Partendo da "Vacanze a Ischia" (1957) di Mario Camerini con Vittorio De Sica, il vacanziero sessantesco, lo spiaggiarello per intenderci, giunge a strutturarsi su sceneggiature a prova di bomba in cui gli adolescenti diventano protagonisti assoluti delle vicende narrate, così come nel musicarello, altro grande genere popolare che negli anni sessanta specialmente dirige le sue attenzioni sul mondo dei giovani "urlatori", con la fondamentale differenza che, nel caso del film balneare, le voci dei divetti della canzone italiana si fanno strada solo dalle casse del juke-box.
Sceneggiano Castellano e Pipolo e dirige Camillo Mastrocinque (regista per Totò in primis, ma attivo, fuori dal genere, pure nel gotico con "La Cripta e L'incubo" [1964] e "Un Angelo per Satana" [1966]) con mano che più leggera non si può nel rappresentare le schermaglie amorose dei giovini protagonisti. Costruzione quasi episodica con prologo ed epilogo a bordo del traghetto con al centro i tentativi di seduzione del parterre maschile ai danni delle fanciulle isolane, turiste e non. Nell'ipotetico duello tra le due bellezze principali in cartellone, sempre e solo per chi scrive, esce vincitrice la giovanissima Catherine Spaak, simpatica e maliziosa, che nonostante l'apparenza "acerba", possiede un fascino talmente calamitante da mettere in secondo piano, per modo di dire, la femme fatale Lisa Gastoni, comunque bellissima; questione di gusti, ovviamente, anche se risulta ostico non indugiare su quella creatura magnifica che poi si vedrà nel capolavoro assoluto di Luciano Salce "La Voglia Matta" (1963).
Film leggero, godibile, inaspettatamente "fluido" nei suoi cento minuti, questo "Diciottenni al Sole", da non confondere con l'oscuro "Adolescenti al Sole" di Aldo Rossi (1964), è oggetto su cui il cinema vacanziero ottantesco dei Vanzina bros e di Bruno Cortini ha costruito il suo notevole successo, sfruttando quel "sapore di mare nostalgico" che le pellicole della filiera vacanziero-balneare degli anni sessanta, ovviamente, non potevano esploitare. Puro cinema popolare, con le fondamenta ben salde nella commedia degli equivoci, mai volgare, naturalmente, anche se i riferimenti al sesso, pur velatissimi, non mancano, che sfrutta le splendide locations di Ischia come contenitore ideale per giovani attori di belle speranze, nel caso specifico Gianni Garko (proprio il Sartana del fecondo periodo Spaghetti-Western, ma pure attore per Di Leo e alter-ego di Alberto Cavallone nel perduto "Maldoror", tra le altre cose), Spiros Focas (attore dalle origini greche, carriera sterminata, ancora attivo, avvistato in ambito bis e autoriale nell'italica cinematografia, e pure in trasferta hollywoodiana con "Il Gioiello del Nilo" di Lewis Teague e "Rambo III" di Peter MacDonald), Stelvio Rosi, il Giorgio di Bassano nell'immortale trilogia morandiana "In Ginocchio da Te", "Se non avessi più te", "Non Son degno di te" di Ettore Maria Fizzarotti e un giovane Lars Bloch, senza barba, quasi irriconoscibile rispetto alle sue non poco frequenti partecipazioni in ambito Spaghetti-Western, su tutti l'irrinunciabile "Il Mio Nome è Shangai Joe" (1973) di Mario Caiano, Kung-Fu western con Chen Lee, Klaus Kinski e Robert Hundar/Claudio Undari. Grande carriera bis, il vecchio Lars, danese di nascita, che ha eletto l'Italia a sua seconda, se non prima, patria. Altri interpreti Luisa Mattioli, Fabrizio Capucci, Giampiero Littera, Eleonora Morana, Oliviero Prunas.
