dire, e questo alla editrice (notare bene l'arredamento e dove fa sedere l'ospite per capirne il carattere) non va molto giù.

... Primo ingresso in punta di piedi nel mondo della pubblicità, dove troverà massima espressione al suo talento. Ironia della sorte, proprio lui, così critico verso il mondo consumistico, ne diventerà grande artefice, con trovate e slogan geniali! Sotto è intento a trovare una parola per un detersivo, che non sia bianco, limpido, ecc..., alla fine la troverà e tornerà alla CIS come dirigente di successo.
Certe volte, proprio coloro che a lungo combattono un sistema si ritrovano a passare dall'altra parte della barricata e con competenze fuori dall'ordinario. Il perché è semplice: se vuoi combattere bene qualcosa lo devi studiare bene, meglio persino di chi, di quel sistema, ne è convinto beneficiario. Non solo. Da ex-avversario ne conosci i punti deboli ed entrandone a far parte sei molto astuto, sai dove l'avversario verrà a sfidarti. Luciano è stato travolto dalle sue esigenze, mutui, pagamenti rateali: s'è imborghesito. Quasi senza volerlo è rimasto travolto dal sistema, fatalmente.
...
... Senza raccontare oltre del film, qualche frame di pura memoria e significato. Questo panorama urbano è incredibile, io Milano così non l'ho mai vista! Il Duomo a dx e di fronte, dall'altra parte della piazza, la Galleria...

... Quando da piccolo (avevo 3 anni) la mia famiglia si trasferì dalla zona Corvetto a San Donato Milanese questi erano i paesaggi di quelle periferie dei comuni limitrofi. Le case nascevano ben prima delle strade, e per anni sono andato a scuola cogli stivali di gomma ai piedi. Ogni volta che pioveva c'era fango dappertutto, proprio come in questo frame che per me è stato un deja-vu, tranne per la macchina, quella di mio padre era una fiat 600.

... Ecco, il grattacielo esplode sì, ma di fuochi d'artificio. Luciano col presidente ammetterà che voleva far saltare il grattacielo, verità che ormai appare come una battuta. La risposta del presidente sarà sconfortante: "e perché non l'ha fatto? avremmo preso i soldi dell'assicurazione!". Mostruoso, questo sistema è così ben autoalimentato ed autoreferenziato che pare impossibile scalzarlo. Una doccia fredda.

...
E qua? Qua siamo a "casa mia", il feudo lombardo voluto da Enrico Mattei per l'Eni, i primi palazzi uffici, centro direzionale dell'ente a San Donato Milanese. Che foto! Architettura industriale per le Belle Arti. Io ho abitato a lungo in via Enrico Mattei, ho frequentato l'istituto tecnico Enrico Mattei e a breve, appena trovo il tempo e finalmente, recensirò "Il caso Mattei".
Un viaggio nella "mia" storia, antecedente ma non di molto la mia infanzia, un po' di nostalgia, qualche lacrimuccia e commozione. Il film, Olimpo de Olimpi, è bellissimo e pure estremamente divertente oltre che ricco di spunti di riflessione. Ne ho citati nemmeno la metà degli spunti possibili, è la verità.

Imperdibile e da vedere più volte!

sabato 19 febbraio 2011

The Wizard of Gore

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Necessario tenere presente del regista di cui stiamo parlando. Basti il solo precedente di "Blood Feast" ad introdurlo. Massimo rispetto quindi per colui che ha fondato il Gore a tutti gli effetti, ma che sia chiaro da subito che siamo di fronte ad un gran Trash, che nel mio gergo significa anche: la porcheria che piace.

Oddio, piace... non so, a me piace ogni tanto vedere delle schifezze assurde come questa, meglio se appunto horror, splatter, gore. Da questo punto di vista qua siamo ad "ottimi" livelli! Recitazione infame, i genitali nei film porno sono più espressivi probabilmente. Lentezza mostruosa, ho provato a guardarne un po' a velocità leggermente accelerata ed era godibilissimo, i dialoghi comprensibili e pure più divertente, mentre a velocità normale sembra una lezione d'inglese di Mr Brown. Costo quasi nullo, voce più alta di budget probabilmente il misto animelle per gli "effetti speciali". Stupendamente Trash Trash Traaaaash!!

