Jackie Cogan/Brad Pitt :- “L'America non è un paese è soltanto un business.”
Jackie Cogan :- “Ragazzi sono molto pochi coloro che mi conoscono.”
Jackie Cogan :- “Piangono, ti supplicano, pregano, si pisciano addosso, piangono per le loro madri. Diventa imbarazzante. Mi piace uccidere ma a bassa voce. A distanza.”
Barack Obama (in TV): “[... ]Per reclamare il sogno americano e riaffermare quella verità fondamentale, che, fra i tanti, siamo uno [..].” Driver/Richard Jenkins :-” Hai sentito quella frase? Sta parlando per te.” Jackie Cogan -:”Non farmi ridere. Un popolo solo. E ' un mito creato da Thomas Jefferson.” Driver :- “Oh, così ora si sta andando ad avere un nuovo mito alla Jefferson, eh?” Jackie Cogan :- “Il mio amico lì, Thomas Jefferson è un santo americano. Perché lui ha scritto le parole che tutti gli uomini sono stati creati uguali, parole che evidentemente non credeva quando ha permesso che i suoi figli si adattassero oramai a vivere in schiavitù. Era invece un ricco viticoltore snob che era stufo di pagare tasse ai britannici. Quindi, si, scrive alcune belle parole e suscita sentimenti di sollevazione nella plebaglia che sono andati e sono morti per le sue parole, mentre lui si sedette e bevve il suo vino e si scopava la sua schiava. Questo ragazzo qui vuole dirmi che stiamo vivendo in una comunità? Non farmi ridere. Sto vivendo in America, e in America si è ognuno per conto proprio. L'America non è un paese. E' soltanto un business. Ora pagami i miei fottuti soldi.”
Ambientato come la splendida e recentissima serie tv “Treme” , e l'altrettanto magnifico“When the Breakes live On” (2007) di Spike Lee, e “Where Have all the People Gone” nella New Orleans post -Kathrina durante la corsa alle elezioni presidenziali del 2008, quella che sembra inizialmente come una rapina di successo compiuta da due rapinatori dilettanti e di basso livello si trasforma in una storia di brutale vendetta e per il ripristino dell'onore. Richiamato nei suoi servizi di assassino a pagamento, Jackie Cogan (Brad Pitt) rintraccerà i colpevoli e infine li liquiderà per quella che è la prima traccia narrativa del film, il resto di “Killing them Softly” risiede nel fondo il quale veicola in maniera assai potente e ci dice quanto contrariamente a tutte le ideologie politiche e ai valori che dovrebbero essere assimilati e condivisi, le persone non sono uguali e nella vita credere follemente, in buona fede o meno, di contribuire alla erezione di una comunità felice è una finzione irraggiungibile.
Brad Pitt interpreta mirabilmente la sua parte da protagonista, un personaggio dalla estrema calma, un assassino professionista dai toni estremamente sommessi. Il suo comportamento dà l'impressione immediata di intimidazione e di un modo di pensare assolutamente senza pietà, insiti nel suo carattere, senza neppure il bisogno di mostrarcelo nel suo esercizio della violenza. Più tardi vediamo Cogan alle prese con i suoi bersagli, distaccato mentalmente e unicamente professionale e preciso. Jackie è un protagonista meccanico che sicuramente potremmo paragonare con il Driver/Ryan Gosling dell'eccezionale “Drive” di Nicolas Winfing Refn dell'anno scorso. Pitt come Gosling ha un approccio minimalista al ruolo e riesce su tutti i fronti. Anche se non la migliore delle sue tante interpretazioni di livello, certamente è una eccellente prestazione, ed è sicuramente una delle sue più forti.
Per tutti gli aspetti positivi che possono essere messi a merito di Pitt, per me è comunque stato James Gandolifini ad avere rubato la scena in ogni sequenza che lo ricordasse, nella parte di un altro assassino di nome Mickey dalla mentalità ben diversa da quella di Cogan/Pitt. Scopo effettivo del suo personaggio nel film è quello di offrire infatti ben poco sotto l'aspetto dell'azione, ma quello di creare quasi un altro arco di storia separata all'interno della trama. Detto questo, la presenza che egli conferisce sullo schermo e il rispetto dovuto alle proprie volontà che disegna con la sua psicotica e rigorosa adesione senza compromessi, è molto coinvolgente.
