Primo film di una trilogia di Pietro Germi che, pur di fama mondiale, non è mai stata battezzata. Comprende altri due film successivi: "Sedotta e Abbandonata" (1964) e "Signore & signori" (1966). Visto che sono, a mio parere, tre capolavori, credo che in qualche modo vada definita. Io la chiamerei Trilogia sulle Donne italiane. Nome scelto in loro onore e per altre ragioni che saranno chiare al termine delle recensioni in esame.
Nel 1961 mancavano ancora 20 anni a che l'articolo 587 del Codice Penale (di epoca fascista), quello che regolamentava il delitto d'onore, venisse definitivamente abrogato. "Dopo l'abrogazione del reato di adulterio nel 1968, dopo l'introduzione del divorzio nel 1970 (legge 898), dopo la riforma del diritto di famiglia nel 1975 (legge 151), dopo l'introduzione dell'aborto nel 1978 (legge 194), le disposizioni sul delitto d'onore sono state abrogate il 5 agosto 1981 (legge 442)."
Per farla breve, il 587 prevedeva pene mitigate nel caso l'omicidio si fosse consumato "in famiglia" per questioni d'onore e in circostanze di forte emotività. Un altro articolo trattava nello specifico le attenuanti da applicare, con o senza le quali la pena andava dai 3 agli 8 anni di reclusione.
La Sicilia fu la regione dove questo delitto ebbe più diffusa applicazione. Ecco perché l'ambientazione non poteva essere più adeguata per trattare l'argomento. In teoria sia uomini che donne potevano agevolarsene, ma è fin troppo evidente e storicamente provato che gli uomini erano i primi destinatari. Erano gli uomini che "uccidevano per onore". Quando capitava che lo commettesse una donna (nel film si narra di una vicenda realmente avvenuta) la condanna era sempre prossima al massimo: la condanna di 3 anni o poco più era solo per i maschi. Bastava poi un'amnistia, buona condotta, o altro per ritrovarsi liberi in pochissimo tempo e poter così tornare al paese persino acclamati dalla folla. Assassino si perdona, cornuto no!
Fefé, come lo chiamava la dolce Rosalia, studierà, sognerà, tramerà l'impossibile per giungere al suo scopo: liberarsi della moglie e impalmare la cuginetta. Per arrivare a ciò assisteremo ad uno spaccato di società dove nulla può essere privato e quindi lasciato al caso. Ogni dettaglio richiede piani, riflessioni, persino un semplice sospiro può signifare molto.
Voglio sottolineare in particolare la fotografia di Leonida Barboni e Carlo Di Palma, talmente sincrona coi sentimenti della trama da far apparire tutto in una "luce normale" ma normale non lo è affatto.
Dopo "Divorzio all'italiana" è nata la definizione "Commedia all'italiana", non a caso.
Capolavoro imperdibile.
Robydick
Una delle migliori commedie italiane, Pietro Germi mi ispira parecchio, grande Mastroianni
RispondiEliminaGermi è imprescindibile
RispondiEliminacommento precedente ero io...
RispondiEliminaAh ok, a mia mamma piaceva, si guardava sempre il ferroviere
RispondiEliminavisto e recensito ... film coraggioso
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