L'idea di base però, occorre ammetterlo, non è niente male. Chi non ha mai immaginato, vedendo gli illusionisti che tagliano in 2 una valletta, che la cosa potesse essere reale? Be', il mago Montag, "macellaio umano" come lui stesso si definisce, porta in concreto questa morbosa immaginazione, e davanti ad un pubblico attonito dal quale attinge la volontaria. Sega in 2 la donna, oppure gli pianta un chiodo in testa, o la buca da parte a parte con una pressa da conio, o ancora gli ficca delle spade in corpo dalla bocca sbudellandole, e lo fa davvero! I trucchi sono d'un gore che peggio non potrebbe essere ma l'effetto, che sazia a dovere il sadico sanguinario e perverso che c'è in te, non è male. In fondo conta fino a un certo punto quel che "vedi" ingannando gli occhi, è il cervello che deve attivare la chimica che serve.
Le donne poi al termine della sanguinolenta performance con sapienti tocchi tornano integre, salvo che vengono puntualmente trovate morte qualche ora dopo lo spettacolo, e allora vai con le indagini di poliziotti. Ci sarà anche un momento d'illusione collettiva a mezzo tv, si strizzerà l'occhio allo zombesco ed il finale sarà Enigmatico, tutto sempre e rigorosamente guidato dalla più improbabile delle sceneggiature che si possano immaginare.

Perfetto per una serata all'insegna dell'incredibilmente brutto in tutti i sensi! Ma divertente...

Mi perdonerete se su una (succosa) boiata come questa faccio una piccola riflessione semiseria.
Per quale accidenti di motivo ad essere tagliate, squartate, impalate, infilzate, da questi sadici illusionisti, sono sempre e rigorosamente donne? Non pochi clericali direbbero - buon dio, ma ci sono anche i bambini no? - e che dire dei trascurati gay maschi (porc... preti anca mo'!) - eh insomma, pure qualche maschio colla tartaruga non lo si potrebbe affettare? - ben appoggiati dalle donne etero. Niente da fare, sadismo a volontà solo per maschi etero (e donne omosex), gli altri si arrangino. Al solito la misoginia domina. Penso che la commissione delle pari opportunità debba intervenire una volta per tutte, con fermezza e indignazione!

venerdì 18 febbraio 2011

Italia a mano armata

15

Terzo ed ultimo capitolo della "Trilogia del Commissario Betti", dopo gli ottimi "Roma violenta" e "Napoli violenta". Personaggio che non avrà altri seguiti, anche qua interpretato dall'italiano "all'americana" Maurizio Merli per il quale ho solo una parola: Grande! Torna alla regia Franco Martinelli, nome d'arte di Marino Girolami, che è anche ideatore di questo personaggio.

Stavolta Betti è a Torino. Lo stesso giorno ci saranno una sanguinosa rapina in banca e il rapimento di un gruppo di bambini su uno scuola-bus. Entrambe le indagini porteranno a Milano e dintorni inizialmente, poi si concluderanno (solo per il rapimento) a Genova. Tanta azione! Omicidi, inseguimenti, scazzottate, c'è il repertorio al completo dei primi 2 film. Spettacolo garantito e tra i miei Cult come gli altri 2. Altri pezzi di sinossi nei frame sottostanti.

Prova di maturità, lo dico con affetto e stima, per Martinelli. Il confronto con "il" Lenzi di "Napoli violenta" non dev'essere stato semplice ma non s'è tirato indietro e rispetto a "Roma violenta" m'è sembrato esserci più mestiere. Evitati ulteriormente dialoghi "politicamente compromettenti", che tanto al film ed allo spettatore di questo genere di film davano poco già allora figuriamoci oggi. Si punta dritto sullo spettacolo, e ne sono stato ben felice! Non chiedevo di meglio.

