Fotografia di Daniele Ciprì, sceneggiatura di Stefano Rulli e Veronica Raimo. Questi geni sono degni di menzione anche soltanto per le scene nel bagno turco dei senatori, che sembrano fuori dal tempo – stile antichi romani – dove Toni Servillo e Roberto Herlitzka danno il meglio di sé ed i senatori restano con la testa fuori dall'acqua a seguire i risultati della votazione che dovrebbe impedire ai medici di togliere i tubi che costringono Eluana Englaro ad essere prigioniera del proprio corpo.
In realtà di belle addormentate in questo film ce n'è più d'una. Non solo Eluana, la cui storia fa da sfondo al film. C'è Maria (Alba Rohrwacher), figlia del senatore Uliano Beffardi (Servillo), che partecipa alle manifestazioni cattoliche pro-life senza crederci sul serio, tanto che basterà un flirt col ragazzo pro-eutanasia Roberto (Michele Riondino) a distrarla dagli ave Maria, e conoscendo l'amore riuscirà a svegliarsi risolvendo i rapporti col padre. C'è Rossa (Maya Sansa), una eroinomane che ruba per comprarsi la dose; suo malgrado incontrerà un principe azzurro in camice bianco, il Dr. Pallido (Pier Giorgio Bellocchio); la salverà da sé stessa impedendole di gettarsi dalla finestra della stanza in cui è ricoverata per overdose. Da notare, se ancora non fosse chiaro, la scelta di nomi allegorici per i personaggi. Praticamente una firma del regista.
Abbiamo anche un'altra Eluana, una bellissima ragazza congelata nel suo stato vegetativo (Carlotta Cimador); la madre è l'attrice Divina Madre (Isabelle Huppert), che non riesce ad andare avanti, anche il suo amore è congelato in attesa dell'impossibile risveglio della figlia; rifugiatasi nella religione, la speranza di una guarigione si è ormai tramutata in pazzia, tanto che il marito ed il figlio (rispettivamente Gianmarco Tognazzi e Brenno Placido) sono prigionieri più delle sue nevrosi che della ragazza ormai, di fatto, morta.
Ed è proprio la follia e la grottesca stupidità del potere e dei dogmi religiosi che il film riesce a rappresentare bene. Il regista è lo stesso di “Sbatti il mostro in prima pagina”. Da sempre ci mostra un'Italia schiava di personaggi mediocri, succubi della notorietà e di responsabilità più grandi di loro. Ci voleva qualcuno che facesse un disegnino alla lavagna per spiegare a questi incravattati la differenza tra l'impedire ad una persona di suicidarsi e l'aiutare un malato irrecuperabile o i parenti di un cadavere attaccato al respiratore, a porre fine alle loro sofferenze. Bellocchio lo ha fatto con un film geniale e graffiante.
Senza pietà monta filmati originali dove si ricordano comportamenti di dubbia moralità da parte di personaggi come Berlusconi e Quagliariello in quei tristi giorni. C'è da provare vergogna per loro. Le scene del film più esilaranti sono effettivamente quelle con Servillo ed Herlitzka che interpreta Lo Psichiatra dei deputati – per lo più di Forza Italia – quest'ultimo attraverso splendidi monologhi fa un ritratto (forse sarebbe meglio dire analisi) disarmante di questi signori, coscienti della propria mediocrità, non tutti disonesti, che si trovano a doversi nascondere dalla gente che dovrebbero rappresentare, drogati di apparizioni televisive, in mancanza delle quali si deprimono; nessuno di loro ha il coraggio di fare la scelta che li aiuterebbe davvero: dimettersi e tornare alle proprie vite. Il personaggio di Servillo non si interessa di ottenere spazio in Tv, il suo è un reale problema etico: deve seguire le direttive del Cavaliere o agire secondo coscienza?
Il senatore Beffardi alla fine si dimette e lo rivelerà alla figlia, la quale anch'essa si è evoluta, grazie ad una delusione d'amore anche lei riuscirà ad andare avanti. Ed è questa la chiave di volta, la sostanza del problema. I cosiddetti pro-life non riescono a risolvere le proprie storie, sono congelati e incapaci di evolvere di fronte ai problemi. Alla fine, come spiega al padre Maria, con l'amore si riesce a vedere le cose nel modo giusto. Chiediamocelo, guardando quel simulacro di ragazza immobilizzato in un letto, attaccata ad un respiratore: è amore quello dell'ormai ex attrice Divina Madre, che sospende la sua relazione con marito e figlio per “fare la santa” in modo da meritare un miracolo che non arriverà mai? È amore dare dell'assassino a Beppino Englaro?
