Lionheart è uno dei migliori, se non il migliore film della filmografia di Van Damme. O almeno uno dei più sinceri nel riproporre in salsa melò l'eterno canovaccio del cinema d'arti marziali di botte e rivincita.
Quello che dà una marcia in più è senza dubbio l'ottima regia di Sheldon Lettich, uno tra i più bravi e sottovalutati registi action degli anni 80, autore l'anno dopo del più disimpegnato, ma altrettanto valido Double impact sempre con il nostro Gianni Claudio, anzi due Gianni Claudio!
E' spettacolo popolare, senza pretese che non siano quelle di infiammare le grandi masse, l'accezione più vicina all'idea di cinema dei fratelli Lumiere, il divertimento puro per unire la gente in un tripudio di trovate che riproducono la realtà per surclassarla con la fantasia.
I temi dell'opera ricordono quelli del feuilletton, il romanzo d'appendice a puntate, con elementi eterogenei dal sapore di esotica avventura come la legione straniera, ma anche misteri nascosti sotto la vita cittadina, i combattimenti clandestini che sostituiscono le arene di gladiatori. Lionheart è un film che unisce, riuscendoci persino, lacrime e sangue, buoni sentimenti e tante, tante legnate, coreografate in maniera eccellente con un variegato uso delle location dei match che ricorda i picchiaduro da sala giochi.
E' quel cinema in bilico, pericolosamente, tra il commovente e il patetico, che però, per strani casi del destino, non straborda mai arrivando a maledire nel finale, urlato, implausibile, sciocchino, ma dannazione tremendamente da applauso, la corsa del nostro eroe verso un futuro migliore, non l'amore si badi bene, ma un'idea di redenzione che ha solo nel nostro sangue le radici.
Inizio feroce con il fratello del protagonista che viene bruciato vivo e ritmo sempre più concitato che non fa odiare i clichè evidenti come la nipotina dell'eroe, bambini e film d'azione sono come la luce e i vampiri, o i personaggi psicologicamente abbozzati. Accettare le regole della serie B è fondamentale per apprezzare il tutto e non fare la figura di quelli che guardando l'aragosta esclamano “Il pesce mi fa schifo”, perché dietro di te, amico mio, il cartello dice chiaramente, “Buffet a base di pesce”.
Il sangue che schizza ad un certo punto su una spettatrice di un combattimento, eccitandola a dismisura, è uno di quei momenti, inutili forse, ma che ti fanno capire che il grande cinema è fatto soprattutto dai dettagli e, come dice Celentano, “ci dispiace per gli altri”, quelli che continuano a dividere, spezzare, svilire il cinema in caste, autori, settori, ma ignorando così “la statura di Dio”.
Keoma
ormai sono stato convertito al culto di Van Damme sulla via di keomasco... ahah! film a struttura solida e collaudata, quando si dice: "ben fatto". anche se preferisco quelli che mi fanno anche un po' ridere, ma è un problema di aspettative.
RispondiEliminaVedrai Roby che bello Hard target di JOhn Woo!
RispondiEliminavedremo vedremo! :)
RispondiEliminacultissimo!!!
RispondiEliminavedrai hard target roby che roba... vedrai ;)
si proprio cultissimo questo!
RispondiEliminaIl dipinto sopra e' tratto da una famosissima foto di Helmut Newton. "Senza tregua"(Hard Target)('93)di John Woo strepitoso. Forse il miglior film americano di Woo, anche meglio di "Face/Off". E sicuramente almeno per quanto mi riguarda, il migliore in assoluto di JCVD. Da vedere nella "Director's CUT disponibile in R1, non rimontata e tagliata dalla Universal. E ci sono pure Lance Henriksen e Arnold Vosloo..! Lionhearttt!!!!!
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