Nei primi anni '60 la RAI produsse una serie di mediometraggi curati da Raffaele La Capria dal titolo "Racconti dell'Italia di oggi", ognuno dei quali ispirato a racconti e romanzi che raccontavano il nostro paese. Questo, diretto da Vittorio Cottafavi, illustra uno dei pochissimi romanzi che ho letto e amato da ragazzino, "Il taglio del bosco" di Carlo Cassola. Dovevo vederlo. Fu amore per il romanzo, lo è stato fin dai primi minuti anche per questo film.
La trama la prendo da wiki, dalla pagina dedicata al libro, identica a quella del film: "Guglielmo è giovane, ma è già colpito dai drammi della vita. Ha infatti perso la moglie da sette mesi e pensa di trovare nel lavoro la possibilità di dimenticare questo fatto, anche se presto scoprirà che è impossibile dimenticarlo. Guglielmo vive con la sorella Caterina e le sue figlie bambine Jrma e Adriana, ma il mestiere di boscaiolo lo costringe a vivere lontano da casa per periodi lunghi fino a cinque mesi. Guglielmo ha infatti comprato un “taglio” in Maremma, cioè un bosco che egli potrà tagliare per ricavarne legna e carbone. Il romanzo descrive questi mesi di lavoro, conclusisi con la produzione del carbone. Commovente è l’incontro con il Carbonaio, verso la fine del racconto, poiché Guglielmo apprende che anche lui ha perso la moglie da un anno. Il suo dramma è che proprio nel riprendere il lavoro, le frequentazioni, i gesti, gli atti quotidiani non riesce a dimenticare le sue vicende luttuose, visto che tutto è uguale a prima tranne la moglie mancante e quindi nulla è più come prima, quindi il protagonista si sente un uomo infelice.".
Pubblicato nel 1950 e ispiratogli da esperienze vissute durante la vita partigiana, il romanzo di Carlo Cassola è una storia di persone comuni e semplice ne è anche la scrittura, priva d'inutili ricercatezze, esente da retoriche così come da ogni forma di protagonismo dello scrittore. E' per questo che poche righe bastano a sintetizzarne la vicenda, così come è difficilissimo, se non usando le parole stesse del libro, trasporne l'intensità pura, della vita di quella gente della Maremma e del soffertissimo, insanabile dramma interiore di Guglielmo che cerca un senso alla vita che ha il dovere di proseguire, se non altro per le figlie.
Vogliamo cercare la frase ad effetto che faccia sintesi di questo Capolavoro, letterario e cinematografico? Sarebbe un esercizio di stile, un'inutile esibizione, irrispettoso. O si sta zitti, o si fa come wiki una semplice sintesi, oppure bisogna affrontare l'emotività per approfondire il senso umano che ne emerge, per mettersi in discussione.
Perdere una persona che si ama intensamente, nell'unico modo irreparabile cioè la morte, è una tragedia che non ha soluzioni. Colpisce indistintamente le persone di ogni livello sociale o culturale. Ci si può rivolgere a religioni, alle stelle, all'amico del cuore, va bene tutto per una consolazione anche illusoria, anche effimera, perché negarsela?, ma risposte Vere non potranno mai arrivarne per il semplice motivo che una risposta prevede una domanda, e qua domande sensate a cui rispondere non ce n'è. Non è un problema di saperla formulare, non c'è la domanda, e se non c'è non c'è! Allora? E allora... e che ne so io, son mi'a il padreterno che cià 'na parola bona pe' tutto sa'!
