Stagione cinematografica 2007-2008: esplode (o forse faremmo meglio a dire, rinasce) un sottogenere che deve gran parte della sua fortuna all'illusione di riproduzione fedele del reale, senza filtri e senza interventi esterni volti a fornire un punto di vista "prestabilito" allo spettatore. Parliamo del mockumentary, o del blues del filmato ritrovato. Cloverfield, Rec, Redacted, tre film usciti quasi contemporaneamente, tutti che fanno riferimento alla stessa tecnica. Nello stesso periodo, in sordina, apparso in qualche sala e poi subito nel mercato home video, appare anche Diary of The Dead, unica incursione di Romero nel territorio delle telecamere traballanti e delle riprese amatoriali. E' anche un reboot, un nuovo punto di partenza per la saga dei morti viventi. Li avevamo lasciati nel 2005 , evoluti e in grado di organizzarsi; due anni dopo li ritroviamo come nei primi film, massa indifferenziata che ha la fame come unico imperativo. Si riparte da zero e lo si fa utilizzando la forma del falso documentario, che diventa cronaca di una guerra civile globale, "noi contro di loro, solo che loro siamo noi".
Non a caso, tra i film usciti nell'anno di grazia del mockumentary, quello che con più facilità può essere accomunato a Diary of The Dead è Redacted di Brian De Palma: entrambi, a differenza dei loro colleghi, sono filmati costruiti a posteriori, non pretendono di regalare allo spettatore la realtà nuda e cruda, ma si pongono come una sua sofferta e meditata rielaborazione. Romero ci avverte sin dai primi minuti di film, affidando il racconto alla voce fuori campo di un personaggio femminile, Debra, interpretata da Michelle Morgan. E' lei, infatti, ad aver montato gli spezzoni girati dal suo ragazzo Jason e dai suoi amici durante lo scoppio dell'epidemia e ad aver realizzato il film così come ci viene consegnato. Non solo, ma si è anche preoccupata di aggiungere della musica, così, per spaventarci un po', ché si tratta comunque di un film dell'orrore e spesso la paura riesce a risvegliare qualche coscienza. Romero ci tiene quindi a sottolineare che il suo non è un found footage, ma un vero e proprio documentario, che presuppone scelte ben precise da parte dell'autore e che impone a noi che guardiamo di schierarci e di rispondere alle domande che queste scelte inevitabilmente fanno sorgere.
Ricominciare da zero. Il mondo che ci racconta Diary of The Dead è troppo diverso da quello del 1968 (anno di uscita del primo film di Romero sui morti viventi) per descriverlo con gli stessi mezzi, o con personaggi simili. Ed ecco che Romero, a quasi settant'anni, si rimette in gioco e sceglie tutti protagonisti giovanissimi, i classici ragazzotti da teen horror, ma non si tratta di una rinuncia a tematiche adulte, o di una concessione al pubblico di un cinema più commerciale. Non potrebbe essere altrimenti, dato che gli unici cantastorie possibili per la nuova macabra fiaba di Romero sono quelli in grado di sfruttare e utilizzare al meglio i nuovi mezzi di comunicazione: saper usare una telecamera non basta, bisogna montarsi da soli il materiale girato e metterlo on line quasi in tempo reale, affinché tutti sappiano ciò che sta davvero accadendo.
Ma cosa sta davvero accadendo? Tutto comincia (come nel recentissimo Contagion di Soderbergh che arriva alle stesse conclusioni di Romero, ma con quattro anni di ritardo e qualche miliardo in più) su youtube, o una qualche analoga piattaforma: c'è un duplice omicidio, gli operatori della televisione locale chiamati a documentarlo arrivano sul luogo del delitto e i morti si risvegliano. Il cameraman diffonde il filmato di questo primo attacco tramite internet, ma all'inizio sono solo voci che rimbalzano in giro per la rete, non c'è nulla di certo, almeno fino a quando anche i media "ufficiali", tramite notizie frammentarie e mezze verità (scoppio di aggressività incontrollata, è tutto sotto controllo, restate nelle vostre case) non sdoganano la tremenda verità della resurrezione globale. I tentativi di rassicurare la popolazione delle autorità si schiantano contro i messaggi di panico provenienti dai blog. Nel dubbio si fugge, si torna a "casa", qualunque sia il luogo che ognuno di noi chiama casa.
