Themroc è un film stranissimo, assolutamente sconosciuto, costretto al dimenticatoio, nondimeno prezioso per capire un'epoca (gli anni Settanta) fratturata dalle numerose lotte politiche, arricchita da sperimentazioni in campo cinematografico, musicale e artistico, analizzata e sviscerata ormai da ogni punto di vista, ma senza che nessuno sia mai davvero riuscito a individuarne una univoca chiave di lettura. Il film di Claude Faraldo (attore francese, regista con dodici lavori all'attivo, tra cinema e televisione, nonché sceneggiatore di un certo livello, basti pensare a L'amore che non muore di Patrice Leconte) rappresenta in un certo senso l'incontro e (e lo scontro) tra tutte le dottrine politologiche del periodo, e il modo in cui esse si pongono in posizione antitetica l'una rispetto alle altre: l'interpretazione marxista della storia si accompagna, paradossalmente, alla sua revisione, mentre l'analisi sociologica, inserendosi nello spiraglio delle lotte civili del periodo e delle loro applicazioni teorico-pratiche, finisce per rimarcarne le zone d'ombra e forse, sotto sotto, l'inutilità imperante.
Themroc (Michel Piccoli) è infatti un operaio che non si sente rappresentato dal sindacato a cui appartiene, e che dopo un ingiustificabile rimprovero sul lavoro impazzisce e si mura nell'appartamento che condivide con l'anziana madre (Jeanne Herviale) e la sorella minorenne (Béatrice Romand). In nome di un'autarchia disperata e survivalista, l'uomo rifiuta ogni contatto con il mondo esterno, diviene l'amante della giovanissima consanguinea, e una volta terminate le scorte di cibo, apre un varco nella parete aggettante sul cortile interno della palazzina: l'abitazione sarà così trasformata in una vera e propria caverna sospesa al secondo piano, il cui unico ingresso è la voragine sul cavedio. Themroc sceglie le sue vittime tra guardie e poliziotti, organizzando laute libagioni con le loro carni saporite, alle quali partecipano la famiglia e la vicina di casa (Francesca Romana Coluzzi), presto divenutane l'amante in un riscrittura delle regole per la quale la promiscuità è ormai un obbligo morale. La gendarmeria interviene con la forza, ma i rivoltosi sono troppo tenaci, allora le autorità procedono per vie traverse, mandando un muratore (Patrick Dewaere) a sigillare l'ingresso per sedare l'insurrezione; ma anche questo tentativo fallirà miseramente, nel momento in cui il manovale, “ragionando” con il folle inquilino a colpi di cazzuola e ditate nel cemento, passerà dalla parte della rivoluzione, parteggiando per il cannibalismo, il sesso libero e una vita essenziale e primitiva. Presto la follia si propaga contro ogni misura repressiva, infettando i dirimpettai, che presto imiteranno il singolare facinoroso aprendo varchi nelle pareti, gettando rudimentali scale di corda per le strade, assassinando e fagocitando i rappresentati delle istituzioni reazionarie e conservatrici. Fino a raggiungere poi l'intera città e, forse, il mondo.
Il film ha una particolarità che lo rende unico nel suo genere: è completamente muto, o meglio, è parlato in uno stranissimo birignao fatto di suoni beceri, parole masticate o inventate al momento, versacci trogloditi come i suoi sgangherati protagonisti, gesti inequivocabili, altrettanto inequivocabili alzate di spalle, sopraccigli inarcati, singulti, boccacce, richiami e smorfie e rumorose pernacchie. Tutti urlano contro tutti, berciano, blaterano, mangiano, uccidono, si scaccolano, si accoppiano e ancora ricominciano tutto daccapo, fino a quando la pellicola, in bilico tra il grottesco e lo humour involontario, non diviene un'assurda, scanzonatissima riflessione sulla retorica classista del tempo: in un momento in cui l'operaio è lasciato completamente solo, schiacciato nella duplice morsa dell'oratoria sindacale e della tracotanza padronale, l'unica soluzione possibile è negare tutte le strutture economiche, fiscali e sociali che hanno condotto all'alienazione contemporanea. Non può esserci mediazione alcuna tra le parti in causa perché la società, ci dice il regista, è talmente malata che le ideologie ad essa sottese e in essa maturate non sono altro che specchietti per le allodole grazie alle quali le istituzioni manovrano i cittadini. Themroc estremizza il nichilismo dottrinale tornando al grado zero della civiltà, ovvero abiurando l'umanesimo e la centralità dell'individuo nello spazio collettivo e divenendo ancora, insieme ai consimili, un selvaggio dedito all'antropofagia più bestiale e incontrollabile. Il film di Faraldo è fondamentale per capire il presente, e anzi, con il suo eccesso visivo, colorato e cattivissimo, risulta ancor più tangibile e giustificabile oggi che nel suo contesto di riferimento.
Di sicuro un pugno allo stomaco del perbenismo, scomodo e incomprensibile per l'odierna sinistra (e proprio per questa ragione ad essa caldamente consigliabile) ormai riciclatasi negli usi borghesi e democraticamente moderati dell'attualità. Che Moretti ne tragga insegnamento prima di cianfrugliare a sproposito con papi e presidenti del consiglio.
accidenti quanto m'intriga questo film, ma non c'è verso proprio di procurarselo, evidente che è fin troppo misconosciuto. se qualcuno ne avesse disponibilità di faccia sentire! ;)
RispondiEliminaRagazzi che filmone! Non posso che confermare in tutto e per tutto quanto scritto quì sopra. Geniale, folle, rivoluzionario, squisitamente anti-borghese, Michel Piccolì è una vera e propria maschera di disarmante follia! Poi la sequenza con il muratore mi fà letteralmente impazzire, che dire di più, una bomba!
EliminaRoby, un giretto con il vecchio e caro mulo può risultare molto positivo ;)
ciao visione! col mulo, e sono un affezionato utilizzatore della bestia, non ho trovato nulla :(
RispondiEliminama da altre parti, proprio poco fa, sì !!
Pensa che strano, il film l'ho reperito ancora un paio d'anni fà, ma dopo aver letto il tuo commento ho fatto una prova al volo proprio per vedere se c'era ancora disponibilità e il risultato è stato positivo, sennò non ti avrei indirizzato se non ne fossi stato sicuro. Misteri della bestia ;) Sono comunque contento che tu abbia combinato!
EliminaCiao passa a visitare il nostro blog perchè c'è una bella sorpresa per te!
RispondiEliminaAuguri di Buona Pasqua
pazzesco davvero, film quasi impossibile da catalogare ma i tag messi ci stanno tutti bene. recensione che condivido interamente e Lode Suprema a Michel Piccoli (sempre che ne abbia ancora bisogno...), attore capace di ogni interpretazione e capace di mettersi in gioco come pochi. c'è pure quella bella fatina di Miou Miou! che cinema...
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RispondiEliminatrovato, non lo conoscevo,
RispondiEliminagrazie che adesso posso guardarlo:)
Mi sono imbattuto in questo film e, quindi, nel commento in questo blog grazie ad un articolo in francese che ne parla, accomunandolo al film di Petri "La classe operaia va in paradiso" che bene rappresenta cosa vuol dire essere operaio nella società dei consumi e delle ideologie (poi svanite). Complimenti per il commento al film che spero di riuscire a trovare.
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