A proposito della "politica", anche in questo blog quando abbiamo parlato di "Roma violenta" inevitabilmente il problema ce lo siamo posto: da che parte stiamo? Qui si taglia via ogni indugio e, a parte la rapina in banca, si punta su un reato che mette tutti d'accordo: rapimento di bambini. Ci saranno delle scene veramente dure. S'è cercato qualcosa che mettesse fuori discussione il "metodo Betti"? Può darsi, chi lo sa. Io personalmente anche nei film precedenti ero troppo preso dalla forza del personaggio più che dal suo valore morale, lo ammetto, però le osservazioni non erano banali, oggi come allora.


giovedì 17 febbraio 2011

The Exorcist - L'esorcista

39

Potevo far mancare questo film dal mio curriculum? L'esorcista è tra i più famosi horror di tutti i tempi. Molti, compreso chi scrive, rischiamo ogni tanto di snobbare ciò che è Famosissimo, trasformiamo l'iperbolico aggettivo con "scontato" o peggio ancora "banale". La storia è arcinota, copiata e parodiata fin a portare a noia l'originale. Capita così che ci ritroviamo a non vedere Opere Fondamentali. La chiamo "Sindrome di Moby Dick", in onore al romanzo capolavoro che tutti conoscono e in quattro gatti abbiamo letto nella versione integrale.

Plot nonostante tutto, in poche righe:
Siamo negli Stati Uniti. La figlia di un'attrice manifesta curiosi comportamenti psicologici; cos'è cosa non è, lesioni corticali, sdoppiamento della personalità, ipotesi mediche varie. Telecinesi, voce infernale ed altri fenomeni però non si spiegano; nel frattempo c'è già stato un morto tra chi frequenta la casa. Saranno gli stessi medici a consigliare un esorcismo. A celebrarlo un anziano prete che in passato s'è già occupato di casi simili. E' appena tornato da ricerche archeologiche in Iraq dove ha avuto una sorta d'incontro col demone Pazuzu. Sarà assistito da un giovane prete gesuita, esperto psichiatra.

Pensavo il mio ateismo mi avrebbe risparmiato dall'appassionarmi ad un film del genere, invece è stato amore fatale fin dalle prime scene. Talmente bello e curato nei dettagli che è impossibile resistergli. Non sono un esperto però penso di poter affermare senza esitazioni che fotografia ed effetti speciali, usati per quanto occorre senza inutili eccessi, sono di eccellenza. Ho visto la versione integrale pubblicata nel 2000 ma non va dimenticato che il film è del 1973, in piena era analogica eppure sembra fatto ieri. L'utilizzo dei suoni, di immagini flash quasi subliminali, di diversificate tecniche di ripresa, dai primi piani nitidi a riprese nebbiose come quella in locandina, ci mostrano un regista di doti tecniche complete ed eterogenee. Insomma, è un godimento esagerato da ogni punto di vista!

Trattasi di film veramente d'importanza storica, si legga la ricca pagina wiki a riguardo. Ci sono alcune cose veramente sconvolgenti che voglio fissare qua nella rece:
"La maniacale cura dei dettagli di William Friedkin divenne proverbiale:
- dopo 15 ciak falliti, schiaffeggiò violentemente O'Malley (Padre Dyer) per rendere realistico il suo dolore mentre amministra l'estrema unzione a Padre Karras;
- sparava alle spalle dei suoi attori quando voleva dar loro una reazione di spavento improvviso;
- non avvertì Jason Miller della zuppa di piselli che stava per essergli vomitata addosso da Eileen Dietz (controfigura di Linda Blair), in modo che la sua reazione di disgusto fosse naturale;
- costrinse Mercedes McCambridge, per rendere più "demoniaca" possibile la sua voce, a fumare tre pacchetti di sigarette al giorno, bere quotidianamente whisky e a mangiare solo uova crude e mele acerbe;
- i rumori emessi da Regan appartengono alla voce della McCambridge unita al rumore di uno sciame di api infuriate rinchiuse in un barattolo, alle grida di maiali portati in un mattatoio e alle urla di un ragazzo sottoposto a esorcismo."