Guglielmo inizialmente cercherà nel lavoro la distrazione, oltre che il necessario reddito per la sua famiglia. Sarà un primo tentativo, e non è sbagliato, le grandi soluzioni necessitano di un percorso. La consapevolezza dell'illusione porterà ad uno sconforto ancor più grande, ad un altro scalino. Lo troverà il modo di percorrerlo, col povero carbonaio con cui passerà gli ultimi giorni al taglio. Non sarà banalmente come dire che ha trovato uno che sta peggio di lui. Sarà il momento chiave. Io quando penso a questo libro penso sempre più al mestiere del carbonaio che a quello del taglialegna. Guglielmo semplicemente comprenderà che il "lavoro" che potrà elevare la sua sofferenza sono le figlie, il capitale residuo lasciatole dalla moglie. Una cosa ovvia, ma non è così, perché le sofferenze accecano e riaprire gli occhi è difficile, non a tutti riesce. E se Guglielmo non avesse avuto le figlie?
O bischero d'un robydick, ma te... perché tu cciai da sempre 'n mente il carbonaro di codesto romanzo? - Ecco, questa forse la so : - perché è una specie di eremita involontario, è un vivo che già prova la morte, l'ha provata sopravvivendo ai suoi cari, ed ora la solitudine lo pone già in quello status, e chi ogni giorno trova la forza di vivere ancora pur in quelle condizioni mi suscita ammirazione, per me è un piccolo grande eroe.
Riguardo a considerazioni strettamente cinefile, i frame sotto per quanto di pessima qualità parlano da soli. Sono molti, anche se il film dura solo 55 min. Quasi tutti gli attori sono abitanti di Tirli, Grosseto, tutti di una bravura e spontaneità nemmeno giudicabile. Gian Maria Volonté è il protagonista Guglielmo; allora trentenne darà già sfoggio di qualità interpretative, e retrostanti umane, che non hanno più trovato eguali e quello è il massimo risultato possibile per altri attori, eguagliarlo, ché è Insuperabile.
Una piccola menzione alla canzone "Vita di boscaiolo" cantata da Domenico Bartoletti, che si sente durante i titoli di testa. Un esempio della tradizione dei "cantastorie" che giravano una volta nei paesi, molto diffusi in Toscana. Altro segno della cura con cui s'è lavorato a questo film.
Cercherò altri episodi della serie "Racconti dell'Italia di oggi", purtroppo di non facile reperibilità al momento. Intanto mi sono goduto questo in una giornata uggiosa e silente, perfetta alla bisogna. Non so perché titolarono questa serie di film così, tra l'altro questo come altri episodi è ambientato in altra epoca ("Il taglio del bosco" è in un periodo a cavallo delle 2 guerre). C'è sicuramente un voler dire "Siamo quel che eravamo", o anche un "Non dimentichiamo da dove veniamo". In ogni caso, senza alcun sentimento nostalgico, questi affreschi di vita di un tempo sono salutari a mio parere, costituiscono la nostra memoria, quella "sana" da salvaguardare.
Carlo Cassola grandissimo scrittore; Vittorio Cottafavi regista di rara sensibilità, basti citare il meraviglioso "Maria Zef"; "Il taglio del bosco", piccolo romanzo toccante che ho riletto per l'occasione, che rileggerò ancora così come riguarderò questo film, dedicato a mestieri e persone nobili, quelle del Popolo Comune.
Poteva solo essere un'opera per il mio Olimpo.
Robydick
Incuriosisce molto, questo film di cui ignoravo l'esistenza... comincerò col cercare il libro, perché sono (quasi) sicuro che stesse fra gli scaffali di mio padre quand'ero bambino...
RispondiEliminaEh sì, bellissimo, te lo dissi anch'io. Di quella malinconia maremmana che amo alla follia, così come quella terra piana e solitaria.
RispondiEliminavero Napoleone, me ne parlasti in un altro di Cottafavi credo.
RispondiEliminaNicola, io ho il mio vecchio Einaudi che lessi alle medie, la sola traccia della mia scrittura di allora con qualche appunto, pensa...
ottima scoperta!
RispondiEliminaGrazie per la segnalazione!
RispondiEliminagrazie a voi ragazzi, è sempre un piacere.
RispondiEliminaOttima segnalazione. Provvederò al recupero:D
RispondiEliminaciao cinefatti! buona visione anche a te :)
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