Oto è un ferroviere prossimo alla pensione. Fa il capostazione in un remoto paesino del nord del Giappone, su una linea che sta per essere chiusa. Alle spalle una vita dolorosa ma immensamente fiera per il lavoro svolto con dignità. Anche se ingegnere decise di seguire le orme del padre, con un senso di missione. Prima macchinista, infine capostazione.
A cavallo di un capodanno, fra notizie riguardo al suo futuro ed incontri con vecchi amici e colleghi, rivivrà interamente la sua vita. Episodi di flashback continui non distinguibili, si vedranno sempre come realtà immanenti, come sogni ad occhi aperti. Oto prima di concludere la sua carriera e la sua vita ha alcuni sensi di colpa che vuole e deve risolvere, che riguardano la sua vita privata, mai quella professionale totalmente priva di rimpianti...
E' la trasposizione cinematografica di un libro a fumetti che ha avuto grandissimo successo in Giappone. Anche questo film, che non mi pare uscito da noi, ha ricevuto numerosi riconoscimenti. Nella piccola stazione si avrà uno spazio tempo dilatato, con la vita di Oto e della sua famiglia ci si addentrerà nella cultura di un popolo, quello giapponese, che in qualche modo ha dovuto risollevarsi dal tracollo successivo alla seconda guerra mondiale e per il quale le ferrovie sono state determinanti.
Lentissimo ed intenso, elegante, sensibile, delicato e forte, un trionfo di buoni sentimenti, amore, senso del dovere, rispetto delle persone e delle tradizioni. Oto è una figura nobile ed epica, ma è solo un ferroviere e questo aspetto mi ha tenuto incollato a guardare un genere di trama che altrimenti evito. Questo film è una fanfara per un eroe comune e per una professione che in tutto il mondo ha portato comunicazione, trasporto merci e persone, progresso. E' un messaggio chiarissimo di questa storia, che condivido, un omaggio ai ferrovieri.
Senza inutile retorica, Oto è un personaggio splendido, incoraggiante, che bada anzitutto al suo comportamento, al perseguire ideali indipendentemente da quanto gli accade intorno, cosciente che nelle sue azioni risiede la sostanza della sua integrità di uomo. Poppoya che si può tradurre in "il signore del ciuf-ciuf" è una parola infantile, simpatica, che deve però anche far entrare nell'ordine d'idee che la storia è, ripeto, da romanzo di formazione.
Io l'ho trovato molto bello e commovente.
Non posso esimermi dal consigliare un altro bellissimo film, molto diverso ma affine, questa volta italiano, di Pietro Germi: Il ferroviere.
In effetti non l'avevo mai sentito, credo proprio che qui non sia uscito. Bella recensione!
RispondiEliminaGrazie Ale. Ciao
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