I protagonisti di Diary of The Dead sono la troupe improvvisata di un cortometraggio horror studentesco. Stanno girando, di notte, un inseguimento tra una mummia e una ragazza. Il regista, Jason, ci tiene a sottolineare che i morti viventi non possono correre, altrimenti le loro ossa si spezzerebbero. E' una rivendicazione di paternità, che sarà anche ribadita in una delle scene finali del film. Gli zombi devono procedere lenti e claudicanti, non sono i mostri invincibili e disumani del remake di Snyder, ma involucri vuoti di ciò che un tempo eravamo. Sono speculari all'umanità, forse la sostituiranno. Il loro verso è un lamento disperato, non un ruggito. Non c'è ferocia nei loro gesti, solo meccanica ripetizione e un istinto inesorabile a continuare a muoversi. E a mangiare. E' proprio durante le riprese del cortometraggio che arrivano le prime notizie certe che il mondo, come siamo abituati a conoscerlo, è cambiato, forse in maniera irrevocabile. Il gruppo di ragazzi si mette in viaggio, ognuno di loro diretto in una parte diversa degli Stati Uniti, alla ricerca delle proprie famiglie e Jason decide di registrare tutti gli avvenimenti con la sua telecamera, per mostrare alla gente come stanno veramente le cose, per documentare quello che televisioni e giornali non sono in grado di riportare fedelmente, legate ancora a una concezione arcaica della diffusione di notizie. E infatti, dopo pochissimi giorni dall'inizio dell'epidemia, i mezzi di comunicazione ufficiali tacciono e vengono sostituiti da una polifonia di voci individuali, ognuna con la sua storia da raccontare, ognuna con le sue informazioni personali e particolari, ognuna con la sua parte di verità e il suo carico di menzogne, fraintendimenti e incomprensioni. Una realtà che si scompone in una miriade di frammenti, un labirinto in cui è facile perdersi.
In questo contesto, la massa indifferenziata di zombi che mette a rischio la civiltà intera, diventa indistinguibile dalla massa indifferenziata di individui che lottano contro di essa: in un procedimento inverso a quello adottato ne La Terra dei morti viventi, Romero non fa evolvere i suoi cadaveri ambulanti, ma spoglia i vivi di caratteristiche individuali distintive. Non è, come alcuni hanno affermato, mancanza di spessore dei personaggi. I giovani protagonisti di Diary of the Dead non sono stereotipi o clichés, non rappresentano il tentativo disperato di un vecchio regista di adeguarsi ai tempi attuali, senza riuscirci. La loro giovane età, come abbiamo detto prima, è un pretesto funzionale allo stile scelto. Privarli di un'identità precisa annulla le differenze tra noi (i viventi) e loro (i morti). L'unico individuo con caratteristiche spiccate è Debra, ennesimo personaggio femminile a cui Romero affida la sua visione sconfortante e pessimista del mondo e dell'essere umano. Ma, al contrario di Sarah, Debra non porta con sé nessun messaggio di speranza, solo una serie di interrogativi che emergono dal vuoto lasciato dall'apocalisse zombi e, soprattutto, la domanda finale: "ci meritiamo di essere salvati?", a cui Romero non fornisce una risposta, se non lo sguardo muto e sgomento di un morto vivente torturato e ucciso per gioco da un gruppo di vivi armati di fucile.
Lucia
grandissima rece, ma d'altronde Lucia sta a Romero come Roma alla pajata :)
RispondiEliminaio sono rimasto basito all'inizio, m'è parso modaiolo nella scelta espositiva, poi è emersa anzitutto una qualità affatto modaiola e una interessante satira ai media. bello, m'è piaciuto!
p.s.:
Lucia, sono state di tuo gradimento le immagini?
