Ancora prima del dittico-capolavoro premiatissimo ai Cesàr e altrove, dall'enorme successo di pubblico in Francia e all'estero, diretto da Jean-Francois Richet con Vincent Cassel magnifico protagonista, nel 2009, (ovviamente malissimo distribuito e quasi del tutto ignorato in Italia, se non fosse grazie ai dvd e ai Blu-ray), ovvero il monumentale affresco “Nemico pubblico N°1 -L'istinto di morte”(L'Ennemi public N°1 -L'instinct de Mort), e “Nemico pubblico N°1 -L'ora della fuga” (Mesrine -L'Ennemi public N°1)-, e insieme ad un paio di eccellenti documentari cinematografici, e una pletora di televisivi, vi fu questo “Mesrine” (1984) diretto dal sempre bravo André Génovès, migliore di quanto mi potessi anche solamente e lontanamente aspettare, e anche meglio di quanto mi ricordavo, dopo non averlo visto da anni, e soprattutto con il sopraggiungere del “kolossal” di Richet.
L'avevo comunque già visto prima, come detto alcuni anni fa e mi ricordo ancora bene di quando uscì a Parigi, gli spot in tv e i flani sulle riviste e i giornali, quando uscì nelle sale, solamente nell' Ile De France fece il record di spettatori al primo week-end di apertura, ed è stato spesso trasmesso alla televisione, mentre adesso c'è anche il bel dvd francese della Studio Canàl. E' un film molto violento, ma perché la violenza per reazione è un punto piuttosto importante della parabola criminale e umana di Mesrine, almeno per chi abbia letto la splendida autobiografia scritta mentre era in carcere nel braccio di massima sicurezza a La Santè, “L'instinct de Mort” (1977), o abbia letto la sensazionale biografia scritta in inglese da Carey Schofield, di Jacques Mesrine -andrebbe letta almeno un paio di volte-, e quindi è a conoscenza della storia. Credo altresì che la violenza nel film non risulti mai sovraesposta, e anzi per la prima metà la pellicola proceda piuttosto di sottrazione.
Ad esempio, alle prime scene è sovrapposto un testo per dimostrare che egli era in carcere a Montreal, in Canada, e che venne posto sotto processo a Compeigne, di ritorno in Francia, e dal cui tribunale egli compì la sua prima rocambolesca e celebre evasione, sul suolo delle natìa Francia. I personaggi sono introdotti con il vero nome di quelli reali, a partire da: il suo famoso avvocato Christiane Giletti, che fa la sua apparizione durante la clamorosa, incredibile e mai avvenuta prima, evasione dal braccio di massima sicurezza de La Santé, che fece il giro del mondo. Alcune scene sono anche intonate in chiave auto-ironica, aspetto questo sempre poco risaltato ma ben presente nella personalità sfaccettatissima e istrionica di Mesrine. Le sequenze d'azione e di violenza, di fughe, di rapine ed evasioni, non danno mai l'impressione di essere messe lì soltanto per il gusto di farlo, ma perchè rilevanti per i contatti con la realtà e i veri avvenimenti e azioni svoltesi. Solamente una breve scena nella quale una autobomba viene fatta esplodere a Palermo, non ha addentellati con la realtà.
Non è mai stato dimostrato, che Mesrine nei suoi pur numerosi trasferimenti in Italia, si sia mai recato in Sicilia. Comunque non è davvero rilevante per la storia principale e lascia in qualche modo l'impressione di essere stata inserita dagli sceneggiatori, perchè vi era la necessità di avere una sequenza contenente delle esplosioni, altrimenti assente. Vi sono anche un paio di errori tecnici o di stampa, durante i campi lunghi di Mesrine e Sylvie Jeanjacquot che in auto attraverso la Porte de Clignancourt si recano al suo famoso appuntamento con la morte, essi non sono correttamente messi a fuoco, e la famosa auto di Mesrine, la BMW 528i nella quale venne massacrato di proiettili, immortalata in migliaia di foto, prime pagine di giornali, documentari e servizi televisivi, è d'argento al posto del color bronzo di quella vera. Nessuno di questi piccoli errori è comunque abbastanza per fare però un brutto film. Come detto a suo maggior favore vi è l'interpretazione di Nicolas Silberg, che si può davvero presentare come un'immagine da sovrapporsi a quella del vero Mesrine; al quale risulta fisicamente e fisiognomicamente quasi uguale. Qualcosa che non si può dire del Mesrine interpretato dal pur superbo e magnetico Vincent Cassel, al quale però pur quando ingrassato, non somiglia certo nei lineamenti. Anche la minore profondità profondità conferita al suo personaggio -al quale Cassel può certo aver donato maggiore scavo e spessore, avendo a disposizione le oltre tre ore del fluviale bio-pic di Richet- lavora a favore del film ed è, forse soprattutto una chiave interpretativa della figura di Mesrine come più superficiale e inconsistente, e le cui motivazioni comportamentali e la sua profondità di intelletto fatte dai suoi apologeti era forse maggiormente agiografiche nel film di Richet (?). Il film, anche se io non potrei certo annoverarmi tra gli “sminuitori” della figura di Mesrine, è bello, e le numerose, riuscite e convincenti sequenze d'azione, così insite e inserite con mestiere nella parabola criminale e infine tragica delle vita di Mesrine, sono piacevolmente in misura ridotta rispetto a quelle riguardanti la sua vita.