Poi dicono che è Lars von Trier che maltratta gli attori...
E' possibile non Adorare un regista così "amorevolmente" crudele? Amore per il film anzitutto e il resto, attori in primis, che s'adegui o se no che se ne andassero a fare le recite scolastiche! Non sempre, ma alcune opere richiedono tale determinazione. Un dogma per me questo, e William Friedkin è già sull'altare, è scattata la mia totale venerazione! Inchinarsi prima di parlarne. Subito una sua foto, a Georgetown sul set dell'esorcista. Lei è Ellen Burstyn.

Nell'aneddottica che circonda questo film si sfora il muro del misticismo:
"Gli incidenti sul set del film furono tali che Friedkin chiese a Padre O'Malley di fare un esorcismo per liberare il set da eventuali influenze del maligno:
- Dopo due giorni di riprese, un misterioso corto circuito provocò un incendio che distrusse buona parte del set.
- La morte di nove persone tutte legate al film, tra cui il fratello di Max Von Sydow, la nonna di Linda Blair, il figlio appena nato di un tecnico e l'addetto alla refrigerazione del set.
- La morte dell'attore Jack MacGowran, il cui personaggio muore anch'esso nel film.
- Ellen Burstyn si slogò il collo e Linda Blair si ruppe alcune vertebre della schiena."
Tranquilli però, sono maledizioni che hanno colpito solo lo staff. Io l'ho visto, ho goduto a guardarlo e (per ora) sono ancora qua, insano come prima.

Prima di passare ai frame, fantastici e ne avrei messi 1000, il mio classico "pensierino" di coda. Nasce da una domanda che mi sono inevitabilmente posto: "Perché questo film mi ha fatto paura?". S'intenda "paura" come "grande trasporto partecipato alla vicenda". Come detto altre volte sono un ultrà del pensiero ateo, agnostico e razionalista, per cui molto poco predisposto a questo genere di storie. Sono giunto ad una discutibilissima risposta: Non c'è cultura al mondo priva di culti di vario genere ed ognuno di essi immancabilmente ha ritratto in qualche modo il diavolo, il demone o comunque lo si chiami, più genericamente la "Funzione del Male". La cosa ha un'esigenza etica alla sua base: se ti dico cosa è Buono devo indicarti per coerenza anche cosa non lo è. Senza addentrarmi nei pur importanti distinguo tra demoni di un tipo o d'un altro, l'altra certezza è che questi personaggi (funzioni) si sono radicati nelle nostre menti fino al punto da diventare veri e propri terrori ancestrali.
William Friedkin, nome e cognome che ogni cinefilo deve stamparsi in mente, affonda in questi terrori con una forza incredibile! Non c'è agnostico che tenga. E' l'inizio che ti maschia il cervello, una fresa, e non ne vieni più fuori. Le scene propedeutiche, girate in Iraq in scavi archeologici, con la statua di Pazuzu fissata dal prete alla fine, sono il viatico. E' già guanto di sfida, si guardano, la luce sfuma sui 2 sfidanti. Sono le forze antagoniste da sempre nell'umanità, che si creda o meno in qualcosa. Incipit tra i più belli della storia del Cinema.

Mi fermo qua. Visione obbligatoria e affermazione moderata.

Famosa la colonna sonora, composta non da brani originali ma da una serie di pezzi classici e moderni scelti ad hoc. Tra questi ultimi il famosissimo attacco di Tubular Bells di Mike Oldfield, disco che ho ascoltato da giovane fino a consumarmi le orecchie. E' diventato il jingle del film, di fatto, ma trattasi di opera a sé stante d'immane bellezza, dove ancora il grande polistrumentista dava fondo alla ricerca. E' un disco fondamentale di quegli anni a mio parere, opera di studio non parimenti replicabile dal vivo dove comunque ha realizzato ottime performance, per un semplice motivo: in studio tutti gli strumenti li suona lui!



mercoledì 16 febbraio 2011

Il Boss

15

Anche se al posto di "Fine" al termine del film si legge "Continua", questo è il terzo ed ultimo film della strepitosa "trilogia del milieu", imperdibile serie di noir firmati da Fernando Di Leo ispirati da racconti e romanzi coevi (questo è tratto dal romanzo "Il mafioso" di Peter McCurtin). Tutti film di grandissima fattura, compreso questo.

