Dr. Mercury Arboria/Scott Hylands :- “Portare a casa una lode per tua madre, Barry. “
Rosemary Nyle/Marilyn Norry :- “Barry... perchè non porti i tuoi apparecchi.”
Barry Nyle/Michael Rogers :- “Non voglio portarli più.”
Questo film canadese d'esordio del giovane e dotato figlio dello scomparso George Pan Cosmatos regista tra gli altri suyoi grandi successi degli anni '80, di “Rambo 2:La Vendetta”(First Blood: Part II) ('86), e di “Tombstone”(1993) nel quale egli fu assistente, è una vera e propria ode reverenziale a Kubrick, Argento, Cronenberg, “Stati di allucinazione”(Altered states) (1980)di Ken Russell, John Carpenter soprattutto nelle sonorità dei sintetizzatori per la bellissima colonna sonora di Jeremy Schmidt la quale riecheggia molto anche il lavoro di Fred Myrow & Malcolm Seagrave per “Fantasmi”(Phantasm) (1978) di Don Coscarelli, la sci-fi degli anni '70 e il fantasy degli anni '80, il tutto in una iper-stilizzato follia da capogiro. Ragion per cui “Beyond the Black Rainbow” riesce nel suo intento di rendere omaggio a questo cinema contemporaneamente in modo univoco e ardente, attraverso il suo folle e unico percorso. Che per il personalissimo debutto registico del Cosmatos si apre molto indietro nel tempo, ovvero nel "1983" come ci informa una scritta prima dei titoli, seguita da una vhs che viene inserita in un videoregistratore dell'epoca e ci mostra un video promozionale in cui un inquietante Dr. Mercury Arboria (il redivivo Scott Hylands) spiega i suoi piani per rivoluzionare l'umanità con la creazione di una ricetta - di "farmacologia benigna, terapia sensoriale e energia scolpita" - per la felicità pura.
Questa introduzione, che suona come un nastro perduto ci introduce in una sorta di Dharma degli allucinogeni, dandoci poi modo per una cosiddetta “azione di correzione”, in cui una silenziosa e perennemente accasciata sul pavimento bella ragazza mora, Elena (Eva Allan), viene presa di peso e scortata in una sterile stanza bianca, dove attraverso una parete di vetro colorato gli vengono dati dei consigli da un ultra-raccapricciante medico di nome Barry Nyle (Michael Rogers), i cui tentativi di conversazione sembrano progettati solo per suscitare un qualche tipo di risposta emotiva da parte della poco comunicativa Elena. Le sue misure in gran parte non sortiscono alcun effetto, il che lo porta alla fine del lavoro stancamente alla sua avveniristica GT anni '80 (non è mai mostrata interamente ma potrebbe essere il famosissimo prototipo Aston Martin Lagonda Coupè, o una DeLorean) a e poi nella sua casa di pesanti mogani, dove si afggira seccato dalla moglie Rosemary (Marilyn Norry) per andare ad addormentarsi, ma non prima di ingerire metodicamente una serie di pillole di una capsula per volta, il tutto mentre nella stanza bianca, Elena si trova su un letto, devastata da visioni di una stanza buia con un malevolo oggetto bianco triangolare al centro.