La scena della sua spietata esecuzione ad opera della Squadra Repressione Banditismo della polizia, irrompe come venendo fuori dal nulla e, nonostante sia una cosa che era chiaramente inevitabile la repentinità di essa provoca uno shock dello spettatore, che la rende la scena più efficace del film, ancora più che nel film del 2009. E i meriti che vengono apportati da questa accurata ricostruzione appena quattro anni dopo la sua morte, risiedono anche nell'essere questo un resoconto quasi in contemporanea di fatti così sensazionali e clamorosi, da risultare quasi incredibili, e tra le pagine più scomode e discutibili della politica, del governo e non parliamo della polizia, per la République degli anni '70 . Lo sfondo è quindi una sorprendentemente attraente fine degli anni'70 /primi anni '80 in Francia, il quale è restituito con classe e freschezza. Un promemoria intelligente sarebbe solamente il puntualizzare che non tutte le persone indossavano cappotti di lana afghana con nascoste delle granate al suo interno, come Mesrine in quei giorni. Alcune sequenze sono girate con un po' troppa luce sovraesposta e una combinazione di colori quasi pastello, che rendono lo sguardo carcerario de La Santè un po' troppo elegiaco. Il tutto è completato dalla stupenda ed elegante musica per archi e tubular bells composta da Jean-Pierre Rusconi, con un tema ricorrente che rimane in testa, ma frustrantemente non può certo essere fischiettato. Nel complesso un buon polàr con insito un intatto spirito da B-movie, come in Francia si continuano fortunatamente ancora a realizzare.
Consigliatissima la lettura della pagina italiana Wiki su Jacques Mesrine, ovviamente ben meno ricca di dettagli, informazioni, note, citazioni, curiosità, rimandi e quant'altro rispetto a quella in francese ma anche a quella in inglese, ma tant'è; data la cronica e perniciosa “ignoranza” italiana del sensazionale personaggio e dei clamorosi, enormi fatti avvenuti in Francia in quegli anni.
Ad esempio, alle prime scene è sovrapposto un testo per dimostrare che egli era in carcere a Montreal, in Canada, e che venne posto sotto processo a Compeigne, di ritorno in Francia, e dal cui tribunale egli compì la sua prima rocambolesca e celebre evasione, sul suolo delle natìa Francia. I personaggi sono introdotti con il vero nome di quelli reali, a partire da: il suo famoso avvocato Christiane Giletti, che fa la sua apparizione durante la clamorosa, incredibile e mai avvenuta prima, evasione dal braccio di massima sicurezza de La Santé, che fece il giro del mondo. Alcune scene sono anche intonate in chiave auto-ironica, aspetto questo sempre poco risaltato ma ben presente nella personalità sfaccettatissima e istrionica di Mesrine. Le sequenze d'azione e di violenza, di fughe, di rapine ed evasioni, non danno mai l'impressione di essere messe lì soltanto per il gusto di farlo, ma perchè rilevanti per i contatti con la realtà e i veri avvenimenti e azioni svoltesi. Solamente una breve scena nella quale una autobomba viene fatta esplodere a Palermo, non ha addentellati con la realtà.
