Nota bene l'anno di questo film. Questo non è il recente remake americano da poco uscito. E' una storia vera giapponese, una favola (monogatari) giapponese, un mito dei giapponesi, ergo ho voluto vedere come i giapponesi l'han raccontata. Il film è facilmente reperibile in lingua originale coi sottotitoli.
La trama è notissima, in breve: la storia realmente accaduta di Hachi, un cane razza Akita Inu, tipica del Giappone, cane di grande bellezza con persino gli occhi a mandorla, talmente fedele al suo padrone che dopo la sua morte proseguirà, per 10 anni e fino alla sua morte, ad andare alla stazione ad aspettarlo, come faceva quand'egli era vivo. Per una lettura più dettagliata vi riporto a wiki. E' talmente famosa in Giappone che ad Hachi è dedicato un monumento ed ogni anno una manifestazione in sua memoria.
Qualche breve considerazione "cinefila". Il film ha giustamente un target amplissimo, dai bambini piccoli agli adulti attempati, è necessario entrare in quest'ottica per valutarlo. Koyama ha capacità, quando vuole esibisce inquadrature con tempi e modi degni del grande Ozu, ma si fa da parte. Condisce la trama anche di piccole gag divertenti, indugia su qualche momento commovente, spezza un finale straordinariamente drammatico, una scena struggente, coi titoli di coda accompagnati da una canzoncina melodica là dove l'adagietto della quinta di Mahler non avrebbe sfigurato. Non me la sento di rimproverarlo, egoisticamente avrei voluto l'epica eroica del cane, però capisco, tutto è fatto con tatto, eleganza e candore tipicamente giapponesi, va bene così.
Sul film in senso stretto ho finito qua. Una visione bellissima ed obbligatoria per chi ama i cani, o come me ha la fortuna di poterne avere uno a tenergli salutare compagnia. Quante lacrime mi sono uscite incontrollabili.
Ora azzardo una riflessione che non posso non fissare qua, ci sto ancora pensando e lo faccio scrivendo.
Cosa affascina fatalmente della storia di Hachi?
Ai cani invidio l'assoluta innocenza, come tutti gli animali non conoscono cattiveria ed infedeltà. Ma un essere umano che si fosse comportato come Hachi non l'avremmo rinchiuso tutti in manicomio? Il "Dio delle piccole cose e dei piccoli gesti" è ammirato unanimemente ed io non sono esente al suo fascino, quando poi però ci troviamo davanti una persona che si comporta così è più probabile che il biasimo superi in quantità l'apprezzamento, magari, faccio un esempio banale, davanti ad un artigiano che si ostina a portare avanti un mestiere "morto" o ad un operaio fedele ed affezionato all'azienda per cui lavora. Ne ho conosciute di persone così, semplici e di gran dignità.
Non m'interessa la fama che questo cane ha raggiunto, non è un valore in sé. Il valore sta nel suo Comportamento. Non per raggiungere notorietà il cane ha fatto quel che ha fatto, non sapeva cosa fosse. Ha agito seguendo il suo sentimento, così perseguendo la sua ragione di vita, un Valore. Mi metto in testa al plotone dei suoi ammiratori, di chi per una volta vuole antropizzare un comportamento animale.
Credo laicamente e fermamente che la nobiltà della vita di un uomo risieda interamente nei suoi comportamenti, nelle sue opere compiute, visibili o meno, proprio come per Hachi, e che al momento finale della vita, quando si presenta il conto al Pantheon, niente e nessuno ti può perdonare o giubilare: quello che hai fatto hai fatto. E' un po' retorica la forma, non me n'è venuta una migliore, comunque la penso così.
Una bella foto del vero Hachi mi sembra doverosa.
ciao robydick
RispondiEliminasottoscrivo il tuo pensiero, non sono andato a vedere il remake ma questo lo vedrei davvero volontieri. Una storia dove un'azione è stata fatta senza calcoli, senza pensieri di fama, solo sentimento
un saluto
mi sembra più meritevole di una visione questa del remake con richard gere che mi ispirava davvero molto molto poco
RispondiEliminaciao ragazzi, come detto merita sì, le debite premesse le ho fatte ;-)
RispondiEliminaè tristissimo :-(
RispondiEliminabe', non è una storia allegra effettivamente :)
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