Anche tale descrizione non trasmette l'iniziale senso di sregolate stranezze di “Beyond the Black Rainbow” che suona come un lungometraggio su di una storia ambientata nel “2001” di Kubrick culminante in un contesto infernale e alieno, e che impiega sgargianti, emozionanti filtri di colore e ossessionanti dissolvenze transitorie per legare le sue attrattive dai sogni di cui è oniricamente intessuto ai suoi significanti primari: una sequenza di credito inserita in un morphing dell'iride; inquadrature dei pannelli del soffitto di un corridoio ambulatoriale che illuminano di una luce rossa. Barry che guida verso casa su una strada rurale, e una infermiera (Rondel Reynoldson) che sfogliando un libro, trovato in un cassetto di un elegante muro nero, ce lo mostra pieno di illustrazioni scientifiche di dispositivi cerebrali futuristici, esseri alieni, ventri impregnati di creature non identificabili, e vagine con un che di molto depravato e minaccioso. Come questi elementi ultraterreni possano essere resi sensibilmente coerenti in una narrazione è semplice: non è così. O meglio, non viene fatto completamente, così come Cosmatos cerca perseverando il disorientamento attraverso i mezzi visivi, sonori e di narrazione. Il regista sussume il materiale figurandolo così a fondo distante dallo spettatore nelle sue fioriture di esasperato formalismo stilistico- mentre allo stesso tempo procede una stratificazione narrativa che attraverso la tv e i discorsi di Reagan cerca di inserire nell'impianto del film una traccia sotterranea sui distruttivi e disperati genitori e le ansie dei figli, nell'era della paranoia reaganiana della Guerra Fredda, e nella mente dello spettatore, le tensioni corpo-spirito della protagonista- il quale fa si che il film assomigli un po' al bell'omaggio francese di due anni fa ai thriller argentiani e baviani “Amer” , un altro tributo ad un genere costituito da significanti simbolici e cifrari stilistiche imploranti di una loro decodificazione da parte dello spettatore-cultore appassionato e attento.
Una visita di Barry al suo mentore Dr. Arboria, ora fragile e anziano quasi cadaverico la cui pelle venosa implora per una ennesima iniezione di narcotici, istiga un flashback al 1966 che manda ulteriormente le cose in una spirale di confusione: in un non-luogo fuori “dagli uomini e da Dio” completamente bianco, dove il marrone e il nero è unicamente quello delle persone, senza capelli e a bella vista ipersessualizzate, Arboria promette a Barry la chiave per la prossima evoluzione dell'umanità attraverso una pillola, la quale invece che ad una beatitudine illuminata, invia Barry (letteralmente, e psicologicamente), in una macchia di inchiostro denso e attraverso una fusione mentale, su e giù per un percorso infernale di fiamme che si riflettono nelle iridi e laminazioni di arcobaleni neri. E' un incubo LSD di feroce psicosi, il rovescio della medaglia fallico alla famosissima sequenza della "Porta delle Stelle" in “2001”. E lo stato d'animo di squilibrio scardinato non si disperde una volta che Barry emerge da questa fossa come di petrolio, quale un demone oscuro, impregnando forse la sua collega prima di ucciderla con un pesante morso di scatto alla giugulare, e salvare poi il suo prescelto, un bambino, che là fuori si trasformerà in Elena. Tale follia è parte integrante di “ Beyond the Black Rainbow” così come il flusso di coscienza tracciato da questo trip, il quale è così costante, che dopo questa parentesi, il film acquista sorprendentemente una specie di lucidità estremamente stravagante che è mantenuta per il finale (purtroppo, al termine invero insensato e debolissimo), in cui Barry rivela se stesso come un essere qualcosa di molto meno che umano alla pari del David Bowie de “L'Uomo che cadde sulla terra”(The Man who Fell of the Earth) (1976) diNicholas Roeg, e perversamente interessato alla figlia Elena, che egli lambiscecon un coltello alieno soprannominato "lacrima del diavolo."