Alla fine la morte di Eluana porta la quiete e salva molti politici dall'esprimere un voto comandato dall'alto, con l'apparente formula del lasciare libertà di coscienza. Piace pensare che alla fine l'eroinomane Rossa si disintossicherà per l'ultima volta e troverà nel dottor Pallido l'amore; Roberto telefonerà a Maria di nuovo e suo fratello Pipino, interpretato da Fabrizio Falco, troverà finalmente la pace; il senatore Beffardi magari cambierà partito. Tutto questo il film lo lascia irrisolto. Ed è giusto così, permettendo di realizzare un finale più che azzeccato per questo genere di pellicola.
Giovanni Pili
(facebook)
Ho apprezzato moltissimo la visione di "Bella addormentata", Giovanni mi perdonerà se mi permetto di aggiungere qualche mia riga...
Mi ha colpito la modalità espositiva, non perché sia originale o nuova in assoluto, ma per il grande mestiere, lo stile, oserei dire il Buon Gusto che ha espresso Bellocchio. Il film si svolge negli ultimi giorni di "vita" (notare le virgolette) di Eluana e la sua vicenda, che compare come già detto, è uno sfondo alle vite di tutti i personaggi, crea un clima dove le vite di ognuno si devono confrontare. Queste vite emergono lentamente in progressione per tutta la durata del film, è un continuo rispondere a domanda che sorgono durante la visione ed anche i pochi ma azzeccati flashback mantengono il ritmo. Mai uno scatto o un'accelerazione di montaggio, eppure si ottiene un crescendo emotivo. Sono quei misteri che mi affascinano sempre, cioè come alcuni Grandi Registi, e Bellocchio è tra questi, riescano a realizzare queste magie. Voluta, secondo me, l'assenza di virtuosismi di macchina, pur tenendo conto della cura messa in molti (brevi) piani sequenza a macchina fissa, sia in primo piano che in interni più ampi. La macchina quasi mai è addosso ai soggetti, in antitesi con certo cinema autoriale che vuole impadronirsi dei propri protagonisti. Guarda più discreta, è un atto di sensibilità. Sono cose che è giusto notare, magari imparare. Non esiste un modo più bello o più brutto per le riprese: c'è un modo giusto in base all'emozione che si vuole provocare.
Non penso, come ho letto altrove, che quest'opera voglia essere una sorta di processo postumo o un atto di condanna per taluni. I soli ad uscirne veramente malconci, senza giustificazione possibile, sono i viscidi uomini politici, che nemmeno 100 saune al giorno possono detergere. La colpa è solo loro, di quello che combinarono, non certo del narratore. Lì Bellocchio usa la mano pesante: mentre loro cazzeggiano in sauna, in un'altra scena si vede un uomo guardare un documentario che mostra ippopotami nuotare in uno stagno, completamente immersi o con la testa appena fuori per respirare, proprio come quei luridi che sbucano dall'acqua per vedere i lavori in parlamento, là dove dovrebbero essere invece che in ammollo.
Il fato ha voluto questo film uscisse a breve distanza dalla morte di Carlo Maria Martini, uno dei rarissimi casi di autorità religiosa che ho stimato. Un Uomo che, perfettamente in linea con quanto sempre sostenuto, ha rifiutato ogni possibile accanimento terapeutico, mettendo in difficoltà il mondo cattolico sull'argomento. Che differenza c'è tra lui ed Eluana, la quale pure quando era cosciente aveva espresso questa volontà, mi piacerebbe me lo spiegassero. Ovviamente il film è stato prodotto ben prima, ma cita in ogni caso un altro celebre uomo del clero che in passato fece la stessa scelta di Martini: un "certo" Karol Józef Wojtyła. Ad ogni modo non biasimo gli amici cattolici, perché so bene quanto sia difficile e complesso vivere con umanità, intelligenza e coerenza per un non credente, cosa a cui loro aggiungono ulteriori complessità.
La vicenda che più appare disaccoppiata dal clima che dicevo è quella della tossica e del medico che l'accudisce. Pare quasi un diversivo, per alleggerire l'attenzione; invece secondo me, proprio grazie ai bellissimi dialoghi che si svolgono tra loro, rappresenta il cuore, il nocciolo e forse il solo messaggio esplicito che il film lascia. - Perché mi vuoi salvare se io voglio morire, perché? - chiede la donna. Il medico spiega che semplicemente, se si vede una persona che si vuole suicidare, l'istinto è quello di salvarla e non si può frenare. Che domanda e che risposta! Hanno a che fare con la vicenda di Eluana? Sì, ma riflettiamo su un punto, da solo basta: la donna è fondamentalmente sana, cosciente, ha possibilità di vita reale, godibile nella sua pienezza e umanamente dignitosa. Non occorre aggiungere altro, è tutto molto semplice, come il film.
Robydick
@Roberto - Condivido appieno la tua aggiunta.