La linea guida del film è avvolgente e lo sfondo di New Orleans crea la scena perfetta per la rappresentazione dell'idea che nella terra delle opportunità vi sono oramai ampi settori della società che sembrano essere stati dimenticati. Il messaggio di fondo ci restituisce una visione volutamente un po' cinica e lo fa, a volte come se sembrasse un discorso che deve finalmente fuoriuscire dopo essere stato per troppo tempo spinto in gola, come se sembrasse che non ci sia nessun riferimento dei media in tutta la cornice dell'ambientazione che non includa i discorsi elettorali di Obama come di McCain, o proclami di ottimismo e di restare uniti come nazione. C'è naturalmente l'argomentazione che per quanto riguarda e si abbia il principio generale che troppo facilmente alla fine i più poveri della società vengano scartati e abbandonati a se stessi, si sente quanto sia altrettanto toccante sostenere che è il tipo di mentalità criminale e l'egoismo del personaggi di questo film i quali sono esempi proprio rappresentativi del perché e percome siano stati spinti e arrivati a incarnare le così tante persone che possano vivere in condizioni di estrema povertà e perché la distribuzione della ricchezza sia così diseguale.
Quando si tratta di dirigere, il ben poco prolifico (tre film in dodici anni) Andrew Dominik continua l'eccellente opera che si era dimostrata nello straordinario “L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford” (2008). In questo suo nuovo film ci sono un certo numero di scene violente e una in particolare di un prolungato pestaggio ai danni di Ray Liotta, che è brillantemente girata ma quasi insostenibile per la sua violenza. Dominik dà un senso di brutalità e utilizza la macchina da presa in un modo che potrebbe essere più vicino di quanto uno possa mai aspettarsi, anche a quello che idealmente viene mostrato nel franchising noliano del più recente Batman e a quello di un altro regista che ha impressionato con il suo spiccato gusto per la violenza cruda. Ovvero, e in un certo senso, è simile come già spiegato a ciò che ha compiuto Winding Refn con “Drive” ed è alla stessa maniera incredibilmente efficace.
Detto questo, personalmente a qualcuno la ferocia e la brutalità del film potrà mettere a disagio, ma Dominik la dirige talmente bene che non gli si ritorce contro in alcun modo. Non commettendo errori, questo è un film che nel suo stile, apparentemente soprattutto artigianale, è intelligente e ambizioso da cima a fondo. Un appassionato cultore di colonne sonore, quale sono, non può non fare menzione anche di alcune delle scelte compiute da Dominik, per cui vi sono almeno un paio di sequenze in cui i movimenti della cinepresa sono resi ancora più pregnanti ed eccitanti dal binomio immagine-musica così efficacemente riuscito.
Mentre “Killing them Softly” poteva sedersi felicemente in un comodo e routinario clichè da noir-gangster movie, è invece un'opera che ci mette la faccia, e ben oltre dei suoi dialoghi, che muovere l'aria agitando le mani per quanto riguarda il clima sociale ed economico e le disuguaglianze sociali ed economiche; in modi ed espressioni così disincantate e ciniche che sarebbero impensabili ad esempio in un cinema “di corte” come quello italiano attuale. Ciò significa che c'è ben più contenuto di quello che appaia a prima vista. Il film è una metafora palese per lo stato attuale dell'economia americana ma soprattutto mondiale. Anche se questo può porre negativamente alcune persone, non gli fa nulla e anzi farà molto per non diminuire la longevità potenziale del film e il suo potere essere facilmente guardato di nuovo e molte volte in futuro, visto che il peggio non è assolutamente “quasi” passato come vorrebbero far/ci persino credere..
Come ho scritto, le interpretazioni di tutti gli attori sono forti, la storia coinvolgente e la regia altrettanto forte. In poche parole, si tratta nella sua interezza di un film potente e molto appassionato, che non dovrebbe avere problemi a trovare il suo posto nelle liste tra i “Migliori Film del 2012”.