Bella rece sì davvero Lucia,"Diary of the Dead" bellissimo, anche se non a mio avviso non "epocale" come "Land of the Dead" ('05), sarà anche perchè quello era il ritorno di Romero, dopo più di dieci anni di assenza dagli schermi, a parte la parentesi abbastanza sciagurata di "Bruiser"('00), e a 20 dall'ultimo capolavoro zombesco "Day [...]", avete riconosciuto tutti Romero stesso all'inizio del film nell'uniforme e berretto di capo della polizia, quando si diffonde l'epidemia in quel caseggiato.
RispondiEliminaMolto bella l'attrice protagonista, Michelle Morgan, molto. Se Lucia tu sei rispetto a Roma, come la pajata sta per Roma, io posso dire di sentirmi come il cacio sui maccheroni, sempre riguardo a Romero, uno dei dieci migliori autori in attività, da sempre. Anche quando era inattivo.
Grazie a tutti e due! E' molto bello ricevere i complimenti di due estimatori di Romero come voi.
RispondiEliminaRoby: le immagini sono perfette ;) e hai ragione tu, all' inizio Diary of the Dead ti spiazza e sembra quasi un adeguarsi di un vecchio regista alla moda del momento, ma poi ti accorgi di come in realtà il suo sia uno sguardo molto diverso rispetto a quello dei registi a lui contemporanei che hanno affrontato lo stesso sottogenere.
Napoleone: Land of the Dead è forse il film più sottovalutato e incompreso di Romero. Personalmente lo adoro, anche se ci vedo un calo di coerenza nel percorso evolutivo dello zombi, che da Bub a Big daddy è un po' troppo repentino e ingiustificato. Magari ne parliamo in maniera più approfondita, se sei d'accordo!
E sì, Romero è uno dei pochi grandissimi rimasti.
direi che lo approfondiremo in occasione della recensione stessa di "Land of the Dead", che ne dite? ce la farai anche quella, vero Lucia? se rifiuti non succede niente... vengo a Roma con una pattuglia di zombi a digiuno da un mese tutta per te, ahah!
RispondiEliminaE ve faccio pure quella, ci mancherebbe! :D
RispondiEliminaAnche se il mio sogno è diventare zombi a mia volta, quindi me faresti un gran favore!!!
ahah! allora niente, non so come fare, impossibile minacciare uno zombi... ma a quanto pare non serve nemmeno minacciare.
RispondiEliminacome hai ben detto nellatualandanonspaziata, sei la nostra zombista ufficiale ormai e nessuno si permetterà di invadere il tuo spazio! :)
certo, a Napoleone son sicuro che non dispiacerebbe farlo visto quanto ama Romero, ma è uomo galante e di nobili natali nonché di cavalleresche usanze (credo sia persino nato nel periodo delle chanson de geste), sono certo che converrà con questa decisione...
Napoleone, si scherza eh! :D
Ah Lucì, recensione troppo bella per un film che è quasi disastroso. Capisco che essere romeriani qualcosa vorrà dire ma se lo stesso film fosse stato girato da un altro regista, scena x scena, immagine x immagine, l'avreste stroncato comletamente.
RispondiEliminaOgnuno di noi ha i suoi pallini,ed è impossibile in questi casi la massima obiettività.
Il tuo problema è che sei troppo brava, potresti recensire anche In The Market facendolo apparire un capolvoro.
Quindi in QUESTO caso:
LUCIA: WOW
ROMERO: BLEAH
Un saluto anche agli altri ragazzi di questo splendido blog che non ho mai avuto il tempo di visitare come merita (malgrado la promessa all'amico Belushi).
grazie per il saluto ho dae-soo! :)
RispondiEliminasu quanto dici di Lucia concordo in toto!