Assodato del fatto che Elena è apparentemente una sensitiva e dotata di potentissimi poteri psichici pari a quelli di“Carrie” di Stephen King/Brian De Palma, o degli “Scanners” diCronenberg - le sue battute di dialogo sono soltanto("Voglio vedere mio padre")mentre parla telepaticamente a Barry - e che questi poteri soprannaturali sembrano essere ostacolati dal gigantesco aggeggio triangolare, o che la pellicola si riveli una miscela di sci-fi familiare all'appassionato e di “topòi” dell'horror miscelati insieme da un alchimista dei generi sfacciatamente pretenzioso e manicomiale. Gode Cosmatos nella ripetizione e nell'opacità a fini deliberatamente frustranti, e tuttavia il suo attivismo gonzo e ricreativo degli anni '70 e '80 e delle sue convenzioni sonoro-visuali (aiutato non da poco dalla fotografia ipnotica di Norm Li) è così tenace che alla fine diventa un incantesimo mistificante. Sia tramite ricorrenti motivi visivi dell'occhio cinematografico diKubrick, De Palma, o lo “split-screen” come ad esempio ne“L'Uomo che fuggì dal futuro”( THX 1138) (1970) di George Lucas, o gli evidenti debiti agli Stormtrooper lucasiani dei sensazionali “Sensionauts” in pelle e casco futuribile rosso vestiti, o i bruschi tagli di montaggio da scene che ottengono i toni minacciosi anche attraverso canti corali interrotti da silenziosi ronzii o semplicemente la presenza di Barry/Rogers - il cui cereo volto da diabolico robot inquieta nei suoi estremi primi piani e per il suo frequente, voyeuristico spiare Elena – attraverso specchi nascosti e telecamere, il regista offre una festa di sconcertante spettacolarità visiva, che ingrandisce grazie all'oscurità sempre costante della storia. Anche se la narrazione al di là delle sue coordinate guida è in parte decifrabile, non si aspettino la chiarezza coloro che si avventurino alla fine di questo arcobaleno nero, un impegno che, alla fine, richiede soltanto sottomissione alla sua perfetta forma-contenuto, sintesi di bellezza bizzarra e intrigante incomprensibilità.
Toronto Film Critics Association Awards Anno 2013 Ha Vinto il TFCA Award come Migliore opera prima.
Panos Cosmatos
Vancouver Film Critics Circle Anno 2013 Ha Vinto il VFCC per il Miglior attore in un film canadese
Michael Rogers
Miglior Film del British Columbia
Miglior regista - Film Canadese
Panos Cosmatos
Angel Dust
eseguita dai Venom
scritta da Jeffrey Dunn / Anthony Bray / Conrad Lant
pubblicata da Notting Hill Music (BMI)
cortesemente concessa da Universal Records / Sanctuary
Inside Out Flower
eseguita dai Kicking Giant
scritta da Tae Won Yu / Rachel Carns
Anonymous
eseguita dai SSQ
scritta da Jon St. James e John Van Tongeren
pubblicata da Jon St. James / FT Music / John Van Tongeren
Per gentile concessione di FT Music e Jon St. James.
Le pillole di Barry Nyle sono della “Farmacia di Benway”. Il Dr. Benway è un personaggio ricorrente nelle opere di William S. Burroughs.
Napoleone Wilson
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RispondiEliminaE cosa chiedere di meglio, coerentissima con l'ambientazione nel 1983,sui titoli di coda ritroviamo "Anonymous" da "Playback" degli SSQ/Stacey Q....Madonna bùhona. Gus42 dove sei...
EliminaMi fa piacere essere chiamato in causa da te Napoleone. Purtroppo mi cogli impreparato. La mia ignoranza è molto vasta. Ho appena ascoltato le 2 canzoni che hai citato, tutte e due molto belle, mi hanno ricordato la più recente colonna sonora di Drive.
EliminaIl film lo guarderò al più presto, sperando che il finale non mi faccia incazzare!
visto qualche mesetto fa... concordo con la recensione è un prodotto visionario affascinante e una dedica al cinema citato, tuttavia il finale è di uno sconclusionato, è quasi ridicolo e rovina ciò che poteva essere una perla, un capolavoro che avrebbe ridato linfa al genere. Mi ha dato l'impressione d'essere un po' preso in giro; Sono stati creati con minuzia mistero e tensione claustrofobica continua e crescente e poi sembra quasi che il regista alla fine, accortosi che la pellicola stava finendo, abbia chiuso tutto precipitosamente.
RispondiEliminasimocyberpunk, ma difatti l'ho scritto, il finale è una roba che letteralmente non ci si può credere, pare vicino ad essere una delle più grosse prese per il culo viste negli ultimi anni,tale quasi da riverberare una luce fortemente negativa su tutto quanto si era visto sino a quel momento, che invece era mooolto positivo, sembra infatti che Cosmatos lo abbia fatto apposta per sputtanarsi/re tutto,.
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