Sarebbe anche interessante da far notare, che solamente da poco un anno e mezzo o due, il 2008 l'anno di inizio della catastrofica recessione è diventato un soggetto che, come il conflitto nel Golfo, ha continuato ad affascinare registi e sceneggiatori degli ultimi due anni, che lentamente stanno elaborando o realizzando sempre più progetti incentrati su di esso. Eppure, al di fuori di documentari, il soggetto tranne pochi casi come “Too Big to Fail” (Film TV)(2011) di Curtis Hanson e “Wall Street: The Money Never Sleeps” (2010) di Oliver Stone, e forse un altro paio di titoli, non è stato soddisfacente affrontato sullo schermo. Il problema è che molti registi dimenticano che l'allegoria più grande ed efficace può venire compiuta all'interno di generi specifici, aggirando in tal modo la possibilità di essere troppo enunciativa/i e inutilmente declamatoria/i.
Questo è, per fortuna, quello che Andrew Dominik ha fatto con “Killing them Softly”, anche se definirlo un allegoria sarebbe un po' fuorviante. Il sotto-testo è spesso fattosi “super o sovra-testo”e la satira (che dovrebbe essere idealmente più sottile) è cablata nel DNA del dramma.
Ucciderli, ma in maniera “delicata”, è ora vi riepilogo la trama, la storia di Frankie e Russell (Scoot McNairy e Ben Mendelsohn), due truffatori di piccolo cabotaggio e sul finire della scala sociale che hanno intenzione di rovesciare la loro povertà sperando di impadronirsi dell'ammontare del montepremi di una partita a carte in una bisca gestita da Markie (Ray Liotta), un mafioso di piccolo taglia che già aveva subito una rapina del genere, poco tempo prima. Proprio per questo viene scelto di rapinare la sua bisca. Per i boss questo significherà che i piccoli criminali possono rubare i loro soldi, e tutto per colpa unica di Markie il mafioso di basso livello, del quale semplicemente non c'è più da potersi fidare.
Anche se il colpo va a buon fine, Russell parla troppo e si fa notare, e Frankie è nei guai con i gangster che possiedono la bisca. Si inserisce allora Jackie Cogan ( Brad Pitt), un “rinforzo”, ovvero uno dei migliori killer a pagamento sulla piazza assunto da una figura in questione, ovvero il “Consigliere” (Richard Jenkins) per fare fuori Frankie, Russell e Markie che hanno, in effetti, danneggiato e minato l'importante attività del gioco d' azzardo in una congiuntura economica difficile.
Dominik aggiorna mirabilmente un romanzo di George V. Higgins del 1974, intitolato “Cogan”, con un altro dal titolo “The Change”, i quali ancora ad oggi funzionano incredibilmente bene, ed era chiaramente nelle intenzioni di Dominik l'implementare i due diversi racconti (di George V. Higgins venne trasposto al cinema solo un altro racconto nell'ormai lontano 1973, e fu anch'esso un film eccezionale e poco ricordato, il noir nerissimo e disperato “Gli Amici di Eddie Coyle”[The Friends of Eddie Coyle] di un Peter Yates grandemente ispirato, adesso c'è un magnifico Blu-ray della Criterion. Con Robert Mitchum – a suo dire uno dei dieci film migliori che avesse mai fatto in carriera, la quale disprezzava per la massima parte-, Peter Boyle, Richard Jordan […]). Durante la conferenza stampa di Cannes ho letto da qualche parte che Dominik sarebbe stato reticente a commentare cosa significasse il film, il che è probabilmente perché il film dice già molto.
La politica di "ucciderli con delicatezza" non è poi così sottile. Si apre con il discorso di Obama in merito alla promessa di un'America più forte e altri discorsi del presidente in carica così come dell'ex presidente George W. Bush. Questi discorsi sono disseminati in tutto il film, inquadrando la storia in un contesto politico sul livello delle più alte corporazioni bancarie e multinazionali giustapposto al conglomerato della corruzione, e anche della corruzione di livello inferiore rappresentata dal gioco d'azzardo nelle bische gestite dalla malavita organizzata.