Bellissimo. come anche Land of the Dead. magari in giro becco i dvd. me li ero guardati in sub ita.
RispondiEliminaCon Survival of the Dead invece non sono neanche arrivato alla fine.. mi faceva abbastanza schifo..
l'ultima immagine dice tutto direi!
RispondiEliminaUna buona analisi del film Lucia.Personalmente Land e Diary piacciono anche a me (anche se riconosco che non hanno l'impatto della trilogia classica) e trovo che spesso come film siano un pò troppo bersagliati e poco compresi.
RispondiEliminaNon l'ho visto, ma direi che c'è materia per far tanti "roventini".
RispondiEliminaA' roby, l'hai vista la pheega che ho postato dal dottore?
Giuseppe, grazie! Però ti assicuro che a me il film è piaciuto davvero e non per partito preso o perché lo ha fatto zio George. Per esempio, il suo Survival non mi ha convinto e non mi faccio nessun problema a dirlo, anche se è comunque un film che si merita una visione e una sufficienza (se non altro per il finale). Io credo che Romero, in questo Diary, abbia tentato di dire qualcosa di personale in un contesto che è già tendente alla banalità di suo, come il falso documentario. E credo anche che ci sia riuscito. So che il paragone con redacted può sembrare blasfemo, ma è il solo film a cui mi sento di accostare Diary. ;)
RispondiEliminaNon lo so, non conosco bene Romero come voi (malgrado di lui abbia visto tutto, almeno nel settore morti viventi...) ma certe volte mi sembra che si ricerchi ed esalti troppo l'intentio autoris romeriana. Boh...
RispondiEliminaCredo che a breve ti darò un'altro (mezzo, anzi 1/4) dispiacere.
Ma questa è un'altra storia.
Ciao!
Anche a me Diary è piaciuto. Nel senso, non è ai livelli dei primi tre film della quadrilogia famosa, però ha qualcosa da dire e lo fa con onestà. Idem per Land, anche quello non mi era dispiaciuto. Survival invece non ce l'ho fatta nemmeno a finirlo...e non mi capita spesso di mollare un film a metà!
RispondiEliminaComunque bella recensione, brava Lucia! :)
Ciao,
Gianluca
Io non sono tanto d'accordo con il reality movie, ma visto che è di Romero una visione è d'obbligo, dato che Romero è un autore che mi incuriosisce lo cercherò :)
RispondiEliminaMi unisco al coro dei complimenti a Lucia. A me Diary è piaciuto molto, mentre Survival è stata una grossa delusione: mia moglie romeriana di ferro, quando ha visto il Dvd da me comprato, non è neanche riuscita a concluderne la visione.
RispondiEliminaScusami Lucia e Fra Moretta, ma chi è che ha visto e ha trattato,bersagliato o incompreso, o con "sufficienza" "Land of the Dead", diciamo che anzi in alcuni casi è stato persino sopravvalutato, e in termini di incasso in tutto il mondo e di spasmodica attesa, rapportato al costo del biglietto di oggi, è stato uno dei più grandi successi commerciali di Romero, all'altezza di "Dawn of the Dead", addirittura.
RispondiEliminaOh Dae-Soo, mi dispiace e seppur Romero è tra i miei dieci registi preferiti da quando ho dieci anni, senza mai perdere una posizione, anche nel suo lungo periodo di inattività dopo lo splendido, sconciato dalla Orion, totalmente incompreso quello sì, "La Metà oscura" (The Dark Half) ('93), una volta mi ha obbiettivamente deluso eccome, e l'ho scritto già sopra, con "Bruiser"('00) che non sembra nemmeno fatto da lui, e se un film di Romero, come di Carpenter, Mann, De Palma, ecc., e pochi altri, non si riconosce subito da ogni singolo fotogramma, è finita. Quindi, non ho problemi, almeno per quanto mi riguarda la mia obiettività, e non avrei mai potuto stroncare come dici tu "Diary" nemmeno se l'avesse firmato uno dei tanti anonimi del '300 di oggi. Avrebbe voluto dire che tanto anonimo, non era/sarebbe. L'unica cosa che non mi convince moltissimo, in "Diary", è il finale nella Panic room della mansion dei super -ricchi.