Il romanticume tra la coppia Garko/Spaak, quasi omonimi nella finzione, il "lepre" del film, come direbbe Fulci, è allietato dalle rassicuranti voci e canzoni dei "soliti" Gianni Morandi, Gianni Meccia, Jimmy Fontana e Edoardo Vianello, con i due costretti a dividere controvoglia la medesima stanza e a cercarsi/evitarsi, amoreggiare/litigare per tutto il metraggio fino al lieto fine suggellato dal commissario Franco Giacobini (altro grande caratterista con filmografia kilometrica) al comando di polizia, come da copione. Tutti vissero felici e contenti, almeno fino alla prossima vacanza.
Prodotto da Isidoro Broggi e Renato Libassi, fotografia di Riccardo Pallottini, montaggio di Gisa Raducchi Levi e commento musicale del Maestro Ennio Morricone. Accreditato come aiuto regista risulta Nino Zanchin, autore con il nome de plume di Robert Andrews di un misterioso film scritto da Di Leo e Cavallone "La Lunga Sfida" (1967) che chi scrive purtroppo non ha mai visto ma vorrebbe vedere tempo.
Buona visione.
Belushi
Però, quei film estivi anni '60. Formidabili, no?
RispondiEliminaAh,ah, Adriano, a me piacciono molto, nella loro estrema semplicità, li trovo riusciti esempi di cinema di puro genere.
RispondiEliminahai ragione Adriano!
RispondiEliminaBelu', difficile dire cosa a te non piace, ahah!
lode a Belù, sempre e comunque.
RispondiEliminastupenda la Spaak (c'è a chi non piace, mah, valli a capire).
ot: qualcuno ha visto "Prima notte di nozze" , film ad episodi di Corrado Prisco del 1976?
Ricordo un Bombolo improbabile garzone d'albergo con accento veneto, una Dagmar Lassander in versione ermafrodita, e l'episodio con protagonista un garzone di macelleria che sposatasi la figlia della padrona del negozio, divenuta contessa, viene chiavato a morte dalla suocera per evitare delusioni alla figlia. ahahahah
a chi piace il vintage?
RispondiEliminahttp://the10best-wherewolfe.blogspot.com/?zx=ef80d50ceae88122
via tarkus.
guarda qua....
http://the10best-wherewolfe.blogspot.com/2010/12/patty-duffek.html
ahah! Harmo, non ho visto "prima notte di nozze". ho dato un'occhiata invece hai link che hai messo, pure 2 :P
RispondiEliminaA dir la verità non ricordo se questo film l'ho visto, probabilmente sì, difficile dirlo con tutti 'sti "spiaggiarelli e vacanzieri", ce n'è così tanti che le trame mi si confondono nella mente. Intendiamoci, come hai detto, in gran parte sono commedie popolari, innocenti e godibilissime, nulla a che vedere con la produzione anni '80 (e seguenti). Hai citato i Vanzina, vade retro, io li chiamo i figli "degeneri" del grande Steno, soprattutto quello dell'iniziale collaborazione con Monicelli.
RispondiEliminaApprezzo molto tu abbia ricordato "in primis" Mastrocinque come regista del grande Totò, basta solo citare "La banda degli onesti" e "Totò, Peppino e la malafemmina".
Sulla notevole bellezza della Spaak sono d'accordo, ed era piuttosto insolita per gli standard femminili di allora!
P.S.: sul concetto di "immortalità" della trilogia morandiana (O_o), con tutta la simpatia che ho per il Gianni nazionale, oddio... saranno "immortali" come dici, ma pure un po' noiosetti, no? a esser indulgenti... :-P
Va be'! :-)
ahah! Grazia, "immortalità di genere", s'intende, chiaro che non paragoniamo gli spiaggiarelli ai film di Luchino Visconti, per fare un esempio esagerato :D
RispondiEliminaMa no, dai, che avevo capito..., non occorreva scomodare il povero Visconti! E' che la definizione "immortale", seppur riferita solo al genere, mi sembrava comunque un tantino esagerata, "cultissimi" già suonerebbe meglio alle mie orecchie, ma come avrai ben capito non sono film che mi entusiasmano, che ce posso fà... :D
RispondiEliminapotremmo eventualmente scomodare il nipote? altro "immortale": Eriprando Visconti
RispondiElimina:DDDD