lunedì 4 luglio 2011

The Nickel Ride (aka: El hombre clave) - Il mediatore

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“L'incubo era finito...O era appena iniziato!”

“L'azione è stata la sua vita...senza di essa era morto.”

Dalle Tagline americane di lancio del film.

“The Nickel Ride”o “Il Mediatore”, nel titolo italiano dell'uscita cinematografica italiana nel 1975, è un bellissimo film di gangster realizzato da Richard Mulligan, regista solitamente e precedentemente non associato al genere. Certo, in molti dei suoi film c'erano sì dei criminali, ma erano in realtà raffigurati come non molto di più che dei “cattivi ragazzi”; così come in “The Great Impostor”(Il Grande impostore)('61) con Tony Curtis, “L'Ultimo tentativo”(Baby the Rain Must Fall)('65) con Steve McQueen, o “Come September”(Torna a settembre)('61) con Rock Hudson e Gina Lollobrigida.
Come quasi tutti i film di Mulligan, anche “The Nickel Ride” è un film pieno di notevoli composizioni d'inquadratura come di movimenti della cinepresa: Mulligan si dimostra in particolare una volta di più anche in questo film uno specialista nell'esplorazione visiva degli spazi urbani. Questi, includono quindi molte riprese d'esterni, come molti interni urbani tradizionali, ad esempio i vari capannoni e fabbriche, che ben trasmettono l'atmosfera tetra di questo bellissimo noir, nel quale l'interpretazione di Jason Miller (famosissimo per sempre avendo interpretato Padre Damien Karras ne “L'Esorcista”, toccante e veramente superlativo come era solito di questo attore veramente bravissimo ma poco attivo al cinema e più al teatro, nel quale è stato un autore di drammi e commedie delle quali una vinse persino il Premio Pulitzer, cioè “The Running Season -Correre per vincere” da cui fu anche tratto un film con lo stesso Miller, Robert Mitchum), nel personaggio di un capo-quartiere per il sindacato del crimine, cioè una mezza tacca che fa da collettore del giro delle scommesse sui cavalli, tal Cooper, che si ritrova a non essere più nelle “grazie” dei capi dell'organizzazione, e che quindi sta dirigendosi consapevolmente verso una fine che non può impedire, ad opera di un killer prezzolato vestito da cowboy, tale Turner (interpretato dall'impareggiabile caratterista del cinema americano anni'70 Bo Hopkins, il quale interpretò molti film di genere anche in Italia) che viene inviato nel suo quartiere di Los Angeles apposta per ucciderlo.
La parte centrale del film si svolge durante la festa di compleanno di Cooper, il suo ultimo compleanno, organizzatagli a sorpresa dalla gente del quartiere e del bar di Paddie/Victor French (altro caratterista di grande valore ed esperienza del cinema e della tv americani) in cui si ritrova sempre Cooper, il quale è una sorta di beniamino stimato dalla gente del quartiere. Ma appena lasciata la festa il suo superiore nell'organizzazione Carl, interpretato da John Hillerman (sì proprio lui, il celebre inseparabile di Thomas Magnum/Tom Selleck, “maggiordomo” Jonathan Higgins di “Magnum P.I.”), lo tira da parte nella sua auto con autista per dirgli che il boss non è affatto soddisfatto che egli non abbia ancora concluso l'accordo per il “blocco” (un magazzino abbandonato che deve essere utilizzato per depositarvi della refurtiva da destinare alla mafia). Per mostrargli chiaramente quanto e come non siano precisamente soddisfatti, hanno assegnato l'incarico di eliminarlo al citato Turner, che lo insegue per tutto il film avvolgendolo mellifluamente con falsi lodi e cortesie, sempre in verità minacciose.
Intanto Paulie (Lou Frizzell), che è il responsabile della direzione del pugile Tonozzi (Mark Gordon), un vecchio amico di Cooper, lo informa che il suo combattente si rifiuta di andare giù nell'incontro che hanno combinato. Dopo che Cooper ha promesso che non accadrà nulla di male a Paulie -assicurandogli che potrà andare fuori città e comprarsi quel negozio di articoli sportivi che aveva sempre voluto- scopre però che il suo assistente e antagonista, per odio personale Bobby, ha malmenato il pugile e ucciso Paulie. Sconvolto dalla rabbia, Cooper affronta Bobby e lo manda in ospedale per le lesioni. Ma proprio questa azione irrita ulteriormente i grandi “bravi ragazzi”, i quali fanno dare una tale sferzata a Cooper attraverso Carl, che lui proprio non gradisce.
Qui incomincia la parte più affascinante del film, che descrive mirabilmente l'avvenuta paranoia di Cooper rispetto al personaggio di Turner, e rispetto ad ogni cosa che egli dica o faccia, sperando che si scopra in una situazione di debolezza affinché possa riuscire a coglierlo in quell'attimo che gli permetta di ucciderlo. Ma Cooper ha degli incubi come premonitori di quello che potrebbe stare per succedere che lo salvano, e gli permettono di salvare la sua ragazza Sarah/Linda Haynes. Dopo aver visto questi momenti onirici, è come se ci si distaccasse progressivamente dal plot gangsteristico del film. Ma non diventa un problema. I personaggi e il tono emozionale di queste scene rimangono sempre ben oltre la loro forza e chiarezza. Non bisogna quindi essere preparati a seguire una trama alla “Tokyo Drifter” di Seijun Suzuki, però, come nel classico film di gangster giapponese i colori del film di Mulligan sono bellissimi, e fanno parte di uno studio accurato per donare al film lo stile criptico e surreale, che lo fa sembrare quasi un film d'avanguardia come sarebbe potuto essere una specie di “Aspettando Godot” in chiave gangsteristica, piuttosto che un gangster movie tradizionale sulla falsariga di “Il Nemico pubblico” o “Scarface” di Howard Hawks. Nel film di Mulligan la violenza è contenuta, inserita in uno strano, lento mondo che appare quasi mitemente sognato, e che non riusciamo a comprendere completamente, un mondo alla deriva ma che persuade e avvince lo spettatore a essere seguito, da una scena all'altra.