Non è mai stato dimostrato, che Mesrine nei suoi pur numerosi trasferimenti in Italia, si sia mai recato in Sicilia. Comunque non è davvero rilevante per la storia principale e lascia in qualche modo l'impressione di essere stata inserita dagli sceneggiatori, perchè vi era la necessità di avere una sequenza contenente delle esplosioni, altrimenti assente. Vi sono anche un paio di errori tecnici o di stampa, durante i campi lunghi di Mesrine e Sylvie Jeanjacquot che in auto attraverso la Porte de Clignancourt si recano al suo famoso appuntamento con la morte, essi non sono correttamente messi a fuoco, e la famosa auto di Mesrine, la BMW 528i nella quale venne massacrato di proiettili, immortalata in migliaia di foto, prime pagine di giornali, documentari e servizi televisivi, è d'argento al posto del color bronzo di quella vera. Nessuno di questi piccoli errori è comunque abbastanza per fare però un brutto film. Come detto a suo maggior favore vi è l'interpretazione di Nicolas Silberg, che si può davvero presentare come un'immagine da sovrapporsi a quella del vero Mesrine; al quale risulta fisicamente e fisiognomicamente quasi uguale. Qualcosa che non si può dire del Mesrine interpretato dal pur superbo e magnetico Vincent Cassel, al quale però pur quando ingrassato, non somiglia certo nei lineamenti. Anche la minore profondità profondità conferita al suo personaggio -al quale Cassel può certo aver donato maggiore scavo e spessore, avendo a disposizione le oltre tre ore del fluviale bio-pic di Richet- lavora a favore del film ed è, forse soprattutto una chiave interpretativa della figura di Mesrine come più superficiale e inconsistente, e le cui motivazioni comportamentali e la sua profondità di intelletto fatte dai suoi apologeti era forse maggiormente agiografiche nel film di Richet (?). Il film, anche se io non potrei certo annoverarmi tra gli “sminuitori” della figura di Mesrine, è bello, e le numerose, riuscite e convincenti sequenze d'azione, così insite e inserite con mestiere nella parabola criminale e infine tragica delle vita di Mesrine, sono piacevolmente in misura ridotta rispetto a quelle riguardanti la sua vita.
La scena della sua spietata esecuzione ad opera della Squadra Repressione Banditismo della polizia, irrompe come venendo fuori dal nulla e, nonostante sia una cosa che era chiaramente inevitabile la repentinità di essa provoca uno shock dello spettatore, che la rende la scena più efficace del film, ancora più che nel film del 2009. E i meriti che vengono apportati da questa accurata ricostruzione appena quattro anni dopo la sua morte, risiedono anche nell'essere questo un resoconto quasi in contemporanea di fatti così sensazionali e clamorosi, da risultare quasi incredibili, e tra le pagine più scomode e discutibili della politica, del governo e non parliamo della polizia, per la République degli anni '70 . Lo sfondo è quindi una sorprendentemente attraente fine degli anni'70 /primi anni '80 in Francia, il quale è restituito con classe e freschezza. Un promemoria intelligente sarebbe solamente il puntualizzare che non tutte le persone indossavano cappotti di lana afghana con nascoste delle granate al suo interno, come Mesrine in quei giorni. Alcune sequenze sono girate con un po' troppa luce sovraesposta e una combinazione di colori quasi pastello, che rendono lo sguardo carcerario de La Santè un po' troppo elegiaco. Il tutto è completato dalla stupenda ed elegante musica per archi e tubular bells composta da Jean-Pierre Rusconi, con un tema ricorrente che rimane in testa, ma frustrantemente non può certo essere fischiettato. Nel complesso un buon polàr con insito un intatto spirito da B-movie, come in Francia si continuano fortunatamente ancora a realizzare.
Consigliatissima la lettura della pagina italiana Wiki su Jacques Mesrine, ovviamente ben meno ricca di dettagli, informazioni, note, citazioni, curiosità, rimandi e quant'altro rispetto a quella in francese ma anche a quella in inglese, ma tant'è; data la cronica e perniciosa “ignoranza” italiana del sensazionale personaggio e dei clamorosi, enormi fatti avvenuti in Francia in quegli anni.
Napoleone Wilson
Bellissimo questo film! Pensavo di essere l'unico a conoscerlo!