Particolare di questa trilogia è la sua eterogeneità. Tutti noir come detto ma con diverse impronte.
"Milano calibro 9" è proprio alla Melville, con un protagonista misterioso, silenzioso, vittima solo del suo amore, unico punto debole.
"La mala ordina", ancora ambientato a Milano, è molto più d'azione e in questo senso anche spettacolare, sempre e comunque incentrato sulla presenza della malavita siciliana nel capoluogo lombardo.

Ne "Il Boss" il palcoscenico si sposta in Sicilia, a Palermo, e si alza molto il tiro, sia nella spietatezza dei killer e quindi nel numero di morti, sia in termini di malavita. Non poche le ammiccate ai poteri politici, al punto che (cito da wiki):
"La prima del film avvenne il 1º febbraio 1973, a Genova. Il 2 novembre dello stesso anno l'allora ministro dei rapporti con il parlamento Giovanni Gioia presentò una querela per diffamazione, in quanto sosteneva che in una scena del film (nella quale si faceva riferimento a una serie di nomi di mafiosi) veniva fatto il suo nome, insieme a quelli di Tommaso Buscetta e Salvo Lima. In seguito alla sua denuncia il film fu sequestrato e il regista, insieme al presidente della società di distribuzione e al legale della casa di produzione Daunia '70 furono convocati per il processo, che però non si fece mai, in quanto Gioia ritirò la denuncia.".
Ma che bravo questo degno rappresentante della sicilia democristiana, che eleganza, che capacità politica! E' giusto che la sua "nobile" memoria rimanga e con questa iniziativa ha proprio colto nel segno: se si fosse stato zitto ne avrei ignorato l'esistenza.

Grande protagonista il duro Henry Silva, doppiato con accento siculo, che interpreta un killer freddissimo: Nick Lanzetta, figlio di enneenne, cresciuto coccolato da alcuni boss di Palermo. E' in corso una lotta per definire chi comanda a Palermo, fin troppo sanguinaria e il sangue ai politici di Roma non piace, accende i riflettori e l'attenzione dell'opinione pubblica su affari che invece si perorano meglio a fari spenti, senza far casino. Tutti sanno tutto di tutti, persino il questore sa che uno dei suoi commissari è uomo d'onore. Il problema è trovare le prove e soprattutto superare un'infinità d'ostacoli politici. E' questo il pezzo forte di questo film duro e netto: la realistica denuncia politica di come funzionano (presente indicativo voluto) le cose e di come il sistema è radicato in tutti i livelli del potere (presente indicativo dovuto). Nulla è fatto o narrato con allusioni, metafore o mezzi termini, è questo che impressiona considerando anche l'anno di uscita del film: è tutto esplicito.

Film soprattutto d'interni, dove si svolgono anche diverse scene d'azione. Violenza ad alto coefficiente e che, nonostante tutto, è lontana da quella realmente praticata da quella "brava" gente. Finale lungo, 20 minuti estremamente palpitanti! Qualche commento a riguardo delle scene nei frame.

Ribadisco: Imperdibile! Tutta la trilogia è da Cult e, tanto per cambiare, possiamo solo rimpiangere questo genere di Cinema Italiano.

martedì 15 febbraio 2011

Control

37

Partendo dalla sua adolescenza, la breve vita di Ian Curtis (1956-1980), leader del gruppo musicale Joy Division, morto suicida prima ancora di compiere 24 anni. Questa l'estrema sintesi del plot, seguite eventualmente i link per maggiori dettagli biografici.
Film pluripremiato, se vi piacciono anche solo un minimo i Joy Division è di visione obbligatoria. L'ho trovato po' lento in alcuni momenti ma nel complesso è veramente molto buono. E' stato girato in un bianco e nero lucido volutamente retrò e questo a me è piaciuto molto. Eccellente Sam Riley nei panni di Curtis.