Questo è lo stile di Mulligan, anche il suo eccellente e molto famoso“To Kill a Mockingbird”(Il Buio oltre la siepe”('62) e “Baby the Rain Must Fall”(L'Ultimo tentativo)('65) erano altrimenti pieni di tocchi surreali, e di un pervasivo senso di bizzarria.
Altro aspetto ricorrente è l'abito bianco di Jason Miller, che richiama fortemente nel look lo stile di Atticus Finch (il famosissimo personaggio con cui vinse l'Oscar Gregory Peck) in “To Kill a Mockingbird”, che era altrimenti proprio vestito con alcuni abiti molto simili, alla moda del periodo in cui era ambientato il film. Il look degli abiti bianchi è un ottimo spunto per ben ricordare Mulligan, come l'abbigliamento sportivo, ma molto similare e sempre bianco che Jason Miller indossa durante la prima parte di “The Nickel Ride”. Questa attenzione agli abiti dei suoi protagonisti fece sì che al tempo si affermasse l'idea che Mulligan fosse qualcosa come “il più glamorous regista di Hollywood” per l'abbigliamento dei personaggi nei suoi film. D'altronde, quando Mulligan stesso parlò dopo una preview del suo bellissimo “Summer of '42”(Quell'estate del' 42)(1971), disse che aveva voluto vestire i protagonisti del film proprio nel folgorante, splendido modo di vestire di quel periodo, spesso di bianco, che corrispondeva fedelmente a quella che era la tipica moda del tempo.
Finita la prima metà di “The Nickel Ride”, Mulligan lavora sullo schema di colore del bianco, compensato dalle luminosità di altri colori, il giallo, rosso o blu. Usualmente, in “The Nickel Ride” predomina in ogni sequenza la luminosità di un solo colore. Sezioni del film sono sono quasi completamente bianche o gialle, seguendo ad un altro lungo tratto che invece è completamente bianco e rosso, seguente ad un'altra sequenza nella quale diversamente è tutto bianco e blu. Questa sorta di architettura coloristica e modello personale di colore -e mostrato ancora una volta in “The Man in the Moon” (L'Uomo della luna)('91), nel quale si hanno scene maggiormente illuminate dal bianco e dal verde, e brevi sequenze di bianco e rosso.
Le prime scene di “The Nickel Ride” sono state disegnate su sfumature di bianco e giallo. Il bianco è forse il colore più predominante, con grandi tagli di giallo, oro, o leggeri toni del beige. Queste scene includono Cooper a casa, prima in camera, poi al telefono, o dopo mentre si prepara colazione e si sta vestendo. L'idea dell'apertura del film con il protagonista in camera, piena di un'intensa sensazione di riflessione sui problemi della sua vita, diverrà ricorrente in “Same Time, Next Year”(Lo Stesso giorno il prossimo anno)('78) e in “The Man on the Moon”.
Il fermo immagine di vita -o “natura morta” attraverso la scrivania del poliziotto, con il telefono, il distintivo, i libri ecc. è una memorabile composizione. Molto di essa è illuminata nelle sfumature del giallo.
Quando l'azione si trasferisce nelle strade, con Cooper vestito del suo abito completamente bianco, abbiamo quindi un nuovo schema di colore: bianco con tagli di rosso. Il rosso include la cravatta di rosso scuro di Cooper, la giacca rossa indossata dal venditore ambulante,le cornici e gli sgabelli del bar di Paddie, la camicia rossa e bianca e la cravatta indossate dall'uomo che sta dormendo nell'ufficio, e la cuffia rossa dell'uomo nella piscina. Ad un certo punto, nel mezzo della scena della piscina, i colori improvvisamente cambiano. Essi adesso incominciano a diventare blu e bianchi, iniziando a riverberarsi con i suoi accenti blu sui boxer e l'abbigliamento Questo schema di colore persiste nell'ufficio di Cooper, con le sue parti nere sopra la camicia blu, e nella sequenza della festa di compleanno al bar, qui abbiamo persino delle candele blu nella torta al cioccolato. La scena del bar occasionalmente ha anche inserti di altri schemi di colore: il venditore ambulante in rosso che ci viene mostrato in una posizione preminente, la torta di cioccolato che è leggermente gialla, ecc. Ma la maggior parte degli abiti nel bar sono blu, in contrasto con lo sfondo bianco.
Quando ci viene mostrato Carl (John Hillerman), si cambia ancora dal rosso al bianco. La macchina di Carl (una splendida Lincoln Continental) è rosso scura, similarmente scura della cravatta di Cooper, e i vestiti di Carl sono di belle sfumature rossastre. Ora ritorniamo al magazzino, con i suoi mattoni rossi. La ripresa nella quale l'auto si muove a passo d'uomo in parallelo con la camminata di Cooper e Carl è una vera e propria sinfonia di rossi scuri e mattoni dai toni del rosso.
Il bianco e rosso persiste nelle riprese al banco dei biglietti dell'arena di pugilato, e nelle scene in cucina che seguono quelle ambientate al bar. Mulligan amava le cucine, e le persone che vi stanno preparando il cibo. Il tavolo della cucina di fronte a Cooper è un'altra delle curate composizioni da nature morte di Mulligan. Ho sempre sospettato che i colori preferiti da Mulligan fossero il bianco e il nero. Quando Mulligan parlava dopo la presentazione di “Summer of 42”, ricordava orgogliosamente al riguardo il suo dramma su Gauguin girato per la televisione, “The Moon and Sixpence”(La Luna e sei soldi)(1960). Mulligan menzionava in quella imprescindibile intervista per ogni studio sul suo cinema, che questo suo film fu girato a colori. (La TV a colori era qualcosa di veramente raro a quei tempi). Mulligan in questa intervista oltre ad essere come sempre amichevole con chiunque, fu molto articolato su questo argomento.