RispondiEliminabe', siete almeno in 2! :D
RispondiEliminaoh, nun se trova tranne che in francese, 'tacci mia...
mi guarderò quello che con Cassell, che mi pare di capire non essere affatto male
RispondiEliminadovrebbe essere uscito in vhs in italia, se lo trovo e lo compro te lo copio, io ce l'ho in francese. bello anche nemico pubblico, è in 2 parti, da non confondere con la cagatina di michael mann...
RispondiElimina"Nemico pubblico di Michael Mann è comunque bellissimo, in linea pressochè perfetta con la filmografia e il livello tecnico/espressivo dell'autore. "Mesrine" mi fa piacere che lo abbia anche visto proprio tu, Keoma. A quanto mi risulta/va, non è mai uscito in vhs italiana. Sono mezzo francese e ho vissuto là a lungo.Onestamente è difficile che i film francesi non li conosca, cerco anche di tenermi costantemente aggiornato (e meno male che c'è il filesharing,e l'import dvd/Blu-ray, perchè si sa, in Italia di francese non deve uscire quasi niente o poco più) con la loro magmatica e iperattiva produzione attuale.Che come scrisse pure Gervasini e in questo sono d'accordo, per il poliziesco/gangster e il noir è internazionalmente al top più che mai, gli americani possono solo imparare e cercare di copiare (Mann appunto, e pochi altri esclusi).
RispondiEliminaRiflettere solo su questo, in Francia proprio quest'anno e quello passato, è stato battuto il record di biglietti cinematografici staccati, dal 1966. Si fanno ca. 150 film l'anno. Che escono e vengono distribuiti, non solo nei festival o per gli amici di famiglia, in un mercato come quello nazionale francese estremamente auto-referenziale, tant'è che raramente questi film vengono doppiati o sottot. in altre lingue,basti vedere nei dvd .
Nonostante la crisi i consumi culturali "di massa" a Parigi come nelle altre città sono tra quelli meno "intaccati", e il Governo ha da sempre una politica -SERIA- di sostegno e finanziamento all'industria cinematografica, considerata da sempre prioritaria come asse portante dell'identità culturale francese.
Diversi film francesi quando vengono distribuiti all'estero, anche in paesi notoriamente "ostracizzanti" come l'Italia, vedi il caso eccezionale di "The Artist" e "Quasi amici"-che seppur non mi sono piaciuti -hanno ottenuto pure qui fra i maggiori incassi della stagione.
Fare le debite differenze con la situazione attuale della produzione quasi esclusivamente di "casta"Rai/Mediaset e del livello medio della cinematografia italiana.
Vedremo cosa saprà fare là Placido con un noir tutto suo, anche se il precedente di "Vallanzasca"(proviamo a paragonarlo al Mesrine di Richet, ma anche a questo di oltre 25 anni fa), a mio avviso non è che permetta chissà quali aspettative.
Purtroppo su Mann non mi vedi concorde. Reputo bellissimo il suo Strade violente e un grandissimo film The heat - la sfida (e ancora prima Agente Hauser), e in quegli anni, almeno fino a Collateral, un grande autore. Poi la mediocrità più assoluta con la punta massima nel tremendo Miami vice, una cosa così vergognosa sia come stile che come storia da far rivalutare il Bad boys 2 di Michael Bay... Detesto il digitale e non riesco a vedere più di mezz'ora di film girati non in pellicola al cinema, in dvd il discorso cambia, soprattutto cose che dovrebbero essere spettacolari e concitate. Nemico pubblico per quanto mi riguarda non si riesce a vedere, la finzione viene sperculata da quelle immagini troppo nitide che distruggono il velo di maia cinematografico, mi fa venire il vomito e il mal di testa, come lo stile che diventa fastidiosa maniera e quindi masturbazione intellettuale. Prendiamo Fredkin o Frenkenheimer, ecco loro sono ad un altro livello, anche nelle schifezze (56 gioca o muori o Pollice da scasso) sono sempre stati personali e coraggiosi, lo stile è rismasto stile potente e non fiumi di parole per Cahier du cinema.