La motivazione principale per me è stata proprio il piacere che provo ad ascoltare la musica del gruppo protagonista. Per parlarne al meglio ho chiesto al caro amico Roberto - Brazzz , noto a me come "Il minatore della musica", se gentilmente ci scriveva qualcosa. Disponibile come sempre, ecco il suo commento, al gruppo ed al film:

Control, il film di Anton Corbin dedicato alla parabola di Ian Curtis e dei suoi Joy Division, ovviamente termina laddove inizia il mito, la leggenda.
La storia della musica e delle arti è piena di personaggi la cui dipartita in giovane età, magari in circostanze particolarmente tragiche, ha fatto sì che si generasse una sorta di immortalità, di perenne memoria collettiva.
Questo è anche il caso di Ian Curtis, il leader della band, che sul finire degli anni 70 fu una delle principali bandiere della new wave, fenomeno musicale, ma non solo, che investì la società inglese.
Non solo fenomeno musicale, ma anche di costume... dopo la sbornia iconoclasta del punk, con la distruzione di tutto quel che la musica rock era diventata, c'era bisogno di cominciare a ricostruire, e questo avvenne... decine di gruppi, idee, novità, in un turbine fecondo.
In questa situazione si innestano i Joy Division, definizione presa dal nome delle baracche femminili nei lager, dove stavano le deportate destinate al piacere degli aguzzini nazisti, e soprattutto si mostra quella che è la storia del leader, quello Ian Curtis, malato di epilessia, malato di male di vivere, con la sua angoscia, i suoi tormenti... ”non credo che vivrò molto oltre i 20 anni”, scriveva profeticamente.
Parabola velocissima... 2 anni, in sostanza, 2 album immortali. ”unknown pleasure“ e ”closer, poi la fine, il suicidio, l'impossibilità di reggere oltre, e questo proprio il giorno prima della partenza per il primo tour negli USA, che certamente avrebbe sancito il successo planetario del gruppo.
Che potrei dire? che ho amato e amo pazzamente quei 2 album meravigliosi? che Ian di sicuro è nello stesso girone dei vari Hendryx, o Morrison, o altri? o che cosa?... penso che potrei dire solo cose già dette e scritte, per cui dico solo che questo mio è semplicemente un atto di amore e gratitudine verso una persona che ha mostrato tutto se stesso, senza pudori, debolezze comprese.
Parlando un momento del film... a me non piacciono molto i film costruiti in questo modo, con un attore che impersonifica, ecc... preferisco, piuttosto, scelte alla Julian Temple de “il futuro non è scritto”, il film dedicato a Joe Strummer, più documentario che film... più diretto, meno retorico.
Comunque sia il film, pur con questo, per me, limite, non mi è dispiaciuto... impressionante la somiglianza del protagonista con il vero Ian, fedele la ricostruzione, anche se un po' idealizzata, fedeli i personaggi... e poi c'è la musica dei Joy, sempre sconvolgente nella sua bellezza... e il finale, con Ian che, dopo aver ascoltato, come dice la leggenda, ”the idiot” di Iggy Pop (disco fantastico, vale ricordarlo), decide che non ce la può fare, e mette in pratica una decisione probabilmente presa da sempre, decisa da sempre, quella di togliersi la vita... impiccandosi... il tutto sulle note di “atmosphere”, uno dei pezzi, tra l'altro, che amo di più. Ogni volta che lo vedo, questo finale, confesso che non riesco a non commuovermi... sarò sentimentale, ma così è...
Da aggiungere che, secondo me, si tratta anche di una operazione molto onesta, nel senso che mi pare traspaia, da parte del regista (tra l'altro autore di molti videoclip del gruppo) un reale coinvolgimento, un reale amore verso questa figura tragica.
Buona visione... e buon ascolto.

Un grazie di cuore ancora a Brazzz! Abbiamo già in programma un altro film biografico-musicale.
Aggiungo un'ultima curiosità da wiki, che dà ulteriore valore agli attori soprattutto:
"I "The Killers" hanno prodotto una cover della canzone "Shadowplay" del 1979 dei Joy Division utilizzata nella colonna sonora.
Le altre canzoni dei Joy Division, presenti nel film, sono cantate e suonate dagli attori che interpretano la band, ad eccezione di "Love will tear us apart" e "Atmosphere", presenti nelle versioni originali incise dai Joy Division.".