Un anziano medico professore, Isak Borg, vedovo da molti anni, deve recarsi in un'altra città della Svezia piuttosto distante a ritirare un importante premio alla sua carriera. Durante la notte sogna di morti, bare che cadono, allora si sveglia prestissimo e decide, invece che in aereo, di partire in macchina. Con lui sua nuora venuta a Stoccolma che ha problemi col marito, suo figlio.
Il viaggio inizierà con un confronto serrato con la nuora. Isak scoprirà cosa pensa di lui chi gli sta intorno e se ne farà una ragione. Caricheranno 3 giovani autostoppisti e per un breve tratto persino una coppia di mezza età, molto in crisi, con la quale hanno sfiorato l'incidente. Tra visite alla madre ed incontri casuali, l'anziano uomo avrà modo di ripercorrere a ritroso la sua vita...
Isak intervalla momenti di presenza nel reale ad altri ritratti nei suoi sogni, dove, pur nel corpo di anziano, rivede come in un film quella che è stata la sua gioventù, in particolare nella casa dove vivevano e contraddistinta da un piccolo giardino con piante di fragole...
Un viaggio in macchina si trasforma in un viaggio nel tempo e nella coscienza, in un recupero di umanità e valori morali. Ogni episodio vissuto troverà risvolto nei brevi sogni quando s'appisola mentre la nuora guida. Il suo carattere "indurito" dalla vedovanza e dalla vecchiaia saprà mettersi in discussione. C'è la paura della morte che incombe in questa rivoluzione di stampo metafisico, la religione compare a tratti solo per uno dei personaggi senza essere focale. L'Uomo ha un suo ius naturae morale intrinseco, la morte ha le sembianze di un giudice imparziale col quale non si può fingere innocenza, di non sapere cosa si è fatto e come ci si è comportati in particolare nelle relazioni umane. "Sono morto pur essendo vivo", la frase che segnerà l'nizio del risveglio.
FILM ECCEZIONALE! Nel mio Olimpo personale.
Da godere come un buon nettare, con quella fotografia b/n perfetta, quelle recitazioni teatrali profonde.
Immensa l'interpretazione di Isak da parte di Victor Sjöström, regista "maestro" di Bergman, in questo caso in veste di attore. Morirà 3 anni dopo le riprese. Come dichiarato dallo stesso Bergman, "... non avevo capito che Sjöström si era preso il mio testo, l'aveva fatto suo e vi aveva immesso le sue esperienze ...". Il film che Bergman voleva dedicare al padre diventa testamento del suo anziano mentore. Anche per questo assume ancora più fascino e si comprende quanto l'interpretazione di Sjöström sia stata vera, sentita, partecipata.
Per intendersi, questo è un Olimpo di serie A, non ti pare?
RispondiEliminaSicuramente serie A. :)
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