E' molto interessante anche dare il giusto rilievo allo studio delle forme che è stato compiuto da Mulligan in questo come in altri suoi bei film, come spero almeno da qualcuno ricordato anche da queste parti, “Una Strada chiamata domani”(The Bloodbrothers)('78) -il quale fu in pratica il film dell'affermazione di un giovane Richard Gere, oltre che avvalersi della partecipazione di due eccellenti Tony Lo Bianco e Paul Sorvino-, il bar di Paddie ad esempio è rettangolare ma con un angolo tagliato a fare un altro angolo. Il cinema di Mulligan che ho adorato e studiato per lunghi anni ha sempre usato molte di queste ripetizioni delle strutture architettoniche presenti nei suoi film, e “The Nickel Ride” mostra molte di queste nelle scene urbane della prima metà del film:le arcate del magazzino, le finestre in entrambe la casa e l'ufficio di Cooper -ogni finestra con la propria ombra proiettata- le facciate dei palazzi downtown L.A.. Il filo spinato lungo il quale Cooper cammina nella sua prima apparizione downtown, che anticipa per esempio la recinzione della fattoria in “The Man in the Moon”. Ripetendo tutte queste tali strutture architettoniche, si ripercorre anche uno degli elementi chiave dello stile visivo di Mulligan. Stile evidente anche nelle prime riprese in campagna, che si soffermano su degli alberi a seguire su una riva. Anche questa inquadratura, anticipa la ripetizione di degli alberi durante una sequenza di guida, in “The Man in the Moon”.