Centratissimo e già lo feci io all'epoca (2007) come tanti altri scrivendolo, il parallelo "Diary of the Dead" con il capolavoro (ammettiamolo che anche se poco paragonabile come film nel suo complesso, espressivamente con il digitale, gli è superiore) "Redacted" di De Palma, altro autore tra i miei dieci preferiti al pari di Michael Mann, da sempre.
"Survival of the Dead" (bellissimo il titolo però,pessimamente doppiato in italiano per cui consiglio di vederlo sottotitolato, e intitolato qui "L'Isola dei sopravvissuti" banalmente come un' altro vecchio film di genere "prison Escape" americano degli anni'70), è innegabilmente inferiore a tutti gli altri, ciò vuol anche banalmente dire che è sicuramente meglio di qualsiasi altro film avrebbe potuto fare chiunque altro con il medesimo spunto e sceneggiatura.
RispondiEliminaTenete di conto che nel biennio 2007-2008 c'era anche da fare i conti per tutti con lo stupendo "28 settimane dopo"(28 Weeks Later) di Fresnadillo, ancora migliore del primo di Danny Boyle, e pieno d'intuizioni e sequenze magistrali, e non ultimo, e senza "ironia", carpenteriano per ambientazione dinamismo e tematica, talmente che avvolte è come fossero state girate da carpenter stesso.
RispondiEliminae non dovevano fare "28 mesi dopo" poi?? più visto..
RispondiEliminain quale dei 2 c'è quell'inizio stupendo dentro la casa al buio..etc ?? mi piacque assai!
Napoleone a sto punto dacci la lista dei tuoi 10 registi preferiti! che siamo curiosi!(almeno io lo sono molto!)
siamo in 2 ad essere curiosi! :D
RispondiEliminaio dico: Romero, Mann, Carpenter, Friedkin, Argento, Bergman, Fellini, Visconti... e per ridere dico anche Lenzi e Castellari, ahah!
penso di averne imbroccati almeno 6
Magari Mario Bava. e per tentare di indovinare facile si fa un piccolo elenco di: Wilder,Welles,Hitchcock,Kubrick,Kurosawa,Leone..
RispondiEliminae Peckinpah,Scorsese,Refn.. boh :)
Napoleone è un grande fan di Federico Moccia.. :)
RispondiEliminabho?!? gus, non so dirti, aspettiamo che arriva... spero presto, perché se prosegui con battute come nell'ultimo commento ti fai un nemico, ahah!
RispondiEliminaNapoleone: sottovalutato e incompreso non a livello di pubblico. Dopo decenni di assenza, il ritorno di Romero al suo tema preferito e su grande schermo, portò al film dei grossi incassi. Mi riferivo all' opinione diffusa che si tratti di un mezzo passo falso e alle decine di stroncature che ho letto in giro. Con Diary poi è stato un vero e proprio tiro al piccione.
RispondiElimina@Napoleone.Nemmeno io mi riferivo agli incassi parlando del fatto che Land e Diary siano incompresi.Se guardi le recensioni dei due film presenti sulla rete spesso come ha detto Lucia vengono bersagliati senza tanti complimenti.
RispondiEliminaRecensione che condivido appieno, ne ho parlato proprio stasera nel mio blog, dato che ormai con la rassegna su Romero sono agli sgoccioli, ormai ho visto praticamente quasi tutto, mancano solo 4 film, ormai è uno dei miei autori preferiti, non fa eccezzione questo capitolo, che riscrive praticamente la grammatica del genere zombie rinnovandola, e attuandola con i tempi contemporanei, solo Romero poteva riuscirci
RispondiEliminaPs: forse ho esagerato col dire riscrive, quello che intendevo è come dicevi tu un nuovo punto di partenza ^^