RispondiEliminaNon posso replicare su Mann, sono troppo di parte. "Sei solo, Agente Vincent!" volevi dire, la "prova generale" di "Heat". Adoro ovviamente anche Friedkin e Frankenheimer e i film da te citati, che ho pure in dvd. Dirò solo che accusare Mann "di non avere più stile" o almeno come una volta,non parliamo del "contenuto" perchè quello mi pare indiscutibile, "Miami Vice" compreso è dura, non ha proprio nulla di un Michael Bay, ma nulla. E' vero, utilizza il digitale, ma proprio lui soltanto e pochissimi altri, lo dovrebbe utilizzare. Sarei d'accordo con te, anch'io preferisco di gran lunga la pellicola al digitale, ci sono miei post a decine su quest'argomento anche da queste parti. Mann però utilizza il digitale che manco te ne accorgi, da "Collateral" in poi i suoi film hanno una qualità figurativa e visiva pari o superiore a quella della classica pellicola, utilizzando in maniera esteticamente unica la resa fotografica e cromatica delle macchine RED.
RispondiEliminaMi ero fomentato leggendo la recensione di Napoleone ma dai commenti scopro che esiste solo una versione in Francese... peccato.
RispondiEliminaAvevo già visto Nemico Pubblico N°1 ed è una gran figata.
RispondiEliminaGiovanni, lo vedi che almeno su qualche cosa siamo d'accordo. Grande figura di bandito "politicizzato" a sinistra Mesrine, e che tra l'altro non aveva mai ucciso nessuno che non fosse comunque un gran bastardo.Compresa la "lezione" esemplare a quel gran porco di giornalista per giornali reazionari di destra.
RispondiEliminaFrank, ma guardalo lo stesso, anche se non capisci il francese ha delle belle sequenze d'azione e una gran bella colonna sonora.
Tra l'altro, ho scoperto che Génovès il regista del film, è morto prematuramente pochi mesi fa.
Sono troppo anarchico per rimanere indifferente a certe trame.
Eliminaanche a me è piaciuto quello di Mann!
RispondiEliminahttp://robydickfilms.blogspot.it/2009/12/nemico-pubblico.html
leggo meglio gli altri commenti dopo...
Intendevo quello con Vincent Casselle. Ma anche l'omonimo film su Dillinger è molto bello.
EliminaL'avevo capito Giovà che ti riferivi al dittico con Cassel, che non era possibile non menzionare nella rece in lungo e in largo. Anch'io sono troppo anarchico per resistere a certe trame. Il Commissario Broussard della Squadra di Repressione Banditismo, autentica celebrità mediatica e attraverso i libri, e' dal quel giorno del novembre 1979 a Parigi, che cerca di confutare la verità acclarata, che come si vede bene nel film di Richet del 2009, Mesrine fu barbaramente trucidato dalla polizia. E senza che potesse opporre la benché minima reazione armata e con la granata sotto il sedile dell'auto- messagli da loro- miillantata dalla polizia. Come il film con Cassel coraggiosamente mostra, e in Italia vorrei vedere chi
RispondiEliminaavrebbe questo coraggio in un film, arriva uno dei colleghi di Broussard di corsa e gli spara un colpo di pistola a bruciapelo alla tempia. Quando Mesrine era già incosciente e agonizzante, al volante dell'auto.
Mesrine in Francia e' adesso oramai una figura purtroppo mercificata" e cristallizzata nella sua "leggendarieta'", nazionalmente quasi alla pari del Che. Non e' raro fra decine di libri, documentari e film dedicatigli, fino al "kolossal" di quattro anni fa con Cassel, trovare manifesti da attaccare in camera, e ragazzi, giovani con la sua effigie sulle magliette.
E a modello dei banlieuseur oggi. Di Action Dirècte ieri.
RispondiEliminaUna 528i,E12 trattandosi della fine dei 70,sostituita nel 1981 dall'E28 che se le metti l'una accanto l'altra ti sembrano praticamente la stessa auto se non fosse per il passo più lungo,parabrezza e lunotto più inclinati,frontale,coda e interni ridisegnati . Il bello è che l'auto è diventata davvero piuttosto famosa nella faccenda. Forse non quanto la 130 di Moro e l'R4 rossa nella quale il corpo senza vita dello stesso fu rinvenuto. Certo, l'R4 e di colore rosso non fu scelta a caso dai brigatisti,che vedevano in lei il simbolo della lotta operaia. Il bello è che,mentre la 130 e l'Alfetta di scorta sono state demolite piuttosto di recente peraltro, l'R4 pare sia stata restituita al legittimo proprietario, tale Filippo Bartoli. Mi chiedo a questo punto che fine abbia fatto la splendida 528i E12 di Mesrìne.