RispondiEliminaRiguardo la storia di Rossa e Pallido, credo possa effettivamente mostrare il fianco a interpretazioni diverse, qualcuno potrebbe leggerlo come un "ognuno ha la sua verità, hanno ragione un po' tutti". Invece questa storia è un atto di fede verso l'intelligenza di chi guarda, un invito a capire la differenza essenziale tra la situazione di una Eluana e quella di una Rossa. Se non si è capaci di coglierla, c'è qualcosa che non va.
Il film è costruito in modo superbo, la fotografia e il montaggio sono davvero da scuola del cinema, la mano di Bellocchio si vede tutta ma... i ma sono rimasti uscita dalla sala, perchè gli ideali mi sono sembrati più forti della storia, i personaggi abbandonati per poter continuare a ribadire il loro pensiero. Come ho scritto da me, se finiva con la morte degna e intensa di Eluana, sarebbe stato meglio.
RispondiEliminabe' Lisa, ma non è un film su Eluana, così m'è sembrato. è su quello che c'era intorno, una nazione divisa e contrapposta, mostrando vicende individuali.
EliminaQuesta idea di tenere la vicenda della Englaro sullo sfondo l'ho apprezzata molto. Sarebbe stato altrimenti tutto un altro film.
EliminaIo mi astengo sennò mi dareste dello "squilibrato", e non lo sono davvero, "purtroppo". Lascio detto solo questo, limitatamente all'aspetto cinematografico, e basta. E' ovvio altresì che sono a favore dell'eutanasia e contro l'accanimento terapeutico, come favorevole alla ricerca sulle cellule staminali. Ma olto "italianamente" guardate i cognomi che hanno preso parte al film,solamente nel cast artistico: Bellocchio figlio di, Placido figlio di...Mettersi contro Michael Mann perchè a 75 anni non hai avuto il Primo Premio della Giuria poi, è assolutamente patetico, ancor più patetico leggere persino su Il Fatto quotidiano, e mi è dispiaciuto, da Malcolm pPagani, che d'altronde "cosa c'era da aspettarsi era lecito, designando come Presidente della Giuria Michael Mann, così distante anni luce dalla nostar idea europea di cinema d'autore."
RispondiEliminaEh, già. Michael Mann non è "un autore", solamente un regista di "genere". Mi sa proprio che anche come autore rispetto a Bellocchio...Massimo rispetto, eh ha fatto tanti bellissimi film chi lo potrebbe negare, come "Marcia trionfale, "In Nome del padre", "I Pugni in tasca", "Salto neòl vuoto", "Sbatti il mostro in prima pagina", ci mancherebbe...Ma, per piacere...
battute infelici anche secondo me quelle verso Mann. puoi dire che sei o meno d'accordo con le decisioni, ma giudicare un tale regista in quel modo... non ne ho voluto parlare però, col film non hanno a che vedere, sono beghe da festival che se le tengano.
RispondiEliminariguardo ai figli d'arte a me chemmefrega di chi son figli? giudico come hanno recitato e le loro parti a mio avviso le han fatte bene, diciamo senza infamia né lode.
parlando del festival invece, vedremo poi Pietà di Kim Ki-Duk com'è... regista che stimo tantissimo, li ho visti buona parte, tutti splendidi tranne una merdata di film inutile e incomprensibile, proprio il "Ferro 3" che vinse il Leone d'Argento, quindi mi permetto di essere un po', come dire?, prevenuto.
Mi spiegate un po' meglio le polemiche su Mann?
RispondiEliminama sì Giova', cerca un po' nel web che ne trovi ;-)
RispondiEliminaA quanto ho capito, sto dalla parte di Bellocchio. Tanto per cominciare non c'entra niente il provincialismo, semplicemente hanno avuto paura di premiare un film che parlava di quel tema, lasciando alla coscienza di chi guarda il giudizio ... cosa alquanto scandalosa in Italia. Mann dice che il cinema italiano è troppo provinciale? Bergman cominciò ad essere grande quando smise di imitare lo stile americano impostogli. Inoltre non c'è abbastanza spazio in Italia per gli inseguimenti all'americana ed un eroe in calza maglia a Roma lo prenderebbero subito per coatto. Una storia come questa poi non ha confini. Bisognerebbe chiedere a Mann se pensa che il film di Bellocchio sia provinciale.
RispondiEliminaP.s
Detesto l'Italia, mi ritengo Sardo e basta. Non faccio questo ragionamento per "amor di patria".
devo ancora vederlo...
RispondiEliminaSe ti interessa l'argomento saranno soldi ben spesi.
Eliminainteressante, cercherò di recuperarlo e guardarlo :)
RispondiEliminaAnch'io come Ernest devo ancora vederlo. Devo. Lo farò in questi giorni.
RispondiEliminaAndremo anche noi questo week end, invogliati dalla vostra recensione. Grazie !
RispondiEliminaMi fa molto piacere. XD
Eliminafate tutti bene ad andarci, e pure la pizza ci stà bene! :)
RispondiEliminasono in arrivo per questo settembre et autunno una bella serie di film italiani, tra l'altro