giovedì 10 giugno 2010

Kinetta

11
Dopo aver visto Kynodontas, Capolavoro di questo impressionante regista, non potevo esimermi dall'indagare nelle altre sue opere.

Giudizio breve per Kinetta: il Capolavoro che sconsiglio.

Breve sinossi: 2 uomini ed una donna hanno le loro vite personali, piuttosto comuni, talmente comuni che mai verranno identificati da un nome. Sono però accomunati da una passione e dico passione perché non saprei come meglio definirla: ricreare in finzione situazioni di violenza subite da donne, forse ispirati a fatti di cronaca. Le scene, con tono privo di inflessioni, vengono descritte da quello che dei 3 è un po' il fulcro, diciamo il regista, e tutti gli altri partecipano, la donna in particolare coi compiti più ingrati. Quello dei 2 uomini che non partecipa come attore alla scena si occupa di effettuare le riprese.
Questo quanto accade quando sono insieme, poi ovviamente hanno le loro vite private da portare avanti, nelle quali però la loro passione è costantemente presente, soprattutto la donna, che fa le pulizie in un albergo, prova e riprova le scene da sola.

Forse per la prima volta da quando scrivo recensioni mi ritrovo a formulare 2 giudizi quasi contrastanti, già espressi nel giudizio breve. Cerco di spiegarmi.

Il primo è: film pesantissimo che sconsiglio decisamente, al limite dell'incomprensibile; rari i dialoghi, suoni in presa diretta, essenzialmente rappresentazione ad immagini; richiede molta tenacia, trama impercettibile, fin quasi alla fine priva di alcun senso e dopo non ne acquista molto; deve essere elaborato dentro di sé; è uno dei rari casi in cui non sono riuscito a scrivere immediatamente la mia recensione, ha richiesto lunga digestione.

Il secondo è: FILM ECCEZIONALE! Sono rimasto incollato al video, alcune scene me le sono riguardate, ho dovuto riguardarle, studiarle. Lo riguarderò ancora. Un po' come per il vino, non me ne intendo ma distinguo sempre il vino buono dalla sciacquatura di piatti, anche qua non so dire oltre che: fotografia bellissima, riprese a spalla grandiose, gioco di primi piani con messe a fuoco e sfocature in successione che spezzano sempre la scena o il soggetto e vivi quasi sempre un parziale del tutto, poi c'è un ritmo di ripresa a volte bradicardico altre tachicardico e comunque sempre c'è un ritmo. Quante ne potrei dire senza riuscire a descriverne l'immensa bellezza? Poche nella sostanza, sulla dialettica a furia di scrivere miglioro ma mi manca sempre la conoscenza sulla tecnica cinematografica. Prima o poi la colmerò, per ora dico "poco male, è l'aspetto emotivo dei film che mi dà e darà sempre motivo per vederli".

Cosa rimane allo spettatore di un film al termine della visione? E' questa la domanda che mi sono posto al termine e per qualche giorno. Ho visto una non-trama, una serie di non-episodi, personaggi che hanno come vera vita una non-vita, eppure mi ha colmato di stupore, allora quale segreto mi ha svelato questo film?
Che un film narri una storia vera, inventata, persino un documentario se fatto col piglio e la creatività dell'artista, quelle che restano nella mente sono una o più sensazioni. La comunicazione emozionale che si crea tra il proprio essere ed il film può avvenire in svariati modi: si può partecipare da spettatori restando terzi per quanto ammirati dalla visione; è possibile un coinvolgimento più personale se nei fatti si ritrova qualcosa della propria esperienza; si "possono" tante cose così come si può, com'è capitato a me con questo film, entrare fisicamente nella storia, vivere un'esperienza di Cinema intensa, anche corporalmente.

Entro nel Film quindi, come se fossi lì ma di più, ho i miei occhi in quelli del regista, c'è immedesimazione fisica con personalità distinte. M'è capitato altre volte, in questa però è stato il Linguaggio della camera che mi ha impressionato. Curiosamente ho visto questo film mentre finivo di leggere "Anni di Cani" di Gunter Grass e mentre scrivo sto leggendo "Mentre morivo" di William Faulkner, 2 libri impressionanti!, sia per difficoltà che per uso del linguaggio. Le parole quasi mai puntano all'oggetto diretto, lo tagliano, ne ritraggono un frammento, talvolta lo evitano e parlano di tutt'altro in apparenza. Per fare un esempio dei più semplici, la disperazione di un uomo per la perdita di una persona cara, un contadino che zappa la terra, ecco! non viene descritto il contadino bensì, con precisione geometrica, tutta la cinetica della zappa, ovvio che poi ci dev'essere nella mente e nella mano che scrive la poesia, l'intelligenza per trasfondere il sentimento con efficacia, e allora il contadino è descritto dalla zappa, il contadino E' la zappa, e con le mie parole tutto si perde mentre con quelle dei 2 scrittori citati invece viene la pelle d'oca.
Il Caso ha voluto questa contemporaneità di Cinema e Letteratura nel mio banale quotidiano che mi ha permesso di superare un Limite, è una sensazione bellissima. Lanthimos fa con la camera quello che Grass e Faulkner fanno con la penna, ho Letto il film come un libro, è diventata una Visione, i cambiamenti di fuoco e prospettiva continuamente a turbare il mio stato d'animo, 3 vite altrimenti incomprensibili hanno acquisito un senso cioè me ne sono appropriato non potendo diversamente vivere esperienze emozionali di altri. Sto abusando dell'iperbole ma è questo il Miracolo, la magia del Cinema.
Questo non è un film fatto per Piacere, è altro ma ho finito il vocabolario. Io di questo film, sia chiaro, non ho capito nulla, non ho la più pallida idea di cosa Lanthimos volesse rappresentare, nemmeno mi sono posto il problema di fornire una esatta, corretta interpretazione. I film troppo diretti nel messaggio li guardo anche, spesso mi piacciono ma raramente mi permettono di scartare il banale e toccare l'estasi. Questo invece, come pochi altri, scrive una parte del libro, l'altra me la lascia a me, ci faccio quello che voglio ed è divertente farlo, faticoso ma anche formativo. E' tipico dei Grandi Artisti condividere la loro idea, permettere ad altri di farla propria: io regista rappresento un qualcosa, è chiaro che ho in mente cosa ma poi lascio a te che guardi la ricerca di un Senso, e sarà un senso corretto, inopinabile perché ogni esperienza, per definizione, è empiricamente corretta.

