Trasposizione cinematografica del romanzo omonimo di Paolo Cognetti, vincitore Premio Strega 2017. E' un racconto di formazione condivisa tra 2 ragazzi che abbraccia i 3 momenti più tipici di questo tipo di narrazione: infanzia, adolescenza e maturità (età adulta).
Film meraviglioso per trama, luoghi e tutto quanto fa Cinema. Ha vinto il premio della giuria a Cannes 2022 e 4 David di Donatello con ben 12 candidature. Parliamo quindi di un'opera ampiamente apprezzata.
Bruno è montanaro nel senso più proprio. Nato e cresciuto in montagna, la sua vita non prevede altri orizzonti se non obtorto collo. Pietro invece vive a Torino e in montagna trascorrerà lunghi periodi di vacanza da ragazzino grazie alla passione del padre per l'alpinismo. Sono profondamente diversi ma sarà, il loro, un incontro di anime complementari.
Il conflitto adolescenziale tra Pietro e il padre Giovanni (Filippo Timi) risulterà irrisolto fino alla morte di quest'ultimo. Volontà testamentarie di Giovanni porteranno i 2 amici, che si erano persi, a ritrovarsi per un ideale comune...
Pietro, ormai adulto e girovago tra Italia e Nepal, dove troverà anche una donna, scoprirà poi che Giovanni aveva un atteggiamento con Bruno quasi da padre adottivo che Bruno ha ricambiato largamente, essendo il suo vero padre un poco di buono. E' come se Pietro e Bruno fossero diventati fratelli.
Alessandro Borghi (Bruno) e Luca Marinelli (Pietro), due dei più bravi attori nostrani a mio parere, non hanno ricevuto premi ad personam, ma le loro interpretazioni sono anima e corpo del film, talmente belle da studiare.
Ho scritto molto poco della trama. Mi stupisce quanti eventi significativi ci sono in un film che di parole ne esprime davvero poche, pieno com'è di silenzi. Qualche dialogo, Pietro come voce fuori campo, poco parlare ma pregno e intenso, come l'amicizia tra i due protagonisti.
Sono due uomini, due "opere", troppo compiute in gioventù quanto incompiute da adulti. Le loro vite divergono moltissimo ma l'amicizia ha radici profonde, immutabili quasi, come le montagne. Quel paesaggio ostile e difficile li accomuna. Bruno però non ha alternative come Pietro, è radicato in quel terreno come un albero, ha una saggezza limitata come il suo vocabolario ma è di roccia.
Da metà film, quando hanno cominciato a ristrutturare la baita, ho pensato a quanto la vicenda mostrasse affinità con un altro gran bel film anche se molto diverso: "Into the Wild - Nelle terre estreme". Era Bruno che mi dava queste sensazioni. Personaggio per me difficile da capire, lontanissimo, o ti sembra un pazzo o un guru. Dopo il finale ogni dubbio è svanito, l'affinità col film citato c'è.
Robydick
sì, anche la mia preferenza va a Borghi, che poi mi è piaciuto in tutti i film dove l'ho visto.
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