“The Nickel Ride” fu selezionato da Quentin Tarantino per essere proiettato alla prima edizione del Quentin Tarantino Film Fest di Austin, Texas, nel 1996.

In concorso per la Palma d'Oro al Festival di Cannes 1974.

Napoleone Wilson


18 commenti:

  1. film davvero notevolissimo a dispetto dell'essere quasi sconosciuto. ti tiene incollato per la tensione, la particolarità del protagonista e soprattutto delle immagini che apprezzi persino se pessime come le ho visto io.
    solo napoleone poteva spiegare così bene e in dettaglio il perché di tanta bellezza.

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  2. peccato che non esista nella nostra lingua, neanche con i sottotitoli, quindi credo che purtroppo non lo vedrò, a meno che non impari lo spagnolo, anzi, "el castillano."

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  3. molto interesssante,amo questo genere..vedrò di procurrmelo,certo è un peccato non ci siano i sotoottitoli..come sempre,bella recensione napoleone....ciao robi ci si vede

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  4. ciao ragazzi! be', io prevalentemente ascoltavo l'inglese e quando non capivo 'na mazza allora leggevo sotto, alla fine si riesce a seguire, poi qualcosa l'ho capita definitivamente con la rece di napoleone :)
    ormai, da quando ci sono lui e belushi me ce devo abitua' a vede i film in 'sta maniera, ahah!

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  5. madonna scrivo come una scimmia..prometto di cominciare a riguardare prima di postare.

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  6. ahah! roby, pensavo che dopo le miniere ti eri dato ai safari... :D
    ma fa nulla, basta capire ;-)

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  7. Caro Harmonica no c'è in ita., col doppiaggio originale di quando uscì al cinema nel 1975. Retequattro lo programmava e lo registrai, oltre vent'anni fa. Dopo, non mi ricordo se e quante volte sia approdato sui canali digitali. Ma del bouquet di Sky, mi pare Studio Universal l'abbia programmato. Purtroppo, per il download in ita. non si trova. L'unica è questa versione qui da un canale analogico spagnolo. E'annunciata però finalmente una prossima uscita in dvd R1 Usa dalla Shout!Factory/20th Century Fox H.E.

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  8. ottima segnalazione! io ho tirato giù una versione senza alcun sottotitolo :( speriamo di capirci qualcosa.
    di mulligan ho visto solo Chi è l'altro? che non è male.

    sono molti i film purtroppo "introvabili" o comunque senza sottotitoli di nessun tipo... voglio vedere da tempo Sitting Target ma nisba. speriamo nel futuro!