Ho speso molte parole per un film che forse al mondo lo abbiamo apprezzato in 10 in tutto, ma mi ha modificato completamente l'approccio al Cinema, al valore dell'immagine ripresa, provocato una crescita, non so se in bene o in male, ma qualcosa è avvenuto e non si torna più indietro.
Lanthimos è un genio per me, di quelli mostruosi, ho per lui una gratitudine infinita.

11 commenti:

  1. nonostante lo sconsiglio? :)
    scherzo. ma se permetti, consiglio prima kynodontas, anche se viene dopo nella filmografia del regista, permette di approcciarlo più gradualmente.
    ciao

    RispondiElimina
  2. Quando ho cominciato a leggere della trama, non mi attirava neanche un po' (al contrario di molti che potrebbero trovarla "intrigante") ma poi condivido tutto quello che dici sull'Arte e i veri Artisti... Delle opere che citi ho letto solo Mentre morivo, che mi ha talmente colpito da tentare anch'io col mio ultimo romanzo una narrazione a più voci (ovviamente diversissima, lui è lui e io sono io, come sai preferisco rischiare il fallimento che essere un coglione che copia o calpesta vecchie orme).
    Ormai ho iniziato a divagare e continuo, anche perché sul film ho solo la tua (splendida) recensione, mentre su Faulkner abbiamo una lettura in comune. La cosa sconcertante di quel romanzo (a qualcuno sembrerà una debolezza, ad altri la sua forza) è che non sembra scritto tutto dallo stesso autore: alla fine la scrittura si fa più secca, concisa, persino ironica, caustica, quasi umoristica (quindi per i miei gusti migliora) mentre nella parte centrale (l'inizio è a sua volta potente, ma ovviamente tragico) si avvertono pesantezze e pedanterie filosofiche, introspettive, descrittive: le troppe pagine del fallito attraversamento del fiume sono a dir poco estenuanti, si sente il bisogno dell'arrivo di un Hemingway (ho appena parlato di lui con unwise) che dica:
    tentarono di guadare il fiume ma la piena li travolse PUNTO!

    RispondiElimina
  3. ahah! scusa se rido ma è per sottolineare che hai ragione, sono proprio in quella parte "pedante" del libro ed oggi in treno al ritorno mi sono addormentato così ho perso la fermata, sono dovuto scendere a quella dopo. :D
    è il rischio di chi sperimenta. del finale ti dirò domani dopo averlo letto. certo il Faulkner di Urlo e Furore è una cosa...
    quando hai finito il tuo romanzo fammi sapere :) hai fegato a fare un tentativo del genere, io magari ci proverò con una ulissiade demenziale, chissà

    RispondiElimina
  4. Roby hai scritto veramente un trattato sull'essenza del cinema.Non ho parole hai davvero espresso nel modo migliore cosa significhi "l'esperienza filmica"

    RispondiElimina
  5. a me kynodontas non è proprio piaciuto. non ho notato nessuno stile di regia. film basato sull'idea che un soggetto alienato e fuori di testa possa dare patente di opera intellettuale, profonda ed impegnata quando invece a me sembra totalmente un girare a vuoto. proviamo con questo?

    RispondiElimina
  6. no no, assolutamente, se non t'è piaciuto kynodontas figuriamoci! :)

    RispondiElimina
  7. governo ladro a me il tuo blog fa male: mi son già segnato 5-6 film... dannazione :)

    RispondiElimina
  8. caro dr.nick, mi spiace procurarti tanto dolore :D

    RispondiElimina
  9. pezzo-fantastico. E soprattutto la riflessione sul cinema (mi ripeto WOW!). Ho letto pure la recensione di "Dogtooth" e condivido l'analisi sul totalitarismo recondito nel film. Detto questo, io Lanthimos lo tengo d'occhio, adesso che l'ho scoperto, ma "Kinetta" credo che mi faccia andare fuori di testa (anche perchè comincerei a fare due milioni di supposizioni) e per questo abbandono prima della visione (mi fido del giudizio 1, perchè sto in fase 1). Recupererò, un giorno, quando non sarò cosi... impressionabile...

    RispondiElimina