Nel mezzo di questo abbiamo interagenti personaggi come quello di Richard Jenkins con Cogan, il quale si lamenta sempre che, mentre sta cercando di affrontare le questioni presentatesi alle estremità inferiori della scala sociale in modo pragmatico, non è in grado di fare qualcosa di impatto suoi suoi superiori burocratici i quali hanno costantemente omesso di prendere una decisione concreta. Oltre a ciò, ogni singolo rapporto nel film, che si tratti di omicidio, di sesso o di amicizia, è una transazione. Tutto è su chi pagherà per chi e chi sarà pagato. Le emozioni state completamente soffocate a favore dei soldi.
Situato all'interno di questo è ancora un altro motivo “sotto-traccia” che si è ritagliato il suo spazio e più volte nel lavoro di Dominik: La crisi della mascolinità. Il film è interamente popolato da personaggi di sesso maschile che stanno costantemente perdendo la capacità di funzionare in ogni ambito della vita. Anche se è parlato molto, a volte in dettagli abbastanza grafici (ci sono anche un bel alcune scene con prostitute poco vestite), il sesso è assente dal film. E questa è una bella intuizione da parte di Dominik.
In realtà, è assente al punto in cui abbiamo anche da dubitare che i personaggi sino anche portatori di un sesso che altro non è che vanagloriosamente vantato. Il punto è che essendo sul gradino più basso della scala sociale si deteriora anche nella propria mascolinità, questi non sono i gangster ossi duri che ci si potrebbe aspettare. Non sono più i punti di riferimento o un qualsiasi tipo di padri di famiglia, le loro motivazioni sono puramente egoistiche e sono misogini pruriginosi.
Festival di Cannes Anno 2012 Nominato alla Palma d'Oro Andrew Dominik
Hamptons International Film Festival Anno 2012 Ha Vinto come Miglior Rivelazione interpretativa Scoot McNairy
Zoe Saldana era stata considerata per un ruolo.
Mark Ruffalo, Sam Rockwell e Javier Bardem sono stati considerati per i diversi ruoli.
Anche in questo film, è presente la magnifica "The Man Comes Around"
eseguita da Johnny Cash
Napoleone Wilson
Magnifica anche la veste pubblicitaria del film.
RispondiEliminaGran stile di Dominik, la rapina, il pestaggio, i due omicidi, mi sa che devo andare a rivedermi gli altri suoi film che anni fa non mi entusiasmarono..
RispondiEliminaGran bel film, non avevo pensato al paragone con Drive
RispondiEliminastasera vado a godermelo sul grande schermo finalmente e poi ti dico. ho grandi aspettative ovviamente dopo questa rece. che cose interessanti che hai scritto, anche in generale: "...nella vita credere follemente, in buona fede o meno, di contribuire alla erezione di una comunità felice è una finzione irraggiungibile", eh sì, sono cose che si capiscono con l'età, all'inizio fan stare un po' male, poi in realtà diventano solo "cose" di cui prendere atto
RispondiEliminaniente. visione spostata al w.e., ma arrivo eh! :)
RispondiEliminaSi fa tanto parlare male del cinema americano e degli americani in generale, ma io dico in quale quale film italiano si potrebbe sentire un monologo come quello apposto in cima alla rece, di Brad Pitt, demolitorio e corrosivo dell'istituzione stessa, mentre parla Obama per la sua prima vittoria presidenziale.Immaginatevi un film italiano con uno dei nostri attori mentre fa lo stesso su un discorso di Napolitano alla tv. Non ci riuscite vero, infatti.
RispondiEliminahai perfettamente ragione Napoleone.
RispondiEliminac'è però una strana contraddizione negli ammerica', e cioè che se da una parte nei film riescono a dire cose a noi impossibili - ammesso poi che loro guardino anche questi film e lo facciano con attenzione come noi - poi nella vita politica reale non fanno quasi un cazzo per cambiare le cose, tanto che si deve gridare al miracolo per un Obama eletto che, diciamola tutta, in italia sarebbe un politico da centro destra c.d. "moderato" mentre là sembra un "comunista".
Non sono completamente d'accordo, per quanto riguarda il tuo giudizio su Obama. Invito in proposito a vedere la vignetta di elleKappa su La Repubblica di oggi.
RispondiEliminabella la vignetta! ed è quel che penso di Obama, e di tutti i presidenti democratici che l'hanno preceduto. è il meno peggio
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