L'arte di raccontare storie. Film originalissimo nei tempi di ripresa, al confine del real-tv.
Nel primo episodio, Fiction, più breve, un gruppo di studenti universitari segue un corso di scrittura con un famoso giornalista di colore.
Il giornalista sfrutta il suo ascendente per profittare delle studentesse. Una di queste, fidanzata con uno spastico, gli si concederà con coscienza come se la cosa fosse inevitabile, già scritta. Curiosa metafora su razzismi, pregiudizi, girato quasi come un noir pur facendo a tratti sorridere amaramente.
Nel secondo, Non-fiction, più lungo, divertente e forse più riuscito anche se meno misterioso, si rappresenta una famiglia medio-ricca col problema del figlio, svogliatissimo e teledipendente, che non si vuole iscrivere al college. Un regista fallitissimo ha l'idea di girare appunto un documentario sui licei di periferia e trova 'sto ragazzo la cui ambizione è quella di apparire in tv o al cinema, che quindi si presta volentieri. Anche la famiglia si presterà, permettendo alla troupe di filmarli in continuazione ed in ogni avvenimento. Comincia a quel punto un reality con vari risvolti tragicomici e la costante ed inquietante presenza di un diabolico bambino, il piccolo della famiglia, dalla intelligenza esagerata e cinica.
Il documentario, pur ritraendo eventi anche tragici, risulterà essere estremamente divertente. Il ragazzo ambizioso è davvero idiota al massimo, era inevitabile. Dopo la proiezione ci sarà ancora una scena da riprendere, la più tragica di tutte, ma anche questa vissuta fatalmente.
Tutto scorre come se ci fosse appunto un cantastorie a raccontare il tutto. Quella è la sensazione che si prova, e che a volte si manifesta con una voce fuori campo di stampo letterario.
Molto bello e particolare.
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