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  9. sono "troppi" quei film frank, non "molti" ... :(
    be', per capirci sfrutta la rece. parlano uno slang un po' strettino eh, i sub esp sono stati molto utili

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  10. "Sitting Target"(IL Sanguinario)('G.B.'72)di Douglas Hickox, con Oliver Reed e Ian McShane, icone stesse del gangster movie britannico....Vecchia vhs in ita. della MgM da nolo, anno di grazia 1988...Ce l'ho...Film strepitoso, di una violenza e di un dinamismo iperbolico e gigantista nelle scene d'azione, semplicemente indimenticabile. Uno dei capisaldi dei film di gangster britannici al pari di "Carter"(Get Carter)('71)di Mike Hodges, "Colpiscono senza pietà"(Pulp!)('72)sempre con Michael Caine e di Hodges, o de "Il Mascalzone"(The Villain)('72)di Michael Tuchner, con un enorme Richard Burton...Frank, onore a te, a fare certi titoli di film...

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  11. Anche "Chi è l'altro"(The Others)('72)è molto bello, di gran stile forma e atmosfera, e Diana Muldaur anche come donna dà la polvere a Nicole Kidman del neanche pervenuto remake del 2001, e tedioso di Amenabàr. E pensare che almeno in Italia nessuno s'è rivenuto che c'era l'originale molto bello e personale come incursione nel genere della "ghost story" anni'70 di un regista particolare e sensibile come Mulligan.

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  12. azz... manco sapevo che the others fosse un remake! O_O
    a me è piaciuto ti dirò, come tutto quello che ha fatto amenabar anche se non la considero la sua opera migliore, però non ho termini di paragone con l'originale... da cercare.

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  13. Mi piacerebbe vederlo. Ho sempre l'impressione che questi film funzionino per immagini e colpi di scena che poco avrebbero bisogno di comprensione delle battute. Potrei sbagliarmi, ma tanto, non c'è scelta, o lo si vede così o nulla :/ Salut *

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  14. a parte la possibilità di scelta, è come dici milena, brava.

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  15. ecco ora con la descrizione fatta da napoleone voglio vedere ancora di più Sitting Target -.-

    The Others di Amenabar non ha nulla a che fare con Chi è l'altro?
    l'uno parla di fantasmi (anche a me piacque per vie delle ottime atmosfere) mentre l'altro invece, se non ricordo male, parla di bimbi gemelli malefici... uno morto e l'altro no! certo le apparizioni di quello morto potrebbero farlo sembrare un film di fantasmi,così come potrebbero essere anche allucinazioni schizofreniche dell'altro. comunque le storie sono totalmente diverse!

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  16. No, invece per dichiarazioni stesse di Amenàbar, basta andare sul migliore sito americano in assoluto quello di Richard Scheib, in termini di fantastico, i rimandi e gli omaggi-citazione al film di Mulligan sono molteplici anche se in quello nuovo non è più propriamente solo una storia di doppelganger ma più una "ghost story", il titolo stesso era un omaggio, poi pluralizzato per questioni di diritti e necessità produttive, non essendo propriamente un remake "ufficiale"...

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  17. appunto, resta un omaggio/citazione ma non un remake! è come dire che bastardi senza gloria è il remale del film di Castellari.

    sul sito di scheib poi i film non sono in alcun modo messi a paragone ne tanto meno citati assieme, sia nella scheda di The Others che in quella di Chi è l'altro.

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  18. Io l'ho letto all'epoca e negli anni, di Scheib di scritti a iosa e da Amenabàr, poi è vero non si tratta di un remake ufficiale e nemmeno "inglorious Basterds" propriamente lo è, tant'è che ha dovuto per ragioni di diritti mutare nel titolo quella certa "a" in "e", ma sarebbe contrario alla verità assolutizzare che di certi film, come questo da noi preso in oggetto,ma certi film non siano comunque ben più debitori che di un mero spunto e basta, anche se non sono dei riadattamenti ufficiali, bensì per lo spirito, l'intento del risultato artistico ed espressivo, il genere la fattura, la confezione. Esempio proprio paradigmatico di questo è "Bastardi senza gloria", sennò cosa ci starebbe a fare e perchè Tarantino lo avrebbe voluto a mò di "investitura", il cameo nel film di Castellari...?

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