RispondiEliminaTra le auto che la cronaca nera ha reso famose durante gli anni di piombo non dimentichiamo "l'Alfetta al tritolo" (che poi l'alfetta,in vita, è stata un automobile trucida già già di suo!). Da ricordare anche la famosa quanto bruttissima Citroen ZX grigio antracite sulla quale è stato preso Riina nel 1993. Nella fiction di mediaset "Il capo dei capi" l'hanno anche utilizzata, uguale identica nell'ultima puntata. Esilarante invece quel film per la tv su Falcone: Durante i minuti iniziali della prima puntata si leggeva in sovraimpressione "Palermo,1980" ma sullo sfondo faceva bella mostra di sé una Pandozza seconda serie cioè quella del 2003, quella brutta fatta in Polonia insomma, e quà e là delle Croma (un modello di per sé già nato 5 anni dopo, quelle erano anche delle successive restyling lol). Ho sempre odiato gli anacronismi nei film ma vabbè d'altro canto chi li ama? Certo che se in Mesrìne il regista dovesse aver sbagliato, oltre al colore pure la serie (tipo ha preso l'E28 invece dell'E12 pensando che tanto sono simili per cui l'una vale l'altra) meriterebbe una sonora pernacchia. Gli anacronismi possono ancora essere accettati in filmetti senza pretese tipo "Notte prima degli esami",dove hanno usato una Porsche 968 Cabrio rossa del 1991 quando il film è ambientato nel 1989,ma in quelli seri mi urtano non poco.
RispondiEliminaci vorrebbe un Max consulente per le auto alla nostra fiction! :)
RispondiEliminaCiao Roby, piccolo off topic, volevo chiederti se avevi visto "L'Enfant",del 2006 e magari ci avevi anche fatto una recensionuccia, sono innamorato di quel film!
Eliminaoddio, ho indagato eh... intendi quello dei fratelli Dardenne? ne ho visti altri di loro, ma questo no. rimedierò :)
EliminaMax, sei un fenomeno! Ma dove quando come, hanno demolito la 130 e l'Alfetta bianca di Via Fani!!??Com'e' possibile, sapevo della R4 del Bartoli che la tiene in giardino e si sta rovinando, ma com'e possibile permettere che l'auto della scorta di Moro e la 130 vengano demolite!!?? Erano sempre state in un capannone della Motorizzazione civile, a Roma. Nel '93 un inviato di Minoli per il 15'anniversario del 16 marzo le fece pure vedere erano perfettamente conservate! E' uno schifo davvero, come minimo ma minimo dovevano essere utilizzate per un' esposizione in un museo, come l'A112 di Dalla Chiesa e la Setti Carraro, crivellata dai kalashnikov in via Carini. Quando le hanno demolite?
RispondiEliminaGuarda Max, sono sempre stato attento anch'io a queste arroganti cialtronerie nelle ricostruzioni storiche dei film italiani. Arroganti perchè pensano che secondo i loro ma solo loro realizzatori, siano secondarie agli altri aspetti della trama o che nessuno tanto se ne accorga. Uno dei primi casi in cui rimasi veramenta basito, fu quando vidi al cinema "Il Caso Moro"(1986) di Giuseppe Ferrara, con G.M. Volontè. Quando Moretti/Sbragia e la Faranda, Morucci,Bonisoli si incontrano di fronte al cinema Barberini in P.zza Barberini a Roma,si vede passare chiaramente una delle macchine utilitarie più anni'80 che ci fossero, la Renault Supercinque, uscita mi pare nel 1985. Peccato che nel film dovremmo essere nel marzo-aprile 1978.
RispondiEliminaNelle fiction poi, sciattissima e con un'insopprimibile aria di tirato via "Il Capo dei Capi" compresa, è un continuo per centinaia di casi, di errori di targhe, bianche nei primi anni '80, palesemente finte, modelli di auto sbagliati rispetti a quello veri, o usciti clamorosamente dopo. Martinelli nella ricostruzione "finto-documentaristica" in Super8 "JFK Style" dell'Operazione Fritz nell'orrido "Piazza delle Cinque Lune", riuscì persino a cannare clamorosamente le giuste distanze e disposizioni delle auto e dei corpi in via Fani!
E poi si da così tanto rilievo perchè Spielberg in "Munich" ha sbagliato o chi per lui, i caratteri delle targhe nere italiane, nelle scene ambientate in alcune fittizie starde di Roma e visibilmente ricostruite a Malta.